Cassazione Penale, Sez. 4, 11 luglio 2019, n. 30488 -  Infortunio durante le operazioni di trebbiatura: macchina agricola vetusta e priva di sicurezza e omessa formazione


Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: FERRANTI DONATELLA Data Udienza: 18/06/2019

 

Fatto

 


1. La Corte di Appello di Lecce, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Brindisi l'11.06.2015 aveva condannato DL.D. per il delitto di omicidio colposo con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (in specie artt.70, 71, 73 d.lgs. n. 81/2008), commesso il 21 06 2011, in danno di S.C.
Secondo la tesi accusatoria, ribadita nel giudizio d'appello, S.C. stava prestando attività lavorativa relativa alle operazioni di trebbiatura senza avere ricevuto regolare formazione (essendo stato assunto come potatore), presso l'azienda agricola di cui DL.D. era titolare; conduceva, privo di idonei dispositivi di sicurezza individuali, la macchina trebbiatrice in stato di vetustà ed inefficienza nonché priva dei requisiti di sicurezza, in quanto non erano conformi alle prescrizioni il sistema di salita e discesa dal posto di guida, la piattaforma di servizio, il posto guida, il gruppo del cambio marce e il mancato funzionamento del freno di stazionamento; in particolare presentava una difettosa sincronizzazione dei meccanismi il cambio marce in quanto l'abbassamento della leva del cambio verso l'alto, necessaria par lo stazionamento a folle, era di difficile e di non rapida attivazione, a causa dell'usura dei leveraggi che comandano i meccanismi, sì da consentire il concreto pericolo di inserimento spontaneo della leva del cambio marce dalla posizione di folle e l'improvviso avvio in marcia della macchina; gli organi di lavoro erano poi privi dei prescritti organi di protezione (barra stanziatrice e carter) idonei ad impedire di raggiungere gli organi in movimento.
Dalla ricostruzione della dinamica descritta dai Giudici di merito risulta che il S.C. nel discendere dalla trebbiatrice per provvedere alla rimozione del materiale erbaceo non tranciato che si era accumulato per la mancanza delle barre di protezione e a causa della rottura della parte sin del dispositivo anteriore tagliaerba, lasciava il motore in moto e la leva del cambio in folle, senza compiere la manovra di abbassamento verso il basso della leva, resa difficile proprio dall'usura dei leveraggi; si realizzava pertanto l'inserimento spontaneo della marcia e l'avvio improvviso della trebbiatrice che riprendeva a muoversi e investiva il S.C. che si trovava dinanzi al mezzo, entrando in contatto con gli organi meccanici di movimento testata della raccolta del mais, privi di barra distanziatrice e del carter di protezione; il lavoratore subiva un politrauma a prevalenza cranica e toracica che ne cagionava la morte.
2. Avverso la sentenza ricorre DL.D., con atto articolato in un unico motivo di doglianza con cui lamenta mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all'affermazione di penale responsabilità.  Deduce che l'usura del mezzo e dei leveraggi nel meccanismo del cambio sono stati individuati dal perito di ufficio dopo sei mesi dal fatto, quando il mezzo era stato lasciato all'aperto, senza protezione, nel parcheggio dove si trovava a seguito del sequestro giudiziale. Contesta la ricostruzione dell'incidente effettuata dalla Corte di Appello e dal Giudice di primo grado sulla base dell'accertamento tecnico dell'Ing. P., che ha effettuato un esame esterno e non approfondito, e senza dare piena valutazione alla testimonianza del teste O.F., il quale ha dichiarato di essere intervenuto in soccorso mentre la macchina avanzava da sola (senza conducente che era a terra privo di vita (fol 7 ricorso).
Sostiene la difesa, in sede di ricorso, che il S.C. si è messo scientemente davanti alla macchina in aperto contrasto con i doveri e le cautele minime riferite al suo mansionario; e che la tesi accusatoria è priva di riscontri probatori. L'incidente, in definitiva deve ascriversi a un comportamento abnorme della vittima, in quanto strano e imprevedibile e tale da risultare causa esclusiva dell'evento mortale.
 

 

Diritto

 


1. Il motivo di ricorso è infondato e non tiene conto del valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità e degli argomenti oltre che delle indicazioni puntuali acquisite e risultanti dai due gradi di merito (testimonianze dei lavoratori e verbali di sopralluogo dei funzionari Spesai in merito alla ricostruzione dell'infortunio; accertamenti tecnici del consulente del Pm).
E' noto, tra l'altro, infatti, che nel momento del controllo di legittimità la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con «i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento», secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, Rv. 215745; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, Rv. 196955).
In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U., 13-12-1995, Clarke ,Rv. 203428).
Riguardo alla posizione di garanzia quale datore di lavoro, ricoperta dall'imputato, la decisione impugnata non presenta nessuno dei vizi dedotti, essendo risultata accertata la dinamica del sinistro e la sua riconducibilità eziologica al cattivo uso e stato di manutenzione della macchina agricola e soprattutto il malfunzionamento del cambio, i cui comandi erano gravemente usurati e consentivano l'innesto spontaneo della marcia, in quanto la operazione di messa in folle era estremamente difficoltosa, oltre il mancato funzionamento del freno di stazionamento che non ha impedito la messa in moto della mietitrebbiatrice e il travolgimento dell'operatore (fol 2-4 sentenza primo grado). Risulta accertata (v. fol 5 della sentenza di primo grado) la violazione dell'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione un macchinario rispondente alle condizioni di sicurezza sancite dal DPR 459/96; il teste Spesai ha specificato infatti che la mietitrebbia in uso alla vittima poteva essere messa in condizioni di rispettare le condizioni standard di sicurezza mediante l'apposizione di una calandra di protezione nonché dispositivi in grado di interrompere l'alimentazione delle componenti mobili del macchinario nel caso di intervento del lavoratore; così come doveva essere sottoposto a regolare manutenzione nelle componenti essenziali del cambio e del freno di stazionamento (art 71 d.lgs n.81/2008).
Del resto, che il trattore agricolo sia un mezzo che, per le sue peculiari caratteristiche e per l'uso cui é destinato, comporta che siano necessarie le particolari misure di sicurezza atte a proteggere la incolumità del lavoratore che ne fa uso, é riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità fin da epoca risalente (per tutte vds. Sez. 3, n. 7808 del 05/06/1985- dep. 04/09/1985, Dufour Berté, Rv. 170272).
In tal senso le peculiarità del mezzo in esame si inserivano certamente sia nel generale obbligo di formazione dei dipendenti che grava sul datore di lavoro ai sensi degli artt. 18 e 37 d.lgs. 81/2008, sia nel più specifico obbligo formativo riguardante l'uso di attrezzature che richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, di cui all'art. 71, comma 7, dello stesso d.lgs. 81/2008. Tanto più che le manovre di arresto e di frenata, di stazionamento del veicolo comportavano all'evidenza rischi aggiuntivi, ivi compreso quello, nella specie concretizzatosi in relazione alla acclarata condizione di vetustà del mezzo, non sottoposto a corretta manutenzione, privo di funzionale sincronizzazione dei meccanismi del cambio e dotato di freno di stazionamento usurato e quindi inidoneo allo scopo ( fol 9 e 10).
E' stato recentemente ribadito il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, é esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli,- e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Sozzi, Rv. 272222). Nel caso di cui trattasi, il S.C. stava operando nell'ambito delle mansioni a lui affidate e la negligenza o distrazione nell'Impiego del sistema di arresto della mietitrebbiatrice deve pertanto annoverarsi fra le ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (cfr. Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009 - dep. 2010, Iglina e altri, Rv. 246695).
Deve richiamarsi, una volta di più, il principio affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n.15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247).
Nel caso di specie, l'infortunio é avvenuto mentre il lavoratore era impegnato in un'attività propria delle mansioni a lui affidate, e pertanto, alla luce dei richiamati principi, a nulla rileva che egli abbia agito in modo imprudente ed errato, non avendo avuto tale comportamento alcuna portata interruttiva fra la violazione della condotta omissiva addebitata alla ricorrente e l'evento mortale.
D'altro canto, come affermato dai Giudici di merito, proprio la normativa di sicurezza è dettata con riferimento alle protezioni delle componenti mobili e pericolose della macchina da lavoro e testimonia come il legislatore abbia valutato come ordinario il rischio aggiuntivo derivante dall'intervento del lavoratore su tali componenti; inoltre nel caso di specie proprio la mancanza di alcune lame nella parte anteriore sin. del mezzo vetusto e mal tenuto provocava verosimilmente l'accumulo dei detriti con conseguente necessità di intervento del lavoratore.
2. In conclusione al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.
 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18 giugno 2019