Tribunale Aosta , Sez. Lav., 07 gennaio 2019, n. 87 - Nomina di un delegato "di comodo": condotta antisindacale del datore di lavoro che influenza i lavoratori nell'elezione del RLS

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di AOSTA

Sezione Lavoro
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maurizio D’Abrusco
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

 


nella causa civile di I Grado iscritta al promossa da: SO. COTOFAN CHINDEA (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell’avv.
BERTULETTI MARISA, elettivamente domiciliato in Loc. Grande Charrière, 46 11020 SA. presso il difensore avv. BERTULETTI MARISA
RICORRENTE
ELCA S.R.L. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. MANZOLI STEFANO e dell'avv. LA RO. EL. AN. (omissis) VIA (omissis) TORINO, elettivamente domiciliato in VIA CIALDINI, 36 10138
TO. presso il difensore avv.
MANZOLI STEFANO
RESISTENTE
 

 

OGGETTO: LICENZIAMENTO
 

 

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza del 20.12.2018.
 

 

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
 

 

Cotofan Chindea So. ricorreva ex art. 414 c.p.c. contro ELCA S.R.L. formulando le seguenti conclusioni:
Voglia l'Ill.mo Tribunale di Aosta, contrariis reiectis:
a) in via principale, accertata la qualifica di RSA e/o dirigente sindacale del ricorrente, nonché la violazione dell'art. 4 della legge n. 604/66 e/o dell'art. 15 della legge n. 300/70 e/o la natura ritorsiva del provvedimento di licenziamento adottato e, comunque, l'insussistenza degli estremi della giusta causa addotti dal datore di lavoro per insussistenza dei fatti contestati o perché questi rientrano ex C.C.N.L. tra le condotte punibili con sanzione conservativa, annullare e/o dichiarare inefficace e/o nullo e/o insussistente il licenziamento inflitto al ricorrente e, per l'effetto, condannare ex art. 18, commi 1, 2 o 4 e u.c., della legge n. 300/70 e/o ex art. 2 D.Lgs. la società Elca Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore:
- a reintegrare il ricorrente nel proprio posto di lavoro;
- a corrispondere al ricorrente tutte le mensilità, in ragione di Euro 1.704,58 mensili o nella diversa misura accertanda in corso di causa, dal 16 marzo 2018 al dì dell'effettivo reintegro, oltre interessi e rivalutazione monetaria da ogni scadenza al saldo con un minimo di cinque mensilità;
- a versare i contributi previdenziali ed assistenziali dal momento del licenziamento alla reintegrazione;
- a dichiararla tenuta al versamento per ogni giorno di ritardo a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al ricorrente;
b) In via subordinata, accertare e dichiarare l'insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del recesso e per l'effetto dichiarare l'illegittimità e/o l'inefficacia e/o la nullità e/o annullare ex art. 3 comma 2 d. lgs 23/2015 il licenziamento intimato e condannare la convenuta alla reintegrazione nel posto di lavoro del ricorrente nelle mansioni di cui al contratto di assunzione e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione; in via subordinata, nel caso in cui non sussistano i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 l. 300/70 commi 8 e 9, e ove accertata l'insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del recesso, condannare la resistente al pagamento di una indennità risarcitoria pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio e comunque non inferiore a due mensilità oltre interessi e rivalutazione monetaria. c) In via di ulteriore subordine, ove si ritenga che non sussistono gli estremi della giusta causa del licenziamento ex art. 3 comma 1 d. lgs. 23/2015, condannare la resistente al pagamento di una indennità risarcitoria pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio e comunque non inferiore a quattro mensilità; in via ulteriormente subordinata, nel caso in cui non sussistano i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 l. 300/70 commi 8 e 9, e ove accertato che non sussistono gli estremi della giusta causa del licenziamento ex art. 3 comma 1 d. lgs. 23/2015, condannare la resistente al pagamento di una indennità risarcitoria pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio (da calcolare a decorrere dal 02.05.2014) e comunque non inferiore a due mensilità oltre interessi e rivalutazione monetaria d) In via di estremo subordine, ai sensi dell'art. 4 d. lgs. 23/2015, condannare la resistente al pagamento di una indennità risarcitoria pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio e comunque non inferiore a due mensilità; in via ulteriormente subordinata, nel caso in cui non sussistano i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 l. 300/70 commi 8 e 9, ai sensi del combinato disposto dell'art. 4 e dell'art. 9 d. lgs. 23/2015, condannare la resistente al pagamento di una indennità risarcitoria pari a di mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio (da calcolare a decorrere dal 02.05.2014) e comunque non inferiore a una mensilità, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
In qualsiasi caso con il favor delle spese di giudizio.
La convenuta si costituiva contestando in fatto e in diritto al domanda e chiedendone il rigetto. Parte ricorrente, in data 24.10.2018, produceva i seguenti atti e documenti relativi a ricorso ex art. 28, legge 300/1970 promosso dall'associazione sindacale di appartenenza del lavoratore e vertente sui medesimi fatti storici oggetto della presente causa: ricorso ex art. 28 legge 300/70; comparsa di costituzione Elca; copia autentica del verbale d'udienza del 20.7.2018; copia autentica del Decreto ex art. 28 Lg. 300/70; opposizione decreto art. 28 Lg. 300/70; comparsa di costituzione e risposta nel giudizio di opposizione; C.C.N.L. metalmeccanici piccola e media industria.
Gli atti del procedimento ex art. 28 St. La. sono utilizzabili in questa sede e rendono irrilevante la prova dedotta da parte convenuta.
Ed invero, l'attività istruttoria si è svolta in quella sede in contraddittorio con l'odierna convenuta, ha riguardato i medesimi fatti storici oggetto del presente giudizio e si è svolta con l'assunzione di prova testimoniale.
Peraltro, i capi di prova qui dedotti dalla convenuta attengono ai fatti oggetto della contestazione disciplinare mossa al So. così come emersi dalla lettera di giustificazioni del Ch., relativa al diverso procedimento disciplinare a suo carico, ed hanno costituito oggetto di prova nell'ambito di quel procedimento.
In questa sede devono ritenersi integralmente richiamate le allegazioni e produzioni di cui al ricorso introduttivo e alla memoria costitutiva. Parte ricorrente deduce l'infondatezza e l'illegittimità del disposto licenziamento, rilevando che:
a) è stato assunto in violazione dell'art. 7 della legge n. 300/70, non risultando esposto in azienda il codice disciplinare;
b) viene contestata la recidiva per quattro pregressi provvedimenti disciplinari nella realtà insussistenti;
c) la contestazione è generica in violazione dell'art. 7 della legge n. 300/70, considerato che gli insussistenti procedimenti disciplinari non sono individuati, né è stato indicato il soggetto che sarebbe stato minacciato e così privato della libertà di recedere dal sindacato;
d) non è specificato quando sarebbero stati posti in essere gli asseriti inadempimenti con conseguente violazione dell'art. 7 della legge n. 300/70 per genericità e tardività della contestazione;
e) il provvedimento risulta illegittimo per violazione del principio di proporzionalità di cui all'art. 7 della legge n. 300/70 non rientrando i fatti contestati tra quelli previsti dal C.C.N.L. come integranti giusta causa di licenziamento e, comunque, tra quelli dei cui all'art. 2119 c.c.;
f) il provvedimento risulta illegittimo per violazione dell'art. 4 della legge n. 604/66 e dell'art. 15 della legge n. 300/70 in quanto connesso solo ed esclusivamente all'attività sindacale svolta dal ricorrente e quindi discriminatorio;
g) il provvedimento risulta illegittimo per violazione dell'art. 69 del C.C.N.L. considerato che, nonostante le controdeduzioni, non risultano specificati i motivi del provvedimento medesimo. L'istruttoria svolta nel procedimento ex art. 28 legge 300/1970 ha innanzitutto consentito di accertare come il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), Ca., peraltro successivamente eletto RSA per il sindacato 'concorrente' SAVT, sia stato effettivamente eletto dai dipendenti su espressa indicazione del responsabile aziendale Ch., il quale ha persino presenziato alla riunione dei lavoratori in cui si è svolta la votazione.
Al riguardo, si rileva che certamente falsa è, sul punto, la deposizione del Ch. il quale ha recisamente negato di aver proposto ai lavoratori la nomina del Ca. e di aver presenziato alla votazione. I lavoratori escussi (So., Ra., H., A., M.) hanno viceversa concordemente riferito che il Ch. non solo aveva presenziato alla riunione ma aveva anche inopinatamente influenzato la votazione, proponendo espressamente il Ca., presentandolo quale persona che parla l'italiano, conosce le leggi ed avrebbe tutelato al meglio i loro interessi.
In quella sede avevano offerto la propria candidatura gli stessi So., Ra., A., M., S., cittadino rumeno non più dipendente ELCA, oltre che il Ca. ed il Co..
Il Ch. nella stessa circostanza aveva riferito al So. e al R. che non potevano rivestire il ruolo di RLS in quanto già preposti alla prevenzione incendi. E' chiaramente discriminatoria, in quanto antisindacale, la condotta del datore di lavoro il quale, per il tramite del responsabile aziendale, influenzi i lavoratori nella loro esclusiva prerogativa di eleggere il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Si consideri, peraltro, come successivamente, poco prima o poco dopo il licenziamento del So., il Ca. sia stato nominato RSA come rappresentante SAVT e come, secondo quanto da egli stesso ammesso, il Ca. non avesse in seguito assunto alcuna iniziativa sindacale a tutela dei lavoratori, non conoscesse neppure il nome del segretario generale SAVT, ignorasse del tutto il fatto che tra le sanzioni disciplinari irrogabili al lavoratore rientrano quelle di natura pecuniaria. Chiaramente il Ca. è soggetto che fa comodo all'azienda, sia come RLS sia come RSA.
Si consideri, altresì, che al SAVT per lo più aderivano lavoratori interinali e quindi precari, i quali erano interpellati dall'azienda, peraltro nei periodi di loro inattività, allo scopo di informarli circa la possibilità di iscriversi al SAVT, per come ammesso dallo stesso Ch..
Risulta dagli stessi documenti prodotti dalla convenuta come proprio grazie alle legittime rivendicazioni della FIM CISL, e non a quelle, inesistenti, del SAVT, l'azienda abbia fronteggiato le richieste dei lavoratori, per lo più iscritti alla FIM CISL, circa la dotazione di maschere con filtri anti polvere, l'indicazione con una settimana di preavviso delle lavorazioni, financo la fornitura dell'acqua calda e persino la pulizia degli spogliatoi, la regolamentazione di ferie e permessi (le prime concesse forzatamente nei periodi di chiusura collettiva con conseguente erosione del monte ferie a disposizione dei lavoratori e i secondi talora concessi anche senza richiesta dei lavoratori), il passaggio dei lavoratori dal 1° al 2° livello, come è in loro diritto in base al contratto collettivo indicato in atti.
Il rifiuto di svolgere prestazioni supplementari volontarie, ma non quelle imposte dall'azienda, ove avvenuto da parte dei soli iscritti FIM CISL, sarebbe del tutto legittima se è vero che, per come riferito dallo stesso Ch., gli straordinari erano compensati almeno inizialmente a titolo di rimborsi spese, con conseguente evasione contributiva in danno dei lavoratori.
In merito ai procedimenti disciplinari promossi nei confronti del So., si rileva come successivamente alla relativa nomina a rappresentate sindacale in data 17.2.2017, lo stesso abbia subito solo due sanzioni disciplinari, l'una in seguito al richiamo disciplinare del 15.3.2017, cui è seguita la sanzione del richiamo 'verbale', e l'altra in seguito al reclamo disciplinare del 18.12.2017, cui è seguita la sanzione del richiamo scritto, sicché appare del tutto pretestuosa e inveritiera la contestazione, fatta con il licenziamento, di una recidiva per quattro precedenti sanzioni.
Quanto ai richiami verbali nei confronti del So. o al suo comportamento ' destabilizzante' in seno all'azienda, dalla deposizione del Ch., del Ca., del Co. e del Ru. emerge la assoluta pochezza delle manchevolezze del dipendente, oltre che la pretestuosità delle 'accuse' di comportamenti intimidatori da parte del medesimo, risolvendosi il tutto nella mancata pulizia della postazione di lavoro, nella mera manifestazione di opinioni contrarie a quelle del capoturno circa le modalità di lavorazione, nelle legittime pretese di usufruire, a richiesta, di permessi retribuiti, peraltro sempre concessi, di lavorare senza patire il freddo, di vedere correttamente compensato lo straordinario, ecc.
Risulta, inoltre, provato dalle deposizioni rese dai testi escussi che, di fatto, nel dicembre 2017, in occasione della chiusura collettiva per il periodo natalizio, gli iscritti CISL siano stati lasciati a casa per alcuni giorni in ferie forzata, o a titolo di permessi non richiesti (solo il Maruwane, anticipatamente informato, peraltro nei primi del mese e non nell'ultimo venerdì prima di Natale, aveva negato la propria disponibilità chiedendo in seguito egli stesso ferie), e che l'azienda abbia operato per tre giorni con i capi turno, il Ca. e i lavoratori interinali, tutti non iscritti alla FIM CISL. E' un dato di fatto che, per come riferito dagli interessati, l'anticipo del tfr sia stato negato al So. e al Ra. e concesso ai non iscritti alla CISL, come Ca. e Si-Ha. Aresky, benché neppure questi avessero maturato un'anzianità di servizio di almeno 8 anni.
Da.'istruttoria svolta è emerso che effettivamente il recesso del Co. dal sindacato è avvenuto su iniziativa del medesimo, ma ciò solo in quanto il Co., per sua stessa ammissione, da un lato aveva ottenuto ciò cui anelava e che l'aveva spinto a iscriversi, ossia il passaggio al livello superiore, e dall'altro non condivideva più i comportamenti di contrapposizione del sindacato, in particolare quelli del So. e del Ra., da egli ritenuti 'guerrafondai', a differenza di altri iscritti alla FIM CISL, più propensi all'accordo con la controparte aziendale.
In pratica, il Co. ha condiviso le iniziative della FIM CISL per un proprio tornaconto personale e, una volta ottenuto l'aumento di stipendio e il passaggio di livello, ha inteso recedere e dissociarsi dallo spirito 'battagliero' dei colleghi.
Peraltro, in tale circostanza, il Ch. aveva velatamente, ma invano, cercato di influenzare i dipendenti Maruwane, convocandolo appositamente nel proprio ufficio, e H., che si era informato di sua iniziativa sulle modalità del recesso, dicendo loro che, per quanto a sua conoscenza, in caso di mancato recesso entro il dicembre, il sindacato CISL avrebbe potuto trattenere a gennaio l'intera quota annuale, circostanza pacificamente falsa.
Quanto al licenziamento del So., si rileva che l'azienda ha sostanzialmente contestato al lavoratore condotte di abuso del ruolo di RSA, in quanto utilizzato per fini estranei a quelli propriamente attinenti alla tutela dei diritti dei lavoratori e allo scopo di garantire un maggior numero di iscritti al sindacato di appartenenza anche contro il diritto di scelta dei lavoratori.
Ed invero, con lettera del 19.2.2018, la FIM-CISL contestava ad ELCA una serie di circostanze, fra cui la eccessiva attività disciplinare nei confronti del So. e l'atteggiamento vessatorio e discriminante posto in essere dal responsabile della produzione, Ch., fatti che erano oggetto di specifica contestazione disciplinare al Ch. stesso.
In data 9.3.2018, il Ch. forniva le sue giustificazioni, da cui l'azienda apprendeva di un'assemblea sindacale svoltasi all'interno dei locali aziendali in presenza di tutti i dipendenti, i quali avrebbero riferito di una serie di episodi di cui si sarebbe reso responsabile il So. e in particolare:
- aver minacciato il dipendente Co. a seguito del suo recesso dalla FIM-CISL, intimandolo all'immediata revoca del recesso, pena l'esclusione dai benefici derivanti dagli accordi stipulati in sede sindacale;
- aver reiteratamente minacciato il responsabile della produzione che, se non avesse accolto le sue richieste, avrebbe provveduto 'a fare la guerra', a 'far mettere tutti in mutua', a indire uno sciopero da un giorno all'altro ecc.;
- essersi vantato della propria intoccabilità e del fatto che ad egli, in quanto dirigente sindacale, non poteva applicarsi alcuna regola e che pertanto avrebbe potuto comportarsi a proprio piacimento.
Tali comportamenti non hanno trovato riscontro alcuno nell'istruttoria, se non circa il fatto, del tutto irrilevante, che il So. invitasse i lavoratori iscritti a non temere ad avanzare legittime rivendicazioni in quanto essi stessi 'intoccabili'.
In ogni caso, i testi escussi hanno escluso che il So. abbia assunto comportamenti intimidatori nei confronti dei colleghi o che abbia anche solo influenzato le loro scelte di iscriversi alla FI. o di non recederne. Sotto altro profilo, si rileva che, effettivamente, la contestazione disciplinare che ha preceduto il licenziamento non può ritenersi generica, in quanto accompagnata dalla enucleazione dei i fatti contestati oggetto della lettera del Ch. alla stessa allegata, con l'indicazione dei lavoratori interessati dalla condotta del lavoratore. Quest'ultimo, peraltro, ha potuto svolgere le sue difese.
La contestazione non è tardiva, posto che la notizia è giunta all'azienda in data 12.3.2018, al ricevimento delle giustificazioni del lavoratore Ch. e, previa necessaria indagine presso i lavoratori interessati, il procedimento disciplinare è iniziato con la stessa contestazione del 16.3.2018.
La lettera di licenziamento del 27.3.2018 richiama espressamente la contestazione del 16.3.2018 e le controdeduzioni del So., mentre non è necessario che l'atto con il quale si conclude il procedimento disciplinare reiteri i motivi già contestati, essendo sufficiente il rilievo della mancata accettazione delle difese del lavoratore. I fatti contestati al So., tuttavia, astrattamente attinenti alla violazione dei doveri fondamentali del rapporto di lavoro in generale e a condotte di minaccia e intimidazione ai colleghi, la cui rilevanza, peraltro, prescinde dalla relativa enucleazione in codici da esporre in bacheca, si sono rilevati del tutto infondati e pretestuosi.
In definitiva, per i motivi esposti, risulta accertato come la società Elca S.R.L. non solo abbia posto in essere comportamenti antisindacali (avviando nei confronti del rappresentate sindacale aziendale So. procedimenti disciplinari per lo più sfociati in un nulla di fatto, evidentemente finalizzati a ostacolarne l'attività sindacale o aventi carattere ritorsivo; comunicando ai lavoratori la possibilità di sottoscrivere un modulo di recesso dal sindacato, evidenziando la necessità di farlo immediatamente in quanto nel mese di gennaio avrebbe potuto essere loro trattenuta l'intera quota associativa annuale; negando ai lavoratori iscritti alla FIM CISL l'anticipo del tfr, riconoscendolo invece nei confronti dei lavoratori non iscritti al sindacato e non aventi parimenti diritto; lasciando i soli iscritti alla FIM CISL in ferie forzata nel mese di dicembre 2017, utilizzando in loro sostituzione i lavoratori interinali; di fatto agevolando un sindacato palesemente 'di comodo', il SAVT, indirizzandovi lavoratori interinali, cooptati dall'azienda al fine di 'bilanciare' l'azione 'agguerrita' della FIM CISL), ma abbia altresì licenziato immotivatamente So. Cotofan all'unico fine di impedirgli di continuare a svolgere la funzione di RSA in seno all'azienda. Come risulta dagli atti (documenti prodotti con il ricorso e prova assunta nel procedimento ex art. 28 St. La. ), la società Elca S.R.L. ha posto in essere comportamenti discriminatori in ragione delle convinzioni sindacali del lavoratore ricorrente rivestente il ruolo di RSA in seno all'azienda.
Ed invero, il datore di lavoro ha avviato contro il ricorrente procedimenti disciplinari rivelatisi infondati dapprima allo scopo di farlo desistere dalla propria attività sindacale e in seguito per ritorsione, allorquando si è visto costretto a riconoscere i diritti dei lavoratori. Attraverso il licenziamento l'azienda ha pertanto inteso disfarsi di un soggetto sindacalmente 'scomodo'. Né il convenuto ha dimostrato in questa sede l'insussistenza dell'eccepita discriminazione. Stante la violazione degli artt. 4 della legge n. 604/66 e 15 della legge n. 300/70 e, comunque, la natura ritorsiva del provvedimento, va dichiarata la nullità del licenziamento.
In applicazione dell'art. 18, comma 1, legge n. 300/70, e dell'art. 2, D.Lgs. n. 23/15, va ordinata la reintegrazione del lavoratore e l'azienda va condannata alla corresponsione in suo favore di tutte le retribuzioni (in misura non contestata di Euro 1.704,58 mensili) dalla data della risoluzione a quella della reintegrazione con un minimo di cinque retribuzioni globali di fatto e con facoltà del lavoratore all'esito del giudizio di rinunciare alla reintegrazione ed ottenere un'indennità pari ad ulteriori 15 retribuzioni globali mensili di fatto, ferma la necessità di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali da parte del datore di lavoro.
Spese secondo soccombenza, liquidate secondo i valori medi dei giudizi di valore indeterminabile dello scaglione da 26.000 a 52.000 euro, per le fasi di studio, introduttiva, decisoria.

 


P..

 


la nullità del licenziamento impugnato e, per l'effetto, condanna la società Elea Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore a reintegrare il ricorrente Cotofan Chindea So. nel proprio posto di lavoro, a corrispondere al ricorrente tutte le mensilità, in ragione di Euro 1.704,58 mensili, dal 16 marzo 2018 al dì dell'effettivo reintegro, oltre interessi e rivalutazione monetaria da ogni scadenza al saldo con un minimo di cinque mensilità, a versare i contributi previdenziali ed assistenziali dal momento del licenziamento alla reintegrazione.
Condanna la convenuta al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente liquidate in euro 7.025, oltre iva, cpa, rimb. forf. spese gen. come per legge.
Fissa in giorni 21 il termine per il deposito della motivazione. AOSTA, 20.12.2018
IL GIUDICE dott. Maurizio D'Abrusco