Cassazione Penale, Sez. 4, 04 settembre 2019, n. 37000 - Taglio di alberi in posizioni critiche. Valutazione dei rischi e formazione


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 10/04/2019

 

Fatto

 


1. Con sentenza dell'11 maggio 2017, il Tribunale di Ivrea assolveva B.G. dal reato di cui agli artt. 40, 590,, commi secondo e terzo, cod. pen., per non aver commesso il fatto (imputazione: perché cagionava ovvero non impediva che venissero cagionate a V.E., lavoratore dipendente della società Cogeis s.p.a., lesioni personali gravi consistite in fratture multiple al massiccio facciale e una frattura a squama occipitale, dalle quali originavano una malattia e un'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo di novantasette giorni di inabilità temporanea e un grado di menomazione dell'integrità psicofisica pari al 7%; lesioni verificatesi mentre il predetto lavoratore si trovava nell'area boschiva dell'alveo del "Rio Mulini", intento ad abbattere con una motosega Stili una ceppaia di polloni (alberelli) presenti in tratto di terreno in forte pendenza, quando, operato il taglio di uno degli alberelli, il tronco andava ad impattare sul lato destro del volto del lavoratore che cadeva da una quota di circa 2,5 m. e rotolava lungo il pendio dell'argine del "Rio Mulini" urtando con le rocce ivi presenti; per colpa generica e per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; il B.G., in qualità di amministratore unico della predetta società, datore di lavoro del V.E. nonché direttore tecnico di cantiere, in violazione dell'art. 96, comma 1, lett. g), D. Lgs. n. 81 del 2008, redigeva un Piano di Sicurezza sostitutivo inadeguato e carente quanto alla valutazione dei rischi specifici relativi alle operazioni di disboscamento, omettendo di descrivere compiutamente le lavorazioni da svolgere e di optare per il taglio manuale dei tronchi solo nel caso di inefficacia dell'opera di disboscamento effettuata col mezzo meccanico a disposizione, in violazione dell'art. 37, comma 1, lett. b), D. Lgs. n. 81 cit., contravveniva all'obbligo di fornire al manovratore adeguata formazione e addestramento sulle manovre di taglio a due fasi, comprensiva di un taglio di direzione e di un taglio di abbattimento, che avrebbe consentito di indirizzare la caduta del tronco; nonché, in violazione degli art. 75 e 77, comma 4, lett. d), D. Lgs. n. 81 cit., contravveniva all'obbligo di fornire al lavoratore predetto idonei dispositivi di protezione individuale per la fase di taglio degli alberi, come il "casco con visiera" (in Borgofranco d'Ivrea il 14 dicembre 2011).
1.1. V.E., dipendente della Cogeis s.p.a., subiva un infortunio presso il cantiere mobile di Borgofranco d'Ivrea, concernente interventi di pulizia (di-salveo) del "Rio Mulini" e delle opere in cemento armato (briglie) di suo contenimento. Stava effettuando il taglio di una pianta con la motosega nell'alveo del torrente, quando il tronco lo colpiva con violenza al volto, facendolo rotolare per il terreno scosceso. In occasione dell'infortunio indossava un casco con visiera fornito dalla società e aveva sempre utilizzato la motosega da oltre quaranta anni, ma non aveva mai seguito un corso per le procedure di sicurezza per l'abbattimento degli alberi. 
L'isp. R. F. dell'ASL riferiva che erano stati appaltati lavori d'urgenza lavori di disalveo del Rio Molini e delle relative briglie. La rimozione delle rocce che ostruivano l'alveo era eseguita con escavatori e ruspe, mentre gli alberelli (polloni) erano eliminati mediante motoseghe su un terreno in forte pendenza ed accidentato.
Secondo l'isp. R.F., G.G., munito di delega notarile in materia di prevenzione degli infortuni, aveva predisposto un Piano Sostitutivo di Sicurezza carente sotto il profilo della specifica valutazione della morfologia del cantiere, caratterizzato da declivi con accentuata pendenza, dove gli operai dovevano effettuare il taglio dei polloni, sia sotto il profilo della formazione dei dipendenti in merito alle procedure da adottare. In quello specifico cantiere le misure di sicurezza previste dalla Cogeis non erano adottabili, non potendosi predisporre un parapetto regolamentare né utilizzare funi di trattenuta, per cui la rimozione dei polloni con l'escavatore o l'impiego di personale addestrato al taglio in posizioni critiche la sola alternativa praticabile consisteva.
Il Tribunale assolveva il B.G., amministratore della Cogeis, perché risultava aver delegato al dirigente G.G. in data 6 luglio 2011 pieni poteri di organizzazione, di gestione e di controllo in ordine alla sicurezza e all'igiene del lavoro e alla prevenzione incendi, relativamente ai cantieri della società. La delega presentava tutti i requisiti richiesti dalla normativa (ambito definito, qualifica professionale del delegato, dotazione di poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa).
Il G.G. risultava aver predisposto un PSS inadeguato.
1.2. La Procura generale presso la Corte di appello di Torino proponeva appello, segnalando che il B.G. non aveva mai ricevuto una formazione per le procedure di sicurezza per l'abbattimento degli alberi e che sussisteva il nesso causale. Rilevava che il documento contenente la valutazione dei rischi dell'attività di lavoro da svolgere e l'elaborazione di tale documento da parte del datore di lavoro non erano delegabili.
1.3 La Corte di appello ha ribaltato il verdetto assolutorio, rilevando che la persona offesa non era stata adeguatamente formata e informata sui rischi correlati all'ope-razione assegnatagli e l'inadeguatezza del PSS predisposto dal G.G.. Il B.G., quindi, aveva fatto proprio il piano predisposto dal G.G., apponendovi la propria sottoscrizione e assumendosene la paternità.
2. Il B.G., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo sei motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge in riferimento agli artt. 581, n. 1, lett. a), cod. proc. pen..
Si deduce che l'appello del Procuratore generale doveva essere dichiarato inam-missibile, in quanto non conteneva i capi e i punti oggetto di impugnazione, limitandosi a specificare solo le norme violate dal B.G. (delega impropria della redazione del PSS) e non il nesso intercorrente tra tale presunta irregolarità e l'incidente occorso al V.E. . Emergeva un vuoto tra la considerazione errata della non delegabilità del PSS e la richiesta di affermazione di responsabilità penale.
2.2. Vizio di illogicità e di contraddittorietà della motivazione.
Si rileva che la sentenza di appello non aveva rispettato l'obbligo di motivazione rafforzata, in quanto priva di un percorso argomentativo caratterizzato da siffatta portata dimostrativa e da univoca preferibilità logica rispetto alle motivazioni sulle quali si fondava la pronunzia assolutoria.
Non si comprendevano le diverse procedure che, secondo la Corte territoriale, do-vevano essere adottate, stante il funzionamento dell'escavatore e l'utilizzabilità della motosega per gli alberi più piccoli. Era riscontrabile un travisamento della prova, per l'omesso esame delle risultanze delle deposizioni sul punto dei testi R. e G..
2.3. Vizio di motivazione per omesso esame di una prova offerta dalle parti.
Si osserva che non era stata valutata la documentazione comprovante l'addestra-mento sulle attrezzature di lavoro (seghe circolari e motosega) e l'avvenuta informazione sui rischi (vedi l'Allegato 5 proveniente dall'ASLT04 e la dichiarazione di V.E.  del 16 febbraio 2008). Il V.E. , avente quaranta anni di esperienza nel settore, era stato adeguatamente formato ed informato.
2.4. Violazione degli artt. 96, comma 1, lett. g), e 100 D. Lgs. n. 81 del 2008.
Si sostiene che il DVR esisteva ed era stato redatto dal G.G. e sottoscritto dal B.G.. La valutazione di inadeguatezza del lavoratore le affermazioni della stessa sentenza impugnata sul suo utilizzo della motosega sin dal 1994.
Non si poteva pretendere che l'amministratore delegato di una società di capitali redigesse personalmente e materialmente il piano di tutti i cantieri relativi all'attività aziendale. In ogni caso, il piano era perfettamente adeguato e conforme agli artt. 100 e 104 bis D. Lgs. n. 81 del 2008.
2.5. Violazione dell'art. 16 D. Lgs. n. 81 del 2008 e vizio di motivazione sul punto.
Si deduce che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, il Tribunale non aveva sostenuto che il B.G. non era responsabile perché aveva delegato il piano, ma aveva valutato l'infortunio nel suo complesso; il G.G. era stato delegato con procura notarile e aveva predisposto il PSS, perché ben conosceva la materia in questione. La tecnica concretamente adoperata era quella indicata nel PSS, cioè di procedere con l'escavatore finché possibile, altrimenti di agire manualmente. La responsabilità penale, semmai, doveva essere attribuita al caposquadra I.S., cui competeva la vigilanza sul cantiere.
2.6. Vizio di motivazione e di ultrapetizione per violazione di legge (art. 597 cod. proc. pen.).
Si rileva che nell'appello del P.G. non era spiegato il nesso intercorrente tra la redazione del piano e l'infortunio. 
Le valutazioni del Tribunale sul punto non avevano formato oggetto di appello, per cui doveva ritenersi violato l'art. 597 cod. proc. pen., secondo cui la cognizione del giudice di secondo grado è limitata ai punti della decisione, ai quali si riferiscono i motivi proposti.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo, con cui si rileva la genericità dell'appello proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello per carenza dei capi e dei punti oggetto di impugnazione, in quanto contenente l'indicazione delle sole norme violate da B.G. nella delega dalla redazione del Piano Sostitutivo di Sicurezza e non del nesso intercorrente tra tale presunta irregolarità e l'incidente occorso a V.E., è infondato.
Nella sentenza di primo grado, infatti, erano dettagliatamente illustrate l'inade-guatezza del PSS e le carenze dei meccanismi di sicurezza adottati; era sottolineato altresì che l'infortunio era dovuto all'assegnazione del compito di rimozione dei polloni (alberelli) ad un operaio privo della dovuta formazione ed informazione, per non avere mai seguito un corso per le procedure di sicurezza per l'abbattimento degli alberi, mentre, in considerazione della morfologia del cantiere, caratterizzato da declivi con accentuata pendenza, occorreva utilizzare un escavatore o personale addestrato al taglio in posizioni critiche (vedi relazione dell'Ispettore Fabrizio R.F. dell'ASL).
Alla luce di tale analitica indicazione delle cause dell'incidente, il P.G. legittimamente approfondiva nell'impugnazione il solo punto in relazione al quale era stata esclusa la responsabilità del B.G., consistente - ad avviso del Tribunale - nel conferimento a G.G. di delega notarile per la sicurezza.
Il P.G., ovviamente, non era onerato ad impugnare la sentenza, nelle parti il cui contenuto risultava conforme all'impostazione dell'accusa.
Risulta quindi soddisfatto il requisito della specificità dei motivi di appello, richiesto dall'art. 581 cod. proc. pen., in quanto l'atto individua il punto che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con specifico riferimento alla motivazione della sentenza impugnata e precisando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l'oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame (Sez. 5, n. 34504 del 25/05/2018, Cricca, Rv. 273778; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822). 
2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce che la Corte di appello ha violato l'obbligo di motivazione rafforzata e che il V.E.  risultava regolarmente addestrato, sono infondati.
Contrariamente a quanto dedotto dal B.G., la Corte territoriale ha riconosciuto la responsabilità in considerazione della sua sottoscrizione del PSS redatto dal G.G., del quale così si assumeva la paternità; inoltre, ha sottolineato l'inadeguatezza del PSS e le modalità mediante le quali si sarebbe dovuto procedere e, cioè, l'uso di un escavatore o l'impiego di personale specializzato nel settore del taglio di alberi posizionati in luoghi di particolare rischio.
Dal contenuto delle dichiarazioni testimoniali del R. e del G. non potevano trarsi conclusioni diverse, essendo evidente che la Corte di merito ha recepito le considerazioni dell'Isp. R.F. che prevedeva l'uso dell'escavatore e, nel caso in cui non fosse possibile a causa del terreno scosceso, l'impiego di una motosega, ma solo da parte di soggetto esperto, appositamente formato ed informato, non di un lavoratore come il V.E. , che, di fatto, da anni operava in tale settore, per il quale non era specificamente abilitato e non era stato istruito.
La documentazione genericamente richiamata dalla difesa non è stata ritenuta idonea a dimostrare la carenza di formazione ed informazione del V.E. , in quanto non riguardante specificamente il peculiare settore in questione (taglio di alberi in posizioni critiche) e non idonea a dimostrare la frequentazione di corsi da parte del lavoratore. Essa, peraltro, non è stata allegata al ricorso, in violazione del principio di autosufficienza.
Va ora richiamato l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679).
La sentenza impugnata contiene la puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte, per cui la motivazione della decisione risulta strutturata in maniera rafforzata (Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, Baldi, Rv. 270149).
3. Il quarto motivo di ricorso, con cui si osserva che il PSS era conforme a legge, è manifestamente infondato.
Il Tribunale, con motivazione lineare e coerente, ha illustrato le ragioni della inadeguatezza del PSS sotto vari profili: a) l'omessa indicazione delle lavorazioni da svolgere e della possibilità di optare per il taglio manuale dei tronchi solo in caso di inefficacia dell'opera di disboscamento grazie al mezzo meccanico; b) la mancata adeguata formazione e addestramento sulle manovre di taglio a due fasi, comprensiva di un taglio di direzione e di un taglio di abbattimento, che avrebbe consentito di indirizzare la caduta del tronco.
A fronte di tale indicazione, il ricorrente non ha svolto deduzioni critiche con riguardo ai punti, che hanno segnato lo sviluppo decisionale, sottraendosi ad uno specifico confronto con le considerazioni attinenti alle conclamate carenze del PSS.
4. Il quinto motivo di ricorso, con cui il B.G. evidenzia il rispetto della tecnica, è manifestamente infondato.
La sentenza di primo grado, infatti, si limitava ad escludere la responsabilità dell'imputato sulla base dell'asserita idoneità della delega da lui conferita al dirigente G.G. dei poteri di organizzazione, di gestione e di controllo in ordine alla sicurezza e all'igiene del lavoro e alla prevenzione incendi, relativamente ai cantieri della società, e non affrontava le ulteriori tematiche relative alla posizione del B.G..
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale ha descritto in modo approfondito ed esauriente la tecnica concretamente adoperata dal lavoratore, ben diversa da quella corretta, che era indicata dall'isp. R.F..
5. Il sesto motivo di ricorso, con cui si deduce che la Procura appellante non aveva spiegato il nesso intercorrente tra la redazione del PSS e l'infortunio così incorrendo in una violazione del principio di devoluzione, è infondato.
In ordine a tale tematica va richiamato quanto già esposto al par. 1 circa l'inadeguatezza del PSS, evidenziata dalla Corte di appello. Il PSS, per sua natura, deve ritenersi assimilabile ad un Documento di Valutazione dei Rischi. Al riguardo, vanno richiamati i princìpi elaborati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte circa la responsabilità del datore di lavoro per la redazione di un DVR inadeguato.
Come finora detto, l’infortunio si è verificato poiché il rischio connesso all’operazione di taglio degli alberi affidata al lavoratore non era stato previsto e valutato e dunque non erano state assunte tutte le necessarie cautele per evitare che l’operaio potesse trovarsi in condizioni di difficoltà per la pendenza del terreno, nonostante avesse già svolto in passato tale attività.
La presenza di altri soggetti titolari di differenti posizioni di garanzia non esonerava il datore di lavoro dal preciso obbligo di legge posto a suo carico di individuare le situazioni di rischio proprie di quella specifica operazione e dall’approntare le procedure di sicurezza necessarie per fronteggiarle.
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, infatti, il committente, soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un'opera, è titolare ex lege di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.) e può designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente rilasciato accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa, consentendogli di essere esonerato dalle responsabilità, sia pure entro i limiti dell'incarico medesimo e fermo restando la sua piena responsabilità per la redazione del piano di sicurezza, del fascicolo di protezione dai rischi e per la vigilanza sul coordinatore in ordine allo svolgimento del suo incarico e sul controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza (Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Gandolla, Rv. 256635).
La difesa non tiene conto del richiamato obbligo del datore di lavoro di redigere e sottoporre ad aggiornamento il DVR previsto dall'art. 28 del d. lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'Interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, altresì precisandosi che il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dal l'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/1272016, dep. 2017, Furlan, Rv. 270355).
Per far ciò egli deve analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv. 267253; Sez. U, n. 38343 del 24/0472014, Espenhahn, Rv. 261109).
6. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 10 aprile 2019.