Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 24 luglio 2019, n. 33249 - Ottemperanza alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza per varie violazioni in materia di sicurezza


Presidente: MONTAGNI ANDREA Relatore: DAWAN DANIELA Data Udienza: 18/04/2019

 

 

Fatto

 

1. L.P.D. era chiamato in giudizio per rispondere delle contravvenzioni, di cui alla formulazione originaria del capo di imputazione, relative tutte a violazioni della normativa antinfortunistica per avere, quale datore di lavoro della ditta D.R.C., messo a disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro con dispositivi di sicurezza, che avrebbero dovuto impedire l'acceso alla zona pericolosa, non funzionanti o manomessi o mancanti dei relativi dispositivi di interblocco e comunque non conforme ai previsti requisiti di sicurezza. Con sentenza del 13/02/2017, il Tribunale di Asti lo assolveva, perché il fatto non costituisce reato, in relazione ai capi a) e b). Avverso detta sentenza interponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Asti osservando che il primo giudice aveva assolto l'imputato con la predetta formula sul presupposto che avrebbe dovuto escludersi, nei suoi confronti, ogni profilo di negligenza, imprudenza o imperizia per avere egli omesso di adempiere tempestivamente alle prescrizioni "per un eccesso di prudenza", a causa del quale egli aveva voluto "approfondire tutte le soluzioni tecnicamente possibili per garantire al massimo la sicurezza dei suoi dipendenti". In questo modo, sosteneva allora il ricorrente, il giudice confondeva il piano della responsabilità per il reato già commesso con quello della possibilità di estinguere l'illecito mediante la procedura prevista dal d. Lgs. n. 758/1994.
2. La Sezione Terza di questa Corte, reputato fondato il ricorso, ha annullato la citata sentenza rinviando, per nuovo giudizio, al Tribunale.
3. La ricostruzione della vicenda come operata dal Giudice del rinvio è la seguente: l'ispezione effettuata dallo SPRESAL ASL AT il 17/9/2013 presso i locali della ditta dell'imputato consentiva di accertare una serie di violazioni in materia di sicurezza per la cui regolarizzazione venivano impartite delle prescrizioni raggruppate in 4 punti. Tutte le prescrizioni di cui ai punti 1 e 2 erano ottemperate con conseguente ammissione al pagamento delle relative sanzioni ed estinzione dei reati. Relativamente ai punti 3 e 4, vi era ottemperanza alle prescrizioni concernenti le violazioni di cui ai capi di imputazione A, B, D, E, G e I; non erano invece eseguite le prescrizioni relative ai capi C, F e H. Nonostante l'osservanza alle prescrizioni dei capi A, B, D, E, G e I, non si addiveniva all'ammissione al pagamento delle relative sanzioni perché non erano state adempiute le altre prescrizioni. Riguardo alle due macchine (BISSO e FTP), il Tribunale ha sostenuto che il mancato adempimento nei termini non sia in alcun modo rimproverabile all'imputato che in entrambi i casi si è immediatamente attivato e ha tenuto un comportamento diligente al fine di tempestivamente adeguarsi a quanto prescritto, essendo il ritardo dipeso da fattori esterni (maggior complessità dell'intervento nel primo caso, inerzia del produttore e resistenze ad effettuare una modifica esterna su una macchina marchiata CE nel secondo). E' pervenuto, pertanto, alla conclusione che devono ritenersi estinte le violazioni di cui ai capi C, F e H, giungendo ad identica conclusione per gli altri capi di imputazione in ordine ai quali non era stata la possibilità di accedere al pagamento della sanzione in quanto la violazione è stata ritenuta unica.
4. Avverso la prefata sentenza del Giudice del rinvio, ricorre nuovamente per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Asti, deducendo inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento al d. lgs. n. 758/1994. Ponendosi preliminarmente il quesito se la sentenza di annullamento della Corte di cassazione contenesse, nel caso di specie, un principio di diritto vincolante, il ricorrente risponde negativamente, evidenziando che nella stessa è stato illustrato un altro profilo meritevole di considerazione ma per nulla attinente all'oggetto del ricorso e quindi inidoneo ad integrare il principio di diritto vincolante. Richiamando il proprio precedente ricorso - da cui era poi scaturita la sentenza di annullamento - afferma che la Suprema Corte doveva, in via principale, stabilire se fosse conforme alla normativa che il contravventore alle disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro potesse essere assolto "soltanto" perché non aveva adempiuto alle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza e quindi omettendo qualsiasi indagine sul reato accertato dal predetto organo. Si trattava, infatti, di stabilire che l'unico ed effettivo oggetto del giudizio penale era il reato commesso e non l'omesso adempimento della prescrizione. L'impugnata sentenza cade in equivoco laddove valorizza la condotta diligente tenuta dal contravventore nella fase conseguente all'applicazione del d. lgs. n. 758 ritenendola capace di determinare ex se l'estinzione della contravvenzione. L'adempimento delle prescrizioni può rilevare per stabilire il momento di cessazione del reato permanente, categoria cui appartengono i reati qui contestati, ma non per escludere la responsabilità penale anche per la violazione commessa in precedenza. Va infatti tenuto conto che il presupposto perché operi la causa di estinzione del reato di cui all'art. 24 d. lgs, n. 758/1994 è l'avvenuto adempimento della prescrizione impartita e l'ammissione al pagamento in forma ridotta seguito dall'effettuazione tempestiva di detto pagamento in sede amministrativa. Nel presente processo, invece, solo in parte vi è stata ottemperanza alla prescrizione impartita, non seguita però dal pagamento in forma ridotta, mentre per le altre violazioni la regolarizzazione è avvenuta oltre i termini fissai dallo SPRESAL. Ne consegue che il proscioglimento del L.P.D. è erroneo: il fatto che, in ordine alle violazioni di cui ai capi C, F, e H, questi si fosse immediatamente attivato tenendo un comportamento diligente al fine di ottemperare tempestivamente a quanto prescritto, non rileva rispetto a quello che è l'unico oggetto del giudizio penale e cioè l'elemento oggettivo e soggettivo della contravvenzione commessa ed accertata. Né il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare estinti i reati ma dichiarare il non luogo a procedere rimettendo gli atti all'ufficio del pubblico ministero.

 

Diritto

 


1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
2. La sentenza di annullamento pronunciata dalla Terza sezione di questa Corte aveva ritenuto fondato il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti il quale aveva censurato la sentenza di primo grado per aver questa assolto l'imputato con la formula "perché il fatto non costituisce reato" sul presupposto che avrebbe dovuto escludersi, nei confronti dell'imputato, ogni profilo di negligenza, imprudenza o imperizia per aver egli omesso di adempiere tempestivamente alle prescrizioni "per un eccesso di prudenza", a causa del quale egli aveva voluto approfondire tutte le situazioni tecnicamente possibili per garantire al massimo la sicurezza dei suoi dipendenti. Deduceva, allora, il ricorrente che, in tal modo, il giudice confondesse i due piani, quello della responsabilità per il reato già commesso e quello della possibilità di estinguere l'illecito mediante la procedura prevista dal d. lgs. n. 758/1994. Richiamata la procedura prevista dall'anzidetto decreto in ordine all'adempimento della prescrizione impartita dall'organo di vigilanza, con conseguente ammissione del contravventore a pagare in sede amministrativa una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione contestata, la sentenza di annullamento osservava, in particolare, che, così come sostenuto dal ricorrente, la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758/1994, configura un'ipotesi di condizione di procedibilità dell'azione penale «la quale prescinde totalmente dal profilo relativo alla avvenuta commissione dei reati contestati e interessati dal meccanismo estintivo in questione». In questa prospettiva, la Corte di cassazione rilevava come non potesse esservi alcun dubbio in ordine al fatto che il descritto comportamento dell'imputato, riconosciuto dal primo Giudice come diligente, fosse rilevante ai fini del giudizio sul mancato adempimento delle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza.
3. Sul punto, la Corte Suprema ha ritenuto che il giudice penale possa sempre valutare, nel verificare la sussistenza dell'elemento della fattispecie estintiva, se l'inadempimento sia ascrivibile o meno all'imputato, non soltanto sotto il profilo di una forza maggiore idonea ad escludere la suitas della condotta omissiva, ma finanche sotto il profilo di una rimproverabilità soggettiva della mancata osservanza, da escludersi nel caso in cui l'obbligato abbia tenuto una condotta pienamente rispettosa dei criteri prevenzionistico-cautelari che costituiscono il contenuto della regola di diligenza, prudenza o perizia.
Ciò posto, la sentenza di annullamento ha reputato che il primo Giudice abbia errato nel ritenere che il comportamento dell'imputato, pur qualificato come del tutto diligente e prudente, possa assumere una qualche rilevanza ai fini dell'esclusione dell'elemento soggettivo delle contravvenzioni contestate, «trattandosi di un aspetto che viene in rilievo dopo che il reato, nelle sue componenti oggettive e soggettive, è stato integrato ed ai soli fini dell'integrazione del menzionato meccanismo estintivo, a cui sarebbe dovuta conseguire non già la pronuncia assolutoria "perché il fatto non costituisce reato", quanto piuttosto la declaratoria di non doversi procedere per avvenuta estinzione dell'illecito contravvenzionale». In sintesi: il fatto costituisce reato; la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e ss., d. lgs. n. 758/1994, non lo fa venire meno perché opera su un piano successivo e distinto, trattandosi di condizione di procedibilità dell'azione penale.
4. L'ambito di delimitazione del giudizio rescissorio ai sensi dell'art. 627, comma 3, cod. proc., riguardava unicamente la verifica dell'avvenuta procedura estintiva. Il Tribunale di Asti ha esattamente esplorato il tema sul quale la Terza Sezione di questa Corte aveva indicato la necessità di un approfondimento. E così, ripercorse le vicende relative alla mancata ottemperanza delle prescrizioni relative alle due macchine BISSO tipo HF 350.F nr. 166 e FTP mod SWIFT 600 MATR 0803 (di cui ai capi C, F e H), il Giudice del rinvio ricorda, quanto alla prima, che era stata impartita «una prescrizione inesatta che non ha tenuto conto delle caratteristiche della stessa e delle conseguenze dell'arresto del disco, per cui, dunque, l'adeguamento, comunque in parte effettuato nei termini, ha richiesto un più complesso procedimento di reperimento di nuove componenti e sostituzione delle stesse»; e, quanto alla seconda, che «il ritardo nell'ottemperanza è dipeso esclusivamente dall'inerzia del produttore a cui correttamente l'imputato si è rivolto in prima battuta per apportare la richiesta modifica; egli si è poi allora interessato presso ulteriori ditte specializzate ed ha infine rispettato la prescrizione imposta». Ciò detto, la sentenza impugnata affermava che il mancato adempimento nei termini non fosse in alcun modo rimproverabile all'imputato, il quale si era, in entrambi i casi, immediatamente attivato, tenendo un comportamento diligente, essendo il ritardo dipeso da fattori a lui esterni. In ossequio all'anzidetto principio, sancito dalla sentenza di annullamento - a mente del quale il giudice penale può sempre valutare, nel verificare la sussistenza dell'elemento della fattispecie estintiva, se l'inadempimento sia ascrivibile o meno all'imputato anche sotto il profilo di una rimproverabilità soggettiva della mancata osservanza, da escludersi nel caso in cui l'obbligato abbia tenuto una condotta pienamente rispettosa dei criteri prevenzionistico- cautelari che costituiscono il contenuto della regola di diligenza, prudenza o perizia - il Tribunale di Asti ha ritenuto estinte le violazioni di cui ai capi C, F e H, così come quelle indicate negli altri capi di imputazione, in ordine ai quali, pur essendovi stato rituale adempimento alle prescrizioni imposte, non era stata data la possibilità di accedere al pagamento della sanzione in quanto la violazione era stata ritenuta unica.
5. Va detto, peraltro, che il ricorrente non ha formulato alcun motivo specifico nei riguardi della sentenza impugnata, avendo egli indirizzato le sue doglianze verso la sentenza di annullamento, che, per ciò, si rivelano del tutto inammissibili. Il ricorrente, a ben vedere, pretende di riprendere il tema a più ampio spettro rispetto a quello delimitato dalla sentenza della Corte di cassazione e considerato, in conseguenza, dal Giudice del rinvio.
6. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
 

 

P.Q.M.
 

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 18 aprile 2019