Categoria: 2019
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Tipologia: Accordo interconfederale
Data firma: 28 ottobre 2019
Parti: Cifa e Confsal
Fonte: cifaitalia.it

Sommario:

 

Premessa
1) Contrattazione collettiva
2) Intersettorialità
3) Politiche retributive
4) Competenze e Formazione

 

5) Welfare
6) Sicurezza sul lavoro
7) Bilateralità
8) Rappresentanza e rappresentatività


Accordo interconfederale per la promozione un nuovo modello di relazioni industriali Il contrasto al dumping contrattuale e la definizioni di nuovi modelli di rappresentatività

Tra Cifa (Confederazione Italiana Federazioni Autonome) con sede a Roma, Via Ludovisi n. 36 […], Confsal (Confederazione Sindacati Autonomi Lavoratori) con sede a Roma in Viale Trastevere 60 […]

Premesso che
Negli ultimi anni la crescita dell’economia italiana ha registrato una notevole decelerazione passando dal +1,6% del 2017 a +0,9% nel 2018 con variazioni negative del PIL e con il conseguente aumento del divario in termini di crescita nei confronti dei Paesi dell’area Euro. La riduzione dei consumi delle famiglie, un elevato costo del lavoro e l’evoluzione dei prezzi rischiano di incidere notevolmente sui livelli di competitività dell’Italia rispetto agli altri paesi europei. Nonostante l'andamento dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali riveli un quadro di sostanziale tenuta e si sia registrato un aumento degli investimenti, permane un grande divario nella crescita della produttività del lavoro che non permette di recuperare il ritardo accumulato nell’ultimo ventennio.
In tale contesto economico appare necessario promuovere politiche di sviluppo del sistema produttivo guardando alle ricadute positive che l’innovazione tecnologica potrebbe generare in termini di crescita economica e di competitività del Paese. Nel suo complesso la capacità di interpretare e governare il processo di digitalizzazione appare prioritario non solo in termini economici, ma anche sociali.
In tale prospettiva sono i grandi cambiamenti prodotti dall’innovazione tecnologica nei processi produttivi e nei modelli organizzativi aziendali che impongono di ripensare l’idea del lavoro e, da qui, il ruolo del lavoratore in azienda nonché della persona all’interno dei nuovi modelli sociali. Anche il ruolo delle Parti Sociali va ripensato aprendo ad una nuova stagione orientata al dialogo, nell’ottica di sostenere un nuovo modello che sappia porre la “persona” al centro di tutto con opportune politiche di sostegno alle imprese, all’occupazione e alla famiglia.
Un vero e proprio “Patto per il lavoro” all’interno di un più ampio patto sociale che abbia come obiettivo la costituzione di un fronte unitario e plurale per il lavoro, la realizzazione di un moderno sistema di relazioni industriali e di una contrattazione collettiva intersettoriale di “qualità” strategica per la crescita delle imprese e dei lavoratori. Nuovi sistemi di classificazione del personale, innalzamento delle competenze attraverso la centralità della formazione continua nella contrattazione collettiva, potenziamento del rapporto tra sistema d’istruzione e formazione con il mondo del lavoro, nuove politiche salariali, potenziamento della contrattazione decentrata, flessibilità, benessere organizzativo e strutturata bilateralità, dovranno sempre più costituire i capisaldi del nuovo modello contrattuale di Cifa e Confsal. Una contrattazione collettiva di “qualità”, alternativa ai sistemi contrattuali tradizionali e al contempo nemica dei cosiddetti contratti “pirata”, capace di distinguersi per la sua volontà di innovare e fornire risposte concrete rispetto ai bisogni emergenti di imprese e lavoratori. Un modello contrattuale figlio di una nuova idea di relazioni sindacali, non più conflittuali ma partecipative e costruttive, orientate a creare un nuovo rapporto tra impresa e lavoratore che trovi la sua piena manifestazione nella moderna bilateralità di Cifa e Confsal.
Una moderna contrattazione collettiva di “qualità” quale sintesi di un nuovo modello di relazioni industriali basato su regole certe e capace di introdurre importanti innovazioni nel mondo del lavoro, incentrate sul reciproco riconoscimento delle Parti Sociali, sulla dignità della persona e sulla cultura del lavoro. Un sistema di relazioni industriali che sappia valorizzare la persona attraverso la tutela dei propri diritti, la propria crescita professionale e il perseguimento del proprio benessere lavorativo e sociale nel rispetto delle esigenze di produttività e di competitività delle aziende nelle quali operano.
Considerato che
Cita e Confsal intendono rinnovare il proprio impegno nella definizione di un moderno modello di contrattazione collettiva di “qualità” che sappia interpretare al meglio i grandi cambiamenti in atto;
Il presente accordo traccia le linee di indirizzo da rispettare nella definizione dei futuri accordi collettivi.
Si conviene quanto segue

1) Contrattazione collettiva:
La contrattazione collettiva di Cifa e Confsal continuerà ad articolarsi su due livelli, nazionale e aziendale o territoriale. In forza di tale impostazione il contratto nazionale dovrà continuare ad assolvere la principale funzione di garanzia dei trattamenti economici e normativi minimi disciplinando altresì le relazioni sindacali, nonché regolando e promuovendo le azioni della bilateralità. Cifa e Confsal, pur riconoscendo alla contrattazione nazionale tale ruolo centrale nella regolazione dei rapporti di lavoro, valutano opportuno il superamento dell’uniformità della stessa, impegnandosi a promuovere un nuovo modello sindacale nel quale la contrattazione di secondo livello, opportunamente potenziata e regolata, diventi utile strumento per colmare le differenziazioni produttive e per perseguire il necessario riallineamento tra costo del lavoro e produttività. La contrattazione decentrata quale strumento più idoneo per sostenere le piccole e piccolissime imprese nella 11, realizzazione di progetti comuni di innovazione e ambito ottimale nel quale individuare soluzioni specifiche focalizzate sulle effettive esigenze di imprese e lavoratori. Favorire il decentramento della contrattazione collettiva per favorire uno stretto collegamento tra impresa e lavoratore, prerequisito necessario per contrattare in maniera "partecipata" il salario di produttività, la formazione e il welfare aziendale ma, soprattutto, per giungere ad obiettivi di produttività considerati prerequisiti indispensabili per il rilancio del nostro sistema produttivo.

2) Intersettorialità
Cifa e Confsal individuano nell’intersettorialità della contrattazione collettiva una risposta concreta alle esigenze di semplificazione e riduzione dei CCNL sottoscritti. In particolare la definizione di accordi intersettoriali consente di rendere omogenei i salari e le condizioni di lavoro tra più settori. Il superamento della logica di sottoscrizione degli accordi collettivi soltanto per categoria appare utile anche in ragione dei mutati assetti economici e produttivi e della necessità di regolamentare i rapporti di lavoro per macro aree produttive costituite da piccole e piccolissime imprese di diversi settori spesso interconnesse tra loro da piattaforme tecnologiche o secondo logiche di filiera.

3) Politiche retributive
Cifa e Confsal ritengono che la definizione dei trattamenti retributivi minimi e della “giusta retribuzione" ai sensi dell'art. 36 della Costituzione debbano rimanere una prerogativa della contrattazione collettiva. Nel rivendicare tale ruolo, le Parti rinnovano il reciproco impegno a non sottoscrivere accordi e contratti collettivi che possano direttamente o indirettamente favorire forme di dumping salariale, promuovendo una contrattazione collettiva di “qualità” che non operi alcuna compressione dei diritti retributivi dei lavoratori. Appare condivisibile l’introduzione di un salario minimo per legge se finalizzato a garantire i trattamenti retributivi minimi ai lavoratori non coperti da contrattazione, a fissare un minimo inderogabile anche per la contrattazione collettiva, ad eliminare i fenomeni di dumping contrattuale e ad individuare la retribuzione di riferimento ai fini del calcolo della contribuzione previdenziale. In tal senso, le parti condividono l’opportunità di garantire le prerogative dell’autonomia collettiva rispetto a qualsiasi forma di intervento del legislatore in tale ambito. .In materia di politiche salariali si rende necessario operare ai fini del superamento della rigidità dei salari nominali rispetto alla differente capacità produttiva e al differente potere di acquisto nelle diverse aree del Paese. Va profuso un sforzo comune per fronteggiare tale anomalia perché ciò potrebbe costituire un importante passo in avanti anche nel contrasto al lavoro irregolare e nell'incremento dei livelli occupazionali.
Si ritiene necessario operare nella direzione di un progressivo allineamento tra produttività e costo del lavoro soprattutto attraverso il maggior ricorso al salario di produttività. La contrattazione collettiva di Cifa e Confsal dovrà garantire al lavoratore, oltre al trattamento economico minimo, trattamenti aggiuntivi aventi ad oggetto il welfare. Attraverso l’incentivazione della contrattazione di secondo livello dovrà essere garantito al lavoratore un salario di produttività legato all’incremento degli indici di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Ad ogni rinnovo i salari nominali saranno aggiornati in funzione degli scostamenti registrati dall’indice dei Prezzi al Consumo. Tutti i contratti collettivi dovranno prevedere una specifica indennità a vantaggio del lavoratore nell’ipotesi in cui si giunga tardivamente all’intesa per il rinnovo.

4) Competenze e Formazione
Cifa e Confsal sono consapevoli che le nuove tecnologie stanno tracciando una profonda linea di demarcazione tra i vecchi sistemi produttivi e i nuovi modelli di organizzazione del lavoro. Ciò unitamente alla necessità di proporre nuovi modelli sociali e giuridici a supporto di una nuova idea di lavoratore ma, soprattutto, di prestazione lavorativa. Il rapporto tra impresa e lavoratore sta subendo profonde mutazioni e sta determinando il venir meno dell'idea di rapporto di lavoro stabile e duraturo nel tempo con la conseguente necessità di definire nuovi modelli di tutela sociale. Secondo il più recente rapporto OIL, il patrimonio di competenze attualmente possedute dai lavoratori saranno, in gran parte, presto obsolete e non corrisponderà a quello richiesto ai lavoratori di domani. L’acquisizione di nuove competenze è il requisito fondamentale che permetterà al lavoratore di evitare la fuoriuscita dal mercato del lavoro e di transitare verso una nuova occupazione. La formazione è la chiave di volta di questo cambiamento. Le competenze dell’industria 4.0 non possono più essere trasferite esclusivamente attraverso i modelli tradizionali, ma si pone come necessario un percorso strutturato su diversi livelli di apprendimento. Ad un primo livello formativo, affidato al sistema educativo che fornisce competenze tecniche di base e soft skills, deve obbligatoriamente seguire una formazione di tipo avanzato rispetto alla complessità dei nuovi sistemi produttivi, per poi proseguire con una formazione sul luogo di lavoro, intendendo l’impresa come luogo non solo di produzione ma anche di crescita e formazione della persona e del lavoratore. Cifa e Confsal intendono porre al centro della loro contrattazione collettiva la formazione quale fattore imprescindibile che dovrà caratterizzare tutte le fasi del rapporto di lavoro, strumento di tutela del lavoratore dal rischio di fuoriuscita dal mercato del lavoro ma, soprattutto, strumento di costante adeguamento delle competenze capace di garantire elevati standard di produttività e competitività aziendale. In un mercato del lavoro nel quale si richiede un continuo adeguamento delle competenze in relazione ai mutevoli processi produttivi si dovrà contrattare la formazione al pari della retribuzione. In tal senso Cifa e Confsal rinnovano il reciproco impegno nel perseguire l’importante obiettivo di portare la formazione al centro della contrattazione collettiva, legandola al rapporto di lavoro e favorendo il frequente ricorso a forme di digital learning. Ciò attraverso la definizione di appositi istituti che prevedano l’obbligo di erogare attività formative con particolare riferimento ai lavoratori in fase di inserimento o reinserimento lavorativo e a rischio di fuoriuscita dal mercato del lavoro. Le Parti si impegnano a ridefinire in tempi brevi i sistemi di classificazione del personale nei CCNL passando da una gestione per mansioni ad una per competenze, aggiornando le classificazioni del personale anche in ragione dei nuovi profili nascenti. A tale modello di classificazione del personale dovrà essere collegato un puntuale sistema di certificazione delle competenze e alla loro acquisizione dovranno essere collegati precisi incrementi retributivi. Per perseguire tale obiettivo, Cifa e Confsal demandano al Fondo Interprofessionale per la Formazione continua - Fonarcom il compito di definire precisi strumenti di finanziamento per sostenere le imprese e i lavoratori nello svolgimento delle attività formative previste dalla contrattazione collettiva Cifa - Confsal.
Le Parti intendo, altresì, favorire e migliorare il rapporto tra il mondo dell'istruzione e della formazione e quello del lavoro. Il cambiamento nei processi produttivi impone un’innovazione anche nella didattica e nei sistemi di istruzione e formazione, di cui l’alternanza scuola-lavoro e l’apprendistato costituiscono significative esperienze. L’alternanza scuola-lavoro dovrà sempre più costituire uno strumento per far conoscere ai giovani il mercato del lavoro ed orientare le loro scelte occupazionali, mentre l'apprendistato duale è lo strumento principe per il loro inserimento nel mercato del lavoro. Per rendere tali strumenti efficaci bisognerà operare al fine di migliorare il rapporto tra scuola e imprese. In tal senso le Parti si impegnano a promuovere azioni specifiche per favorire il dialogo attivo tra scuole, università e imprese al fine di favorire tale processo e sostenere un’occupazione giovanile di qualità. Le Parti si impegnano, altresì, a promuovere l’istituzione di una “Banca delle Competenze” che abbia come finalità il recupero degli antichi mestieri ad elevate abilità manuali non sostituibili dalla “macchina" e ritenuti indispensabili per il ripristino e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico e monumentale.

5) Welfare
Nello scenario in precedenza descritto, la cronica crisi del welfare pubblico nel nostro Paese pone la stessa contrattazione di fronte a sfide inedite. La bassa crescita, l’andamento demografico e la continua riduzione dell’incidenza sul PIL della spesa per servizi, producono un aumento delle diseguaglianze nella nostra società, ne modificano gli equilibri e ne rallentano lo sviluppo. Compito delle parti sociali, dunque, è quello di salvaguardare il carattere universale, la qualità e il livello del welfare, integrando quello pubblico. In quest’ottica si rende necessario favorire lo sviluppo del welfare contrattuale, il potenziamento dei fondi di previdenza complementare e di assistenza sanitaria integrativa, la conciliazione dei tempi vita-lavoro. In questo contesto, le spese per l’infanzia, per il diritto allo studio, per l’integrazione del reddito dei nuclei familiari, per l’assistenza sanitaria non coperta dalla spesa pubblica, sono alcuni esempi di bisogni generalizzati sui quali è necessario intervenire. A tal fine, le Parti si impegnano ad introdurre nei rispettivi contratti collettivi l’obbligo d’iscrizione al Fondo di Assistenza Sanitaria - Sanarcom, l’obbligo di erogare beni e servizi di welfare a favore dei lavoratori, e di implementare le misure di conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Le Parti, inoltre, demandano al Fondo di Assistenza Sanitaria Sanarcom la definizione di politiche mirate alla diffusione della cultura della prevenzione dalle malattie e più in generale del benessere.

6) Sicurezza sul lavoro
A oltre dieci anni dall’ adozione del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, compito delle Parti sociali è quello di rendere più efficace il quadro regolatorio, promuovendo il radicamento della cultura della sicurezza sul lavoro, che metta al centro la persona, privilegiando la prevenzione, la formazione e gli investimenti nell’ambito in questione. In questo senso, è auspicabile il coinvolgimento e la partecipazione dei lavoratori, sia a livello territoriale che aziendale, attraverso i canali della rappresentanza nei luoghi di lavoro, grazie anche alla spinta degli enti bilaterali. In tale ambito le Parti si impegnano a svolgere specifiche azioni e demandano all’Ente Bilaterale Confederale - EPAR la promozione e gestione di attività formative in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il rafforzamento del ruolo degli RLS ed RLST e l’istituzione di una cabina di monitoraggio periodico sull’andamento degli incidenti sul lavoro e sulle patologie che determinano malattie professionali, con il coinvolgimento di altri soggetti interessati, al fine di individuare specifiche soluzioni utili a migliorare sensibilmente le condizioni di lavoro e prevenire gli infortuni.

7) Bilateralità
Cifa e Confsal condividono l’esigenza che il proprio moderno sistema di relazioni industriali debba caratterizzarsi per la presenza di una strutturata bilateralità confederale che ad oggi trova manifestazione nei tre soggetti bilaterali costituiti da Cifa e Confsal: Epar, Fonarcom e Sanarcom. La bilateralità intesa come valore, espressione della sintesi di un dialogo costruttivo tra le Parti e di un modello sindacale non più conflittuale ma partecipativo. Gli enti bilaterali rappresentano un importante strumento di partecipazione sociale, svolgendo, nel quadro di una contrattazione collettiva consolidata, un’azione diretta a soddisfare interessi esplicitamente condivisi, pur essendo costituiti da soggetti che si pongono normalmente come controparti nel sistema delle relazioni industriali. La molteplicità/! delle prestazioni erogate a lavoratori ed imprese, di carattere individuale e collettivo, fa emergere le peculiarità di questi organismi che, pur promanando da una comune matrice sindacale e privata, si occupano di materie di elevato interesse sociale e tendono ad ampliare sempre più il loro campo d’intervento. In quest’ ottica, nel corso degli anni, il legislatore ha progressivamente attribuito agli stessi maggiori funzioni nella regolazione del mercato del lavoro, prima con la legge 388/2000 istitutiva dei Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua e poi con la legge n. 30/2003 che ha delegato agli enti bilaterali un ampio ventaglio di funzioni. A favorire lo sviluppo di iniziative fondate sulla bilateralità è stata la previsione che tali organismi assumessero una funzione di garanzia verso le imprese e i lavoratori per le obbligazioni di tipo contrattuale, determinate nella sfera di governo privato del rapporto di lavoro, contribuendo all’ irrobustimento del sistema di relazioni industriali. Alla luce dei recenti cambiamenti Cifa e Confsal ritengono che gli enti bilaterali debbano essere considerati delle sedi stabili e specializzate di confronto fra le parti sociali, ispirate a principi di stampo partecipativo, che rispondono all’ esigenza di rendere effettivi i diritti retributivi, di integrare il welfare pubblico, di integrare istituti e procedure della rappresentanza e della negoziazione collettiva in settori sindacalmente deboli, di dare piena applicazione ai CCNL e di favorire la lotta a forme di irregolarità dei rapporti di lavoro. Presupposto per l’affermarsi della bilateralità è il “superamento della dimensione conflittuale negoziale”. E’ necessario, quindi, che vi sia un clima disteso e collaborativo tra le parti sociali affinché gli enti bilaterali possano rappresentare un importante strumento di partecipazione sociale e democratica, attraverso l’attenuazione del conflitto tra le organizzazioni sindacali e quelle datoriali. La bilateralità è da considerare “la nuova frontiera” dell’azione sindacale, ovvero una delle possibili strade da percorrere per rispondere con particolare efficacia alle nuove esigenze che si rinvengono in un mercato del lavoro sempre più frantumato e flessibile.

8) Rappresentanza e rappresentatività
Per effetto dei grandi cambiamenti economici e del lavoro, anche il nostro sistema di relazioni industriali sta registrando profondi mutamenti. La grande proliferazione di nuove sigle sindacali come sinonimo di uno scenario intersindacale sempre più polverizzato, la nascita di nuovi modelli contrattuali come quello di Cifa e Confsal, la presenza di nuovi soggetti di natura bilaterale che assolvono a specifiche funzioni delegate dalla legge e la necessità di fornire risposte e assistenza al grande universo non sindacalizzato delle piccole e piccolissime imprese, ci fanno presumere che anche i criteri di misurazione della rappresentatività delle sigle sindacali persegua logiche ormai superate che impongono una rivisitazione rispetto a criteri maggiormente rispondenti al reale assetto del nostro sistema di relazioni industriali. La mancata attuazione degli artt. 39 e 40 della Costituzione ha posto, infatti, in evidenza il problema dell’individuazione dei criteri utili alla sua regolazione ed alla selezione dei soggetti legittimati alla contrattazione. In questo senso, seppur si sia affermata la natura privatistica dei contratti collettivi nazionali di lavoro, sempre più forte si è posto il problema circa l’applicabilità di detti contratti e, soprattutto della loro applicazione ultra partes anche in ragione dei tanti rimandi operati in questi anni dal legislatore.
Ciò ha reso il problema dell’individuazione dei soggetti legittimati alla contrattazione, negli anni, sempre più gravoso. Dinanzi a tale difficoltà, Cifa e Confsal intendono ribadire che alla base di tutto, resta quanto sancito dal primo comma dell'art. 39 Cost, e cioè la libertà di organizzazione sindacale. Da questa discende il riconoscimento della dimensione plurale dell’autonomia collettiva, da cui deriva la libertà del singolo lavoratore di aderire ad un’organizzazione sindacale e la libertà delle organizzazioni sindacali e datoriali di organizzare la propria vita associativa. Ciò che, tuttavia, appare prioritario è la necessità di stabilire relazioni industriali affidabili, che consentano di rendere esigibili gli impegni contrattuali, poiché questa è la base su cui poggia la possibilità di creare le condizioni tanto per la crescita del Paese, quanto per l’emancipazione della persona che lavora. Se il nodo centrale riguarda il riconoscimento a sottoscrivere accordi collettivi, questo non può più essere fondato sul solo criterio di misurazione della rappresentatività. Tale modalità, infatti, rischia di incentivare logiche ad excludendum che minano alla base il pluralismo sindacale garantito dall’articolo 39 della Costituzione. Non appare più condivisibile la dicotomia esistente tra settore pubblico e privato e la conseguente impossibilità di far valere per la medesima organizzazione la rappresentatività certificata, secondo regole certe, nel settore pubblico anche nel settore privato nel quale vige il più incerto principio della rappresentatività “presunta". Di fronte a tale complessità, diviene opportuno guardare soprattutto alla “qualità” della contrattazione. Le Parti ritengono che, al fine di dare concreta attuazione all’art. 36 della Costituzione ed operare un’incisiva lotta al dumping contrattuale, il solo requisito numerico della maggiore rappresentatività anche in termini comparativi, non può essere un indice di sicura qualità della contrattazione. Nel rispetto del pluralismo sindacale sancito dall’art. 39 della Costituzione tutti i soggetti sindacali in possesso della maggiore rappresentatività devono poter liberamente sottoscrivere accordi e contratti collettivi purché lo facciano nel rispetto di regole e di elementi oggettivi che siano sintomatici di una buona contrattazione collettiva. In tal senso, le Parti richiedono di intraprendere azioni condivise utili ad individuare standard minimi da rispettare nei contenuti della contrattazione e di affidare al CNEL il ruolo di soggetto terzo preposto alla vigilanza del rispetto di tali parametri minimi con conseguente rilascio di apposito parere positivo o negativo circa l’applicabilità di ciascun CCNL. Un “bollino” di qualità che consentirebbe a tutte le sigle maggiormente rappresentative di poter liberamente “contrattare” nel rispetto di standard minimi di qualità. Le Parti individuano quali indicatori di qualità della contrattazione collettiva:
1) i livelli retributivi non orientati al ribasso rispetto alla media dei settori o non inferiori ad un salario minimo fissato per legge;
2) il rispetto dei diritti fissati dalla legge;
3) la capacità di prevedere tutele aggiuntive per il lavoratore quale la formazione e il welfare;
4) la presenza di uno strutturato sistema bilaterale capace di dare concreta attuazione alle disposizioni contenute nell’accordo utile a dare tutele e ad assistere imprese e lavoratori nel quotidiano dispiegarsi dei rapporti di lavoro;
5) presenza al CNEL della sigla sindacale firmataria del CCNL.
Cifa e Confsal auspicano l’avvio di un tavolo di discussione in seno al CNEL, aperto alle sigle maggiormente rappresentative, sui contenuti della contrattazione collettiva e sulle azioni da intraprendere per definire in tempi brevi un sistema di certificazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro finalizzato principalmente a porre fine al fenomeno del dumping contrattuale. In merito alla necessità di individuare criteri certi di misurazione della rappresentatività delle sigle sindacali e utili ad individuare i soggetti abilitati ad operare i rinvii previsti dal legislatore o per poter trattare con il Governo in rappresentanza di una categoria, Cifa e Confsal ritengono necessario individuare regole che tengano conto delle mutazioni subite dal sistema delle relazioni industriali e del diffuso fenomeno della crisi della rappresentanza. Anche in questo caso l’emergente fenomeno della bilateralità sembra costituire un indicatore importante dal quale non si può prescindere per diverse ragioni. I criteri di misurazione della rappresentatività attualmente utilizzati sono stati individuati dalla giurisprudenza, in assenza di una norma di legge in materia, quando il legislatore non aveva ancora previsto l’istituzione dei Fondi Interprofessionali con la legge 388/2000 o demandato determinate funzioni agli Enti Bilaterali con la legge 30/2003. Dall’altro lato va evidenziato che, oggi tali soggetti bilaterali erogano assistenza ad aziende e lavoratori che non risultano iscritti ad alcuna organizzazione. Ciò significa che a fronte di una sfiducia diffusa da parte di aziende e lavoratori nei confronti dei rispettivi sistemi di rappresentanza questi, pur non aderendo agli stessi, sono portati ad aderire ai relativi sistemi bilaterali perché li trovano un riscontro concreto alle reali esigenze. Altro aspetto rilevante è quello connesso al tessuto produttivo rappresentato. Oltre il 90% delle imprese italiane sono piccole e piccolissime nelle quali la percentuale di sindacalizzati è prossima allo zero. I soggetti bilaterali invece, sempre in ragione della loro capacità di garantire assistenza ad imprese e lavoratori, registrano un gran numero di adesioni proprio in quell’ambito, come ad esempio nel caso dei Fondi di Assistenza Sanitaria Integrativa o dei Fondi Interprofessionali. Sembra chiaro che la misurazione delle adesioni ai contesti bilaterali fornirebbe un dato significativo di adesione ai sistemi di rappresentanza, seppur indiretto, ma molto più realistico e significativo. In ragione di ciò, Cifa e Confsal ritengono che la misurazione della rappresentatività debba avvenire facendo ricorso ai seguenti criteri:
1) Consistenza numerica degli associati al sindacato non inferiore al 5% dei lavoratori occupati nell’intero settore privato. La rilevazione di tale dato dovrà avere natura intersettoriale e dovrà tenere conto anche dei dati relativi alle adesioni ai rispettivi sistemi bilaterali già tracciati all’interno dei sistemi informatici dell’INPS;
2) Significativa presenza sul territorio nazionale da intendersi quale adeguata presenza al fine di garantire le attività di contrattazione e assistenza anche attraverso i soggetti di natura bilaterale;
3) Attività di tutela degli interessi individuali e collettivi attraverso:
a) la stipula di accordi e contratti collettivi anche intersettoriali (sia nazionali che aziendali o territoriali);
b) la partecipazione a controversie e vertenze di lavoro di natura individuale o collettiva;
c) Il coinvolgimento nella condivisione dei piani formativi finanziati dai Fondi Interprofessionali per la Formazione Continua;
d) Il coinvolgimento nell’erogazione di altre forme di assistenza ai lavoratori attraverso l’erogazione dei servizi garantiti dai soggetti di natura bilaterale.
Le Parti ritengono, altresì, che le adesioni ai sistemi associativi e bilaterali debbano avere natura certa e a tal fine intendono promuovere specifiche azioni finalizzate al coinvolgimento dell’INPS, senza costi aggiuntivi a carico della Pubblica Amministrazione, al fine rendere noti i dati associativi dei sistemi bilaterali che sono, allo stato attuale, gli unici soggetti di puntuale tracciabilità.

Roma, 28/10/2019