Cassazione Civile, Sez. 3, 28 giugno 2019, n. 17415 - Infortunio mortale di un diciassettenne durante l'uso anomalo di una macchina agricola. Comportamento abnorme


Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: FIECCONI FRANCESCA Data pubblicazione: 28/06/2019

 

 

 

Rilevato che:
1. Con ricorso notificato in data 22/07/2017, R.T. e G.N. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 267/2017 della Corte d'Appello di Salerno, pubblicata in data 22/3/2017, nei confronti di AC. s.p.a. e Milano assicurazioni s.p.a., con la quale è stato rigettato l'appello degli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania, adito per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del figlio G.N., avvenuta il 13 gennaio 2001, all'epoca diciassettenne, in seguito a un uso anomalo di una macchina agricola acquistata dal padre, costruita dalla AC. s.p.a. e (in tesi) non conforme alle norme tecniche di sicurezza vigenti di cui al D.P.R. 547/1955.
2. Il Tribunale, dopo avere ritenuto di applicare la normativa riferita alla responsabilità del produttore di cui al D.P.R. 224/1998, sulla base degli accertamenti svolti in sede di procedimento penale dalla ASL di Salerno, successivamente archiviato, escludeva che l'accaduto fosse riconducibile a un vizio della macchina, ritenendo preponderante l'uso anomalo della vittima che si è posizionato sotto il cassone della macchina agricola a motore acceso, contravvenendo alle istruzioni indicate dal costruttore. Le parti qui ricorrenti svolgevano appello con atto di citazione del 18.04.2012 e la Corte d'Appello di Salerno, riformando in parte la sentenza ove aveva ritenuto applicabile il D.P.R. n. 224/1988 in materia di responsabilità del produttore e non l'art. 7 D.P.R. n.547/1955 in materia di prevenzione degli infortuni, rigettava il gravame sull'assunto che anche sotto questo profilo non era rinvenibile alcuna responsabilità del costruttore, e ciò sulla base dell' accertamento espletato dalla ASL nel corso del procedimento penale (in seguito archiviato), da cui risultava l'assenza di difformità costruttive della macchina. In definitiva riteneva l'incidente riconducibile al comportamento tenuto in concreto dalla vittima del sinistro che, nel porsi al di sotto del cassone con il motore acceso e senza disinnestare la presa di forza, veniva agganciata e trascinata dal motore mediante il giubbotto indossato che ne provocava il repentino strangolamento.
3. La società AC. s.p.a. ha resistito al ricorso con controricorso notificato in data 2/10/2017, chiedendo il rigetto del gravame per inammissibilità o, in subordine, per infondatezza. La memoria dell'assicurazione intimata è stata depositata al di fuori dei termini in data 26 febbraio 2019.
 

 

Considerato che:
1. Con il primo motivo, ex articolo 360, 1 comma, n. 3 cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt. 40 cpv cod. pen., 3 e 6 D.Lgs. n. 626/1994, 7, 41, 55, 56, 68, 69, 70 e 71 D.P.R. n. 547/1995, il punto 3.4.7 della Direttiva 98/37/CE del 1998, delle norme EN 1152:1997 e EN 1553:1999, dell'art. 106 D.Lgs. n. 285/1992, nonché la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 32 Cost., laddove la Corte d'Appello non ha tenuto in conto che il titolare della posizione di garanzia, per andare esente da ogni responsabilità, deve dimostrare di aver adempiuto l'obbligo di sicurezza ex lege a suo carico, nonché che la responsabilità per colpa specifica e/o generica del costruttore della macchina si estende anche alle ipotesi in cui l'operatore ne abbia fatto uso in maniera non conforme alle regole ordinarie di utilizzo o di prudenza.
1.1. Il motivo è inammissibile in quanto tende a censurare valutazioni di merito effettuate dalla Corte territoriale sulla scorta di valutazioni tecniche svolte con il supporto di una CT, esperita in sede di procedimento penale (successivamente archiviato perché la macchina era risultata a norma), che ha messo in rilievo che le parti del motore non erano state ritenute facilmente accessibili, sì da dovere essere ulteriormente protette, costituendo fattore imprevedibile il fatto che la vittima sia riuscita a infilarsi sotto il cassone della macchina agricola in uno spazio di soli 35 cm .
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ex articolo 360, 1 comma, numero 3 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1227 cod. civ., 40 cpv e 41 II comma cod. pen., artt. 7 D.P.R. n. 547/1995, 6 D.Lgs. n. 626/1994, 112 cod. proc. civ., 2048 e 2697 cod. civ., in quanto la Corte d'appello ha erroneamente confuso il comportamento meramente colposo della vittima con un comportamento abnorme ed eccezionale.
2.1. Il secondo motivo è anch'esso inammissibile laddove censura la valutazione sulla condotta tenuta dalla vittima, definita come abnorme, sovrapponendo argomentazioni in fatto a quelle già pienamente svolte dalla Corte di merito: la responsabilità del costruttore in tale caso è stata esclusa sulla base della constatazione (in fatto) dell'assenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo della macchina agricola e il danno, in quanto il mezzo è stato realizzato nel pieno rispetto delle norme antinfortunistiche dell'epoca e l'uso che ne è stato fatto è stato del tutto anomalo.
2.2. La valutazione della responsabilità, in tale settore, esige che il soggetto garante provi che il mezzo sia conforme alle norme di sicurezza e che non sia venuto meno alla sua posizione di garanzia nonostante il comportamento colposo della vittima. Nel caso in questione, la Corte di merito ha compiutamente considerato, con giudizio in tale sede insindacabile, che il mezzo era conforme alle norme di sicurezza e che, invece, la vittima non solo era priva di patente di guida per circolare con il mezzo, ma lo aveva utilizzato in un modo che si colloca al di fuori dell'area di rischio, pur elevato, gravante sul costruttore, non potendosi prevedere che l'utilizzatore si infili sotto il cassone con il motore in moto.
3. Con il terzo motivo, ex art. 360 numero 3 cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 7 D.P.R. n. 547/1995, 6 D.Lgs. n. 626/1994, 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., laddove la Corte d'Appello ha ritenuto imprevedibile la necessità di munire la macchina, al tempo della sua costruzione, di un presidio di sicurezza (i.e. cuffia distanziatrice) atto a scongiurare la condotta abnorme della vittima, essendo stati violati gli oneri probatori in tema di norme di sicurezza. 
3.1. Quanto al terzo motivo, esso si dimostra ugualmente inammissibile laddove censura l'asserto della Corte sull'assenza di responsabilità del costruttore per non avere egli considerato il rischio di impigliamento o trascinamento per chi veniva a contatto con l'organo del motore. In punto, il ricorrente richiama la pronuncia della Sez . Lav. N. 14468/2017 ove sancisce che gli oneri probatori in tema di sicurezza sul lavoro impongono al datore di lavoro di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all'attività svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarità dell'attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l'integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza: sicché il fatto liberatorio non potrebbe prescindere dalla prova circostanziata, da parte del datore di lavoro, dell'assolvimento dei suddetti obblighi di protezione specifici.
3.2. Il motivo si dimostra inammissibile in quanto non considera la ratio deciderteli resa, ove si è ritenuto sufficientemente dimostrato che la macchina agricola era a norma e che l'utilizzo fatto dalla vittima fosse al di fuori della sfera di rischio gravante sul costruttore.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli art. III Cost. e 132 II comma n. 4 cod. proc. civ., ex articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., per motivazione apparente, nonché l'apparenza e la nullità della sentenza per error in procedendo, in quanto la Corte d'Appello non ha esplicitato i criteri di lettura del proprio ragionamento sulla quaestio facti, in violazione dell'obbligo motivazionale.
4.1. Il motivo è parimenti inammissibile perché denuncia i vizi sopra denunciati sotto forma di vizio di apparente motivazione della sentenza che, in tesi, aderirebbe acriticamente alle conclusioni del CT del Pubblico Ministero senza tener conto delle opposte tesi del Ct di parte: la censura però, omette di riportare a quali diverse conclusioni sia addivenuto il Ct di parte, rendendo non autosufficiente la censura.
5. Con il quinto motivo, ex articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. III Cost. e 132 II comma n. 4 cod. proc. civ., per motivazione apparente, nonché l'apparenza e la nullità della sentenza per error in procedendo, laddove la Corte Territoriale ha reso una motivazione apparente e non ha esaminato le critiche rivolte all'elaborato del consulente tecnico d'ufficio come risultanti dalla consulenza tecnica di parte.
5.1. Il motivo è inammissibile per quanto sopra già detto. Il motivo reitera il quarto motivo sub specie di violazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e pertanto è anch'esso inammissibile .
6. Con il sesto motivo, i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, laddove la Corte d'Appello ha omesso di esaminare e valutare che la presa di potenza della macchina fosse priva di qualsiasi protezione.
6.1. Il motivo riguarda l'omessa considerazione delle conclusioni rese dal Ct di parte. Anche in relazione a tale censura non si ravvisa un vizio di inosservanza del c.d. "minimo costituzionale della motivazione", poiché la Corte ha dato ragione della inattendibilità delle conclusioni rese da Ct di parte e dei motivi per cui la Consulenza tecnica espletata dal Pubblico Ministero, risultata in linea con gli accertamenti svolti dalla ASL in sede ispettiva, sia maggiormente attendibile.
7. Conclusivamente il ricorso è inammissibile , con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
 

 


P.Q.M.

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in € 2.000,00, oltre € 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge in favore della parte resistente.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019, nella Camera di consiglio della Terza