Crollo di un edificio dovuto ad una fuga di gas metano, a seguito del quale riportarono lesioni letali due operai intenti alla installazione di una nuova tubatura del gas nell'androne dell'edificio.

Responsabilità dei funzionari della ASL addetti alle periodiche ispezioni annuali dell'impianto ascensore cui viene mosso l'addebito di non aver rilevato la presenza di un tubo di adduzione del gas, privo di controtubo di protezione, all'interno del pozzetto terminale del vano corsa, in violazione del divieto di far passare nel vano in questione tubazioni o condutture non appartenenti all'impianto.

Ricorrono in Cassazione - Rigetto.

Il rimprovero attiene alla mancata rilevazione di una situazione di altissimo pericolo dovuta alla presenza, agevolmente rilevabile, di una tubazione che, per via di alcuni scriteriati interventi, presentava una specifica, anomala pericolosità che poteva e doveva essere con prontezza rilevata nel corso delle ispezioni.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente -
Dott. CAMPANATO Graziana - Consigliere -
Dott. VISCONTI Sergio - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) D.G. n. il (OMISSIS);
2) F.L. n. il (OMISSIS);
3) P.A. n. il (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 13/10/2004 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. BLAIOTTA Rocco Marco;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MONETTI Vito, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. ZONI Antonella, che ha concluso per l'annullamento della sentenza.

FattoDiritto

1. Il Tribunale di Milano ha affermato la responsabilità dei ricorrenti oltre che di altri imputati in ordine ai reati di cui agli artt. 449, 434 e 589 c.p.; e li ha altresì condannati al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.
La pronunzia è stata riformata dalla Corte d'appello di Milano che ha adottato pronunzia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, dopo che le costituzioni di parte civile erano state revocate.
L'imputazione attiene al crollo di un edificio dovuto ad una fuga di gas metano, a seguito del quale riportarono lesioni letali due operai intenti alla installazione di una nuova tubatura del gas nell'androne dell'edificio.
Agli imputati, nella veste di funzionari della ASL addetti alle periodiche ispezioni annuali dell'impianto ascensore, viene mosso l'addebito di non aver rilevato la presenza di un tubo di adduzione del gas, privo di controtubo di protezione, all'interno del pozzetto terminale del vano corsa, in violazione del divieto di far passare nel vano in questione tubazioni o condutture non appartenenti all'impianto.
 
2. Ricorrono per cassazione gli indicati imputati deducendo l'erronea interpretazione della normativa sulla base della quale è stata ritenuta l'esistenza di addebito colposo nei loro confronti.
In particolare si rileva che la L. n. 1415 del 1942 imponeva esclusivamente una verifica sullo stato di conservazione dell'impianto e sul suo normale funzionamento.
Il D.P.R. 1497 del 1963, nel porre il divieto di installare condutture non appartenenti all'impianto, fa riferimento esclusivamente agli apparati di successiva costruzione, posto che viene espressamente consentito il permanere di canne fumarie, condutture o tubazioni preesistenti.
Si rimarca altresì che il D.P.R. 1497 del 1963, art. 18 definisce le funzioni ispettive solo con riferimento alla verifica di efficienza dell'impianto e dei dispositivi di sicurezza.
Se ne inferisce che di tubi e canne impropriamente installati dell'impianto è tenuto a preoccuparsi esclusivamente il proprietario dell'immobile unitamente all'installatore.
Si espone infine che il D.P.R. n. 162 del 1990 consente di ritenere che il ruolo degli ispettori non è volto a prevenire il rischio specifico dell'evento verificatosi.

3. I ricorsi sono infondati.
Occorre in primo luogo rammentare la copiosa condivisa giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata perchè l'inevitabile rinvio della causa all'esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l'obbligo dell'immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'art. 129 c.p.p. (così ad es. Cass. 4^, 18/9/2008, Rv. 241474).
D'altra parte, sebbene non sia stata neppure dedotta la violazione della regola di giudizio di cui all'art. 129 c.p.p., non appare superfluo rilevare che il giudice ha evocato lo stesso art. 129 c.p.p. e l'accertamento in fatto ed in diritto compiuto dal primo giudice condividendolo pienamente; ed ha rimarcato che lo stesso tenore delle impugnazioni, che propone solo una diversa lettura delle acquisizioni probatorie, dimostra l'inesistenza della situazione di evidenza della prova che giustificherebbe il proscioglimento nel merito.
Oltre a ciò è da considerare che la questione di diritto qui prospettata, afferente ai limiti delle funzioni di controllo affidate agli imputati nel corso delle ispezioni annuali, è in definitiva priva di rilievo alla luce dei fatti accertati nel processo.
Infatti, le pronunzie di merito hanno concordemente ritenuto che l'esplosione letale è stata determinata da una miscela di gas ed aria formatasi nel vano ascensore a seguito della fuoriuscita dello stesso gas da un foro esistente nel tubo di adduzione che si trovava all'interno del vano in questione.
E' stato pure accertato che, in epoca risalente, la ditta realizzatrice delle opere murarie per la creazione della fossa di fine corsa intercettò il tubo in questione e "scelleratamente", per esigenze tecniche, segò il controtubo di protezione comprimendo addirittura la conduttura in piombo e saldandola alle estremità con malta cementizia.
Per effetto di tale intervento, nel vano in questione era visibile una tubatura di circa 20 cm cromaticamente ben distinguibile ed altamente pericolosa.
Tale particolare anomalia avrebbe potuto e dovuto essere rilevata nel corso delle ispezioni.
Da tale ricostruzione della vicenda emerge che l'addebito mosso agli imputati non attiene alla discussa compatibilità di preesistenti tubature con le successive opere inerenti al ridetto vano ascensore.
Il rimprovero, invece, attiene alla mancata rilevazione di una situazione di altissimo pericolo dovuta alla presenza, agevolmente rilevabile, di una tubazione che, per via degli scriteriati interventi di cui si è detto, presentava una specifica, anomala pericolosità che poteva e doveva essere con prontezza rilevata nel corso delle ispezioni.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato.

P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2009