Coordinamento per l’uniforme applicazione sul territorio nazionale del D.Lgs. 105/2015

Quesito 17

 

Rif.

Q17/2018

 

Quesito:
Al fine della elaborazione del Piano di Emergenza Esterna, nell’ambito dell'analisi di rischio, per la definizione di un'area di danno derivante dalla dispersione di una nube tossica, è corretto non rappresentare la distanza di danno se il livello di concentrazione della soglia di riferimento (LC50, IDLH o LoC) non viene raggiunto alla quota assunta per la valutazione degli effetti tossici per l’uomo?



Presentazione/argomentazione della problematica:

Nell’ambito delle attività di definizione dei Piani di Emergenza Esterna, dall’esame di alcuni Rapporti di Sicurezza, si è evidenziato che, per alcuni generici scenari incidentali appartenenti alla tipologia “rilascio di sostanza tossica e diffusione”, il livello soglia (LC50 o IDLH o LoC) non verrebbe mai raggiunto alla quota presa a riferimento e, pertanto, la distanza di danno corrispondente risulterebbe pari a zero, come rappresentato nella tabella seguente con riferimento alla soglia di “elevata letalità” (in condizione meteo F2) per un caso specifico di analisi di rischio relativa ad uno stabilimento nazionale.

 

Per quanto chiarito dal Gestore, ciò è dovuto al fatto che le conseguenze del rilascio di una nube tossica, rappresentate nelle immagini di seguito, in viola, per il caso del rilascio di ossido di etilene (prime due figure) e di formaldeide (terza figura), a concentrazioni pari o superiori alla soglia di riferimento, benché siano state valutate, si trovano ad una quota inferiore o superiore rispetto a quella presa a riferimento per gli effetti tossici per l'uomo, assunta dal Gestore stesso pari a 1,70 m dal suolo (linea verde orizzontale z in fig. 5). Tale approccio viene utilizzato per rappresentare e definire, in generale, le estensioni delle aree di danno, lasciando come riferimento sempre la quota di 1.70 m.

 


Partendo dal presupposto che la modellazione degli scenari incidentali prevede una serie di valutazioni preliminari determinanti per la definizione dell'estensione del fenomeno (es. definizione del termine sorgente, durata del rilascio, ecc.), si è esaminata la specifica questione dell'altezza di riferimento del recettore per la valutazione delle concentrazioni limite che determinano le estensioni delle aree di danno (LC50, IDLH, LoC).
La documentazione fornita dal gestore non motiva l’adozione del valore di 1,70 m, se non nei termini di “quota di riferimento per la valutazione degli effetti tossici per l’uomo”.
Da un'analisi della letteratura scientifica in materia, non vi è evidenza di un valore univoco o sulle modalità di calcolo di tale valore. Si riportano di seguito alcune assunzioni, nell'ambito di pubblicazioni scientifiche di settore:
• Process Safety and Environmental Protection 88 (2010) 253–262: l'approccio fa riferimento a valori medi legati all'altezza dell’uomo definita come “breathing zone” pari a 1.47 m (studio relativo alla popolazione cinese);
• Lovreglio et al. / Journal of Hazardous Materials 318 (2016) 758–771: "The concentrations of NO2 released from the ship have been calculated in a horizontal plane, set at 1.6 m height, as illustrated in Fig. 4b. This plane represents the closest one to the position of the nose and mouth of the evacuees";
• Journal of Loss Prevention in the Process Industries 50 (2017) 283–289: "The 10 ppm(v) H2S contours at nose height (~1.5 m) for 3/D and 3/F are essentially mutually exclusive domains for point detectors".

In altri casi ancora è emerso che, senza fornire alcuna giustificazione, sono state adottate, dai Gestori, quote differenti (es. 0, 1 e 2 metri).

Risposta:
Considerato che, allo stato attuale, la norma non identifica un valore dell'altezza del recettore per la definizione delle aree di danno, si ritiene opportuno considerare, cautelativamente, per le sole finalità volte alla predisposizione dei PEE, l'area di danno di maggiore estensione fino all'altezza del suolo, ottenuta mediante una proiezione a terra (quota zero) del valore di concentrazione massimo.
Ai fini della predisposizione dei PEE si ritiene sia opportuno considerare adeguatamente, oltre agli esiti delle valutazioni di sicurezza, anche elementi quali le caratteristiche del sito dello stabilimento e le eventuali peculiarità delle aree potenzialmente impattate dagli eventi considerati con particolare riferimento alla presenza di elementi territoriali e ambientali sensibili.
Su tali basi si procederà, secondo il principio di cautela, alla determinazione delle zone a rischio per il PEE.

 

Risposta approvata nella riunione del 13 marzo 2019