Cassazione Civile, Sez. 6, 12 novembre 2019, n. 29322 - Discussione in una riunione di lavoro e ruolo causale nell'emorragia cerebrale del lavoratore


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: SPENA FRANCESCA Data pubblicazione: 12/11/2019

 

Rilevato
che con sentenza in data 25 maggio-1 agosto 2017 numero 1440 la Corte d' Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale di Trani e, per l'effetto, rigettava la domanda proposta da V.P. nel confronti dell' INAIL per il conseguimento della rendita a seguito dell'Infortunio sul lavoro occorsogli in data 15-16 marzo 2010;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che il c.t.u. nominato nel secondo grado, con ragionamento motivato ed immune da vizi logici, aveva rilevato che la cefalea lamentata dal V.P. già alcuni giorni prima del 15 marzo 2010, come da lui stesso dedotto, era da correlarsi con la presenza di una MAV (Malformazione Artero-Venosa) e di un aneurisma cerebrale ed al loro sanguinamento, responsabili di una emorragia subaracnoidea occorsa presumibilmente prima del 15 marzo 2010. Nella genesi di tale emorragia non era verosimile un ruolo causale degli eventi lavorativi.
La Corte riteneva, altresì, l'assenza della causa violenta, al sensi dell'articolo 2 DPR 30 giugno 1965 nr. 1124, essendosi svolta nella giornata del 15.3.2010 una semplice discussione nell'ambito di una riunione di lavoro.
che avverso la sentenza ha proposto ricorso V.P., articolato in tre motivi, cui ha opposto difese l'INAIL con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti— unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale— al sensi dell'articolo 380 bis codice di procedura civile; 
che la parte ricorrente ha depositato memoria;
 

 

Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
- con il primo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione e falsa applicazione dell'articolo 434 codice di procedura civile— in relazione al mancato accoglimento dell'eccezione di mancanza di specificità dei motivi di appello.
Ha esposto che l'atto di appello dell'INAIL si caratterizzava per la genericità delle censure alla CTU espletata nel giudizio di primo grado, senza entrare nel merito dell'iter logico seguito nella sentenza impugnata. Le contestazioni mosse alla CTU del primo grado apparivano petizioni di principio ancorate ad arresti giurisprudenziali e spunti dottrinali superati. Era dunque disatteso il principio enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte nell'arresto numero 27199/2017;
-con il secondo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione e falsa applicazione dell'articolo 329 cod.proc.civ. per mancato rilievo del giudicato interno formatosi a seguito della mancata impugnazione della autonoma ratio decidendi della sentenza del Tribunale fondata sugli esiti della prova per testi.
Ha esposto che l'INAIL aveva fondato il gravame unicamente su censure di natura medica mentre il Tribunale aveva motivato l'accoglimento della domanda in primo luogo sulla base dell'Istruttoria espletata, affermando che dalla stessa risultava che l'infortunio si era verificato durante lo svolgimento dell'attività lavorativa e che le lesioni erano dipese dallo stress lavorativo cui ricorrente era stato esposto nel corso della giornata lavorativa del 15 marzo 2010. La successiva parte motiva, relativa alle risultanze della c.t.u., costituiva una ragione ulteriore rispetto a tale iter argomentativo, come risultava dalla sentenza, che testualmente osservava che «anche» il consulente d'ufficio aveva confermato che l'estremo stress lavorativo aveva determinato un rialzo pressorio che aveva prodotto la rottura della malformazione artero-venosa di cui V.P. era portatore. Tale ratio decidendi, autonomamente decisiva, era divenuta definitiva;
- con il terzo motivo— ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile— violazione e falsa applicazione degli articoli 156, 157, 195 codice procedura civile, per la mancata contestazione nel corso del giudizio di primo grado della relazione trasmessa dal ctu. Con il motivo si assume che l'INAIL non avrebbe potuto censurare con l'atto di appello le valutazioni del CTU, non avendo esercitato la facoltà di proporre osservazioni nello specifico termine ex articolo 195 cod.proc.civ.;
che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso;
che, invero:
- il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto la parte ricorrente assume la genericità dell'atto di appello senza riportare in questa sede il suo contenuto; il motivo è piuttosto fondato sui principi di diritto di cui all'articolo 434 cod.proc.civ., che la parte sostiene essere stati disattesi dalla Corte territoriale. Invero anche il potere di questa Corte di accesso agli atti per la verifica del fatto processuale è condizionato al previo assolvimento di specificazione dell^ ragioni di impugnazione a cura della parte ricorrente a norma dell'articolo 366 nr. 6 cod. proc.civ., onere nella fattispecie non assolto, essendo carente tanto la trascrizione dei motivi di appello dell'INAIL che, quanto meno, la loro sintetica enunciazione e la contestuale localizzazione ( per tutte : Cassazione civile sez. trib., 29/09/2017, n.22880 e giurisprudenza ivi citata);
- il secondo motivo è infondato. La lettura della sentenza di primo grado sulla cui base la parte ricorrente assume la formazione del giudicato interno non è condivisibile; infatti non è corretto l'assunto secondo cui l'accoglimento della domanda da parte del Tribunale fosse fondato anche e solo sugli esiti della prova per testi. Si legge nella sentenza, nell'incipit della motivazione, che la fondatezza della domanda era stata confermata «dall'istruttoria» e, dunque, dal complesso delle attività di istruzione probatoria, tre le quali rientra la nomina e le indagini del consulente tecnico ( sezione III, capo II, titolo I del libro secondo cod.proc.civ.). Nel capoverso successivo il Tribunale indica tra i fatti provati ed utili all'accoglimento della domanda la circostanza che «detta causa (lo stress lavorativo: ndr) è stata efficiente e determinante secondo i criteri medico legali», con un evidente rinvio agli esiti della consulenza tecnica svolta in quel grado.
Le circostanze confermate dai testi escussi, indicate nel prosieguo della motivazione, riguardano: lo stress lavorativo, la insalubrità degli ambienti di lavoro, le modalità di svolgimento della riunione nel corso della quale si verificò l'emorragia cerebrale del V.P.. Determinante ai fini dell'accoglimento della domanda era l'ulteriore accertamento, fondato sulle conclusioni del ctu, che i fatti, come accertati attraverso i testi, erano stati determinanti « del rialzo pressorio che ha determinato la rottura della malformazione artero venosa di cui il V.P. soffriva» (così nella motivazione della sentenza di primo grado). Il termine «anche», che nella sentenza del Tribunale introduce l'accertamento medico legale, ha nel contesto dell' iter argomentativo un significato di congiunzione, complementarietà e non meramente rafforzativo ed avverbiale, come assume la parte ricorrente. Correttamente la Corte territoriale ha dunque proceduto al riesame del merito, non essendosi verificata alcuna preclusione da giudicato interno.
- il terzo motivo è infondato. La facoltà delle parti di presentare osservazioni alla bozza della consulenza tecnica, come disciplinata dall'articolo 195 cod. proc. civ., attiene all'esercizio delle facoltà difensive nell'ambito del grado di giudizio in cui la consulenza tecnica viene disposta. Questa Corte, anzi, non ha mancato di rilevare (Cassazione civile, sez. III, 21/08/2018, n.20829 e giurisprudenza ivi citata) che anche all'interno del giudizio di primo grado in cui la consulenza è stata disposta i rilievi delle parti— ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, soggette al termine di preclusione di cui all'art. 157 cod.proc.civ.— costituiscono argomentazioni difensive, sebbene non di carattere tecnico giuridico, per cui possono essere svolti, nel rito ordinario, anche nella comparsa conclusionale (sempre che non Introducano in giudizio nuovi fatti costitutivi, modificativi od estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove).
Dal mancato deposito delle osservazioni alla relazione del consulente d'ufficio non può a fortiori farsi discendere alcuna preclusione al pieno esercizio della facoltà di proporre impugnazione, che non troverebbe alcun fondamento di diritto positivo.
che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.;
che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell'art. 1 co 17 L. 228/2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 DPR 115/2002) - della sussistenza dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata .
 

 

PQM

 


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 18 giugno 2019