SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
 11 settembre 2019 (*)
 «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), e articolo 5 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata su un handicap – Lavoratore particolarmente sensibile ai rischi professionali ai sensi del diritto nazionale – Esistenza di un “handicap” – Licenziamento per ragioni oggettive fondato sui criteri della produttività, della polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché dell’assenteismo – Particolare svantaggio per i disabili – Discriminazione indiretta – Soluzioni ragionevoli – Individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione»



 


 
 Nella causa C‑397/18,
 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna), con decisione del 30 maggio 2018, pervenuta in cancelleria il 15 giugno 2018, nel procedimento
 DW
 contro
 Nobel Plastiques Ibérica SA,
 con l’intervento di:
 Fondo de Garantía Salarial (Fogasa),
 Ministerio Fiscal,
 

LA CORTE (Prima Sezione),
 composta da J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, C. Toader, A. Rosas, L. Bay Larsen e M. Safjan (relatore), giudici,
 avvocato generale: G. Pitruzzella
 cancelliere: A. Calot Escobar
 vista la fase scritta del procedimento,
 considerate le osservazioni presentate:
 –        per DW, da J. Pérez Jiménez, abogado;
 –        per la Nobel Plastiques Ibérica SA, da D. Sanahuja Cambra, abogada;
 –        per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;
 –        per la Commissione europea, da D. Martin e P. Němečková, in qualità di agenti,
 vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
 ha pronunciato la seguente
 

Sentenza

 1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).
 2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra DW e la Nobel Plastiques Ibérica SA, in merito alla legittimità del licenziamento per ragioni oggettive di cui DW è stata oggetto.
  Contesto normativo
  Diritto internazionale
 3        La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009 (GU 2010, L 23, pag. 35; in prosieguo: la «convenzione dell’ONU»), alla lettera e) del preambolo enuncia quanto segue:
 «riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri».
 4        Ai sensi dell’articolo 1 di tale convenzione, rubricato «Scopo»:
 «Scopo della presente convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
 Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
 5        L’articolo 2 di detta convenzione, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:
 «Ai fini della presente convenzione:
 (…)
 per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
 per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
 (…)».
  Diritto dell’Unione
 6        Ai sensi dei considerando 11, 12, 16, 17, 20 e 21 della direttiva 2000/78:
 «(11)      La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.
 (12)      Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l’ammissione e il soggiorno dei cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all’occupazione e alle condizioni di lavoro.
 (…)
 (16)      La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull’handicap.
 (17)      La presente direttiva non prescrive l’assunzione, la promozione o il mantenimento dell’occupazione né prevede la formazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l’obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.
 (…)
 (20)      È opportuno prevedere misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.
 (21)      Per determinare se le misure in questione danno luogo a oneri finanziari sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni».
 7        L’articolo 1 della direttiva in parola, intitolato «Obiettivo», così recita:
 «La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
 8        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Nozione di discriminazione», ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:
 «1.      Ai fini della presente direttiva, per "principio della parità di trattamento" si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.
 2.      Ai fini del paragrafo 1:
 a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;
 b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:
 i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; o che
 ii)      nel caso di persone portatrici di un particolare handicap, il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione a cui si applica la presente direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all’articolo 5, per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi».
 9        L’articolo 3 della medesima direttiva, rubricato «Campo d’applicazione», al paragrafo 1 dispone quanto segue:
 «Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:
 (…)
 c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;
 (…)».
 10      L’articolo 5 della direttiva 2000/78, intitolato «Soluzioni ragionevoli per i disabili», è così formulato:
 «Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili».
  Diritto spagnolo
 11      L’articolo 25 della Ley 31/1995 de Prevención de Riesgos Laborales (legge 31/1995 in materia di prevenzione dei rischi professionali), dell’8 novembre 1995 (BOE n. 269, del 10 novembre 1995, pag. 32590), rubricato «Tutela dei lavoratori particolarmente sensibili a determinati rischi», al paragrafo 1 prevede quanto segue:
 «Il datore di lavoro garantisce in modo specifico la tutela dei lavoratori che, per le loro stesse caratteristiche personali o per il loro stato di salute noto, compresi i lavoratori a cui è stata riconosciuta una condizione di disabilità fisica, psichica o sensoriale, risultano particolarmente sensibili ai rischi derivanti dal lavoro. A tal fine, esso deve tener conto di tali aspetti nelle valutazioni dei rischi e, in funzione di queste, adotta le misure preventive e di protezione necessarie.
 I lavoratori non sono assegnati ai posti di lavoro nei quali possano, per le loro stesse caratteristiche personali, per il loro stato di salute o per una disabilità fisica, psichica o sensoriale debitamente riconosciuta, porre se stessi, gli altri lavoratori o altre persone legate all’impresa in situazioni di pericolo; in generale, essi non sono assegnati a posti del genere quando si trovano manifestamente in uno stato o in una situazione transitori non rispondenti ai requisiti fisici e mentali necessari per coprire i posti di lavoro di cui trattasi».
 12      L’articolo 2 del Real Decreto Legislativo 1/2013, por el que se aprueba el Texto Refundido de la Ley General de derechos de las personas con discapacidad y de su inclusión social (regio decreto legislativo n. 1/2013, con cui si approva la versione consolidata della legge generale sui diritti delle persone con disabilità e sulla loro inclusione sociale), del 29 novembre 2013 (BOE n. 289, del 3 dicembre 2013, pag. 95635), contiene le seguenti definizioni:
 «Ai fini della presente legge, s’intende per:
 a)      disabilità: la situazione di coloro che presentano menomazioni presumibilmente durature, che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione alla vita sociale su base di uguaglianza con gli altri.
 (…)
 c)      discriminazione diretta: la situazione in cui si trova una persona disabile allorché essa, per il motivo di o a causa della sua disabilità, viene trattata in modo meno favorevole rispetto a un’altra persona nella medesima situazione.
 d)      discriminazione indiretta: la fattispecie che sussiste quando una disposizione legislativa o regolamentare, una clausola convenzionale [di un contratto collettivo] o contrattuale, un accordo individuale, una decisione unilaterale, un criterio o una prassi, oppure un ambiente circostante, prodotto o servizio apparentemente neutri possono creare un particolare svantaggio ad una persona rispetto ad altre a motivo di o in ragione di una disabilità, ove tali elementi non rispondano oggettivamente a una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento non siano appropriati e necessari.
 (…)».
 13      L’articolo 4 di tale regio decreto legislativo, intitolato «Titolari dei diritti», al suo paragrafo 1, dispone quanto segue:
 «Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali presumibilmente durature, che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
 14      L’articolo 35 di detto regio decreto legislativo, intitolato «Garanzie del diritto al lavoro», è formulato come segue:
 «1.      Le persone con disabilità godono del diritto al lavoro in condizioni che garantiscano l’applicazione del principio della parità di trattamento e del principio di non discriminazione.
 2.      La garanzia e l’effettività del diritto alla parità di trattamento e del diritto alla parità di opportunità di cui godono le persone con disabilità sono disciplinate dal presente capo e dalla normativa specifica per quanto riguarda l’accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, le condizioni di lavoro, comprese la retribuzione e il licenziamento, la promozione professionale, la formazione professionale e continua, la formazione per l’occupazione, l’affiliazione e l’attività in un’organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro e l’adesione e l’attività in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione.
 3.      Sussiste discriminazione diretta quando, in una situazione analoga, una persona disabile è trattata in modo meno favorevole rispetto a un’altra a causa della sua disabilità.
 4.      Sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione legislativa o regolamentare, una clausola convenzionale [di un contratto collettivo] o contrattuale, un accordo individuale, una decisione unilaterale del datore di lavoro, apparentemente neutri, possono creare un particolare svantaggio alle persone disabili rispetto ad altre, oggettivamente non rispondono ad alcuna finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità non sono appropriati e necessari, a meno che il datore di lavoro non sia tenuto ad adottare misure appropriate, in funzione delle esigenze di ciascun caso particolare e conformemente all’articolo 40, al fine di eliminare gli svantaggi derivanti da tale disposizione, clausola, accordo o decisione.
 5.      Le disposizioni regolamentari, le clausole dei contratti collettivi, gli accordi individuali e le decisioni unilaterali del datore di lavoro, che danno luogo a situazioni di discriminazione diretta o indiretta sfavorevoli in ragione della disabilità, in materia di occupazione, ai fini della retribuzione, dell’orario di lavoro e di altre condizioni di lavoro e per quanto riguarda le altre condizioni di lavoro, sono considerate nulle e prive di ogni effetto
 (…)».
 15      L’articolo 40 del medesimo regio decreto legislativo, rubricato «Adozione di misure volte a prevenire o a compensare gli svantaggi derivanti da disabilità come garanzia della piena parità sul lavoro», prevede quanto segue:
 «1.      Per garantire la piena parità sul lavoro, il principio della parità di trattamento non osta al mantenimento o all’adozione di misure specifiche dirette a evitare o a compensare gli svantaggi derivanti da disabilità.
 2.      I datori di lavoro devono adottare le misure appropriate al fine di adattare il posto di lavoro e migliorare l’accessibilità dell’impresa in funzione delle esigenze di ciascuna situazione specifica, allo scopo di consentire alle persone con disabilità di accedere al lavoro, svolgere le proprie mansioni, progredire sotto il profilo professionale e accedere alla formazione, a meno che tali provvedimenti costituiscano per il datore di lavoro un onere finanziario eccessivo.
 Per stabilire se un onere sia eccessivo occorre valutare se esso sia sufficientemente attenuato mediante le misure, gli aiuti o le sovvenzioni pubbliche per persone con disabilità, prendendo altresì in considerazione i costi finanziari e di altra natura che dette misure comportano, nonché le dimensioni e il volume d’affari complessivo dell’impresa o dell’organizzazione».
 16      L’Estatuto de los Trabajadores (Statuto dei lavoratori) è stato modificato dal Real Decreto legislativo 2/2015, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores (regio decreto legislativo 2/2015, recante approvazione del testo consolidato della legge sullo Statuto dei lavoratori), del 23 ottobre 2015 (BOE n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100224). Nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, l’articolo 53 di tale Statuto, intitolato «Forma ed effetti della cessazione del contratto per ragioni oggettive», al suo paragrafo 4 così recita:
 «Se la decisione del datore di lavoro di porre fine al contratto di lavoro si basa su una causa di discriminazione vietata dalla Costituzione o dalla legge, ovvero se il licenziamento è stato effettuato in violazione dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche del lavoratore, la decisione di licenziamento è nulla e tale nullità deve essere dichiarata d’ufficio dal giudice
 (…)».
  Procedimento principale e questioni pregiudiziali
 17      Il 1o luglio 2004, DW è stata assunta dalla Nobel Plastiques Ibérica. Assegnata ai processi di assemblaggio e di sagomatura di tubi in materia plastica, la medesima ha beneficiato di una riduzione dell’orario di lavoro, per il motivo che aveva figli minori in affidamento. DW effettuava una settimana di lavoro di 35 ore e lavorava nel turno del mattino e nel turno di notte.
 18      DW è stata affetta da epicondilite, che le è stata diagnosticata il 12 settembre 2011 ed è stata operata il 18 gennaio 2012.
 19      Tale lesione è stata qualificata come «malattia professionale» e DW si è trovata in una situazione di inabilità temporanea al lavoro per diversi periodi tra settembre 2011 e aprile 2014, nonché, in ragione della diagnosi di un disturbo d’ansia, dal 4 settembre 2015 al 31 marzo 2016 e dal 6 al 20 maggio 2016.
 20      A partire dal 15 dicembre 2011, è stato riconosciuto che DW apparteneva ai «lavoratori particolarmente sensibili ai rischi professionali», ai sensi dell’articolo 25 della legge 31/1995, situazione da allora rimasta immutata.
 21      Tra aprile e agosto 2016, DW si è rivolta in diverse occasioni al servizio medico dell’impresa, lamentando dolori al gomito e ha inviato varie comunicazioni a tale servizio, nonché al suo datore di lavoro, per chiedere che il suo posto di lavoro fosse adattato alle sue condizioni fisiche.
 22      DW si è inoltre trovata in una situazione di inabilità temporanea risultante da un infortunio sul lavoro a causa dell’epicondilite di cui essa ha sofferto, per diversi periodi, a partire dal 31 agosto 2016.
 23      Dalla data in cui le è stata diagnosticata l’epicondilite, DW ha effettuato, dopo ogni ripresa del lavoro, una visita medica. Al termine di ciascuna di tali visite, la medesima veniva dichiarata «idonea con talune limitazioni» a ricoprire il suo posto di lavoro o a svolgere mansioni di «sagomatura a vapore». Conseguentemente, durante i periodi di lavoro nel corso del 2016, DW è stata assegnata in via preferenziale a posti che portavano a manipolare tubi di piccole dimensioni e per i quali i rischi per la sua salute erano minori rispetto ai posti che richiedevano di maneggiare tubi di grandi dimensioni.
 24      Al fine di procedere al licenziamento per ragioni oggettive in seno all’impresa, la Nobel Plastiques Ibérica ha adottato i seguenti quattro criteri, applicabili al 2016: l’assegnazione ai processi di assemblaggio e di sagomatura di tubi in materia plastica, il raggiungimento di una produttività inferiore al 95%, la dimostrazione di una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché la registrazione di un tasso di assenteismo elevato.
 25      La Nobel Plastiques Ibérica ha ritenuto che, nel corso del 2016, DW soddisfacesse tali quattro criteri di selezione poiché essa era stata assegnata ai processi di assemblaggio e di sagomatura di tubi in materia plastica, aveva raggiunto una produttività media ponderata del 59,82%, dimostrato una polivalenza molto ridotta nei compiti essenziali inerenti al suo posto di lavoro e aveva registrato un tasso di assenteismo del 69,55%.
 26      Di conseguenza, il 22 marzo 2017, mentre DW si trovava in stato di inabilità temporanea al lavoro, la Nobel Plastiques Ibérica le ha notificato una lettera di licenziamento per ragioni oggettive, deducendo motivi economici, tecnici, di produzione e di organizzazione. Anche altre nove persone che lavoravano nell’impresa sono state licenziate nello stesso periodo.
 27      Il 21 aprile 2017, DW ha presentato ricorso avverso tale decisione di licenziamento dinanzi al giudice del rinvio, il Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna). Detto ricorso era diretto a far dichiarare il suo licenziamento nullo o, in subordine, ingiustificato.
 28      Il 4 agosto 2017, l’ispettorato del lavoro ha proposto di sanzionare la Nobel Plastiques Ibérica per aver commesso due mancanze, consistenti, da un lato, nell’aver esposto DW a rischi ergonomici che hanno provocato la sua malattia, creando così un grave rischio per la sua integrità fisica o per la sua salute e, dall’altro, nell’aver mantenuto invariate le condizioni in cui svolgeva i suoi compiti anche una volta conosciuta la sua epicondilite, in particolare, nell’averla assegnata a posti di lavoro le cui caratteristiche erano incompatibili con le peculiarità del suo stato di salute. Nel suo parere, l’ispettorato del lavoro ha evidenziato che DW aveva occupato diversi posti di lavoro a turni, ma che tutti questi posti richiedevano manipolazioni che implicavano l’esistenza di rischi ergonomici e di pregiudizio all’apparato muscolo-scheletrico per gli arti superiori. La Nobel Plastiques Ibérica non avrebbe adottato le misure di adattamento del posto di lavoro di DW al fine di assicurarsi che esso fosse compatibile con il suo stato di salute.
 29      Il giudice del rinvio si chiede se la nozione di «lavoratori particolarmente sensibili a determinati rischi», ai sensi dell’articolo 25 della legge 31/1995, sia assimilabile a quella di «handicap», ai sensi della direttiva 2000/78, come interpretata dalla Corte. Tale questione costituirebbe un presupposto per determinare, da un lato, se i criteri di selezione adottati per licenziare DW violino direttamente o indirettamente il diritto alla parità di trattamento dei disabili riconosciuto dalla direttiva 2000/78 e, dall’altro, se l’obbligo di mettere in atto le soluzioni ragionevoli previsto dall’articolo 5 di tale direttiva esiga che i criteri di selezione connessi alla disabilità di DW e utilizzati per procedere al licenziamento di quest’ultima siano disattesi.
 30      Secondo il giudice del rinvio, le persone particolarmente sensibili ai rischi professionali, oltre al fatto di poter essere soggette a un trattamento specifico al fine di proteggerle contro taluni rischi professionali, devono essere considerate come rientranti nella nozione di «disabili», ai sensi della direttiva 2000/78, nel caso in cui le loro menomazioni fisiche siano durature nel momento in cui l’atto asseritamente discriminatorio è adottato nei loro confronti e risultino dal lavoro svolto.
 31      Per quanto riguarda i quattro criteri di selezione al fine di determinare le persone da licenziare, indicati al punto 24 della presente sentenza, il primo di essi, ossia l’assegnazione ai processi di assemblaggio e di sagomatura di tubi in materia plastica, sarebbe oggettivo e neutro. Per contro, gli altri tre criteri potrebbero essere discriminatori nei confronti di DW nel caso in cui quest’ultima dovesse essere considerata come affetta da disabilità, ai sensi della direttiva 2000/78.
 32      Infatti, per quanto riguarda il secondo criterio di selezione, vale a dire il raggiungimento di una produttività inferiore al 95% nel 2016, la menomazione fisica di cui DW ha sofferto avrebbe incontestabilmente un nesso diretto con il livello di produttività media ponderata del 59,82% che essa ha realizzato. Orbene, la Nobel Plastiques Ibérica si sarebbe limitata a produrre i dati relativi alla produttività annuale di DW senza indicare in quali posti e nell’esercizio di quali funzioni concrete fosse stato misurato il livello di produttività.
 33      Quanto al terzo criterio di selezione, vale a dire quello della polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa, sarebbe stato accertato che DW è stata dichiarata, dal 2011, «idonea con talune limitazioni» da parte dei servizi medici per il motivo che dalla diagnosi risultava particolarmente sensibile ai rischi professionali. Ne conseguirebbe che essa non poteva svolgere tutte le mansioni richieste dai diversi posti di lavoro, il che spiegherebbe il fatto che la sua valutazione fosse sfavorevole alla luce di tale criterio.
 34      Infine, per quanto riguarda l’ultimo criterio di selezione, il tasso di assenteismo del 69,55% considerato per DW sarebbe stato calcolato prendendo in considerazione i periodi di congedo di malattia di quest’ultima sopravvenuti nel corso del 2016. Fra tali periodi di congedo di malattia figurerebbero tutti quelli derivanti dalla menomazione fisica di cui ella soffre. Orbene, il semplice fatto di prendere in considerazione tali congedi implicherebbe che DW può essere trattata in modo meno favorevole rispetto ad altri lavoratori.
 35      In tali circostanze, il Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
 «1)      Se debbano essere considerati persone con disabilità ai fini dell’applicazione della direttiva 2000/78/CE, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, i lavoratori dichiarati particolarmente sensibili a determinati rischi allorché, per le loro caratteristiche personali o il loro stato di salute noto, essi risultano particolarmente sensibili ai rischi derivanti dal lavoro e per tale motivo non possono essere assegnati a determinati posti di lavoro, in quanto ciò comporterebbe un rischio per la loro stessa salute o per altre persone.
 In caso di risposta affermativa alla prima questione, si pongono le questioni seguenti:
 2)      se costituisca una discriminazione diretta o una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 la decisione di licenziare una lavoratrice per ragioni economiche, tecniche, organizzative e produttive, qualora a tale persona sia stata riconosciuta una disabilità, in quanto particolarmente sensibile in relazione a taluni posti di lavoro a causa di una patologia, ed ella abbia quindi difficoltà a raggiungere i livelli di produttività richiesti per non essere candidata al licenziamento;
 3)      se costituisca una discriminazione diretta o una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 la decisione di licenziare una lavoratrice per ragioni economiche, tecniche, organizzative e produttive, qualora a tale persona sia stata riconosciuta una disabilità, in quanto particolarmente sensibile in relazione a taluni posti di lavoro a causa di una patologia, e la decisione venga assunta tenendo conto, tra altri criteri, della polivalenza in tutti i posti di lavoro, compresi quelli ai quali la persona disabile non può essere assegnata;
 4)      se costituisca una discriminazione indiretta, quale definita all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, la decisione di licenziare una lavoratrice per ragioni economiche, tecniche, organizzative e produttive, qualora a tale persona sia stata riconosciuta una disabilità in quanto particolarmente sensibile in relazione a taluni posti di lavoro a causa di una patologia, la quale abbia provocato lunghi periodi di assenza o di congedo per malattia prima del licenziamento, e la decisione venga assunta tenendo conto, tra altri criteri, delle assenze di detta lavoratrice».
  Sulle questioni pregiudiziali
  Sulla prima questione
 36      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/78 debba essere interpretata nel senso che lo stato di salute di un lavoratore riconosciuto come particolarmente sensibile ai rischi professionali, ai sensi del diritto nazionale, che non consente a tale lavoratore di occupare taluni posti di lavoro per il motivo che ciò comporterebbe un rischio per la sua stessa salute o per altre persone, rientra nella nozione di «handicap» ai sensi di tale direttiva.
 37      Come risulta dal suo articolo 1, la direttiva 2000/78 mira a stabilire un quadro generale per la lotta, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, alle discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui a tale articolo, tra cui figura la disabilità. Conformemente al suo articolo 3, paragrafo 1, lettera c), tale direttiva si applica, nei limiti dei poteri conferiti all’Unione europea, a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, per quanto attiene, in particolare, alle condizioni di licenziamento.
 38      Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede se lo stato di salute di DW, licenziata mentre era stata riconosciuta come lavoratore particolarmente sensibile ai rischi professionali, conformemente al diritto nazionale, rientri nella nozione di «handicap» ai sensi della suddetta direttiva.
 39      Occorre ricordare a tal proposito che l’Unione ha approvato la convenzione dell’ONU con la decisione 2010/48. Di conseguenza, le disposizioni di tale convenzione formano parte integrante, a partire dall’entrata in vigore della suddetta decisione, dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Del resto, dall’appendice all’allegato II alla medesima decisione risulta che, per quanto riguarda l’autonomia e la partecipazione sociale, le condizioni di lavoro e l’occupazione, la direttiva 2000/78 figura tra gli atti dell’Unione concernenti le questioni disciplinate dalla detta convenzione (sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punti 30 e 31, nonché del 1o dicembre 2016, Daouidi, C‑395/15, EU:C:2016:917, punto 40).
 40      Ne consegue che la convenzione dell’ONU può essere invocata al fine di interpretare tale direttiva, la quale deve essere oggetto, nella maggior misura possibile, di un’interpretazione conforme alla medesima convenzione (sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 32, nonché del 1o dicembre 2016, Daouidi, C‑395/15, EU:C:2016:917, punto 41).
 41      Per tali ragioni, in seguito all’approvazione della convenzione dell’ONU da parte dell’Unione, la Corte ha dichiarato che la nozione di «handicap», ai sensi della direttiva 2000/78, dev’essere intesa nel senso che si riferisce a una limitazione della capacità, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell’interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 38, nonché del 18 gennaio 2018, Ruiz Conejero, C‑270/16, EU:C:2018:17, punto 28).
 42      Non risulta che la direttiva 2000/78 miri a coprire unicamente gli handicap congeniti o derivanti da incidenti, escludendo quelli cagionati da una malattia. Infatti, sarebbe in contrasto con la finalità stessa della direttiva in parola, che è quella di realizzare la parità di trattamento, ammettere che l’applicazione della stessa dipenda dalla causa della disabilità (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 40).
 43      La nozione di «handicap» dev’essere intesa nel senso che si riferisce a un ostacolo a svolgere un’attività professionale e non un’impossibilità di esercitare una simile attività. Lo stato di salute di una persona disabile idonea a svolgere un lavoro, quand’anche a tempo parziale, può pertanto rientrare nella nozione di «handicap» (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 44).
 44      Il carattere «duraturo» della limitazione deve essere esaminato tenuto conto dello stato di incapacità, in quanto tale, dell’interessato allorché è stato adottato l’atto asseritamente discriminatorio nei confronti di quest’ultimo (sentenza del 1o dicembre 2016, Daouidi, C‑395/15, EU:C:2016:917, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
 45      Tra gli indizi che consentono di considerare «duratura» una limitazione della capacità figura in particolare la circostanza che, all’epoca del fatto asseritamente discriminatorio, la menomazione dell’interessato non presenti una prospettiva ben delimitata di superamento nel breve periodo o il fatto che tale menomazione possa protrarsi in modo rilevante prima della guarigione di tale persona (sentenza del 1' dicembre 2016, Daouidi, C‑395/15, EU:C:2016:917, punto 56).
 46      Inoltre, la constatazione secondo cui l’interessato è affetto da un «handicap», ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2000/78, precede la determinazione e la valutazione delle misure di adattamento appropriate previste dall’articolo 5 della stessa. Infatti, conformemente al considerando 16 di tale direttiva, siffatte misure hanno lo scopo di tener conto delle esigenze dei disabili e sono quindi la conseguenza della constatazione dell’esistenza di un «handicap» (v., in tal senso, sentenza dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punti 45 e 46, nonché del 18 dicembre 2014, FOA, C‑354/13, EU:C:2014:2463, punto 57).
 47      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che le questioni pregiudiziali riguardano una lavoratrice che, a causa di una malattia, ha sofferto, per un lungo periodo, di una limitazione della sua capacità lavorativa risultante da menomazioni fisiche.
 48      Tenuto conto del suo stato di salute, DW è stata riconosciuta, a partire dal 15 dicembre 2011, come facente parte dei «lavoratori particolarmente sensibili ai rischi professionali», ai sensi dell’articolo 25 della legge n. 31/1995. In applicazione di detto articolo, siffatti lavoratori non sono assegnati ai posti di lavoro nei quali possono, per le loro stesse caratteristiche personali, per il loro stato di salute o per una disabilità fisica, psichica o sensoriale debitamente riconosciuta, porre se stessi, gli altri lavoratori o altre persone legate all’impresa in situazioni di pericolo.
 49      Occorre rilevare che il solo fatto che una persona sia riconosciuta come lavoratore particolarmente sensibile ai rischi professionali, ai sensi del diritto nazionale, non può significare, di per sé, che tale persona sia affetta da un «handicap» ai sensi della direttiva 2000/78. Dalla decisione di rinvio emerge, infatti, che la nozione di «lavoratore particolarmente sensibile ai rischi professionali», ai sensi dell’articolo 25 della legge 31/1995, si fonda su condizioni che non sono identiche a quelle di cui al punto 41 della presente sentenza. Non si può dunque ritenere che tale nozione corrisponda a quella di «disabile», ai sensi della presente direttiva.
 50      Spetta al giudice del rinvio verificare se, nel procedimento principale, lo stato di salute di DW abbia comportato una limitazione della capacità di quest’ultima che soddisfi le condizioni di cui al punto 41 della presente sentenza. In caso affermativo, si dovrebbe allora ritenere che DW, alla data del suo licenziamento, sia stata una disabile, ai sensi della direttiva 2000/78.
 51      Ciò premesso, occorre rispondere alla prima questione posta dichiarando che la direttiva 2000/78 deve essere interpretata nel senso che lo stato di salute di un lavoratore riconosciuto come particolarmente sensibile ai rischi professionali, ai sensi del diritto nazionale, che non consente a tale lavoratore di occupare taluni posti di lavoro per il motivo che ciò comporterebbe un rischio per la sua stessa salute o per altre persone, rientra nella nozione di «handicap», ai sensi di tale direttiva, solo qualora tale stato comporti una limitazione della capacità, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell’interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori. Spetta al giudice nazionale verificare se, nel procedimento principale, tali condizioni siano soddisfatte.
  Sulle questioni seconda, terza e quarta
 52      Con le questioni dalla seconda alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso che il licenziamento per «ragioni oggettive» di un lavoratore disabile per il motivo che quest’ultimo soddisfa i criteri di selezione presi in considerazione dal datore di lavoro per determinare le persone da licenziare, vale a dire il raggiungimento di una produttività inferiore a un livello determinato, la dimostrazione di una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa, nonché la registrazione di un tasso di assenteismo elevato, costituisce una discriminazione diretta o indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi di tale disposizione.
 53      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, al fine di determinare le persone da licenziare nell’ambito di un licenziamento per motivi economici, tecnici, organizzativi e produttivi, la Nobel Plastiques Ibérica ha adottato, in particolare, i tre seguenti criteri di selezione, applicabili al 2016: il raggiungimento di una produttività inferiore al 95%, una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché un elevato tasso di assenteismo. DW, che è stata riconosciuta come particolarmente sensibile ai rischi professionali, ai sensi del diritto nazionale, è stata considerata rispondente a questi tre criteri ed è stata licenziata di conseguenza, con altre nove persone che lavoravano nell’impresa.
 54      Il giudice del rinvio si chiede se, supponendo che DW sia disabile, ai sensi della direttiva 2000/78, circostanza che esso è tenuto a verificare, come risulta dalla risposta fornita alla prima questione, la medesima, con l’applicazione di questi tre criteri di selezione, sia stata soggetta a una discriminazione fondata sulla disabilità ai sensi della suddetta direttiva.
 55      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva, per «principio della parità di trattamento» s’intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1 della medesima direttiva, tra i quali figurano, segnatamente, la disabilità.
 56      Per quanto concerne la sussistenza di una discriminazione diretta, a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78, una discriminazione di questo tipo si verifica quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 della medesima direttiva, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto lo sia un’altra in una situazione analoga.
 57      A tale riguardo, criteri di selezione quali il livello di produttività, il grado di polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa e il tasso di assenteismo si applicano in modo identico ai disabili e ai non disabili. Pertanto, non si può ritenere che tali criteri instaurino una differenza di trattamento direttamente basata sulla disabilità, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 1 e dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78, in quanto essi non sono indissolubilmente collegati alla disabilità (v., per analogia, sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punti 72 e 74, nonché del 19 settembre 2018, Bedi, C‑312/17, EU:C:2018:734, punto 48).
 58      Per quanto riguarda la sussistenza di una discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, occorre constatare che i criteri di selezione consistenti nel raggiungimento di una produttività inferiore a un livello determinato, nella dimostrazione di una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché nella registrazione di un tasso di assenteismo elevato, al fine di determinare le persone da licenziare nell’ambito di un licenziamento per ragioni oggettive, sono apparentemente neutri.
 59      Tuttavia, per quanto riguarda, più nello specifico, il criterio di selezione relativo al tasso di assenteismo, si deve rilevare che un lavoratore disabile è, in linea di principio, più esposto al rischio di registrare un tasso di assenteismo elevato rispetto a un lavoratore non disabile, dal momento che è soggetto all’ulteriore rischio di essere assente a causa di una malattia collegata alla sua disabilità. Risulta, dunque, che il criterio di selezione consistente in un tasso di assenteismo elevato nel corso di un periodo di un anno è idoneo a svantaggiare i lavoratori disabili e, dunque, a comportare una disparità di trattamento indirettamente basata sulla disabilità ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 76, nonché del 18 gennaio 2018, Ruiz Conejero, C‑270/16, EU:C:2018:17, punto 39).
 60      Allo stesso modo, alla luce dei criteri di selezione per procedere al licenziamento, consistenti nel raggiungimento di una produttività inferiore a un livello determinato e nella dimostrazione di una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa, un lavoratore disabile, a causa della limitazione della sua capacità, è, in linea di principio, meno idoneo ad ottenere risultati positivi rispetto a un lavoratore non disabile. Anche siffatti criteri possono dunque comportare una disparità di trattamento risultante indirettamente da una disabilità, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78.
 61      Tuttavia, un trattamento sfavorevole che risulta indirettamente da una disabilità contrasta con la tutela prevista dalla direttiva 2000/78 unicamente nei limiti in cui costituisca una discriminazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della stessa (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2006, Chacón Navas, C‑13/05, EU:C:2006:456, punto 48, e del 18 gennaio 2018, Ruiz Conejero, C‑270/16, EU:C:2018:17, punto 36).
 62      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), della direttiva 2000/78, sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio, in particolare, persone affette da una certa disabilità rispetto ad altre persone, a meno che il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione cui si applica tale direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all’articolo 5 della detta direttiva per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi.
 63      A norma dell’articolo 5, prima frase, di tale direttiva, per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. L’articolo 5, seconda frase, della suddetta direttiva precisa che il datore di lavoro è tenuto a prendere i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere a un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato.
 64      A tal riguardo, la Corte ha statuito che il concetto di «soluzioni ragionevoli» deve essere inteso nel senso che si riferisce all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione dei disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (sentenze dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 54, nonché del 4 luglio 2013, Commissione/Italia, C‑312/11, non pubblicata, EU:C:2013:446, punto 59).
 65      Come recitano i considerando 20 e 21 della direttiva 2000/78, il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento, senza imporre al datore di lavoro oneri finanziari sproporzionati, tenendo conto in particolare dei costi finanziari e di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni.
 66      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il regio decreto legislativo 1/2013, e in particolare l’articolo 40 dello stesso, prevede che il datore di lavoro deve adottare misure volte a prevenire o a compensare gli svantaggi derivanti da disabilità come garanzia della piena parità sul lavoro.
 67      A tale proposito, il giudice del rinvio rileva che il posto di lavoro di DW è stato oggetto di adeguamenti, in seguito al riconoscimento della stessa come lavoratore particolarmente sensibile a taluni rischi professionali, ai sensi dell’articolo 25 della legge n. 31/1995.
 68      Così, dalla decisione di rinvio risulta che DW è stata assegnata in via preferenziale a posti che portavano a manipolare tubi di piccola dimensione, esponendola in tal modo a rischi minori per la sua salute rispetto a quelli creati dai posti che richiedevano di maneggiare tubi di grandi dimensioni.
 69      Spetta al giudice del rinvio verificare se tali adeguamenti siano stati sufficienti per essere considerati come soluzioni ragionevoli ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2000/78.
 70      Nell’ambito di tale verifica, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione tutti gli elementi a sua disposizione, tra i quali potrebbe figurare il parere dell’ispettorato del lavoro a cui esso fa riferimento nella decisione di rinvio, menzionato al punto 28 della presente sentenza.
 71      Se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che il datore di lavoro di DW, prima del licenziamento di quest’ultima, non ha adottato le misure appropriate, di cui al punto 65 della presente sentenza, e che, pertanto, non ha messo in atto soluzioni ragionevoli ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2000/78, si dovrebbe constatare che, in un caso come quello di cui al procedimento principale, il licenziamento di un lavoratore disabile per il motivo che quest’ultimo soddisfaceva criteri di selezione consistenti nel raggiungimento di una produttività inferiore a un livello determinato, nella dimostrazione di una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché nella registrazione di un tasso di assenteismo elevato costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), di tale direttiva (v., per analogia, sentenza dell’11 aprile 2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, EU:C:2013:222, punto 68).
 72      A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 2 della convenzione ONU, la discriminazione fondata sulla disabilità include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole.
 73      Per contro, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che il datore di lavoro di DW ha adottato le misure appropriate e che ha quindi messo in atto soluzioni ragionevoli, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2000/78, non si dovrebbe ritenere che un licenziamento fondato su tali criteri di selezione costituisca una discriminazione indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), di tale direttiva.
 74      Occorre rilevare, a tale riguardo, che dal considerando 17 della detta direttiva emerge che essa non prescrive l’assunzione, la promozione o il mantenimento dell’occupazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l’obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.
 75      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni dalla seconda alla quarta dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che il licenziamento per «ragioni oggettive» di un lavoratore disabile per il motivo che lo stesso soddisfa i criteri di selezione presi in considerazione per determinare le persone da licenziare vale a dire una produttività inferiore a un livello determinato, una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché un tasso di assenteismo elevato costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi di tale disposizione, a meno che il datore di lavoro non abbia previamente messo in atto, nei confronti di tale lavoratore, soluzioni ragionevoli, ai sensi dell’articolo 5 della suddetta direttiva, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
  Sulle spese
 76      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
 
 1)      La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretata nel senso che lo stato di salute di un lavoratore riconosciuto come particolarmente sensibile ai rischi professionali, ai sensi del diritto nazionale, che non consente a tale lavoratore di occupare taluni posti di lavoro per il motivo che ciò comporterebbe un rischio per la sua stessa salute o per altre persone, rientra nella nozione di «handicap», ai sensi di tale direttiva, solo qualora detto stato determini una limitazione della capacità, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell’interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori. Spetta al giudice nazionale verificare se, nel procedimento principale, tali condizioni siano soddisfatte.
 2)      L’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), ii), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che il licenziamento per «ragioni oggettive» di un lavoratore disabile per il motivo che lo stesso soddisfa i criteri di selezione presi in considerazione dal datore di lavoro per determinare le persone da licenziare vale a dire una produttività inferiore a un livello determinato, una minore polivalenza nei posti di lavoro dell’impresa nonché un tasso di assenteismo elevato costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, ai sensi di tale disposizione, a meno che il datore di lavoro non abbia previamente messo in atto, nei confronti di tale lavoratore, soluzioni ragionevoli, ai sensi dell’articolo 5 della suddetta direttiva, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
 
 

Firme
  
 *      Lingua processuale: lo spagnolo.
 


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