Cassazione Penale, Sez. 4, 31 luglio 2019, n. 34887 - Infortunio durante i lavori di carpenteria navale. Omesso coordinamento con le ditte appaltatrici


 

 

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 07/05/2019

 

 

Fatto

 

 

l. La Corte di Appello di Venezia con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Venezia, assolveva B.P. dal reato di omicidio colposo allo stesso ascritto con la inosservanza della disciplina antinfortunistica, mentre confermava il giudizio di responsabilità nei confronti degli altri imputati C.C., DZ.C.L., V.C., DM.C., Q.A., V.S., C.P. e B.A..
Riconosciuta poi la revoca della costituzione di tutte le altre parti civili per intervenuto accordo transattivo, condannava i suddetti imputati e i responsabili civili FINCANTIERI s.p.a. e MECCANONAVALE s.r.l. al risarcimento del danno non patrimoniale a favore della residua parte civile FIOM CGIL Provincia di Venezia, che aveva proposto impugnazione sul punto, danno che determinava in euro 15.000 oltre ad interessi, nonché alla rifusione delle spese del giudizio da questa sostenute nei vari gradi del giudizio.
2. Gli imputati erano chiamati a rispondere, nelle rispettive qualità di titolari di posizioni di garanzia di seguito specificate, dell'infortunio occorso a C.V., dipendente della ditta MCI di V. s.a.s. nel corso della esecuzione di interventi di carpenteria navale in vano di imbarcazione in allestimento presso il cantiere navale della FINCANTIERI in Marghera. Questi, mentre era intento ad eseguire interventi di montaggio e saldatura di pareti all'interno di locale filtri della nave in costruzione ZUIDERDAM unitamente ad altri due lavoratori, scivolava dallo scaleo sul quale stava operando e cadeva all'interno di una condotta di areazione precipitando per alcune decine di metri provocandosi gravissime lesioni personali che lo conducevano, in ragione dei traumi vertebrali e midollari, ad una grave e irreversibile condizione di infermità e, dopo alcuni anni dal fatto (Agosto 2008) alla morte per una serie di complicanze multiorgano. Per tale ragione il giudizio, che aveva già avuto una pronuncia di primo grado per lesioni colpose gravissime, era stato annullato in appello e riassunto con la contestazione di omicidio colposo.
3. Premesso che risulta Intervenuta pronuncia irrevocabile di condanna nei confronti di V.C., titolare della ditta MCI datore di lavoro dell'operaio infortunato, nonché degli imputati C.C. e DZ.C.L. i quali avevano diretto, coordinato e vigilato per conto di MECCANONAVALE s.r.l. la esecuzione del segmento di lavorazione nel corso del quale si era realizzato l'infortunio, la odierna impugnazione risulta proposta da DM.C., direttore dello stabilimento FINCANTIERI di Marghera, V.S. e Q.A., responsabile di piattaforma il primo e Capo Centro dell'area Bordo il secondo dello Stabilimento Marghera, ciascuno di essi con delega alla sicurezza, C.P. Pierpaolo capo Officina Allestimento apparato motore e B.A. delegato da Fincantieri per il coordinamento in materia di sicurezza con Meccanonavale s.r.l. nell'ambito della suddetta Officina.
4. Ai suddetti imputati veniva contestata la inosservanza di numerose disposizioni antinfortunistiche e, con riferimento al ruolo apicale del DM.C., anche la omessa valutazione dei rischi generali e le modalità con le quali era stato autorizzato il subappalto, per avere omesso di segregare la condotta d'aria onde prevenire il rischio di cadute all'interno di essa.
In particolare gli addebiti attengono all'omesso allestimento di adeguate opere provvisionali (parapetti, chiusure, barriere) dirette a impedire il rischio di caduta nella condotta; all'omessa predisposizione di mezzi di protezione collettiva in relazione ai rischi propri dell'ambiente di lavoro, con conseguente consegna all'impresa appaltatrice di ambiente di lavoro privo di adeguate misure e dispositivi di sicurezza, con l'ulteriore insidia costituita dal fatto che il varco risultava coperto da telo ignifugo inidoneo a prevenire la caduta all'interno della condotta, così da ostacolare una corretta rappresentazione dei rischi collegati a tale situazione; alla omessa specifica e dettagliata informazione sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui i lavori dovevano essere eseguiti, con particolare riferimento alla esistenza e alle dimensioni della bocca di apertura della condotta di areazione; alla omessa cooperazione nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro, incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto da svolgersi nel locale in allestimento; al mancato coordinamento con le imprese appaltatrici e alla omessa promozione degli interventi di protezione e prevenzione dei rischi con reciproco scambio di informazioni sui rischi specifici collegati all'ambiente di lavoro.
5. Il giudice distrettuale richiamando gli argomenti del giudice di primo grado, precisava come i responsabili della FINCANTIERI avessero mantenuto una rilevante ingerenza sul cantiere di lavoro consegnato alla ditta appaltatrice, sia con riferimento alle trasformazioni da essa operate (pulizia della condotta, eliminazione delle barriere in tubi che originariamente la segregavano, realizzazione di una balaustra inadeguata a prevenire il rischio di precipitazione all'interno della condotta da posizione sopraelevata, copertura della bocca della condotta con teli ignifughi che la occultavano ma non prevenivano il rischio di accidentale inserimento nella stessa) dopo che la ditta appaltatrice MECCANONAVALE aveva completato una prima serie di interventi, sia in relazione alle modalità, alla successione e tempi di lavorazione delle imprese impegnate alla esecuzione degli interventi di carpenteria (con autorizzazione al subappalto, sulla base di ritmi serrati di lavoro, anche notturno, al fine di anticipare la ultimazione dell'allestimento).
5.1 In particolare la Corte di Appello, in accordo con le considerazioni del primo giudice, stigmatizzava il difetto di coordinamento, cooperazione e scambio di informazioni con le ditte appaltatrici pure regolamentato dall'art.7 II comma D.Lgs. 626/94 evidenziando come ciascun imputato fosse titolare di una specifica ed autonoma veste di garante del rischio che la disciplina antinfortunistica richiamata era tesa a preservare e che ciascuna figura tutoriale era stata individuata sulla base dell'organigramma aziendale e in ragione dei rapporti intrattenuti con i preposti della ditta appaltatrice MECCANONAVALE s.r.l., ed era stata adeguatamente esplorata ed evidenziata dal giudice di primo grado.
5.2 Ciò valeva in particolare con riferimento alla posizione apicale del DM.C. il quale, pure in presenza di deleghe, manteneva una sfera di non negoziabile responsabilità connessa alla valutazione dei rischi e alla vigilanza generale sui sottoposti in presenza di una evidente fonte di pericolo, sia con riferimento alle posizioni intermedie di Q.A. e V.S. i quali avevano scandito, unitamente al C.P., tutte le fasi relative all'appalto delle opere, alla sospensione temporanea delle stesse e, infine, alla loro ripresa urgente in una prospettiva di rapido completamento, ai quali pertanto era demandato il coordinamento delle attività lavorative, la cooperazione e lo scambio di informazioni con la impresa appaltatrice e la previa definizione di tutte le problematiche, anche di rilievo antinfortunistico, che risultavano connesse all'ambiente di lavoro e ai tempi e alla successione nelle lavorazioni.
5.3 In tale prospettiva doveva rispondere del reato anche l'imputato B.A. il quale, pure sprovvisto di capacità decisionale, in quanto mero preposto alle lavorazioni nel segmento di prestazioni oggetto di esame, era onerato da obblighi consultivi e sollecitatori dei diretti superiori in ordine alle misure prevenzionistiche necessarie ad evitare l'infortunio.
5. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i responsabili della società FINCANTIERI s.p.a. con due distinti mezzi di impugnazione.
Con un primo ricorso, presentato in data 30 Marzo 2016 dagli imputati Q.A., V.S. e DM.C. a firma degli avv.ti Paola S. e Corrado Pa. venivano articolati tre motivi di ricorso.
6.1 Con un primo motivo si deduce violazione di legge e mancanza di motivazione nella parte in cui il giudice distrettuale, pure avendo riconosciuto che non risultavano compiutamente accertate le ragioni per cui il lavoratore avesse perso l'equilibrio cadendo dalla scala, nondimeno riteneva di riconoscere il rapporto di causalità tra le inosservanze alle regole cautelari ascritte agli imputati e il tragico evento sulla base del mero susseguirsi meccanico delle fasi della caduta, in assenza della esplorazione di scenari causali alternativi da solo idonei alla determinazione dell'evento, riconducibili allo stesso comportamento del lavoratore ovvero al fatto di terze persone. Neppure sulla base di criteri probabilistici fondati sulla razionalità logica e sul giudizio controfattuale sarebbe stato possibile sopperire a tale lacuna laddove lo scenario ipotizzato in sede ricostruttiva poneva il lavoratore sui gradini terminali di uno scaleo che appariva operazione del tutto incompatibile con la lavorazione da eseguire ad una quota assolutamente modesta (m.2,20).
6.2 Con una seconda articolazione si assume violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione all'accertamento della responsabilità dei dirigenti e dei preposti di FINCANTIERI s.p.a. sulla base del ritenuto effetto estensivo della responsabilità del committente per avere disatteso gli obblighi di coordinamento, cooperazione e informazione pure previsti dall'art.7 del D.Lgs.626/94. Sotto il profilo della violazione di legge si assume come la norma non potesse essere valorizzata per estendere la responsabilità al soggetto che aveva affidato i lavori a causa del mal governo dei rischi inerenti allo svolgimento della prestazione lavorativa oggetto del rapporto di appalto, ma semmai a definire la relazione di collaborazione tra committente e appaltatore ai fini del corretto svolgimento della prestazione con particolare riferimento al governo dei rischi interferenziali e alla idoneità, sotto il profilo antinfortunistico, del luogo di lavoro ove sarebbe stata eseguita la prestazione. Sotto questo ultimo profilo deduce vizio di motivazione laddove il giudice distrettuale aveva omesso di considerare la presenza di presidi antinfortunistici al momento della consegna del cantiere e la somministrazione nei sopralluoghi intervenuti in data precedente alla ripresa delle lavorazioni di una adeguata informazione sulla presenza della condotta di areazione e sui rischi connessi a tale presenza, tenuto altresì conto che il referente DZ.C.L. per conto di MECCANONAVALE s.r.l. aveva già lavorato sulla nave con una propria squadra e che unitamente all'altro preposto dell'appaltatore, C.C., aveva segnalato alla squadra di lavoratori di MCI la presenza dell'insidia rappresentata dalla condotta, laddove la caduta all'interno di essa era dipesa da una autonoma iniziativa lavorativa delle maestranze dell'appaltatore che avevano impiegato scale portatili per eseguire gli interventi di carpenteria ad essi demandati, condotte che sconfinavano dall'area di rischio governata dalla FINCANTIERI.
6.3 Con una terza articolazione i ricorrenti lamentano violazione di legge e carenza di motivazione in punto di omessa esplorazione delle singole posizioni di garanzia all'interno della compagine FINCANTIERI s.p.a. per avere riconosciuto la responsabilità dell'intera catena dei dirigenti e dei preposti compresi nella catena di competenze relative al settore di riferimento, pur ammettendo la ricorrenza di deleghe prepositurali idonee, nelle compagini articolate come quella in esame, a costituire autonomi centri di imputazione di responsabilità e di governo del rischio. Sotto questo profilo evidenzia poi l'assenza di un adeguato apparato argomentativo nella sentenza impugnata che si era limitato a richiamare la motivazione della sentenza di primo grado, peraltro sottoposta a specifica censura in appello sul punto, rinviando all'organigramma dell'azienda, senza spendere adeguati argomenti in relazione alle figure di garanzia intermedie di V.S. e Q.A. e finendo per riconoscere la responsabilità del vertice dello stabilimento in relazione all'infortunio occorso al dipendente di ditta appaltatrice nella esecuzione di un intervento di carpenteria.
6.3.1 A tale fine si afferma nel ricorso che neppure la disciplina volta a valorizzare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra committente e appaltatore, di cui all'art.7 D.Lgs. 626/1994, avrebbe potuto comportare la responsabilità del direttore di stabilimento, venendo in considerazione ambiti delle singole lavorazioni in subappalto presidiati da figure tutoriali investite da responsabilità e governo del rischio (a fronte di 1.300 dipendenti interni e 2.000 esterni), laddove gli stessi dirigenti V.S. e Q.A. erano a capo di articolazioni complesse, suddivise in aree e officine mentre il riconoscimento della responsabilità di B.A. e C.P., con i quali si erano direttamente relazionati i preposti di MECCANONAVALE s.r.l., si poneva in contraddizione con la affermazione delle concorrenti responsabilità delle figure direttive da cui questi ultimi dipendevano soprattutto allorquando, come nella specie, ai soggetti investiti del controllo della lavorazione, come il B.A., veniva contestato un difetto di segnalazione e di sollecitazione nei confronti dei sovraordinati.
6.3.2 Si assume ancora che al direttore di stabilimento DM.C. non poteva essere logicamente contestato un difetto di predisposizione del DVR atteso che tale documento risulta indirizzato ai dipendenti dell'azienda, mentre le prescrizioni concernenti la cooperazione con la ditta appaltatrice non potevano che riguardare la disposizione dell'art.7 D Lgs. 626/94 che, con riferimento alla materia della sicurezza, poteva costituire oggetto di delega ai preposti sotto ordinati.
7. Con una distinta impugnazione presentata in data 31 Marzo 2019 a firma del solo avv.to Corrado Pa. proponevano ricorso per la cassazione della sentenza gli imputati B.A., C.P., Q.A., V.S. e DM.C..
7.1 Con un primo motivo si assume la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nonché la violazione della legge penale per essere stato ricondotto l'infortunio ad un difetto di cooperazione e di coordinamento tra le attività del committente e quelle dell'appaltatore. Escludeva che l'art.7 D.Lgs. 626/94. Parte ricorrente esclude nella specie una responsabilità in capo ai dirigenti e ai preposti dell'azienda committente, essendo mancata nella specie la percezione della situazione di pericolo che avrebbe determinato l'infortunio, a fronte di ambiente di lavoro adeguatamente esplorato e conosciuto dai responsabili della ditta appaltatrice che pure ne avrebbero dovuto rendere edotte le maestranze e non essendo stato richiesto a FINCANTIERI di apportare modifiche o integrazioni alle misure di sicurezza già esistenti e non essendo prevedibile che per la modesta altezza a cui andavano eseguiti gli interventi la lavorazione avrebbe consentito di superare le barriere poste a presidio della condotta di areazione.
7.2 Con una seconda articolazione i ricorrenti lamentano vizio motivazionale e violazione di legge in relazione agli art.4 e 7 D.Lgs.626/94 per avere indistintamente individuato gli imputati come i soggetti che avrebbero dovuto impedire l'evento prescindendo da qualsiasi valutazione sull'effettiva ripartizione di compiti e di responsabilità all'Interno dello Stabilimento Fincantieri di Marghera richiamando la giurisprudenza di legittimità che impone, anche nella verifica del governo del rischio secondo canoni di effettività dei compiti, la personalizzazione dei ruoli e delle responsabilità all'Interno delle compagini complesse articolate in vari settori né potendo essere riconosciuta la responsabilità dei dirigenti sovraordinati che avevano conferito la delega sulla sicurezza in ragione di un difetto di vigilanza, non essendo per essi esigibile un controllo diretto e capillare di ogni singola fase di lavorazione, essendo il loro compito condizionato dalle informazioni ricevute e alle eventuali doglianze dei lavoratori.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi devono essere rigettati in quanto infondati.
La sentenza impugnata non presenta alcuno dei vizi dedotti dai ricorrenti atteso che il giudice di appello, attraverso un articolato iter motivazionale, del tutto integro sotto il profilo logico giuridico e coerente con gli elementi probatori acquisiti, ha reso motivato conto delle ragioni della responsabilità degli imputati, nelle loro rispettive vesti di direttore dello stabilimento FINCANTIERI in Marghera e di titolari di posizioni che presidiavano aree di rischio di specifica competenza in quanto garanti della individuazione, delle predisposizione e della osservanza delle misure antinfortunistiche volte a presidiare il rischio interferenziale.
2. In relazione alla impugnazione proposta in data 5 Aprile 2016 dai ricorrenti DM.C., Q.A. e V.S. palesemente infondato è il primo motivo di ricorso con cui si deduce, al di là della sussistenza degli addebiti soggettivi ascritti a ciascun ricorrente - ancora prima di considerare l'interferenza di una possibile condotta abnorme del lavoratore o di terzi - una assoluta carenza motivazionale in ordine alla dinamica del sinistro, idonea a inficiare la trama causale della vicenda infortunistica e a consentire di ipotizzare scenari causali alternativi del tutto avulsi dalla attivazione della posizione di garanzia degli imputati.
2.1 Invero i giudici di merito e in particolare il giudice distrettuale hanno operato la ricostruzione delle fasi della lavorazione che hanno preceduto il tragico sinistro sulla base di elementi oggettivi relativi all'ambiente di lavoro (caratteristiche dell'ambiente e della condotta di areazione, presenza di protezioni del varco, posizionamento del telo di copertura, posizionamento dei lavoratori rispetto alle protezioni e al varco) e agli strumenti di lavoro impiegati dai lavoratori (piastrina in acciaio da assicurare al soffitto, caratteristiche degli scalei utilizzati dai due lavoratori che sorreggevano la piastrina in modo tale da farla aderire alla parete; morsetti impiegati allo scopo), nonché sulla base delle dichiarazioni degli altri componenti della squadra impegnati nella lavorazione i quali, pure non avendo fissato l'attimo in cui il compagno di lavoro era precipitato all'Interno della condotta, hanno minutamente descritto tutte le fasi immediatamente precedenti quello della caduta.
2.2 Lo scivolamento della scala in direzione contraria a quella di caduta del lavoratore, la circostanza che il C.V., al pari del caposquadra B., stava operando sopra uno scaleo sostenendo un pannello in acciaio, il dato obiettivo che il C.V. precipitò all'interno del condotto ove venne rinvenuto anche il morsetto che aveva in mano e che la balaustra di tubi Innocenti, posta a protezione del varco, non fu in grado di impedire la caduta del lavoratore, costituiscono elementi di fatto esaminati dalla Corte di Appello di Venezia in termini congrui, non contraddittori e coerenti con gli accertamenti eseguiti dagli organi ispettivi (Spisal) i quali, in ragione della loro logica e razionale credibilità non sono suscettibili di una rinnovata valutazione in questa sede soprattutto quando, come nella specie, i ricorrenti non propongono alcuna plausibile ricostruzione alternativa.
2.3 Giova sul punto evidenziare come in tema di causalità, a fronte di una giustificazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa, idonea ad inficiare o a caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano "hic et nunc" concretamente probabile (sez.IV, 13.2.2008 Maggini, Rv.239809) e il giudice distrettuale si è attenuto a tali indicazioni, esplorando i vari ambiti di possibili causalità alternative e finendo per concludere che se in termini positivi era emersa la ipotesi di derivazione ampiamente trattata nel giudizio de quo, arricchita dai contributi dichiarativi e tecnici per cui è processo, nessuna alternativa prospettiva di innesco, professionale o ambientale, era emersa, neppure come tema oggetto di ulteriore approfondimento, se non in termini del tutto aleatori e privi di concreto aggancio alla realtà fattuale.
Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere disatteso.
3. Il secondo motivo di ricorso risulta infondato.
Invero il giudice distrettuale, pure avendo erroneamente attribuito alla disposizione dell'art.7 D.Lgs. 626/94 la funzione di estendere al committente il contenuto degli obblighi cautelari posti ex lege a carico del datore di lavoro a beneficio delle maestranze, e pure avendo impropriamente richiamato la giurisprudenza in materia di ingerenza del committente nel segmento delle lavorazioni compreso nel contratto di appalto ( o di subappalto), ha sostanzialmente affermato, anche attraverso il richiamo alla motivazione del giudice di primo grado, che il rimprovero mosso ai responsabili della FINCANTIERI può sostanzialmente ricondursi, come peraltro riconosciuto dai ricorrenti a pag. 9 del ricorso, ad un difetto di coordinamento con la impresa appaltatrice Meccanonavale nella individuazione delle strategie tese a rimuovere le fonti di pericolo presenti nell'ambiente di lavoro ove l'appaltatore era chiamato ad operare e per avere omesso di promuovere la collaborazione e lo scambio di informazioni con la ditta appaltatrice affinchè i profili di rischio, connessi alla specificità delle lavorazioni appaltate, ma insistenti ab origine sul luogo di lavoro, potessero in concreto essere percepiti e prevenuti dai soggetti preposti alle lavorazioni.
3.1 A tale proposito non appare invero corretto l'approccio della parte ricorrente al complesso problema della gestione del rischio connesso all'ambiente di lavoro, il quale assume rilievo anche quale rischio interferenziale ogni qual volta che, come nella specie, diverse imprese concorrano, anche alternandosi in successione, alla esecuzione di interventi nel medesimo cantiere e cioè quando i lavori contemplino l'opera di più imprese o lavoratori autonomi, anche in successione tra di loro e non necessariamente in concomitanza (sez.IV, 12.3.2015, Marzano, Rv.263150), laddove i piani organizzativi e lavorativi siano comunque in grado di interferire (sez.IV, 7.6.2016, Carfì ed altri, Rv. 267687).
3.2 Invero, pur mancando all'epoca dei fatti un obbligo specifico di formare un documento unico che garantisse la condivisione normativa tra committente e appaltatore delle misure volte a prevenire e a fronteggiare il rischio derivante dalla coesistenza o dall'alternarsi all'interno di una azienda di lavorazioni in grado di "interferire", certamente esisteva una specifica disciplina (art.7 D.L.vo 1994/626 peraltro oggetto di contestazione agli imputati) che onerava il committente FINCANTIERI, e pertanto i dirigenti all'uopo individuati, di promuovere la cooperazione e il coordinamento in un ambito nevralgico e fonte di rischi.
3.3 Prevede l'art.7 I comma del testo citato (vigente alla data dell'infortunio) che il datore di lavoro in caso di affidamento dei lavori all'interno della azienda, ovvero della unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi ...b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Trattasi invero di regola generale diretta a porre l'appaltatore o il lavoratore autonomo, le cui professionalità vengono introdotte nell'azienda ovvero nello stabilimento, a conoscenza di tutti i rischi connessi alle lavorazioni in tali ambienti, regola questa che certamente non può essere derogata dal contratto di appalto con la previsione di una inversione degli obblighi prevenzionistici in capo all'appaltatore, ovvero attraverso il mero travaso di informazioni, che si assume la ditta appaltatrice sia tenuta a partecipare alle proprie maestranze.
3.4 Che gli obblighi in capo al committente non si esauriscono negli accordi contrattuali assunti con l'appaltatore lo si desume poi dal testo del secondo comma (art.7 comma II D.L.vo 626/94) il quale impone ai datori di lavoro di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto nonché di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche ai fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nella esecuzione dell'opera complessiva. Tale disposizione rende evidente come l'attività di consultazione, di cooperazione e di coordinamento tra datori di lavoro debba proseguire anche in corso di esecuzione del contratto di durata (appalto o somministrazione) e, sebbene non accompagnata da un documento ufficiale, deve valere a enucleare i rischi interferenziali e ad elaborare strategie comuni per la loro prevenzione. Soprattutto è l'azienda committente (nella specie FINCANTIERI) a dovere promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui al secondo comma con esclusione dei rischi specifici dell'opera della ditta appaltatrice (art.7 co.III D.L.vo 626/94) e, conseguentemente ad elaborare un DUVRI che tenga conto di tali criticità.
4. Il giudice distrettuale pertanto, del tutto coerentemente con i dati testimoniali acquisiti e con gli elementi oggettivi sopra evidenziati di cui si era avvalso per ricostruire la dinamica del sinistro, ha segnalato le gravissime lacune nella promozione del coordinamento e della cooperazione con le imprese appaltatrici in cui era incorsa la FINCANTIERI con particolare riferimento alle modifiche apportate alla segregazione della condotta di areazione e alla copertura della stessa con telo ignifugo.
Se invero il rischio generico della presenza di una condotta di areazione era stato segnalato alle maestranze della ditta
subappaltatrice da parte dei preposti della ditta appaltatrice Meccanonavale s.r.l. DZ.C.L. e C.C., non solo aveva fatto difetto qualsiasi coordinamento del committente per attualizzare le misure di sicurezza all'esito degli interventi di pulizia della condotta di areazione, ma era seguita l'accelerazione dei ritmi di lavoro con previsione di turni notturni, nella prospettiva di un rapido completamento delle opere, in assenza di una analisi di compatibilità di tali lavorazioni e degli strumenti impiegati con l'ambiente di lavoro modificato all'esito degli interventi e delle modifiche apportate da FINCANTIERI al locale filtri in cui dovevano essere completate le opere di rivestimento.
4.1 In particolare il giudice distrettuale ha correttamente escluso che dalla FINCANTIERI risultasse promossa, come previsto dalla legge, una adeguata opera di cooperazione con l'appaltatore e di coordinamento nella individuazione delle fonti di pericolo collegate all'ambiente di lavoro in cui la maestranza della ditta subappaltatrice era chiamata ad intervenire per il rapido completamento del rivestimento, dopo che la stessa committente aveva realizzato gli interventi di sua competenza (pulizia del condotto di areazione, realizzazione di una balaustra definitiva dinanzi alla apertura). Invero tali interventi avevano determinato la eliminazione della protezione originaria con tubi innocenti che segregavano l'apertura al suo imbocco e al contempo l'accesso al condotto (che discendeva verticalmente per alcune decine di metri fino alle turbine) era stata coperto con un telo ignifugo solo parzialmente agganciato all'estremità che pertanto non era idoneo a determinare la completa occlusione del varco.
4.2 A fronte di una siffatta sostanziale modifica della fonte di rischio ambientale la Corte di Appello di Venezia ha rilevato l'assenza di completa informazione sul punto a favore dell'appaltatore la mancanza di programmazione e di coordinamento nella individuazione di modalità lavorative idonee ad escludere il pericolo di caduta del lavoratore nel condotto, benché tale evenienza fosse tutt'altro che eccezionale in ragione del punto del locale in cui i lavori di rivestimento venivano eseguiti e dell'assoluta precarietà dei sistemi di protezione.
4.3 Se da un lato la FINCANTIERI, con le modifiche del condotto aveva di fatto innescato una situazione di rischio lavorativo del tutto nuova in ragione dell'assenza di opere provvisionali di segregazione del varco e di apparente chiusura del condotto (mediante il telo non ancorato) che aveva al contrario contribuito a creare un'apparenza di impenetrabilità, dall'altra aveva totalmente rimesso all'appaltatore la opzione della pratica lavorativa, pur nella consapevolezza che il rivestimento in acciaio andava eseguito anche lungo la direttrice del condotto per tutta la sua ampiezza e alla massima quota consentita dall'altezza del locale e pertanto in una situazione di massimo rischio laddove la presenza della balaustra non era idonea a impedire l'interferenza del lavoratore con il condotto qualora il lavoratore, per sostenere il pesante pannello di acciaio, lungo oltre due metri, si fosse avvalso di uno scaleo.
4.4 Corretta risulta pertanto la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ascrive ai responsabili di FINCANTIERI un deficit di coordinamento con l'impresa appaltatrice laddove, a seguito della trasformazione dell'ambiente di lavoro, le maestranze della impresa appaltatrice (e del subappaltatore) erano chiamati, a intervenire nuovamente pur non essendo state adeguatamente informate sulla grave e insidiosa nuova fonte di rischio ma, soprattutto in assenza di adeguata programmazione comune e coordinamento tra committente ed appaltatore sulle strategie prevenzionistiche e sulla migliore tecnica lavorativa atta a prevenire il rischio di interferenza tra il lavoratore e la bocca del condotto che conduceva con andamento verticale alle turbine del natante (Cfr, sez.IV, 10.1.2018, Bozzi, Rv.272221; 2.12.2016, Vettor Rv.270100; 15.7.2015, Heqimi e altri, Rv., Rv.264974).
5. Parimenti infondato è il terzo motivo di ricorso teso a contestare i profili soggettivi di addebito ai ricorrenti DM.C., Q.A. e V., titolari il primo di una posizione di garanzia apicale gli altri due di grado inferiore i quali, secondo la prospettiva del ricorso, in ragione della particolare complessità ed articolazione della compagine, nonché in presenza di ulteriori preposti provvisti di delega alla sicurezza all'interno dell'area nel cui ambito si era realizzato l'infortunio, non possedevano alcun reale governo del rischio che la regola cautelare che si assume violata era tesa a preservare.
Invero il motivo di ricorso, al di là di un corretto e ampio richiamo alla giurisprudenza di legittimità che esorta il giudice di merito a individuare, ai fini dell'attribuibilità soggettiva dell'evento infortunistico, l'effettivo detentore del governo del rischio nelle società articolate in diversificate figure di garanzia, omette di confrontarsi con le argomentazioni del giudice di merito, richiamate nella sentenza di appello, che hanno profilato distinte ma concorrenti responsabilità nei confronti di tutti e cinque gli imputati, peraltro distinguendo tra di esse la posizione apicale del direttore di stabilimento DM.C. e quella del preposto B.A. che, pure sprovvisto di potere decisionale e del governo del rischio, aveva avuto la possibilità di percepire la situazione di pericolo latente all'interno della cabina filtri ove erano chiamati a eseguire interventi di rivestimento gli operai della impresa subappaltatrice.
5.1 I giudici di merito con costrutto argomentativo privo di vizi logici hanno infatti riconosciuto in capo al direttore dello stabilimento un addebito di responsabilità per colpa, peraltro codificato in imputazione, non già riconducibile a profili di difetto di coordinamento e promozione della cooperazione con l'appaltatore ovvero di inadeguata vigilanza sui capi area deputati al controllo sulla esecuzione degli interventi, evidenziando sul punto la ricorrenza di deleghe prepositurali complete ed effettive, ma un più specifico difetto gestionale che si era tradotto in una omessa previsione nel DVR del rischio specifico di infortunio a causa degli innumerevoli varchi e condotti presenti nella nave, ovvero nella omessa predisposizione di prescrizioni generali rivolte a preservare la integrità fisica di tutti i lavoratori, impegnati per conto delle centinaia di ditte che concorrevano alla realizzazione della nave, dai rischi connessi alla presenza di tutti i numerosissimi varchi strutturali presenti sulla nave, attesa la interferenza tra le diverse lavorazioni svolte prevalentemente da imprese esterne (sentenza di primo grado pag.90). Si verte pertanto in ipotesi di mancato esercizio di un atto di indirizzo generale, non delegabile in quanto afferente alla fase della valutazione dei rischi generali concernenti la segregazione di varchi e aperture pericolose per i lavoratori sebbene nel periodo antecedente l'infortunio fosse stato segnalato da parte sindacale alla dirigenza FINCANTIERI ed al responsabile della sicurezza il problema delle numerosissime aperture, varchi, condotte presenti sul cantiere non adeguatamente protette o non segnalate da non idonea cartellonistica. Purtroppo tale istanza ha avuto risposta solo in seguito al tragico infortunio occorso al C.V., atteso che FINCANTIERI provvedeva a migliorare gli standard di sicurezza, in particolare mettendo in sicurezza (tramite cancellate ad altezza uomo) le oltre 280 porte degli ascensori presenti nei vari punti della nave.
5.2 Orbene a fronte di tali precisi rilievi che richiamano la inosservanza di regole cautelari in capo al direttore dello stabilimento per carenze organizzative direttamente allo stesso riconducibili quali tra l'altro la omessa comunicazione alle RSU dello svolgimento del lavoro notturno, rilievi fatti propri dal giudice di appello che ha richiamato in toto le argomentazioni del primo giudice, il ricorso omette totalmente di confrontarsi e sotto tale profilo lo stesso risulta inaccoglibile dal momento che si limita a contestare il rilievo relativo alla inosservanza dell'art.7 Dpr 626/94.
6. Parimenti infondate risultano le censure svolte in relazione alla posizione dei ricorrenti V.S. e Q.A.. Invero i due imputati, sulla base della accurata ricostruzione operata dai giudici di merito alla stregua delle testimonianze degli operatori della SPISAL, della documentazione acquisita sull'organigramma aziendale, delle deposizioni dei testi Z. e D. e delle informazioni fornite dagli imputati dello stesso reato DZ.C.L. e C.C., hanno rappresentato il centro di riferimento degli obblighi di promozione del coordinamento e la cooperazione con le imprese appaltatrici, in quanto titolari di una posizione di garanzia che li investiva della valutazione dei rischi nell'ambiente di lavoro e l'organizzazione dello stesso in modo che fossero adempiuti gli obblighi di prevenzione e protezione (sentenza Tribunale Venezia pag.78). In particolare i predetti erano a scandire i termini e le fasi delle lavorazioni (compresi i periodi di sospensione e ripresa delle lavorazioni) e a dirigere i soggetti (C.P. e B.A.) preposti a vigilare sulla adozione delle misure di prevenzione e di sicurezza e interfacciarsi con i responsabili di MECCANONAVALE per ogni questione relativa alla esecuzione dell'appalto. In sostanza agli imputati V.S. e Q.A. risulta indirizzato il principale addebito relativo al difetto di promozione del coordinamento in materia di sicurezza sul lavoro con le imprese appaltatrici laddove, pure in presenza di una figura di preposto con delega all'attuazione delle loro direttive e alla vigilanza sulla ditta appaltatrice (C.P.), gli stessi conservavano la gestione generale e programmatica dei rapporti con le ditte appaltatrici, nonché il potere di incidere sulle scelte strategiche relative al mantenimento di standard di sicurezza all'interno del luogo di lavoro. Anche in ordine a tale individualizzante profilo di addebito, fondato peraltro sulla inosservanza della regola cautelare di cui all'art.7 Dpr 626/94 di cui si è trattato in relazione al secondo motivo di ricorso, la parte ricorrente omette di proporre uno specifico tema di censura in quanto il ricorso si limita a richiedere una più approfondita verifica della ripartizione dei compiti nelle grandi imprese e nella individuazione del titolare effettivo della gestione del rischio, compito che è stato invero puntualmente assolto da parte dei giudici del merito.
7. La motivazione della sentenza impugnata che, anche mediante il richiamo alla pronuncia di primo grado, argomenta in ordine alla responsabilità penale degli imputati C.P. e B.A., che costituivano l'anello di congiunzione della FINCANTIERI con la impresa appaltatrice MECCANONAVALE s.r.l., non presenta i vizi di manifesta illogicità e di contraddittorietà come invece è stato denunciato nel secondo motivo di ricorso per cassazione proposto da tutti i ricorrenti a firma del solo avvocato PA..
Quanto al C.P. i giudici di merito hanno rappresentato la centralità della posizione di questi nella fase dell'attuazione delle misure di sicurezza e protezione dei lavoratori, nella sua qualità di capoofficina dell'apparato motore, nonché quale titolare di incombenti di vigilanza sulla ditta appaltatrice e di formazione e informazione dei lavoratori e di coordinamento con le imprese appaltatrici. Ad esso invero erano riferibili i sopralluoghi preventivi sul luogo di lavoro con i preposti della ditta appaltatrice, la attuazione delle direttive ricevute, la condivisione con il Q.A. della esigenza di procedere a turni di lavoro notturno, la verifica sulla esecuzione degli interventi. Il giudice distrettuale peraltro, in accordo con le argomentazioni del giudice di primo grado, ha escluso che la delega sulla sicurezza pure detenuta dal C.P. e la posizione di garanzia rivestita in sede esecutiva valesse ad escludere la responsabilità dei capo area Q.A. e V.S. primariamente investiti di obblighi di coordinamento e cooperazione in relazione a presidi di ordine generale, quali adeguati sistemi di protezione dei varchi e delle aperture in ambienti che, pure sottratti ad un uso promiscuo (come certamente la cabina filtri), erano ancora oggetto di interventi di finitura che giustificavano il mantenimento dei presidi originari, laddove la provvisorietà della copertura della bocca del condotto e la precarietà della balaustra definitiva (instabile e di altezza insufficiente per prevenire cadute dall'alto) erano frutto di una errata scelta strategica (avallata dai capoarea) in una prospettiva di completamento dei servizi direttamente gestiti dalla FINCANTIERI (pulizia del condotto di areazione e posizionamento di balaustra definitiva da utilizzare a nave ultimata e in funzione).
7.1 Una serrata e completa analisi è stata poi dedicata alla posizione del B.A. dai giudici di merito in considerazione della sua peculiare posizione laddove lo stesso, pure privo di poteri decisori, costituiva il terminale operativo del C.P. nei rapporti con la MECCANONAVALE s.r.l. ed era comunque investito di rilevanti compiti di raccordo e vigilanza e, soprattutto, era il soggetto a più diretto contatto con l'ambiente di lavoro, dotato di compiti tecnici di controllo e di supporto il quale, proprio in ragione della sua privilegiato punto di osservazione sulle criticità della sicurezza aH'interno della sala filtri era chiamato, secondo la prospettazione accusatoria, fatta propria dai giudici di merito, ad esercitare un potere consultivo e sollecitatorio nei confronti di questi in ordine alle misure prevenzionistiche necessarie, nel caso in specie ad evitare l'infortunio (Tribunale di Venezia pag.89).
7.2 Orbene l'approdo cui perviene il giudice di merito risulta corretto dal punto di vista logico, non contraddittorio e coerente con la giurisprudenza del giudice di legittimità che pure riconosce al soggetto preposto alla vigilanza sui lavori con delega sulla sicurezza, anche se sprovvisto di poteri decisionali, una funzione integrativa in chiave di segnalazione ai superiori degli eventuali profili di criticità delle misure di prevenzione e protezione dei lavoratori, e di sollecitazione nella predisposizione degli accorgimenti tecnici più idonei in relazione alla specificità della lavorazione, posizione di garanzia che non esclude ma integra quella dei superiori gerarchici dotati di autonomia e capacità decisionale (sez.IV, 23.11.2012, Lovison e altri, Rv.254094; sez.U., 24.4.2014, PG e Espenhanhn e altri, Rv.261107, sez.IV, 12.11.2015, Porterà e altri, Rv.265661).
8. Il primo motivo di ricorso della impugnazione proposta da tutti i ricorrenti della FINCANTIERI con il patrocinio del solo avvocato Corrado Pa. merita invece il rigetto per le medesime considerazioni per le quali risulta essere stato disatteso il secondo motivo del ricorso proposto dai ricorrenti DM.C., Q.A. e V.S., laddove lo stesso ripropone identiche doglianze in relazione al criterio di imputazione della responsabilità agli imputati sulla base dell'art.7 Dpr. 626/94, prospettando la impossibilità di esercitare un salvifico coordinamento in assenza di adeguata conoscenza delle modalità esecutive e dei mezzi di lavoro impiegati dalla società appaltatrice MECCANONAVALE s.r.l. La censura risulta ampiamente trattata nei paragrafi 3 e 4 e nelle relative sub articolazioni della presente decisione.
9. In conclusione i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti vanno infine condannati al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 Maggio 2019