Cassazione Penale, Sez. 3, 14 febbraio 2019, n. 7048 - Violenza sessuale da parte del direttore di un ufficio postale


 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito - Presidente -
Dott. LIBERATI Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -
Dott. MACRI’ Umberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA


sul ricorso proposto da:
M.G., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 1/2/2018 della Corte d'appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente Dott. Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tampieri Luca, che ha concluso chiedendo di dichiarare l'inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l'avv. Mario Caruso, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile o comunque rigettare, ai fini delle statuizioni civili, l'impugnazione proposta dall'imputato M.G., condannando altresì il ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità;
udito per il ricorrente l'avv. Manenti Guglielmo, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 1 febbraio 2018 la Corte d'appello di Catania ha parzialmente riformato la sentenza del 7 febbraio 2014 del Tribunale di Ragusa, con cui M.G. era stato dichiarato responsabile dei reati di cui all'art. 56 c.p. e art. 609 bis c.p., comma 3, (per avere, abusando della sua veste di direttore dell'ufficio postale di Scicli centro, promettendo alla impiegata D.G.G. un avanzamento e con violenza, consistita nel bloccarla tra una sedia e una scrivania e nel toccarle repentinamente una gamba, tentato di compiere atti sessuali nei suoi confronti) e 660 c.p., dichiarando non doversi procedere in relazione a tale ultimo reato, in quanto estinto per prescrizione, rideterminando in anni uno e mesi otto di reclusione la pena inflitta all'imputato, confermando nel resto la sentenza di primo grado e condannando l'imputato anche alla rifusione delle spese processuali sostenute in grado d'appello dalle parti civili, D.G.G. e S.L.P. CISL.
2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato il travisamento e l'omessa valutazione di una prova decisiva, ai sensi dell'art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e), con riferimento alla affermata compatibilità tra l'ora di consumazione della violenza sessuale indicata dalla persona offesa e l'orario di apertura dell'ufficio postale di Scicli centro, nel quale sia l'imputato sia la persona offesa lavoravano, in quanto alle otto di mattina, ora indicata per la realizzazione della condotta contestata, l'ufficio postale stava aprendo al pubblico e tale circostanza sarebbe incompatibile con il tentativo di violenza sessuale addebitato all'imputato, che si occupava di tale apertura e quindi non poteva, come affermato nelle sentenze di merito, essere seduto nella propria stanza, laddove sarebbe stato posto in essere il contestato tentativo di violenza sessuale.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione dell'art. 192 c.p.p. , ai sensi dell'art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e), con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni dell'imputato, che aveva affermato che alle otto di mattina, allorquando sarebbe stata tentata la violenza, era intento ad aprire al pubblico l'ufficio postale, circostanza, quest'ultima, non adeguatamente e logicamente considerata dai giudici di merito, che avevano ritenuto provata la realizzazione della condotta sulla base di dati probatori incerti, costituiti dalle sole dichiarazioni della persona offesa.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato una ulteriore violazione dell'art. 192 c.p.p. , ai sensi dell'art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e), nella valutazione da parte della Corte d'appello delle dichiarazioni dei colleghi dell'imputato e della persona offesa, non utilizzabili in quanto prive di riscontro.
2.4. Con il quarto motivo ha denunciato un ulteriore travisamento di una prova decisiva, ai sensi dell'art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e), con riferimento alle dichiarazioni rese dai colleghi della persona offesa, inidonee a costituire elemento di riscontro a quanto da quest'ultima dichiarato, avendo, tra l'altro, gli stessi escluso che l'imputato avesse in qualche modo infastidito, anche solo con battute a sfondo sessuale, la persona offesa (fatta eccezione per Ma.Gu., che però era stato generico sul contenuto delle frasi importune rivolte dall'imputato alla D.G.), o che tra loro vi fosse un rapporto confidenziale.

 

Diritto


1. Il ricorso, peraltro pressochè riproduttivo dell'atto d'appello, è inammissibile.
2. Tutte le doglianze sono, infatti, volte a censurare la valutazione degli elementi a disposizione compiuta, tra l'altro concordemente, dai giudici di merito, valutazione sulla base della quale è stata ricostruita la vicenda ed è stata ritenuta dimostrata la realizzazione della condotta addebitata all'imputato, di cui con tutti i motivi di ricorso viene proposta una non consentita lettura alternativa, posto che nel giudizio di legittimità è, infatti, esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, c.c. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
2.1. Il primo motivo, mediante il quale è stata lamentata l'omessa considerazione e il travisamento di una prova (che ricorre, in caso di decisioni conformi di primo e secondo grado, solo quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti, cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L, Rv. 272018 - 01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837 - 01), attiene, in realtà, alla ricostruzione della vicenda e, in particolare, alla compatibilità, sul piano cronologico, tra la materiale apertura dei locali dell'ufficio postale (nel quale lavoravano l'imputato e la persona offesa) al pubblico e la realizzazione della condotta contestata, che, evidentemente, non sono state contemporanee, come spiegato dalla Corte d'appello, che al riguardo ha chiarito, sulla base di quanto dichiarato dalla persona offesa, che la condotta era stata realizzata dopo che i locali dell'ufficio postale erano stati aperti al pubblico, tra le ore 8.00 e le ore 8.05, quando la persona offesa, prima iniziare a ricevere il pubblico, si era recata nella stanza dell'imputato, nella quale vi era l'unico telefono che consentiva di telefonare all'esterno, per effettuare una telefonata, e in tale occasione era stato posto in essere dall'imputato il tentativo di violenza sessuale nei suoi confronti: di tale ricostruzione, non manifestamente illogica e adeguatamente illustrata, il ricorrente propone una rivisitazione sul piano del merito, in particolare della compatibilità tra l'apertura dei locali al pubblico e la realizzazione del tentativo di violenza sessuale, censurando, in sostanza, un accertamento di fatto (circa detta compatibilità) compiuto in modo logico e di cui è stata fornita spiegazione con motivazione adeguata e immune da vizi (chiarendo che la condotta è stata realizzata immediatamente dopo l'apertura al pubblico dell'ufficio postale, nella stanza dell'imputato, senza, dunque, alcun travisamento di dati probatori, essendo stata spiegata la compatibilità tra l'apertura dei locali al pubblico e la presenza dell'imputato nella sua stanza), cosicchè la censura risulta inammissibile, non essendo consentita nel giudizio di legittimità, in quanto volta a criticare sul piano del merito un accertamento di fatto adeguatamente e logicamente motivato.
2.2. Inammissibile risulta anche il secondo motivo, mediante il quale è stata lamentata la violazione della regola di giudizio stabilita dall'art. 192 c.p.p. , per l'insufficiente considerazione di quanto dichiarato dall'imputato a proposito della condotta dallo stesso tenuta alle otto di mattina del (OMISSIS), allorquando sarebbe stato intento ad aprire i locali dell'ufficio postale al pubblico, e quindi non avrebbe potuto materialmente porre in essere la condotta descritta dalla persona offesa, giacchè anche tale censura attiene alla valutazione degli elementi di prova a disposizione e alla ricostruzione cronologica della vicenda, che sulla base di essi è stata logicamente e concordemente compiuta dal Tribunale e dalla Corte d'appello, non censurabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, motivata adeguatamente e in modo logico (avendo, come notato, la Corte territoriale spiegato la successione degli eventi in modo logico, collocando la condotta in un momento immediatamente successivo alla apertura al pubblico dei locali dell'ufficio postale di (OMISSIS)).
2.3. Il terzo motivo, mediante il quale è stata lamentata, peraltro in modo del tutto assertivo, disgiunto da qualsiasi illustrazione della censura e del suo riflesso sulla struttura argomentativa della sentenza impugnata e sulla sua portata giustificata, una ulteriore violazione dell'art. 192 c.p.p. , in relazione alla valutazione delle dichiarazioni dei colleghi dell'imputato e della persona offesa, è anch'esso volto, in modo insanabilmente generico, a censurare la ricostruzione dei fatti compiuta dai giudici di merito, tra l'altro prospettando per le dichiarazioni dei testimoni la necessità di riscontri, richieste solo per le persone indicate dall'art. 192 c.p.p. , comma 3, (coimputati o imputati in procedimento connesso), tra cui non rientrano i testimoni esaminati nel giudizio di merito. La Corte territoriale ha, comunque, sottolineato il riscontro indiretto alle dichiarazioni della persona offesa derivante da quanto dichiarato dai suoi colleghi, che nella immediatezza del fatto la avevano vista stravolta e particolarmente chiusa (cfr. pag. 5 della sentenza di secondo grado).
2.4. Anche il quarto motivo è volto a censurare la ricostruzione dei fatti compiuta dai giudici di merito, attraverso la sottolineatura da parte del ricorrente della mancata conferma delle attenzioni e delle battute a sfondo sessuale rivolte dall'imputato alla persona offesa, peraltro confermate, sia pure genericamente, dal teste M.G.: mediante tale doglianza, infatti, si propone ancora una volta una non consentita rivisitazione degli elementi a disposizione, peraltro non decisivi, in quanto estranei alla condotta contestata, allo scopo di pervenire a una ricostruzione della vicenda diversa rispetto a quella dei giudici di merito, che invece vi sono pervenuti in modo logico, considerando tutti gli elementi a disposizione, con la conseguente inammissibilità anche di tale ultima censura, che ne propone una rilettura, tra l'altro su aspetti non decisivi.
3. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, stante la genericità e il contenuto non consentito nel giudizio di legittimità di tutte le censure cui è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p. , non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 - 13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile D.G.G., che liquida in Euro 3.500,00, oltre accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 .
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2019