Categoria: Cassazione penale
Visite: 7788

Cassazione Penale, Sez. 4, 15 maggio 2019, n. 20820 - Caduta dall'alto durante i lavori di bonifica di una copertura in cemento-amianto. Mancanza della rete protettiva e responsabilità del datore di lavoro e del preposto


 

 

Fatto

 

1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 12.7.2018, ha rideterminato la pena inflitta a G.D. e Z.I. in quella di mesi due giorni venti di reclusione, confermando la responsabilità dei suddetti imputati per il reato di lesioni colpose derivate dalla violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro in danno di F.M., il quale, durante lavori di rimozione e bonifica di una copertura in cemento- amianto di un capannone, cadeva da un'altezza di circa 5 metri, procurandosi lesioni gravi.
Era contestato al G.D., in qualità di datore di lavoro, di avere omesso di dotare il ponteggio allestito nel cantiere di una apposita rete di sicurezza; al Z.I., in qualità di preposto alla sicurezza, di avere omesso dì vigilare sul rispetto della normativa e delle disposizioni aziendali, consentendo lo svolgimento del lavoro in mancanza delle reti protettive.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del comune difensore il quale ha dedotto quanto segue.
Primo motivo: nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione in ordine ai motivi indicati ai numeri 2 e 3 dell'atto di appello. La difesa rappresenta di avere specificamente impugnato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto la ricorrenza della violazione riguardante la mancanza nel cantiere di tutti i dispositivi di protezione, essendovi in atti la prova - desumibile dal verbale di accertamento dell'ASL - che il cantiere fosse munito di tali dispositivi, tra cui la rete anticaduta che doveva essere montata quella mattina e che non fu installata a causa del ritardo con cui giunse la piattaforma per il suo montaggio. Il Giudice di appello avrebbe ignorato la censura, riportandosi genericamente alla motivazione della prima sentenza, senza tenere conto che il Tribunale non aveva fornito alcuna risposta sul punto.
Secondo motivo: nullità della sentenza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento agli artt. 590, comma 2 e 3 cod. pen.; 583, comma 1, cod. pen., in relazione agli artt. 97, 19, comma 1 lett. a), d.lgs 81/08. La Corte d'appello avrebbe ritenuto maggiormente aderente alla realtà la dinamica dei fatti prospettata dagli imputati, in base alla quale la persona offesa, mentre era intenta ad effettuare la lavorazione sul tetto, sentiva squillare il cellulare che aveva nel proprio marsupio, lasciato appeso al ponteggio sul lato opposto alla sua posizione. A quel punto la parte offesa, invece di scendere dal tetto, salire sul ponteggio e percorrere il perimetro della copertura sino a raggiungere il proprio apparecchio, attraversava diagonalmente la copertura giungendo in una zona non calpestabile. Ivi giunto la lastra in eternit cedeva ed il F.M. precipitava, procurandosi gravi lesioni. Sulla scorta dei principi espressi in sede di legittimità, nel caso in esame dovrebbe ritenersi interrotto il nesso causale, avendo il lavoratore posto in essere un comportamento esorbitante, del tutto estraneo al processo produttivo ed alle mansioni attribuitegli. Invero, la persona offesa, mentre era intenta allo svolgimento delle proprie mansioni in quota, equipaggiata dei dispositivi individuali di sicurezza interrompeva del tutto improvvidamente l'incarico affidatogli, ben consapevole dei rischi a cui si sarebbe esposto. Inoltre, nonostante la condotta del tutto abnorme del lavoratore, lo stesso avrebbe potuto evitare le conseguenze se avesse indossato i presidi di sicurezza che gli erano stati forniti, tra cui la imbracatura individuale per l'ancoraggio alla linea vita, che la persona offesa ha volutamente omesso di indossare.
 

 

Diritto

 


1. Occorre preliminarmente rilevare come sia decorso il termine massimo di prescrizione per le contravvenzioni contestate ai capi A) e B) della rubrica, commesse in data 29/7/2013. In assenza di cause di sospensione, il suddetto termine, pari ad anni cinque, risulta interamente maturato alla data del 29/7/2018. Sussistono le condizioni per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva dei predetti reati, non presentando l'impugnazione profili di inammissibilità capaci d'incidere sulla valida instaurazione del rapporto di impugnazione.
Si osserva, altresì, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc, pen., non potendosi constatare, all'evidenza, l'insussistenza di tali contravvenzioni (come peraltro risulta da quanto si dirà in merito al reato di lesioni colpose).
Si impone pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi A) e B) della rubrica perché estinte per prescrizione, con eliminazione delle relative pene stabilite dal Giudice di primo grado e confermate in appello (euro 2000 di ammenda per G.D.; euro 400 di ammenda per Z.I.).
2. I motivi di doglianza proposti da entrambi i ricorrenti con riferimento al reato di lesioni colpose in danno del lavoratore F.M. risultano infondati, pertanto, i ricorsi devono essere rigettati.
La responsabilità degli imputati è stata riconosciuta sul rilievo del mancato allestimento della rete di protezione prima dell'avvio dei lavori in quota e sul rilievo della mancata vigilanza esercitata sull'operaio il quale, senza indossare i dispositivi individuali di sicurezza, invece di scendere dal ponteggio, per raggiungere un altro punto, aveva camminato sulla copertura del tetto, inidonea a reggere il suo peso.
L'impianto motivazionale della sentenza della Corte territoriale, che ha confermato la responsabilità degli imputati, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, appare immune da censure, sia sotto il profilo logico, sia sotto il profilo della corretta applicazione della legge e dei principi espressi dalla Corte di legittimità in materia.
Invero, le argomentazioni poste a sostegno del decisum, risultano essere puntuali, coerenti, prive di discrasie e del tutto idonee a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico attraverso il quale i Giudici di appello, in uno con il giudice di primo grado, sono pervenuti alla decisione adottata.
Per altro verso, non può non rilevarsi come le doglianze difensive proposte in questa sede siano già state, in larga misura, esaminate dai giudici di merito, i quali hanno fornito, in proposito, risposte che, oltre ad apparire coerenti rispetto ai principi consolidati espressi dalla Corte regolatrice, risultano aderenti ad una interpretazione corretta delle norme contestate.
3. Venendo alle questioni poste, il fatto che il lavoratore fosse munito dei dispositivi individuali di protezione ed il fatto che fosse presente la rete anticaduta nel cantiere, sono circostanze ininfluenti ai fini dell'esonero della responsabilità dei ricorrenti. Risulta invero accertato, come evidenziato in sentenza, che il lavoratore non aveva indossato i suddetti dispositivi e che la rete anticaduta non era stata montata prima di avviare l'attività lavorativa in quota.
In base ai principi più volte espressi in sede di legittimità, è compito precipuo del preposto vigilare sull'attività del lavoratore, anche allo scopo di prevenire e correggere comportamenti negligenti e imprudenti. Egli infatti assume la veste di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, tra cui rientra il dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative "contra legem" (si veda ex multis Sez. 4, n. 4340 del 24/11/2015, dep. 02/02/2016, Rv. 265977 - 01; conformi: n. 39606 del 2007 Rv. 237879 - 01; n. 12673 del 2009 Rv. 243216 - 01; n. 46849 del 2011 Rv. 252149 - 01, N. 9491 del 2013 Rv. 254403 - 01).
Quanto al datore dì lavoro, la responsabilità del G.D., discende direttamente dalla posizione di garanzia ricoperta. La difesa disancora il nesso causale dal comportamento omissivo contestato, facendo derivare le cause dell'Infortunio unicamente dal comportamento della persona offesa, asseritamente abnorme.
Sul punto, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale l'obbligo di prevenzione si estende agli incidenti che derivino anche da negligenza, imprudenza e imperizia dell'infortunato, essendo esclusa la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo, solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute ed alla comune prudenza.
A ciò deve aggiungersi che, in ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dall'inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento [Sez. 4 n. 3787 del 17/10/2014 Ud. (dep. 27/01/2015), Rv. 261946; Sez. 4 n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259227).
Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata è più che congrua, avendo i Giudici evidenziato che la mancata installazione della rete protettiva - assolutamente necessaria in relazione alla natura dei lavori da svolgersi in quota - si è rivelata determinate ai finì del verificarsi dell'evento sia pure in presenza del comportamento negligente e imprudente della vittima.
 

 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi A) e B) perché estinte per prescrizione ed elimina le relative pene. Rigetta nel resto i ricorsi.
In Roma, così deciso il 12 febbraio 2019