SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni



Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»



Venerdì 12 giugno 2009

Audizioni svolte presso la Prefettura di Cagliari



Presidenza del Vice presidente NEROZZI


INDICE

Audizione dei sindaci dei Comuni di Sarroch e Villa San Pietro e del rappresentante della Provincia di Cagliari
Audizione del procuratore capo presso il tribunale di Cagliari
Audizione del questore di Cagliari, del comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di Finanza, del comandante e del vice comandante provinciali dei VVFF e del responsabile del Comitato tecnico regionale dei VVFF
Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore generale dell’ASL n. 8 di Cagliari e del direttore del servizio controlli e attività di campo dell’ARPAS Cagliari
Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL, dell’UGL e della


Audizione dei sindaci dei Comuni di Sarroch e Villa San Pietro e del rappresentante della provincia di Cagliari



Intervengono il sindaco di Sarroch, Mauro Cois, il sindaco di Villa San Pietro, Matteo Muntoni e l’assessore al lavoro della provincia di Cagliari, Franco Marras.

PRESIDENTE
Ringrazio per la loro puntuale presenza i sindaci di Sarroch e di Villa San Pietro e l’assessore al lavoro della provincia di Cagliari.
Quello con i sindaci dei Comuni coinvolti e con il rappresentante della Provincia è soprattutto un incontro di cortesia, finalizzato a conoscere come la popolazione e le vostre amministrazioni hanno reagito a questo grave lutto. In particolare, dal rappresentante del Comune di Sarroch, in cui è situata la raffineria della Saras, vorrei sapere se in precedenza erano stati compiuti tutti gli interventi che la legge assegna alla competenza comunale. Le chiedo dunque se lei, o i suoi Uffici, avevate constatato qualcosa che non funzionava. L’audizione del sindaco del Comune di Villa San Pietro, luogo di origine dei lavoratori coinvolti dall’incidente, vuole testimoniare il profondo rispetto nei confronti delle vittime e delle comunità che hanno subito un lutto così grave.

COIS
Ringrazio la Commissione per l’interessamento e la sensibilità dimostrati invitandoci al presente incontro, a seguito di un evento luttuoso assai doloroso per la nostra città. A distanza di quindici giorni, la comunità è ancora scossa per ciò che si è verificato, che non ha precedenti nella nostra zona industriale, pure colpita in passato da altri lutti. Questi ultimi, tuttavia, non sono mai stati di analoga portata e nella grande maggioranza dei casi si è comunque arrivati alla conoscenza della causa che aveva generato l’incidente: in particolare, sovente l’errore umano è stato determinante, a causa di una non corretta osservanza delle procedure.
Nella giornata di domani la comunità di Sarroch ha intenzione di manifestare, con una fiaccolata, la volontà di stimolare una riflessione sull’accaduto.
Parteciperanno anche il sindaco e la comunità di Villa San Pietro per dare il segno che le nostre comunità non vogliono dimenticare e per chiedere che sia fatta chiarezza nel più breve tempo possibile sulle cause che hanno generato un evento così drammatico. Portare avanti con assoluta trasparenza un lavoro volto alla conoscenza dei fatti può, a nostro avviso, creare i presupposti necessari a tranquillizzare le maestranze.
Una volta venuti a conoscenza di come è avvenuto l’incidente, tutti i lavoratori, tutte le imprese e le «industrie madri» dovranno portare avanti una profonda riflessione (chiesta anche dal consiglio comunale in un documento unitario), che dovrà coinvolgere tutti i livelli, affinché tutti prendano coscienza di quanto avviene in un’industria di questo tipo e dell’approccio che occorre adottare di fronte ad una fase lavorativa che va compresa con la maggiore professionalità possibile. Ciò non significa che non vi sia professionalità, ma sapete meglio di me che tutte le innovazioni legislative portate avanti in questi anni in materia di sicurezza sul lavoro sono anche frutto delle tragedie avvenute.
Se posso permettermi, in veste di sindaco desidero chiedere alla Commissione che le disposizioni contenute nel Testo unico sulla sicurezza, il decreto legislativo n. 81 del 2008, vengano fatte rispettare nel modo più preciso possibile, in maniera quasi maniacale, affinché sia garantita la massima sicurezza. Di certo verranno svolti altri incontri a livello locale, attraverso cui si potrà agire sul territorio in maniera più efficace di quanto, ovviamente, possa fare questa Commissione d’inchiesta.
C’è infatti la necessità di qualificare il nostro territorio per quel che riguarda la professionalità delle maestranze. È necessario che chi viene chiamato a svolgere determinate mansioni sappia in che tipo di industria lavorerà e che cosa è chiamato a fare, al fine di prevenire gli incidenti e tutelare la propria incolumità. Il Comune di Sarroch vuole dunque portare avanti iniziative che coinvolgano le «industrie madri», le imprese e tutti i lavoratori.
A tal proposito, desidero avanzare la proposta (mettendo anche a disposizione dei locali idonei) di realizzare un centro di formazione professionale rivolto a tutte le maestranze del territorio, che possa essere utilizzato anche nei periodi in cui l’attività lavorativa all’interno dell’industria non registra picchi come quelli che si stanno verificando ora e che possono, secondo me, in alcuni casi portare alla necessità di velocizzare le operazioni di lavoro. Bisogna inoltre tenere in considerazione il fatto che nei periodi in cui non si verificano i picchi di lavoro si avvertono gli effetti del precariato, di cui bisogna discutere e su cui occorre riflettere. I due lavoratori più giovani colpiti da questo tragico incidente erano infatti dei contrattisti, con tutti i risvolti di tipo psicologico che ciò comporta e che non spetta a noi discutere ed accertare, anche se, sotto questo profilo, una certa pressione potrebbe esserci stata.
Chiediamo dunque che le suddette operazioni avvengano nella massima trasparenza e velocità possibili, per riportare la serenità necessaria, affinché gli operai si sentano tranquilli quando entrano in azienda.

PRESIDENTE
Nei controlli che il Comune svolge per legge avete riscontrato qualcosa di irregolare?

COIS
Come sa, la competenza del Comune al riguardo è minima. Mi sarebbe piaciuto conoscere i risultati dell’attività degli organismi a ciò preposti: dal dipartimento di prevenzione della ASL all’ispettorato del Ministero del lavoro. Per quel che so, non mi risulta vi siano stati rilievi particolari nel corso degli anni. Non mi piace, comunque, soffermarmi sul dibattito che avviene sulla stampa.

PRESIDENTE
Le ho posto infatti una domanda precisa, perché nel caso di altri incidenti esaminati dalla Commissione i Comuni, pur con le loro piccole competenze, avevano rilevato delle irregolarità.

COIS
La risposta è, in questo caso, negativa.

MUNTONI
Ringrazio la Commissione per la sua presenza e per aver invitato i sindaci dei Comuni che, loro malgrado, sono stati coinvolti in questa tragedia.
Vorrei fornire un quadro più completo possibile della situazione delle famiglie e di come ha reagito la nostra comunità. Nel territorio di Villa San Pietro, che da quarant’anni è strettamente connesso alle raffinerie di Sarroch, la maggioranza dei lavoratori – come i giovani coinvolti, che non avevano nemmeno trent’anni – svolgono la propria attività con contratti a tempo determinato, che si concentrano soprattutto nei periodi di manutenzione straordinaria degli impianti, comunemente detti «periodi di fermata», concentrando dunque l’attività lavorativa in 40-50 giorni.
Le famiglie sono ancora in stato di shock per quanto accaduto, così come tutta la comunità; va detto inoltre che si tratta di famiglie molto numerose e, almeno in due casi, l’apporto economico delle vittime era essenziale per il loro stesso mantenimento. Si tratta, evidentemente, di una situazione particolare; per questo il Comune, insieme ad altre istituzioni, come l’INPS e l’INAIL, sta aiutando le famiglie nel disbrigo delle pratiche necessarie per ricevere gli assegni che la legge riconosce loro. Invito anzi questa Commissione a prestare particolare attenzione alla proposta, dalle famiglie condivisa, di creare una fondazione o un’associazione (stiamo verificando la forma giuridica più adatta) che avrà come obiettivo la diffusione della cultura della sicurezza sul posto di lavoro tra i giovani.
Tale scelta deriva dal fatto che due dei lavoratori scomparsi erano molto giovani, benché avessero un’esperienza piuttosto consolidata, dal momento che uno dei due svolgeva la sua attività presso l’impianto da quasi dieci anni. Per tale motivo la fondazione, che seguiremo insieme alle famiglie, alla Confindustria e ai sindacati, si rivolgerà in modo particolare ai giovani. Abbiamo pensato anche di istituire un premio di carattere nazionale per una tesi o una ricerca universitaria sul tema della sicurezza nel mondo lavoro. Ho già annunciato tale proposta e colgo l’occasione per ribadirla e chiedere alla Commissione, se non di farla propria, almeno di riflettere su questo progetto che vogliamo portare avanti.
Non ho conoscenza diretta delle dinamiche dell’incidente; vorrei però mettere in luce un fatto che mi ha molto colpito e che testimonia la grande dignità delle famiglie coinvolte. La madre del ragazzo entrato per primo nell’impianto si è rivolta a me per chiedermi di poter incontrare le altre famiglie in modo da ringraziarle per il gesto di grandissimo coraggio degli altri due lavoratori: costoro hanno infatti cercato, secondo i racconti che abbiamo appreso, di salvare il ragazzo che si era calato per primo nell’impianto.
Tutto ciò denota la grandissima umiltà ma anche dignità di queste famiglie, di questa madre che, pur sconvolta dal dolore, ha voluto mostrare la propria riconoscenza per un gesto importantissimo di coraggio, purtroppo estremo.

PRESIDENTE
Ringrazio il sindaco di Sarroch e il sindaco di Villa San Pietro per la loro presenza. Portate alle vostre comunità il rispetto, l’affetto e la solidarietà di tutta l’Assemblea del Senato, della nostra Commissione, del presidente Tofani. Nei limiti che la legge ci prescrive, vi terremo informati del divenire di queste audizioni. Siamo voluti venire sul posto subito; è una scelta che questa Commissione ha fatto per tutti gli incidenti che purtroppo si stanno verificando, proprio per portare la testimonianza dell’attenzione sua e dell’Assemblea del Senato.
All’assessore Marras, oltre a manifestare la solidarietà di noi tutti, rivolgo una domanda specifica rispetto ai compiti, pur limitati, della Provincia: i vostri uffici avevano riscontrato qualcosa che non funzionava nel rispetto delle norme?

MARRAS
La Provincia non ha evidentemente compiti di verifica, di controllo, non ha possibilità ispettive, quindi tantomeno capacità impositiva nel sanzionare eventuali carenze o mancanze. Per quanto riguarda questa vicenda in particolare, l’ultima di una lunga serie che negli anni ha portato a situazioni gravi (questo è il quarto decesso negli ultimi due anni, sia pure in situazioni differenti; è anche vero che quell’azienda ha una certa dimensione e quindi è più semplice, per la teoria dei grandi numeri, che si verifichino incidenti), è evidente che la questione relativa alla sicurezza sul lavoro non può suscitare interesse solo in occasione di eventi di questo tipo. Le norme esistono, devono essere applicate, vanno utilizzati i servizi ispettivi, vanno applicate le sanzioni, anche le più drastiche, che delle volte possono persino avere come effetto non dico la perdita di posti di lavoro, ma certamente la sospensione delle attività fino a che non si mette ordine nelle situazioni.
La Provincia, laddove si riscontrassero eventuali responsabilità, ha deliberato di verificare la possibilità di costituirsi parte civile in questa vicenda, proprio a conferma dell’importanza che diamo alla vita delle persone e al fatto che non si può morire di lavoro. Quindi, da questo punto di vista, al di là dei compiti specifici, c’è un’attenzione molto forte sul piano politico e, nell’ambito di ciò che possiamo fare, certamente implementeremo la nostra attenzione su tutto lo spettro delle attività che sono presenti nella Provincia.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Marras e, come dicevo ai sindaci, nei limiti delle nostre competenze e nei limiti che la legge ci pone, vi terremo informati dei risultati di questa audizione.


Audizione del procuratore capo presso il tribunale di Cagliari



Interviene il procuratore capo presso il tribunale di Cagliari, dottor Mauro Mura.

PRESIDENTE
Dottor Mura la ringraziamo per la sua presenza. Se lei lo richiede, possiamo secretare l’audizione.

MURA
Ritengo che sarebbe meglio.


Audizione del questore di Cagliari, del comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, del comandante provinciale della Guardia di Finanza, del comandante e del vice comandante provinciali dei Vigili del fuoco e del responsabile del Comitato tecnico regionale dei Vigili del fuoco



Intervengono il questore di Cagliari, dottor Salvatore Mulas, il comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, colonnello Michele Sirimarco, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Francesco Bucarelli, il comandante provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Massimiliano Gaddini, il vice comandante provinciale dei Vigili del fuoco, ingegner Angelo Porcu, e il responsabile del Comitato regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Pippo Sergio Mistretta.

PRESIDENTE
Ringraziamo i nostri ospiti per la loro presenza.
In primo luogo, vorremmo conoscere dai rappresentanti delle forze dell’ordine e dei Vigili del fuoco che cosa a loro risulta essere accaduto.
In secondo luogo, desidero porre una domanda che riguarda in particolare i Vigili del fuoco, ma anche i Carabinieri e le Guardia di Finanza dal momento che in casi analoghi abbiamo potuto verificare che il loro intervento è stato molto preciso. Vorrei sapere se precedentemente, nello svolgimento dei loro compiti o delle loro ispezioni, abbiano mai riscontrato situazioni anomale o non rispettose della legge. La presente audizione è finalizzata a tale obiettivo, oltre che a fornire il dovuto riconoscimento al loro importante lavoro.

MULAS
Conosco poco della specifica dinamica dell’incidente, al di là di quanto ho letto sulla stampa. Appena accaduto il fatto sono stato informato dal comandante dell’Arma dei Carabinieri, il quale mi ha detto che erano già intervenuti sul posto i Carabinieri della stazione di Sarroch e della compagnia di Cagliari e che erano già stati inviati i Vigili del fuoco. Successivamente all’evento c’è stato qualche momento di tensione, che abbiamo provveduto immediatamente a portare all’attenzione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, anche per dare conforto con la nostra presenza al direttore della fabbrica, minacciato da un volantino abbastanza antipatico.
Questo è il lavoro svolto dalla polizia di Stato. Ricordo che una nostra pattuglia si è anche recata sul posto, ma i colleghi dell’Arma dei Carabinieri – bravissimi e con competenze più specifiche nel settore – avevano già svolto il primo intervento.

PRESIDENTE
Ricordo agli auditi la possibilità di secretare in tutto o in parte il proprio intervento.

SIRIMARCO
Desidero evidenziare, da quanto si è detto finora, come il modello di coordinamento tra le forze dell’ordine abbia funzionato perfettamente anche il 26 maggio, alle ore 14. Il nostro intervento è immediatamente scattato e sul posto era presente anche la sicurezza interna della Saras, che svolge il servizio antincendio in modo molto efficiente e tempestivo: spesso utilizziamo addirittura questo apparato per interventi esterni. Essendosi verificata la morte di tre lavoratori, siamo stati chiamati e abbiamo isolato immediatamente la zona, in attesa dell’arrivo dei Vigili del fuoco, del magistrato e del personale della ASL. Abbiamo isolato e trattenuto tutto il personale presente sul posto: si trattava di una trentina di persone impiegate da varie ditte. Bisogna premettere infatti che nello stabilimento, oltre ai dipendenti della Saras (circa 1.200) lavorano una quindicina di ditte che svolgono attività di manutenzione e si tratta di circa 1.500 addetti.
Abbiamo assunto le prime informazioni e il magistrato è arrivato subito dopo. Ritengo ormai quasi acquisita la ricostruzione dei fatti e dunque non c’è bisogno di secretare le mie dichiarazioni. Risulta infatti che il Solinas, il primo operaio appartenente alla squadra composta di quattro unità, è entrato – per motivi ancora in corso di accertamento – all’interno dell’accumulatore, che viene definito comunemente «barilotto». È intervenuto quindi un altro operaio della ditta Comesa, che si occupa della manutenzione, per accertarsi di quanto stava accadendo, perché aveva visto il compagno in difficoltà. Aveva infatti perso di vista il Solinas e quando si è accorto che il ragazzo era salito è andato a controllare e ha visto che si trovava in difficoltà. Non è entrato, ma è andato a chiamare aiuto; nel frattempo, come sappiamo, gli altri due lavoratori sono morti nel tentativo di soccorrere il ragazzo.
Nell’immediatezza dell’evento abbiamo anche acquisito informazioni sulle procedure di lavoro e sono all’esame tutti i disciplinari e le documentazioni.
Sia dalle ricostruzioni sia dalle unanimi informazioni ottenute sul posto, indipendentemente dalla loro formale verbalizzazione e dalle informazioni testimoniali rese direttamente al magistrato, risulta che il ragazzo sia entrato prima di avere l’autorizzazione alla prestazione di quel tipo di lavoro, per il quale quella squadra e quella ditta erano state impiegate tantissime volte, anche nelle giornate precedenti. Rimane da chiarire il motivo per cui il ragazzo è entrato nell’accumulatore e da controllare esattamente tutte le procedure seguite. Pare infatti che per una delle operazioni di decontaminazione – uso un termine atecnico – finalizzata a togliere l’azoto dal «barilotto» per eseguire la manutenzione, ci siano stati ritardi o difficoltà: non malfunzionamenti, ma difficoltà di procedura. Ho potuto notare immediatamente, raccogliendo le impressioni di tutti, come il rispetto delle procedure fosse quasi liturgico, normalmente. C’è stato qualcosa, qualche malinteso, che ha fatto scattare l’iniziativa da parte del primo operaio, che purtroppo è rimasto lì insieme agli altri due compagni.
Continuano inoltre i sopralluoghi, svolti anche a ieri, e l’attività di acquisizione di documenti.
A proposito di quanto detto dal questore, dottor Mulas, confermo come anche la nostra preoccupazione sia stata quella di monitorare le condizioni di sicurezza intorno alla Saras, per le comprensibili reazioni che un evento di questo genere avrebbe potuto scatenare: questo aspetto è stato tenuto sotto controllo sin dal primo momento. Tant’è che i funerali si sono svolti in un clima che potrei definire di condivisione trasversale del dolore: erano infatti presenti i dirigenti e i proprietari dell’azienda, i rappresentanti sindacali e moltissimi operai. Ci si è resi conto che l’evento era tragico, ma ognuno ha voluto fare la sua parte per corrispondere alle proprie responsabilità. Dal punto di vista tecnico il magistrato e i colleghi dei vigili del fuoco e della ASL potranno essere più precisi.
Come sapete, abbiamo un comparto di specialità, con cui lavoriamo in modo integrato, che dipende funzionalmente dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Del resto con la Direzione provinciale del lavoro di Cagliari stiamo attuando una serie di programmi di formazione e di controlli congiunti, con degli obiettivi comuni, che da quest’anno – secondo la direttiva del Ministero – sono stati assunti in ambito provinciale. Abbiamo partecipato a riunioni di coordinamento per individuare tali obiettivi, insieme alla Direzione provinciale del lavoro, prestando particolare interesse per il lavoro nero.
Se mi posso permettere un’analisi più generale, nella provincia di Cagliari proprio la diffusione del lavoro nero è fonte di incidenti e di infortuni sul lavoro. La crisi in atto, la disoccupazione, la difficoltà di trovare un lavoro e la presenza di molti immigrati clandestini, che trovano buone condizioni di accoglienza e integrazione, alimentano infatti il mercato nero del lavoro. Ciò riguarda soprattutto le piccole imprese, specialmente in tre settori: il settore agricolo; le piccole imprese edili e le imprese commerciali; i pubblici esercizi che lavorano prevalentemente nel periodo estivo. Sono queste le tre aree in cui si registra la maggiore incidenza del fenomeno del lavoro nero, purtroppo connesso a quello degli infortuni.
A tal proposito posso consegnare alla Commissione dei dati, relativi ai controlli effettuati dal 2007 ad oggi.

PRESIDENTE
La ringraziamo se vorrà comunque consegnare alla Commissione questi dati.
Desidero rivolgere ai nostri auditi alcune ulteriori domande. Vorrei sapere anzitutto se avete scoperto le ragioni delle minacce rivolte al direttore della fabbrica.

MULAS
C’è stato un volantino pubblicato su diversi siti Internet a firma del Partito comunista dei lavoratori, e dunque abbastanza identificabile.
Visto il momento particolare è stato preso in esame seriamente e portato all’attenzione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Sostanzialmente al direttore è stata data una vigilanza generica radiocollegata, sia sul luogo di lavoro, sia presso l’abitazione.

PRESIDENTE
Colonnello, le risultano le motivazioni per cui questo ragazzo si trovava lì dove non doveva essere? Avete esaminato le procedure?
Che tipo di malinteso c’è stato?

SIRIMARCO
Si trovava lì perché quella squadra doveva fare quel tipo di lavorazione, ovvero la manutenzione, la pulizia di quell’accumulatore, solo che per attivare tale procedura c’è la necessità di un permesso scritto; c’è una procedura fissata che noi abbiamo accertato. Il caposquadra, che abbiamo trovato sul posto, ha detto che il permesso scritto ce l’aveva ancora in tasca (quindi gli operai ancora non lo avevano) e che, per rilasciare questo permesso scritto, doveva andare a fare, insieme alla struttura preposta, le previste misurazioni all’interno del «barilotto». Quindi queste ultime non erano state fatte.

DONAGGIO (PD)
Volevo porle una domanda sempre in ordine alla discrasia tra la consegna materiale del documento scritto e l’inizio del lavoro a cui l’operaio si è attivato. Ci è stato detto anche dal procuratore, che abbiamo ascoltato in precedenza, che si trattava di lavoratori esperti.
È abbastanza singolare, essendo lavoratori esperti, quindi abituati a lavorare su questi impianti, che in quel momento e in quello specifico episodio – guarda caso – la carta non sia arrivata in tempo. Immagino che un lavoratore esperto abbia un dialogo con il suo preposto, quindi sia in grado di valutare anche lui se è in condizione di intervenire subito oppure se l’arrivo del documento formale coincide con tale possibilità. Per esempio, circa i tempi di conclusione del lavoro di bonifica rispetto ai tempi di rimessa in moto dell’impianto, si sa che l’allungamento dei tempi comporta dei costi. Non è che la fretta di rimettere in funzione l’impianto ha fatto sì che magari i passaggi delle carte siano stati considerati puramente burocratico- formali, laddove il lavoro tra il caposquadra e il suo sottoposto funzionava invece in modo molto più diretto? Lo chiedo perché – ripeto – stiamo parlando di lavoratori esperti (non di persone inesperte), in grado di valutare congiuntamente se e come realizzare il lavoro. A me sorprende la singolarità che dove si è verificato un evento di questo tipo – guarda caso – l’autorizzazione era ancora nella tasca del caposquadra, quando invece il rapporto in una squadra funziona non solo per effetto della trasmissione della documentazione scritta ma anche per effetto di un rapporto molto più diretto all’interno dell’organizzazione del lavoro.
Volevo chiedere se voi, ripercorrendo l’organizzazione del lavoro in questi casi, non abbiate notato un tentativo di affrettare la rimessa in funzione dell’impianto perché magari in ritardo sull’attuazione o l’esecuzione dei lavori così come l’appalto prevedeva.

SIRIMARCO
Questo è il nodo centrale di tutta l’attività di accertamento, che peraltro sta continuando anche con i due magistrati che si interessano della vicenda, con i tecnici della ASL e con i tecnici dei Vigili del fuoco.
I ragazzi erano tutti esperti, tant’è che il primo che è entrato nell’impianto aveva quasi sette anni di servizio nell’azienda. Però questo è un programma di lavoro che avevano avviato da tempo; stavano facendo questo tipo di attività su una serie di accumulatori.
Noi stiamo facendo un accertamento, non ancora concluso e che probabilmente richiederà ulteriori passaggi, per capire quali erano le abitudini del passato, tant’è che stiamo cercando gli operai che hanno fatto questa operazione nel corso del tempo per capire se può esserci stata una consuetudine a saltare dei passaggi. Ciò che appare da valutare, perché è chiaro che non si possono dare responsabilità a priori, è il fatto che comunque tutti questi passaggi erano stabiliti tra dipendenti di aziende diverse. I preposti, gli operai cosiddetti polifunzionali della Saras, fanno praticamente solo attività di controllo e autorizzazione sui processi di lavoro e sono quelli che garantiscono anche l’azienda nei confronti delle ditte che eseguono la manutenzione. Pertanto, dall’impressione che abbiamo avuto e che abbiamo valutato insieme al magistrato nell’immediatezza del fatto, non era una procedura di lavoro che la Comesa poteva gestire autonomamente, in proprio, al punto tale da controllarne anche i tempi quotidiani.
Certo però che questo è il nodo centrale dell’indagine.

PRESIDENTE
Siccome sappiamo che l’Arma e i suoi uffici su questo terreno sono particolarmente efficienti (questa è una domanda che vale anche per i rappresentanti della Guardia di Finanza e dei Vigili del fuoco per i loro compiti), vorrei sapere se avevate riscontrato qualcosa che non funzionava prima, nel vostro normale ufficio di indagine.

SIRIMARCO
Specificamente alla Saras no; anzi, la Saras dal 1º gennaio 2008 al 26 maggio di quest’anno non ha avuto alcun tipo di infortunio.
La stessa azienda Comesa è stata addirittura premiata dalla Saras proprio per il livello di efficienza. Alla Saras in particolare no.

PRESIDENTE
La ringrazio.
Per il comandante della Guardia di Finanza la domanda è la stessa.

BUCARELLI
Sono il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cagliari, che è competente per tutta la Provincia di Cagliari e che opera su Sarroch con una tenenza di 42 persone, metà delle quali destinate ai controlli relativi alle attività di raffineria. C’è un dispositivo complesso perché lo stabilimento è uno dei più grandi che esistano attualmente in Europa. Tanto per dare qualche numero, arrivano e partono 1.200 navi l’anno e movimentano 12.000 tonnellate di prodotto. Questo comporta per l’erario un’acquisizione di 450 milioni di euro l’anno di imposta di fabbricazione. L’attività della Guardia di Finanza è tutta orientata a controllare appunto che non ci sia contrabbando, quindi è orientata prevalentemente sugli arrivi e le partenze e anche sul prodotto che poi viene destinato all’interno del territorio. Ci sono due aree: un’area sterile dove avvengono le lavorazioni (dove ovviamente non interveniamo perché è fuori dalle nostre competenze) e un’area di interfaccia, che è quella che comporta il pagamento dell’imposta (dove abbiamo una vigilanza fissa e una vigilanza dinamica che viene fatta attraverso delle pattuglie).
La Saras, almeno per quanto ci consta (ho fatto un’analisi degli ultimi dieci anni), non ha mai dato alcuna problema. Tra l’altro vengono fatti dei controlli periodici che attengono ad un bilancio di raffineria per verificare che non ci siano mancanze di prodotto; quindi non abbiamo mai avuto grandi problemi. Ci sono state alcune situazioni, non con la Saras, che riguardano prospettazioni tecnico-giuridiche, quindi qualificazioni di prodotto, però hanno poca attinenza con situazioni di pericolosità fiscale.
Dando esito alla domanda, non abbiamo alcuna evidenza di situazioni che hanno determinato pericoli o allarmi per inosservanze alla normativa, ovviamente con specifico riferimento alla normativa fiscale, perché è l’oggetto principale delle nostre indagini.
Per concludere debbo dire, confermando quanto hanno detto i colleghi, che la comunicazione sull’evento ha funzionato dal punto di vista istituzionale, perché sono stato avvisato quasi in contemporanea dalla nostra sala operativa, che aveva ricevuto una comunicazione ufficiale dalla sala operativa dell’Arma, poi dal collega che sapevo si stava recando sul posto vista la situazione. C’è un accordo nel coordinamento, per cui queste attività vengono accertate dai Carabinieri; quindi ci siamo messi a disposizione anche perché non conoscevamo ancora la dinamica esatta dell’evento.
L’Arma ha proceduto a queste attività che sono più pertinenti e più tecniche dal punto di vista di modalità di sicurezza del lavoro e noi ci siamo messi a disposizione anche perché, nell’immediatezza dell’incidente, c’era un po’ di effervescenza ai varchi, quindi alcune nostre pattuglie sono intervenute a garantire la correttezza delle operazioni. Questo ha reso più tranquilla la situazione. Per il resto, non ho aspetti particolari da evidenziare.

PRESIDENTE
Al comandante dei Vigili del fuoco pongo la stessa domanda, visto che avete compiti diversi.

MISTRETTA
Sono il direttore regionale dei Vigili del fuoco per la Sardegna; presiedo anche il comitato tecnico regionale a cui la legge affida gli iter autorizzativi per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (in precedenza ero un membro di questo comitato). Negli ultimi vent’anni, dal mio osservatorio posso confermare che la Saras ha una politica della sicurezza davvero in linea con la direttiva Seveso.
Per quanto riguarda le procedure, voglio condividere l’aggettivo utilizzato dal collega Sirimarco sull’osservanza «liturgica» delle procedure.
Come mai, chiedeva la senatrice Donaggio, in un ambiente di esperti si verifica un incidente del genere? Le indagini chiariranno dinamica e cause; io oggi debbo formulare un’ipotesi del tutto generale, ma che credo vada nella direzione giusta: in queste situazioni c’è sempre un fattore di rischio non eliminabile, che si chiama fattore umano. Nel fattore umano, che non è l’errore umano ma comprende l’errore umano, rientrano quegli atteggiamenti che in maniera inspiegabile una persona assume andando contro le regole. È come quando insegniamo agli autisti che non si può sorpassare in curva e qualcuno ogni tanto lo fa; questo è il fattore umano.
Per quanto riguarda questi stabilimenti, sempre andando incontro alla direttiva Seveso, abbiamo cercato di eliminare l’uomo dalle procedure sostituendolo con l’elettronica, che non sbaglia. Rimangono comunque settori di operatività in cui l’uomo purtroppo non è eliminabile.

GADDINI
Sono il comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Cagliari. Riferisco soprattutto sull’intervento da noi svolto. In realtà siamo stati chiamati con un po’ di ritardo rispetto all’evento; siamo stati informati dalla Prefettura che c’era questo incidente, con dei morti. Non c’era incendio, non c’era esplosione, non c’era scoppio, quindi probabilmente questo è il fattore che ha impedito la chiamata diretta al 115, il nostro centralino. Pertanto le nostre squadre sono arrivate sul posto circa due ore dopo l’ipotesi dell’evento. A quel punto la squadra interna della Saras aveva già estratto i corpi dal serbatoio, per cui le nostre operazioni sono state di controllo della situazione all’intorno, controllo ambientale e strumentale.
Sul posto erano presenti medici del 118, era presente il magistrato, erano presenti i Carabinieri, era presente tutta la squadra della Saras.
Abbiamo atteso con il magistrato i risultati di alcune valutazioni che si stavano facendo al momento, per poi procedere all’operazione che ha consentito di riportare i corpi al livello del terreno ed all’esecuzione, autorizzata dal magistrato, di alcune analisi strumentali, tramite le apparecchiature a nostra disposizione, sulla bocca del serbatoio per cercare di capire se c’erano già evidenze di elementi particolari. In sintesi, il serbatoio incriminato doveva contenere gasolio, idrogeno e H2S. Dalle misurazioni che abbiamo effettuato sull’esterno del serbatoio, a bocca aperta, dopo quasi tre ore dall’evento non risultava alcun tipo di rilievo di H2S, cioè la sostanza che poteva ricondurre a problemi di tossicità. Abbiamo riscontrato strumentalmente solo una quantità di ossigeno al di sotto delle condizioni ambientali normali, 16 per cento a fronte di una media del 20-21 per cento, quantità che, nel corso delle misurazioni che sono continuate nelle ore successive, è aumentata fino a portarsi ai livelli ambientali.
Un elemento importante che abbiamo cercato di valutare nella sua portata è che la giornata era molto calda ed un serbatoio di quel tipo, anche se aperto, può raggiungere in tali condizioni climatiche una temperatura ambientale di 50-60 gradi. Questo fattore può cambiare la situazione di reazione all’interno del recipiente. Il serbatoio era «ciecato», cioè completamente isolato dall’impianto, in modo da tagliare tutte le comunicazioni; inoltre, era aperto e vuoto. In quelle condizioni si trattava di svolgere un’operazione di manutenzione e di pulizia che già era stata prevista perché nei giorni successivi si sarebbero presentati i colleghi dell’ISPESL per compiere alcune valutazioni sullo stato del serbatoio, come da controlli periodici obbligatori.
Successivamente alla nostra ispezione, ovviamente condotta sotto il controllo del magistrato, il serbatoio è stato posto sotto sequestro e, quindi, è stato chiuso e sigillato. Solo ieri è stato aperto, sempre sotto il controllo della magistratura, e così, con il nostro personale, abbiamo potuto svolgere ulteriori controlli al suo interno per verificare la presenza di eventuali anomalie. All’interno del serbatoio non c’erano strumenti di lavoro; l’unica anomalia riscontrata è stata la presenza di un pacchetto di sigarette e di un cellulare che potrebbero essere caduti sia prima che dopo l’evento, quindi o da chi ha operato il recupero dei corpi o dalle persone che sono rimaste vittime dell’incidente.
I Vigili del fuoco hanno continui rapporti con la raffineria, per effettuare sia esami cartacei, sia visite triennali condotte congiuntamente con la commissione posta sotto la direzione della Capitaneria di porto; controlli che sono stati regolarmente eseguiti. Inoltre, per conto del Ministero dell’ambiente vengono effettuate ispezioni biennali, eseguite anche queste e conclusesi tutte con prescrizioni che però, non avendo rilevato pericolo evidente, non avevano manifestato necessità di procedere a chiusura di reparti o ad atti similari. Oltre a questo tipo di controlli, i Vigili del fuoco svolgono anche un’attività di prevenzione incendi abbastanza continua, prevedendosi circa sette o otto sopralluoghi all’anno da effettuare sul posto quando intervengono modifiche degli impianti o si riscontrano condizioni che potrebbero determinare dei problemi.
Per quanto riguarda eventi incidentali gravi, ricordiamo che la Saras dispone comunque di squadre di soccorso aziendali che sono intervenute anche in questo caso; sono state proprio queste squadre ad estrarre i corpi dal serbatoio. A volte l’azienda nemmeno ci chiama perché l’evento viene controllato e definito in tempi molto rapidi in autonomia. L’evento più grave nel quale siamo intervenuti risale all’agosto 2005; si è trattato di un incendio abbastanza consistente per domare il quale abbiamo lavorato per ore. Ad ogni modo, dopo ogni tipo di intervento, grave o non grave che sia, viene aperta presso il Comitato tecnico regionale ed il Comando una procedura di controllo che prevede una serie di visite, ispezioni, controlli cartacei e richieste di relazioni in base ai quali vengono fatte eventuali prescrizioni aggiuntive. Se nelle procedure si rileva qualche irregolarità vengono aggiunte prescrizioni.
Nel caso al nostro esame si stava procedendo ad un’operazione di manutenzione, quindi ad impianto fermo, chiuso, condizione che non rientra strettamente nell’ambito dei compiti antincendio. Se si fosse verificato un incendio o un’esplosione ovviamente l’evento sarebbe stato di nostra competenza. Ad ogni modo, esistono già delle prescrizioni del Ministero dell’ambiente e del Comitato tecnico regionale relative alla necessità di seguire determinate procedure durante le operazioni di manutenzione. Si tratta però di procedure che sono sotto la diretta responsabilità dell’azienda la quale, quindi, è chiamata a tenerle aggiornate e a farle rispettare alla perfezione, sia dal personale interno che da quello esterno. Le norme che le regolamentano sono assai numerose.

PRESIDENTE
Vorrei sapere, innanzitutto, se durante l’operazione di bonifica viene immesso ossigeno per risolvere il problema della presenza di azoto e se vi risulta che nell’autunno 2008 si sia verificato un incendio.

GADDINI
Non c’è stato un incendio in cui siamo intervenuti noi.

PRESIDENTE
Però un incendio c’è stato e ha sprigionato fiamme di oltre 30 metri di altezza.

GADDINI
Noi non siamo intervenuti.
Per quanto riguarda le modalità di bonifica, l’azoto viene immesso in maniera preventiva per cercare di pulire gli eventuali residui di H2S o di gasolio. Siccome l’azoto può comunque creare problemi alla respirazione, il serbatoio viene aperto e, quindi, viene immessa dell’aria. A quel punto, viene ripristinata la condizione atmosferica.

PRESIDENTE
Tornando all’incendio dello scorso anno, ricordo che al riguardo fu presentata anche un’interrogazione parlamentare. In base alla sua risposta, quindi, risulta che in quel caso voi non siete stati chiamati.

GADDINI
La realtà è questa. Io sono a Cagliari da pochi mesi e ho assunto da altri le informazioni del caso. Posso dire che l’ultimo intervento di spegnimento effettuato da nostre squadre risale al mese di agosto 2005.

PRESIDENTE
Lei è stato molto preciso. Io le ho fatto una domanda precisa alla quale lei ha risposto in modo preciso.

GADDINI
L’ingegner Porcu era presente in quel periodo e forse potrebbe fornire qualche elemento ulteriore.

PORCU
Sono il vice comandante del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Cagliari. Noi interveniamo negli incendi prestando direttamente la nostra opera e contribuendo all’estinzione dell’incendio stesso.
La maggior parte degli incendi che si sono verificati nello stabilimento della Saras – e negli anni ne sono capitati diversi – sono stati risolti direttamente dalle squadre di soccorso aziendali. Per quanto riguarda le nostre procedure, noi ci rechiamo sul posto per qualunque allarme ci giunga, anche se l’emergenza è terminata. In questi casi interviene il funzionario insieme alla squadra ed effettuano il sopralluogo e la verifica congiunta, come accaduto anche in questa vicenda per la quale è stata comunque fatta la segnalazione di incidente al Ministero dell’ambiente e a tutti gli enti che siamo chiamati ad avvisare; abbiamo presentato la nostra relazione e avviato l’istruttoria al CTR (Comitato tecnico regionale) dalla quale sono scaturite indicazioni di prescrizioni sulle procedure che dovevano essere corrette.

PRESIDENTE
Le prescrizioni da voi fatte sono state poi messe in pratica? Dalle sue parole risulta, infatti, che il Corpo dei Vigili del fuoco ha compiuto il suo dovere, ma a me interessa sapere se anche chi è chiamato a recepire queste prescrizioni ha compiuto il proprio dovere. Io assolvo lei ma non assolvo altri.

PORCU
Per questo specifico caso la prescrizione è stata fatta alla fine dell’anno scorso. In questa procedura autorizzativa il CTR fa le prescrizioni, le verifiche vengono effettuate nell’ambito del successivo rapporto di sicurezza, non essendo di competenza specifica del CTR, oppure nella successiva ispezione del Ministero dell’ambiente che in questo caso credo sarà programmata entro l’anno. Ogni volta che ci è capitato di eseguire delle verifiche abbiamo rilevato che la ditta aveva adottato dei provvedimenti sui quali magari abbiamo avuto da eccepire qualcosa successivamente, ma, comunque, i provvedimenti erano stati adottati.

DONAGGIO (PD)
Vorrei soffermarmi su un’affermazione dell’ingegner Mistretta, relativa al fattore umano che è legato all’innalzamento del rischio con cui ci si abitua a convivere e che viene determinato dai processi lavorativi. L’innalzamento o l’abbassamento della soglia del rischio vengono determinati dalle procedure interne in base alle quali si lavora. Il fattore umano, quindi, deve essere verificato in relazione a quella che io considero la soglia del rischio accettabile rispetto ad un certo tipo di intervento.
L’ingegner Gaddini, invece, ha affermato che la ditta normalmente risolve gli incidenti autonomamente. Le nostre leggi, però, prevedono che, in ogni caso, le anomalie di funzionamento debbano essere segnalate alle autorità competenti affinché le procedure possano essere adeguate a seguito di verifica. Ai fini della predisposizione di precise indicazioni sulle modalità di intervento e di verifica, vorrei sapere se queste segnalazioni siano tutte arrivate e, in caso di risposta affermativa, se siano state rispettate tutte le modalità previste dalla legge che indicano anche a quali enti devono essere comunicati i malfunzionamenti dell’impianto. Io provengo dalla realtà di Porto Marghera nella quale gli stabilimenti industriali, lavorando materiali molto pericolosi, sanno di avere gli occhi puntati addosso. Pertanto, il funzionamento degli impianti è oggetto di grande attenzione non solo da parte di chi lavora nella fabbrica ma anche da parte del territorio, dal momento che il rischio coinvolge non solo chi lavora negli stabilimenti quanto anche chi vive nelle zone circostanti.
Vorrei quindi sapere se nel caso della Saras è stato verificato nell’arco di tempo che le disposizioni prescritte dalla normativa, non solo quelle relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche quelle che si occupano della tenuta di un impianto così delicato in un territorio importante come quello di Cagliari, siano state correttamente applicate.

GADDINI
Come ho accennato in precedenza, nel nostro lavoro si distinguono due fasi: quella della prevenzione incendi e quella dell’intervento.
Per quel che riguarda l’intervento di soccorso reale, ci capita di essere chiamati dai normali cittadini, che magari hanno avvertito cattivi odori o hanno visto fiamme strane. In quel caso la chiamata viene registrata, noi andiamo sempre e comunque sul posto ed entriamo nello stabilimento per effettuare le nostre verifiche. Dopodiché viene aperta una procedura di controllo, si chiedono spiegazioni alla società, si verifica quanto è stato fatto e si riporta tutto ciò agli organismi competenti, alla Commissione ambiente, alla Capitaneria di porto e al Comitato tecnico regionale.
Se sono necessarie prescrizioni, si stila un verbale e vengono comunicate a tutti i Ministeri competenti e ai Comuni.
Può però accadere che vi sia un incidente e che la società ritenga, di sua iniziativa, di risolverlo direttamente. In quel caso non veniamo chiamati: non c’è un obbligo in tal senso se l’incidente non ha evoluzioni particolari.
Dunque potrebbe essere accaduto un incidente su cui non abbiamo informazioni.

PRESIDENTE
I giornali però li leggete.

GADDINI
Leggiamo i giornali, ma potrebbe darsi il caso di un incidente che non abbia alcun rilievo all’esterno e di cui nessuno si accorge: in tale situazione non abbiamo informazioni, non ci sono chiamate né indicazioni e dunque non abbiamo la possibilità di intervenire. Interveniamo sempre e comunque quando c’è la segnalazione, anche da parte di un solo cittadino, che ci fa presente qualcosa che non va. In tal caso ci rechiamo sul posto e compiamo le nostre verifiche.
Ricordo anche che nello stabilimento c’è un piano di emergenza esterno che prima veniva predisposto dalla Prefettura e che ora è di competenza del dipartimento della Protezione civile. Si tratta di un piano pubblico in base al quale, per qualunque situazione i cui effetti vadano all’esterno del recinto dello stabilimento, ci sono degli obblighi di applicazione, che riguardano anche noi. Diverso è il caso, lo ripeto, in cui non ci sia alcuna informazione e in cui nessuno ci abbia segnalato una situazione particolare.

DONAGGIO (PD)
Se ho capito bene, dunque, l’azienda valuta autonomamente se segnalare o meno un malfunzionamento dell’impianto. Una volta risolto il problema, quindi, non sembra adempiere all’obbligo di segnalare qualsiasi malfunzionamento che si verifichi nell’impianto, che tuttavia vige anche se l’incidente viene risolto in proprio.

GADDINI
Potrebbe non ritenerlo un incidente: se l’impianto funziona in maniera parziale, l’azienda potrebbe non ritenerlo un incidente; dunque nessuno se ne accorge, nessuno chiama, nessuno dice niente.

SIRIMARCO
A proposito della vicenda dell’incendio richiamato, noi siamo intervenuti immediatamente, anche perché le fiamme, alte 30 metri, sono state avvistate dalla nostra stazione. Abbiamo rilevato l’accaduto, attivando la procedura di informazione automatica diretta a Prefettura, Questura e Vigili del fuoco. Abbiamo quindi inoltrato la comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica per un eventuale danno ambientale: il circuito informativo è stato dunque allertato perfettamente.
In ogni caso, non mi sembra che ci fosse stato alcun infortunio e alcun coinvolgimento di persone. La cosa, almeno per quanto riguarda il nostro intervento, si è esaurita dopo aver informato tutti i soggetti e aver comunicato quanto dovuto alla Procura, che immagino stia curando la vicenda.
Dunque l’episodio non è rimasto all’interno dell’azienda.

DONAGGIO (PD)
Del resto sarebbe stato difficile che vi rimanesse.

PRESIDENTE
È stato fatto un accenno da parte del procuratore a proposito di altri interventi eseguiti e di altri filoni, ulteriori all’incidente di cui ci stiamo occupando. Non abbiamo potuto rivolgere domande più approfondite perché non eravamo in possesso delle informazioni che ora ci avete fornito.
Di certo dovranno essere modificate alcune procedure, e questo è un compito del legislatore. Il fatto che i Vigili del fuoco intervengano solo se qualcuno li avvisa è conforme agli obblighi di legge, ma si tratta di un meccanismo che non funziona. Non mi riferisco al comportamento dei Vigili del fuoco nello specifico, ma al sistema in generale.
Vi ringrazio dunque per la vostra ampia disponibilità: se avremo ulteriormente bisogno del vostro intervento vi contatteremo.


Audizione del direttore provinciale del lavoro, del direttore provinciale dell’INPS, del direttore provinciale dell’INAIL, del direttore generale dell’ASL n. 8 di Cagliari e del direttore del servizio controlli e attività di campo dell’ARPAS Cagliari



Intervengono il direttore provinciale del lavoro, dottoressa Maria Cristina Madeddu, il direttore provinciale dell’INPS, dottor Francesco Severino, il direttore provinciale dell’INAIL, dottor Guido Pacini, i rappresentanti della ASL n. 8, dottor Benedetto Barranu e dottor Marracini, e il direttore del servizio controlli e attività di campo dell’ARPAS, dottoressa Angela Maria Mereu.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri auditi per la loro presenza. Premesso che alla rappresentante dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna (ARPAS) rivolgeremo poi delle domande specifiche, vorrei porre a tutti delle domande di carattere generale, chiedendo in particolare se, sulla base dei diversi compiti di ispezione assegnati dalla legge, abbiate riscontrato, nelle varie ispezioni svolte, delle inadempienze o dei mancati funzionamenti e se questi, qualora si siano verificati, siano stati corretti o meno.
Come accennato, rivolgerò poi alcune domande specifiche alla rappresentante dell’ARPAS.

BARRANU
Premetto che ho preparato una memoria sintetica, che consegnerò alla Commissione. Nei confronti della Saras svolgiamo due tipi di attività: l’una di tipo istituzionale, attraverso il Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPRESAL) – qui rappresentato dal dirigente, il dottor Marracini – finalizzata al controllo della valutazione dei rischi e alla verifica dei relativi documenti, e un’altra che consiste in ispezioni periodiche, svolte dallo stesso personale dello SPRESAL.
Ogni qualvolta si verificano inadempienze rispetto alle prescrizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, vengono compiuti gli atti previsti dalla legge. Il personale della ASL impegnato in attività riguardanti la Saras è di una certa consistenza, date le dimensioni della struttura.

PRESIDENTE
Le chiedo specificamente se, in generale, si siano verificate delle inadempienze e, se così fosse, se siano state o meno corrette.

BARRANU
Vi posso fornire dei dati in merito. L’ASL compie sia ispezioni istituzionali che verifiche di sicurezza: nel 2008, ad esempio, su 2.276 verifiche degli impianti a pressione, che sono i più delicati, 965 – quindi poco meno della metà – sono state effettuate presso la Saras.

PRESIDENTE
I risultati sono stati positivi?

BARRANU
Le verifiche, obbligatorie per legge, hanno dimostrato nella gran parte dei casi il rispetto delle normative vigenti. Ci sono ispezioni di sicurezza fatte a domanda e ce ne sono altre fatte senza preavviso dalle strutture dello SPRESAL. Nella maggioranza delle ispezioni non sono stati rilevati elementi che potessero mettere a rischio la vita dei lavoratori.
Nel documento, che consegno alla Commissione, sono, peraltro, contenuti dati precisi al riguardo.

PRESIDENTE
La ringraziamo per i dati e per la risposta precisa che ci ha fornito. Noto che anche dal punto di vista numerico c’è un’attenzione consistente da parte delle ASL, che consente di dare risposte in tutto il territorio.

BARRANU
Presso la Saras vengono impegnate nei sopralluoghi circa dieci persone.

PRESIDENTE
Per quel che riguarda gli organici ho una certa dimestichezza e dunque posso apprezzare il rapporto numerico che ha indicato e che sarebbe auspicabile vi fosse sempre, in tutta l’Italia.

PACINI
Per quanto riguarda l’INAIL di Cagliari, di cui sono direttore, le ispezioni fatte nel corso degli anni alla Saras e presso le ditte che vi lavorano non hanno evidenziato grosse irregolarità: la situazione è molto simile a quella descritta dal dottor Barranu. Nel caso in questione non abbiamo fatto alcun accertamento specifico se non mirato ad accertare la regolarità e l’assicurazione dei soggetti interessati. Da un punto di vista assicurativo, dunque, è risultato tutto perfettamente regolare, anche per quanto riguarda le due ditte datrici di lavoro dei lavoratori coinvolti dall’incidente.

SEVERINO
Come direttore provinciale dell’INPS, posso dire che la Saras costituisce un gioiello di organizzazione per quanto riguarda gli adempimenti contributivi nei confronti del nostro Istituto; la nostra ottica è ovviamente finalizzata al reperimento delle risorse economiche e al pagamento dei contributi. Come avviene in tutte le aziende di grandi dimensioni, non si rileva una tendenza all’evasione o all’elusione: non c’è un interesse al riguardo, perché si tratta di un fenomeno che riguarda maggiormente le piccole aziende.
Sotto l’aspetto contributivo, la Saras è risultata sempre un modello di regolarità. Si tenga presente che nella sola provincia di Cagliari allargata, comprendendo anche Iglesias e Medio Campidano, l’anno scorso abbiamo emesso 80.000 documenti di regolarità contributiva (ormai le banche non chiedono solo i documenti contabili ma chiedono anche questa certificazione di qualità nei confronti degli istituti previdenziali). Noi abbiamo un sistema informatico molto avanzato e quindi riusciamo a verificare in tempo reale. Abbiamo una serie di semafori verdi sul nostro monitor.
Prima di uscire ho voluto controllare e tutti gli otto semafori della regolarità contributiva risultavano positivi per l’azienda.

MADEDDU
Sono Maria Cristina Madeddu, direttore provinciale del lavoro di Cagliari da un mese. Per quanto concerne l’infortunio avvenuto, siamo andati alla Saras il giorno successivo. Non abbiamo ovviamente competenza circa la sicurezza negli ambienti di lavoro che non siano in campo edilizio, quindi su questo ambito non abbiamo praticamente svolto alcuna verifica. Abbiamo però svolto verifiche per quanto riguarda i rapporti di lavoro nell’ambito della Saras e sono assolutamente tranquilli, nel senso che l’azienda è regolare quanto a rapporti di lavoro. Anche nel pregresso non ci sono state particolari richieste di intervento per questioni di lavoro.
Per quanto concerne invece le ditte che hanno in appalto i servizi, abbiamo notato una situazione probabilmente difficile da gestire, nel senso che, a fronte di un migliaio di dipendenti che la Saras ha in organico, ci sono 3.000-4.000 dipendenti di ditte esterne che svolgono le varie manutenzioni, quindi questo rende abbastanza difficile la gestione complessiva.
Nello specifico le due ditte presso le quali lavoravano i tre operai deceduti erano consorziate. Le squadre venivano formate indifferentemente da persone dell’una o dell’altra ditta. I rapporti di lavoro erano a tempo determinato ancorché prolungati nel tempo, nel senso che qualcuno lavorava già dal 2000 ma sempre con contratti di lavoro a tempo determinato.
Quasi tutti i dipendenti di queste società hanno tale configurazione. In merito a questo aspetto abbiamo programmato di verificare tutti gli appalti della Saras nei confronti delle ditte che fanno manutenzione; dovremo fare tra gli 80 e i 100 accessi per verificare tutti i rapporti di lavoro; questo richiederà qualche mese di tempo perché sono abbastanza consistenti. Lavoriamo con il nostro nucleo dei Carabinieri, appoggiandoci anche alla sezione territoriale che ci fornisce in genere il supporto se dobbiamo andare in qualche località disagiata.
Questa più o meno è la situazione: i lavoratori erano tutti assunti regolarmente; l’unico che lavorava con un contratto a tempo indeterminato dal 2007 era Bruno Muntoni. Gli altri sono tutti assunti con contratti a tempo determinato e vengono scambiati tra le due società, cioè lavorano tre mesi in una, quattro mesi nell’altra e viceversa, e poi le squadre vengono formate complessivamente.

PRESIDENTE
Noi conosciamo la Comesa. La seconda società qual è?

MADEDDU
La Comesa è la ditta che ha vinto l’appalto e risulta non avere dipendenti. La Comesa è un’azienda consorziata di altre due: la Sarcomi, che è una società cooperativa, una società per azioni, e la Comes, che è una società a responsabilità limitata. Risulta anche, se vogliamo entrare più nel merito, che il rappresentante legale dell’una sia dipendente dell’altra e viceversa, cioè le cariche in qualche modo si intersecano fra le due società. La sede legale è la stessa, è un capannone in un cantiere.
Praticamente, da quanto abbiamo capito, è la stessa unità che si scorpora in due aziende, ma al momento non mi sento di dire se questo sia corretto o meno. Sicuramente sono un po’ anomale queste procedure di assunzione a termine con le due società che si scambiano il personale e con le squadre formate non da una sola società. Anche i due lavoratori che dovevano accedere al silos al momento dell’infortunio (quello che è rimasto giù e il primo che è deceduto) erano di due società diverse.
Quindi la stessa mini-squadra comprendeva personale di due società diverse.
Questo è un aspetto che dobbiamo approfondire perché ci dà da pensare.

PRESIDENTE
È stata molto precisa e la ringraziamo. Siamo estremamente interessati a conoscere sia gli sviluppi di questo caso, sia più in generale la ricerca che lei sta facendo e che ha annunciato, ovviamente con i tempi che si renderanno necessari, perché è un aspetto che ci interessa al di là del fatto specifico.

DONAGGIO (PD)
Quali tipologie lavorative avevano i tre lavoratori?
Quale contratto funzionale?

MADEDDU
Erano inquadrati con il contratto dei metalmeccanici, due a tempo determinato. Nello specifico, Solinas Luigi aveva un contratto a tempo determinato del 24 novembre 2008, scaduto il 23 gennaio 2009 e prorogato fino al 30 dicembre 2009; Melis Daniele aveva un contratto come operaio di terzo livello, manovale metalmeccanico, con contratto a tempo determinato del 22 luglio 2008, scaduto il 31 dicembre 2008 e prorogato fino al 30 giugno 2009; Muntoni Bruno invece, operaio di secondo livello, aveva un contratto a tempo indeterminato.
Non so se possono interessare i precedenti sempre relativamente a Bruno Muntoni: costui era stato assunto in data 4 ottobre 2007 a seguito della trasformazione del contratto di inserimento del 4 aprile 2006 e in precedenza aveva stipulato con la medesima azienda numerosissimi contratti a tempo determinato, a far data dall’11 febbraio 2000. Nello specifico, ad esempio, dall’11 febbraio 2000 al 20 aprile 2000, dal 27 settembre 2000 al 26 novembre 2000, ovvero periodi che davano in un certo senso continuità al rapporto di lavoro ma sempre con contratti di questo tipo.
Questo con la Comes, mentre con la Sarcomi lo stesso operaio aveva lavorato dal 26 aprile 2000; sostanzialmente nei periodi in cui non lavorava con una ditta aveva contratti a tempo determinato con l’altra ditta, e così gli altri due operai.

PRESIDENTE
La Comesa quindi è una scatola vuota, non ha dipendenti, almeno non questi.

MADEDDU
La Comesa risulta un’azienda consorziata delle due.
Stiamo ancora verificando, e non vorrei neanche intralciare il lavoro della magistratura, perché dobbiamo anche noi capire se fosse una sorta di ATI (associazione temporanea di impresa), anche se non si tratta di un’ATI dal momento che essendo un’azienda consorziata ha comunque uno statuto autonomo. In questo momento però non sono in grado di darle una risposta.

DONAGGIO (PD)
Mi rivolgo al responsabile dell’INAIL, per questo insistevo nel capire le tipologie lavorative. Il contratto a tempo determinato di solito solleva le imprese dall’obbligo di formazione per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro. Quindi nei contratti a tempo determinato non c’è l’obbligo di istruire il lavoratore e di fargli la formazione in maniera adeguata. Si tratta di capire, rispetto a queste tre persone, se l’obbligo previsto dal Testo unico e dalle norme del decreto legislativo n. 626 rispetto all’attività di formazione sia stato ottemperato.

MADEDDU
Abbiamo verificato anche questo.

DONAGGIO (PD)
Siccome si è detto che c’è stato un errore umano, una sottovalutazione, volevo capire com’era stata svolta l’attività formativa di prevenzione.

MADEDDU
Non so se la ASL abbia documenti in questo senso, però noi abbiamo acquisito, ovviamente facendo l’ispezione nelle due aziende, tutto quello che riguarda il piano di sicurezza, il documento di valutazione dei rischi e quanto potevamo avere nello specifico, anche relativamente alla formazione, se fosse avvenuta o meno. Risulta, perlomeno sulla carta, che si tenessero, anche frequentemente, delle riunioni. Abbiamo chiesto specificamente notizie circa la partecipazione dei tre lavoratori che sono stati soggetti ad infortunio e risulta che abbiano frequentato i corsi di formazione, non solo quelli iniziali ma anche quelli periodici, che poi in alcuni periodi erano addirittura settimanali; ci sono le loro firme di partecipazione a queste riunioni. Quindi teoricamente per costoro veniva comunque svolta la formazione e l’informazione. Certo, quanto questa fosse effettivamente erogata non possiamo sapere, nel senso che venivano convocati dicendo loro che avrebbero dovuto partecipare ad una breve riunione; in realtà lo scopo della riunione e le materie in campo erano talmente complessi che probabilmente in una breve riunione non si sarebbero potuti trattare, però le riunioni erano veramente frequenti.

PRESIDENTE
Quali sono le funzioni sociali della Comesa? Avrà pure una funzione sociale, una mission.

MADEDDU
La mission è quella di partecipare alle gare per le manutenzioni degli impianti. Stiamo verificando, in merito agli appalti della Saras in questo caso, se ci siano delle procedure anomale relativamente all’assegnazione. Infatti ci è venuto un dubbio (però, ripeto, siamo ancora in fase di verifica, quindi non vorrei assolutamente dire qualcosa di non esatto): se la Comesa, come sembra risultare dagli atti, non ha una specificità aziendale, cioè non ha una struttura aziendale e neppure un coordinatore, può avere l’idoneità tecnica a svolgere determinate attività? Idoneità tecnica che ovviamente avrebbero le altre due imprese. Tuttavia, poiché non ho verificato specificamente la tipologia societaria, non mi sento di dire che questo non è regolare.

PRESIDENTE
Quando avrà gli elementi potrà fornirceli. Alla rappresentante dell’ARPAS pongo qualche domanda in più, relativamente a notizie emerse dall’audizione precedente. Come mai siete arrivati in ritardo e non volevate fare i prelievi?

MEREU
Signor presidente, lavoro al dipartimento dell’ARPAS di Cagliari, sono il direttore del servizio controlli e attività di campo. Noi siamo stati coinvolti nell’accaduto del 26 maggio su richiesta diretta dello SPRESAL, che ci ha contattato a metà serata per chiederci se potevamo recarci alla Saras. Quindi non abbiamo avuto notizia diretta dell’incidente; eravamo in ufficio.

PRESIDENTE
A noi è stato detto che l’ARPAS è arrivata sul posto e quando il magistrato ha chiesto di procedere ad un certo tipo di prelievo l’ARPAS ha risposto che non era necessario. Lei capisce che il passaggio è un po’ delicato.

MEREU
Noi siamo intervenuti la sera dell’incidente.

PRESIDENTE
Quando siete intervenuti il magistrato vi ha rivolto una richiesta e voi avete risposto che non era necessario procedere in quel modo.

MEREU
Sul posto siamo arrivati io e il direttore del dipartimento, insieme ad altri due colleghi; erano le 19 passate. Quando siamo arrivati ci siamo messi a disposizione. Ci hanno fatto entrare nella zona in cui era avvenuto l’incidente; abbiamo parlato con il responsabile dei Vigili del fuoco lì presente e abbiamo incontrato anche il capoturno. Più tardi è arrivato il dottor Gianino, incaricato dalla procura di svolgere gli accertamenti.
Vorrei innanzitutto precisare che i compiti dell’ARPAS riguardano il controllo ambientale nella zona in cui sorge lo stabilimento della Saras.
L’incidente è avvenuto in un ambiente confinato il cui controllo richiedeva attrezzature e tipi di campionamento che noi non avevamo a disposizione; ho fatto presente questo dato anche in una relazione che ho inviato.

PRESIDENTE
E chi doveva disporre di queste attrezzature?

MEREU
Trattandosi di un incidente in ambiente confinato, la ASL è competente ad eseguire i rilievi all’interno. Noi siamo dotati di strumenti che agiscono per il controllo delle emissioni in atmosfera, laddove l’incidente è avvenuto in un ambiente confinato. Quando siamo arrivati sul posto per questioni di sicurezza abbiamo rilevato che subito dopo l’incidente tutti i rilievi che dovevano essere eseguiti erano stati già eseguiti, giustamente, dai Vigili del fuoco. Nello specifico, abbiamo conferito con l’ingegner Porcu il quale ci ha messo al corrente delle determinazioni relative alla rilevazione di ossigeno nel serbatoio e alla presenza di eventuali gas. Noi siamo arrivati alle 19. Ci è stato richiesto di fare un prelievo rappresentativo dell’aria contenuta nel serbatoio in cui è avvenuto l’incidente per verificare alcuni parametri. Per procedere a questo tipo di intervento è necessario avere in dotazione delle apparecchiature che noi non abbiamo perché questi casi non riguardano direttamente le nostre competenze. Abbiamo fatto presente che non potevamo procedere ai rilievi. Abbiamo visto che le rilevazioni da fare erano già state fatte e, a quel punto, ci siamo messi a disposizione dell’autorità giudiziaria informandola che avremmo fornito supporto tecnico. Successivamente è arrivato l’ingegner Viola, accompagnato da alcuni tecnici della Sartec, che voleva collocare all’interno dei contenitori dei campionatori particolari. Nel frattempo si sono fatte le 10 di sera. Eravamo disponibili a prendere tali campionatori in custodia, anche se avevamo comunque il problema di non poter eseguire alcun tipo di analisi perché i campionatori messi a disposizione dalla Sartec richiedono un’apparecchiatura che sia in grado di svuotare il loro contenuto direttamente nello strumento. Ma noi non siamo dotati di un’apparecchiatura simile, tant’è che per eseguire un’analisi di questo tipo...

PRESIDENTE
Non l’avete proprio?

MEREU
Non ne siamo dotati in assoluto. Ecco spiegato il motivo per cui abbiamo offerto, per quello che potevamo, il nostro supporto, recandoci sul posto quando siamo stati chiamati, ma abbiamo dovuto fare i conti con il fatto che determinate rilevazioni non appartengono alle normali analisi di routine che noi eseguiamo. Ricordo che anche noi, esattamente come la ASL, siamo impegnati nei controlli che vengono effettuati all’interno dello stabilimento della Saras.

PRESIDENTE
Che tipo di controlli avete effettuato?

MEREU
Sono in corso delle campagne di controllo dell’inquinamento atmosferico che non sono ancora terminate. Effettuiamo i controlli sugli scarichi, oltre al monitoraggio in mare per la rilevazione della temperatura. Stiamo entrando sempre di più nel merito della gestione dei controlli anche perché la Saras ha fatto domanda di autorizzazione integrata ambientale, che in questo caso dipende dal Ministero, e sappiamo che l’ha ottenuta. Stiamo ancora aspettando che l’ARPAS venga incaricata di partecipare alla predisposizione del piano di monitoraggio e controllo in merito al quale abbiamo già fatto alcune riunioni per definire una programmazione delle nostre competenze. Questo è quello che è accaduto.

PRESIDENTE
Le ho fatto queste domande perché dall’audizione del procuratore della Repubblica sono emersi determinati elementi riguardanti l’ARPAS. Io pongo delle domande sulla base di quello che accertiamo. Il magistrato ha fatto riferimento all’ARPAS e, quindi, ho posto le domande al rappresentante dell’ARPAS, come le avrei poste al rappresentante della ASL se avesse fatto riferimento alla ASL. Questo è il nostro compito.
Ringrazio tutti voi e attendiamo gli esiti del lavoro, sia quello specifico che quello generale, che ci interessa allo stesso modo. Se avete informazioni e notizie ulteriori vi preghiamo di farle pervenire alla Commissione.


Audizione di rappresentanti sindacali della CGIL, della CISL, della UIL, della UGL e della CONFSAL



Intervengono il segretario territoriale della CGIL, signor Nicola Marongiu, il segretario territoriale della CISL, signor Fabrizio Carta, il segretario regionale della UIL, signor Roberto Straullu, il segretario provinciale della UGL, signor Mauro Lai e il segretario provinciale della CONFSAL, signor Alessandro Manis.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per essere presenti a questa audizione.
Vorrei sapere se nella vostra azione sociale e sindacale avete riscontrato delle irregolarità sia nell’azienda Saras che negli appalti, compresi quelli relativi alle due imprese che abbiamo scoperto essere subappaltatrici, o se le vostre rappresentanze aziendali hanno segnalato in passato irregolarità e problemi. Inoltre, poiché parliamo di lavoratori a tempo determinato, vorrei sapere se la formazione è stata fatta secondo le regole.
Infine, nell’ultima audizione è emerso un dato curioso, e cioè che le ditte subappaltatrici fanno riferimento al contratto di lavoro metalmeccanico e non a quello chimico.

MARONGIU
Per quanto riguarda il contratto di lavoro, negli appalti delle aree industriali presenti nel nostro territorio le imprese, di norma, applicano il contratto nazionale di lavoro metalmeccanico o edile; le sole imprese che applicano il contratto chimico sono quelle che all’interno della raffineria di Sarroch, come delle altre, si occupano di ponteggi.
In merito alla formazione, sicuramente c’è un investimento consistente all’interno dell’impresa madre. La Saras, infatti, per la pericolosità delle attività che svolge, è necessariamente costretta ad operare in sicurezza ed a formare adeguatamente il proprio personale. Che ciò poi si trasferisca all’interno delle imprese d’appalto è un elemento che è necessario verificare, in particolare per il fatto che i picchi di lavoro portano le imprese d’appalto ad avere una grande concentrazione di addetti in periodi di tempo molto brevi. Credo che questo sia un elemento che andrà approfondito anche attraverso strumenti che accertino e certifichino la formazione che è stata svolta e che è necessario svolgere quando si opera all’interno di siti che presentano questo grado di pericolosità.
Chiaramente in questo caso la formazione è intesa dal punto di vista della prevenzione, in quanto l’accesso a quelle parti d’impianto poteva avvenire soltanto se queste erano state bonificate e se non presentavano rischi derivanti dalla presenza di sostanze che dovevano essere del tutto assenti.
Per quanto riguarda la prima domanda, non abbiamo avuto particolari segnali di situazioni di irregolarità, altrimenti saremmo intervenuti e avremmo fatto le dovute segnalazioni agli enti preposti. Siamo stati avvertiti di una fase di crescita degli infortuni, tutti dovuti però a problemi non legati al contatto con sostanze chimiche, ma ad alcune dinamiche di la- voro che interessavano la fermata dell’impianto. Tuttavia è evidente che questo incidente ha messo a nudo il fatto che sia sulle procedure che sulla vigilanza degli impianti – in particolare di quelli nelle cui lavorazioni sono presenti rischi così alti – l’impresa madre e le altre aziende committenti devono riflettere, anche al fine di trovare diverse modalità di segnalazione e di impedimento dell’accesso a parti dell’impianto così pericolose quando non si ha la certezza che siano state effettuate tutte le bonifiche necessarie.

CARTA
Vorrei aggiungere che, come probabilmente sapete, all’interno della Saras era stata decisa una fermata degli impianti per effettuare delle manutenzioni che inizialmente sarebbe dovuta durare quattro o cinque mesi (ciò era stato verificato nel corso di diversi incontri sindacali precedenti). Invece questi lavori sono stati concentrati in un periodo di 45 giorni, per ragioni di tipo organizzativo, tecnico e produttivo. Abbiamo una buona valutazione sia della Saras sia dell’impresa coinvolta dall’incidente, che ci risulta essere stata addirittura premiata proprio per il rispetto della sicurezza dei lavoratori. Comprimendo però i tempi, in un ambiente pericoloso come la raffineria, c’è il rischio che si verifichino incidenti.
Per quanto riguarda i contratti, alcune aziende applicano quello dei chimici, ma la massima parte applica quello dei metalmeccanici. Abbiamo inoltre predisposto una nota di carattere generale, quali segretari confederali della CGIL, della CISL e della UIL (non possiamo portare una testimonianza diretta dell’evento, né vogliamo sostituirci ai magistrati), che possiamo consegnarvi, in cui sottolineiamo l’importanza del fatto che la
Commissione sia venuta a testimoniare la sua attenzione al problema della sicurezza. Vorremmo però che tale attenzione non si fermasse all’episodio in questione, ma che le istituzioni nazionali e locali – Regione, Provincia e Comuni – avessero sempre un’attenzione massima al problema.
La Saras rappresenta la punta dell’iceberg. È vero che nella provincia di Cagliari in senso stretto non ci sono altre grandi industrie e dunque se la Saras dovesse scomparire verrebbero meno tra gli 8.000 e i 10.000 posti di lavoro. Il tessuto produttivo della Sardegna e di Cagliari è però costituito di tante medie, piccole e piccolissime aziende, in cui il problema della sicurezza deve essere affrontato con la massima attenzione e con particolarità diverse rispetto alle grandi aziende: mi riferisco in particolare alla costituzione di un sistema di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sul territorio. Secondo le statistiche che abbiamo letto e secondo una ricerca del CNEL dello scorso anno, che potete consultare sul sito della Regione Sardegna, risulta che il 75 per cento degli infortuni mortali, nella nostra provincia, deriva da incidenti in itinere o sulla strada. Il che vuol dire quindi che, oltre alla grande attenzione alle fabbriche, va prestata attenzione al territorio circostante. Per raggiungere gli impianti della Saras si deve percorrere una strada assolutamente inadeguata a far fronte al flusso industriale e turistico della zona: emerge dunque un problema di trasporto dei lavoratori. Il pomeriggio dell’incidente siamo andati in fabbrica e abbiamo visto uscire centinaia di macchine guidate da una sola persona, segno che il trasporto pubblico non viene utilizzato. Oltre all’attenzione all’interno della fabbrica, riconoscendo il ruolo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, chiediamo investimenti per migliorare i trasporti e per la costituzione di un presidio sanitario. Abbiamo già svolto incontri in proposito presso la Confindustria, ma vogliamo che gli enti preposti, come le ASL e la Regione, si impegnino al riguardo. Chiediamo dunque di consegnare alla Commissione il documento generale che abbiamo predisposto.

PRESIDENTE
Ve ne saremo grati.

STRAULLU
Non ripeterò le affermazioni già fatte dai colleghi, dal momento che in materia CGIL, CISL e UIL hanno una visione condivisa, che trova riscontro nelle note scritte che intendiamo consegnare alla Commissione.
Approfitto della presenza dei parlamentari per evidenziare che sarebbe opportuno essere convocati dalla Commissione prima che gli incidenti si verifichino, per parlare di cosa fare per prevenirli e non solo in conseguenza di eventi gravi e straordinari.

PRESIDENTE
Ricordo che la nostra è una Commissione d’inchiesta.

STRAULLU
Sarebbe allora opportuno istituire una Commissione che anticipi i fatti e che tratti i problemi della sicurezza prima che avvengano gli incidenti. Sono convinto infatti, anche con riferimento al caso specifico, che di accidentale non ci sia mai nulla. Da diversi anni mi occupo di sicurezza e mi hanno insegnato che è possibile fare qualcosa persino per evitare il proverbiale fulmine a ciel sereno, perché è sempre una causa a produrre un effetto: ad esempio, si può evitare di indossare indumenti o di compiere atti che attraggano il fulmine aumentando la possibilità di esserne colpiti, anche se vero che si può esserne colpiti comunque.
In questo caso specifico, probabilmente, uno dei fatti che verranno evidenziati è che nello stabilimento era in atto una fermata, che ha portato gli organici già numerosi – nei mesi precedenti oscillavano mediamente intorno alle 1.800 unità – a oltre 2.100 unità. C’è stata dunque una presenza molto forte di lavoratori, superiore alla normale conduzione dei lavori.
In termini di sicurezza e in termini di tempistiche, certamente legate ai costi, ciò ha avuto un’incidenza notevole. I tempi ristretti per l’esecuzione dei lavori comportano evidentemente la necessità di accelerare i ritmi; a ciò si aggiunga che la fretta è unita alla necessità di contenere e mantenere bassi i costi: ci accorgiamo così che qualcosa non va bene.
Non c’è nulla (anche se in realtà di cose da aggiungere ce ne sarebbero) nel comportamento della Saras, che viene considerata certamente un’azienda ottima, in cui si raggiungono gli obbiettivi di sicurezza, per cui vengono addirittura vinti dei premi. C’è però da notare che, evidentemente, un atteggiamento di eccessiva sicurezza nell’esecuzione dei lavori dovrebbe essere tenuto a freno. Non so quale sarà il livello di conoscenza di questo evento che la Commissione d’inchiesta potrà raggiungere. Mi auguro possa intervenire, in primo luogo, sulla questione delle prevenzione, mettendo in evidenza che un evento di questo genere è avvenuto non per fatalità, ma perché qualcuno o qualcosa non ha compiuto le verifiche prima. In secondo luogo, mi auguro che vengano verificate le condizioni di lavoro dei lavoratori degli appalti, sia in termini di costi che in termini di formazione per la sicurezza.
Per quanto riguarda il caso specifico c’è ancora tutto da capire: non eravamo presenti e dunque non abbiamo la conoscenza reale e diretta dello svolgersi dei fatti.

LAI
Oltre ad essere segretario provinciale dell’UGL per il settore chimico sono dipendente della Saras, con la mansione di manutentore e dunque conosco più nel dettaglio quello che può essere accaduto. Condivido tutto ciò che hanno detto i colleghi e voglio anche manifestare la mia soddisfazione per essere al tavolo con i rappresentanti delle altre sigle sindacali, cosa che non avviene all’interno della fabbrica: è una precisazione che desidero lasciare agli atti.
Per quanto riguarda gli appalti, secondo il nostro parere – e il mio parere personale di dipendente – non si può pretendere di mettere troppa carne al fuoco senza rischiare di bruciarla. Come ha detto il rappresentante della CISL, la durata delle fermate inizialmente prevista era di cinque o sei mesi, che sono stati ridotti a 45 giorni. Oltre a quella che riguarda l’impianto MHC (Mild Hydrocracking), in cui è avvenuto l’incidente, sono state aggiunte altre fermate, come quella grandissima dell’impianto FCC (Fluid Catalytic Cracker), di cui si sta sostituendo la metà e in cui sono presenti tre fra le più grandi gru in circolazione nel mondo.
Stiamo effettuando lavori notevolissimi in cui sono coinvolte tantissime persone, molte delle quali non sono formate perché non ne hanno avuto il tempo: si tratta di ragazzini diplomati lo scorso anno. Serviva forza operaia perché si lavora in base al numero di ore; le ore poi vanno divise per le persone e non si sceglie se la persona è formata o meno: è un’unità e deve togliere quel certo numero di ore.
Questo incidente è un episodio a sé, però dobbiamo tenere conto che dentro l’industria ci sono molti altri pericoli. Fino ad oggi negli altri settori è andata bene, perché da quando abbiamo iniziato la fermata all’impianto FCC abbiamo avuto un incidente al giorno come media, ma di piccola entità; qualcuno è finito anche all’ospedale, però era un segnale che prima o poi sarebbe accaduto quello che è accaduto. Infatti, aumentando la forza lavorativa aumentano i rischi, si restringono gli spazi di lavoro; noi lavoriamo anche in quota, per cui possiamo trovare sullo stesso allineamento anche dieci o quindici persone che lavorano nello stesso metro quadrato. Sulla carta può avere tutto un significato, può essere tutto studiato, però di fatto in campo quello che è previsto sulla carta non viene mai rispettato, in quanto tutti hanno bisogno di sviluppare il proprio lavoro (parlo delle imprese), quindi ognuno pensa al suo pezzettino e quando va a interferire con il pezzettino del collega che è a fianco c’è una lotta per gli spazi che può generare anche questo tipo di incidente, nel senso che si sfrutta il momento o si anticipa il momento per realizzare il proprio lavoro.
Non penso che questi signori siano entrati lì dentro per curiosità, perché stare in un impianto vuol dire avere un permesso di lavoro. Se erano nell’impianto forse non avevano il permesso specifico per entrare su quell’accumulatore, ma avevano un permesso per stare in quell’area; diversamente non potevano entrare, non avrebbe avuto senso. Ieri, quando ho letto sul giornale che si trattava di una tragica fatalità, ho pensato che era assurdo; quello che c’è scritto oggi mi piace di più perché è riportato che la legge prevede che non vengano lasciate apparecchiature aperte che sono pericolose per chi vi traffica vicino. Una persona può farlo anche per curiosità, però non deve essere messa in condizione di poterci entrare, quindi l’apparecchiatura deve essere fisicamente inaccessibile.
Per quanto riguarda le bonifiche, queste si fanno con i venti e gli spurghi, cioè l’apparecchiatura rimane chiusa fin quando non è bonificata, poi viene aperta per far entrare l’ossigeno e va fatta la prova di abitabilità prima che gli operai entrino dentro per effettuare il lavoro. L’operazione di aprire il portellone prevede che l’apparecchiatura sia già stata bonificata, ma bisogna fare la verifica per avere la certezza che lo sia al 100 per cento; prima di aprire il portellone dai venti non devono uscire idrocarburi; deve rimanere un tot di ore in bonifica, in flusso di azoto, eccetera.
Bisogna considerare anche un altro fattore tecnico, ossia che in questi accumulatori, dove praticamente avviene la separazione dello zolfo dal gasolio, ci sono dei solfuri che si attaccano alle pareti dell’apparecchiatura e quando questa viene aperta, a contatto con l’ossigeno e con il calore dell’ambiente, si sprigionano dei vapori che possono autoinnescarsi; quindi viene mandato sempre un flusso di azoto per spazzare via l’ossigeno ed evitare che ci siano degli inneschi. Allora se c’era l’azoto vuol dire che c’erano dei solfuri e se c’erano dei solfuri significa che l’apparecchiatura non era bonificata. Dico questo in base all’esperienza di lavoro in raffineria.
Quanto alla formazione, si è parlato di cifre; io esattamente non so quante persone entrano in questi periodi, però posso dire che sono tantissime rispetto alla normalità e non tutte sono formate, perché non c’è il tempo tecnico di formare un lavoratore in 15 minuti di filmato in cui si parla della sicurezza, per poi far rispondere i soggetti ad un test sul terminale.
Per me questa non si può definire formazione.
La formazione si ha quando ti rimane impresso quello che dovrai fare nel momento in cui si scatena il panico; si tratta di azioni che devono essere automatiche perché non si può studiare cosa fare quando si è in una fase di panico, nella quale non ti viene da metterti a pensare ma ti viene da scappare e basta. Come quando si guida la macchina: non pensiamo che dobbiamo schiacciare la frizione per inserire la marcia, è un’azione automatica, perché è un passaggio assimilato. Quindi quando c’è un pericolo, un allarme, i ragazzi che lavorano devono sapere benissimo cosa fare, in automatico, senza pensare al video di 10 minuti che hanno visto prima di entrare in raffineria.
È stato chiesto per quale motivo si adotta il contratto dei metalmeccanici all’interno di un’industria del settore chimico. La riposta è abbastanza semplice: è quello meno oneroso per la società che lo applica.
Un contratto metalmeccanico costa meno rispetto ad un contratto chimico.

MANIS
È molto doloroso dover parlare di queste situazioni a posteriori, quasi potessimo fare qualcosa per riportare in vita coloro che non ci sono più. Come qualcuno ha detto poco fa, deve sentirsi forte il senso della sicurezza, la cultura della sicurezza, che deve naturalmente farsi strada sin dalla giovane età e riguardare tutti, perché la sicurezza va attuata in qualsiasi settore della vita quotidiana e non deve essere percepita come un fastidio (purtroppo il più delle volte viene insegnata o viene recepita come tale), bensì come un benessere che riguarda tutta la società.
Un altro aspetto importante che vorrei sottolineare attiene alla formazione che viene fatta al personale a tempo determinato, che deve essere svolta secondo norme e regole ben precise e non in maniera approssimativa per assolvere ad un compito che naturalmente è richiesto.
Inoltre vorrei mettere l’accento sulle imprese in appalto che, secondo quanto noi sosteniamo, devono essere nella condizione di avere tutte le caratteristiche per poter accedere ad un appalto; quando parlo di caratteristiche non intendo riferirmi solo a quelle professionali ma in particolar modo a quelle sulla sicurezza, perché la sicurezza costa, e questo la dice lunga.
Infine, forse vado un po’ fuori tema, perché non pensare anche a qualcosa che lo Stato possa dare come riconoscimento a queste vittime del lavoro, come ad esempio delle medaglie che naturalmente comporterebbero per i superstiti, per i figli in particolar modo, determinati benefici?

PRESIDENTE
Utilizzerei le vostre conoscenze tecniche per porvi due domande, poi farò delle conclusioni generali e le risponderò.
Signor Lai, può spiegare meglio come si può immettere ossigeno nell’apparecchiatura se non è aperto il portellone? L’immissione di ossigeno avviene attraverso l’aria che entra nel silos o attraverso il portellone? La nostra è una Commissione d’inchiesta e ci interessa capire cos’è successo.

LAI
L’ossigeno entra una volta aperto il portellone e si satura all’interno.

DONAGGIO (PD)
Quindi bisogna aprire il portellone?

LAI
Può entrare anche dai venti; se lo spurgo è aperto sotto e il vento che è in cima è ugualmente aperto, c’è un flusso d’aria all’interno.
Però, se si satura di ossigeno, ci possono essere degli inneschi.

DONAGGIO (PD)
La domanda è stata specifica: si può immettere ossigeno se non si tiene aperto il portellone?

LAI
Sì, dai venti, perché ci sono due aperture; si crea un flusso d’aria.
Però, per evitare gli inneschi, si mette del flusso d’azoto per saturare l’atmosfera all’interno, in modo da rendere il polmone privo di ossigeno.

DONAGGIO (PD)
Signor Carta, lei ha affrontato un passaggio che ci interessava anche per quanto abbiamo ascoltato in precedenza. I lavori dovevano svolgersi in un arco di tempo di qualche mese e sono stati concentrati in 45 giorni, se ho capito bene. Questo può aver portato ad una sottovalutazione di alcuni passaggi? Prima è emerso un fatto: per accedere a quell’impianto bisogna avere un’autorizzazione scritta, ma – guarda caso – solo in questo episodio è successo che il caposquadra avesse l’autorizzazione scritta ancora in tasca; pare che questa persona si sia mossa di sua iniziativa. Ritengo possibile, invece, che si sia presentata l’esigenza di accelerare i tempi, saltando quindi alcuni passaggi. Questo comporta però un innalzamento delle soglie di rischio, perché quando si eliminano alcuni passaggi si lavora sperando.
Vorrei capire bene questo aspetto: ci si è mossi, ma l’autorizzazione scritta non era ancora stata consegnata. Questo è un punto sul quale sarebbe interessante capire.

CARTA
Con la Saras generalmente vengono fatti degli incontri annuali o nei momenti in cui ci sono le fermate; incontri in cui i sindacati confederali dei metalmeccanici, dei chimici e degli edili si riuniscono e si stabiliscono i tempi. Questi tempi ovviamente sono stati ristretti ed è chiaro – è un’osservazione che ho fatto io, ma mi sembra comune a tutti – che riducendo i tempi (senza voler entrare nello specifico, non sono un operaio della Saras, ma sicuramente avrete modo di interrogare le altre persone direttamente) oggettivamente si può incrementare la possibilità che si verifichi un incidente più o meno grave. Quindi condivido quello che lei ha detto, a prescindere dall’accertamento...

PRESIDENTE
Quello lo farà la magistratura.

CARTA
Potrebbe darsi che ci siano più file per chiedere il permesso di lavoro e quindi il capoturno ci impieghi un tot di ore. Questo può essere successo, naturalmente non siamo in grado...

DONAGGIO (PD)
Mi interessava capire se l’intervento di manutenzione era stato riprogrammato, riducendo i tempi.

CARTA
Questo è sicuro e non penso che possa essere contestato da alcuno.

MARONGIU
Penso che un elemento su cui dovrà interrogarsi la Saras (ma credo che si interrogherà anche questa Commissione proprio per il lavoro che sta portando avanti) è l’ambito di autonomia delle imprese all’interno di un sito così complesso. Il meccanismo di sicurezza funziona se c’è un soggetto che riesce ad esercitare una regia molto stretta su quello che le imprese devono fare. Non vorremmo che le pressioni che si esercitano sui tempi di lavorazione portino poi ad ambiti di autonomia delle imprese all’interno dei cantieri, tali da rompere quella catena così rigida che deve indurre a svolgere lavori altamente pericolosi in condizioni di sicurezza.
Faccio presente che questo non è un problema solo dell’azienda Saras ma riguarda in generale le grandi committenti.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per queste specificazioni preziose per il nostro lavoro. Sarebbe utile che la Commissione acquisisse agli atti anche il documento che state predisponendo, dal momento che noi non raccogliamo solo elementi inerenti questo evento tragico. Chi vi ha preceduto ci ha fornito documentazioni che interessano la Commissione per il lavoro generale che è chiamata a svolgere. Vorrei precisare che le Commissioni lavoro di Camera e Senato incontrano regolarmente tutte le organizzazioni sindacali affinché siano costantemente informate in merito alla formazione ed alla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro. Spesso, quindi, ci vengono dati dei suggerimenti; sicuramente sul problema degli appalti, ad esempio, sarebbe opportuno riceverne qualcuno in più. La Commissione d’inchiesta ha la funzione particolare di acquisire elementi che possono innanzitutto determinare modifiche legislative, sulla base, purtroppo, degli incidenti che si verificano, e aiutare ad accertare, in concorso con la magistratura, le cause degli incidenti (peraltro, parte dei nostri lavori sono secretati).
È ovvio che i compiti cui assolve la Commissione d’inchiesta sono diversi da quelli cui assolve la magistratura. La scelta fatta dal Presidente di questa Commissione, il senatore Tofani, di essere presente in ogni luogo in cui si verificano incidenti (che, purtroppo, sono assai numerosi), non solo è volta a conoscere gli eventi ma anche a dedicarvi attenzione istituzionale. Siamo quindi disponibili ad accordare tutti gli incontri che vengono richiesti ed a ricevere le varie documentazioni. Abbiamo già dedicato un’intera settimana ad ascoltare le principali organizzazioni sindacali, CGIL, CISL, UIL e UGL. Quindi, non siamo carenti nei rapporti istituzionali. Il problema poi della circolazione delle informazioni all’interno di ogni singola organizzazione non è un problema nostro.

LAI
Per quanto riguarda gli appalti, vorrei aggiungere una semplice notazione. Dal momento che lei, Presidente, ha affermato che la Commissione ha anche la funzione di raccogliere elementi per eventuali modifiche legislative, vorrei fare un suggerimento. Sarebbe opportuno che per appalti di un certo importo la tempistica delle operazioni da effettuare durante fermate dello stabilimento così lunghe sia verificata da una commissione esterna in grado di vigilare sull’intera organizzazione. Se ci si limita a definire la tempistica internamente all’azienda, il controllo ha una certa valenza; se invece essa viene vigilata da un organo esterno, la valenza che assume il controllo è un’altra. Ritengo sia utile porre dei vincoli in presenza di determinati livelli di lavoro; non si può pretendere di fare tutto in poco tempo. Ripeto, sarebbe opportuno che un organo esterno valutasse l’intero pacchetto di operazioni che devono essere effettuate nel periodo di fermata, in modo tale da intervenire con criterio sui tempi per poter intrecciare tutte le operazioni che vengono svolte.


Audizione di rappresentanti provinciali delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane



Intervengono il presidente di Confindustria Sardegna meridionale, dottor Alberto Scanu, il presidente della delegazione provinciale dell’API Sarda di Cagliari, dottor Mario Stevelli, il segretario dell’Unione provinciale di Cagliari di Confartigianato, dottor Pietro Paolo Spada, la responsabile provinciale del settore sicurezza della CNA, dottoressa Beatrice Erriu e il segretario di Casartigiani, dottor Ignazio Schirru.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per la vostra presenza a questa audizione.
Le domande che vi rivolgeremo saranno necessariamente limitate, non potendo porre quesiti specifici sull’incidente che si è verificato. Innanzitutto, vorremmo sapere come viene curato l’aspetto formativo nelle aziende del territorio e poi se il sistema degli appalti e dei subappalti preveda un’attenzione particolare da parte vostra. Sappiamo, infatti, che questo è uno degli elementi più complicati da gestire.
Infine, vorremmo conoscere il livello di diffusione del lavoro nero collegato al sistema degli appalti, di cui abbiamo già parlato con i competenti organi dello Stato, centrali e periferici.

SCANU
Sono il presidente di Confindustria Sardegna meridionale.
Siamo noi, signor Presidente, che ringraziamo la Commissione per questa convocazione. Recepiamo immediatamente il messaggio che lei ha voluto darci in merito al tenore delle domande che è assolutamente in linea con quanto ci eravamo proposti di rappresentare in questa sede.
Il sito industriale in cui si è verificato l’incidente, che ha poi sollecitato il sopralluogo della Commissione d’inchiesta, è uno dei poli produttivi più importanti della nostra Regione. In questo momento congiunturale è uno dei pochi poli produttivi che non risentono della crisi internazionale sotto il profilo economico ed occupazionale. È anche un sito molto complesso perché comprende una delle raffinerie più grandi del Mediterraneo, assai rilevante dal punto di vista industriale, organizzativo, infrastrutturale ed ambientale. Peraltro, questo polo industriale è situato all’interno di una zona in cui sorgono altre attività industriali e si sviluppano attività agricole e dell’agroindustria molto importanti. Infine, molto sviluppati sono anche il settore turistico e quello della ricerca che, con il polo Sardegna Ricerche, si estende a pochi chilometri dall’azienda. Questa, quindi, è una delle zone della Regione che presenta uno dei più elevati livelli di PIL.
In merito all’incidente che si è verificato alla Saras, devo innanzitutto far presente che abbiamo registrato un clima sociale molto buono, così come alta è stata la sensibilità delle organizzazioni sindacali. Non ci sono state manifestazioni scomposte, a dimostrazione di un elevato senso di responsabilità.
L’incidente, infatti, è avvenuto, purtroppo, in uno dei siti considerati tra i più sicuri nella nostra Regione. Si tratta di un sito industriale in cui si investe moltissimo in sicurezza, formazione e cultura della sicurezza nel mondo del lavoro; è uno dei siti che utilizziamo come esempio anche nell’ambito dei rapporti che intratteniamo con le organizzazioni sindacali.
La Confindustria di Cagliari ha stipulato nel territorio un patto di governance con CGIL, CISL e UIL e quello della sicurezza nei luoghi di lavoro è uno dei temi sui quali ci confrontiamo abitualmente e che consideriamo tra i più rilevanti. Il polo industriale di Sarroch viene spesso considerato un esempio proprio per la diffusione della cultura della sicurezza.
Di recente abbiamo condotto insieme all’INAIL uno studio molto approfondito sulla componente soggettiva degli incidenti sul lavoro che ha prodotto risultati estremamente interessanti. Possiamo quindi affermare che ci sono ottime relazioni tra le diverse componenti sociali e anche con gli organismi di vigilanza.
Questo incidente è capitato in un posto che viene considerato assolutamente sicuro. Ciò significa che forse non si è ancora fatto abbastanza e che è necessario impegnarsi maggiormente nella sicurezza sul lavoro. Riteniamo che non ci sia un problema di carattere normativo. La sensazione che abbiamo sul territorio è, infatti, che non sia necessario varare nuove norme o inasprire quelle vigenti, perché il problema consiste più che altro in una ulteriore e migliore applicazione, oltre che diffusione, della cultura della sicurezza. Sicuramente, quindi, il tema della formazione, sul quale si fa già abbastanza a livello territoriale, è un aspetto sul quale è necessario investire ulteriormente.
Un altro argomento che stiamo sviluppando anche nell’ambito del tavolo di governance riguarda l’applicazione dell’innovazione tecnologica al tema della sicurezza sul lavoro. Riteniamo, infatti, che possano essere fatti ulteriori investimenti anche alla luce delle innovazioni tecnologiche che si stanno affacciando in questo settore. Sappiamo bene che ciò che si poteva fare poco o non si poteva fare per nulla nel passato è oggi diventato molto più possibile. Questo è un tema su cui stiamo investendo, stiamo organizzando dei progetti e sul quale siamo molto impegnati.
Sul sistema degli appalti esercitiamo una vigilanza continua. Nel nostro territorio la Saras è una delle imprese modello anche per questo dato.
Teniamo incontri continui sui carichi di lavoro e sul sistema degli appalti.
Tenete presente che molte delle imprese che eseguono i lavori in appalto nei poli industriali sono anche nostre associate. Pertanto, all’interno del nostro sistema il dialogo è continuo proprio per evitare scollamenti tra le aziende committenti e quelle appaltatrici e fare in modo che il fenomeno del lavoro nero sia sempre meno presente nel nostro territorio per renderlo poi, più in generale, del tutto assente.

STEVELLI
Sono il presidente della delegazione provinciale dell’API Sarda territoriale di Cagliari. Le domande del Presidente sono fondamentali per le imprese che operano in Sardegna. Sono pienamente convinto che le imprese, prima di tutto, dovrebbero preparare formalmente i loro addetti, aspetto fondamentale per la prevenzione di qualsiasi incidente.
Condivido in pieno le parole del dottor Scanu, alle quali aggiungo che uno degli elementi principali da correggere nel sistema delle gare d’appalto è la dicitura del massimo ribasso che, a mio avviso, dovrebbe essere eliminata. Al suo posto bisognerebbe inserire il riferimento alla qualità e alla sicurezza, oltre che, come requisito, la finalizzazione del progetto alla sicurezza degli addetti. Se si continua a far riferimento al massimo ribasso nelle gare d’appalto, si continuerà a mantenere la Sardegna in una posizione difficile in quanto molte aziende non hanno un fatturato sufficiente per poter partecipare alle gare. Questo ci costringe ad accontentarci di accettare lavori in subappalto, con ricavi peraltro inferiori anche del 30 per cento, sistema che lascia quindi spazio alle assunzioni in nero affinché le ditte possano bilanciare tale elemento negativo. Pertanto credo che occorra incentivare la formazione delle aziende, ma anche tutelarle affinché possano partecipare alle gare d’appalto con la massima tranquillità e serenità.

SPADA
Sono il segretario di Confartigianato interprovinciale. L’incidente occorso presso la Saras può essere considerato come una metafora in materia di sicurezza: essa è infatti considerata a tutti i livelli un’industria in cui la cultura della sicurezza è praticata e imposta come condizione a tutte le imprese subappaltatrici. Nonostante i corposi investimenti compiuti, dunque, abbiamo visto che la fatalità è dietro l’angolo: ciò ci insegna che non bisogna abbassare la guardia.
L’incidente accaduto non si è verificato nel corso di un’operazione particolarmente importante o delicata, ma nel corso di un’operazione di routine. Questo ci induce dunque a concentrarci su alcuni principi fondamentali in materia di formazione: non esistono operazioni talmente facili da essere prive di rischio e dunque non si deve mai abbassare la guardia.
D’altra parte le norme esistono e si sta diffondendo, anche se in maniera difficoltosa, la cultura della sicurezza. Probabilmente nel caso dell’incidente non si è trattato di mancanza di cultura della sicurezza, ma di un errore umano, che va sempre tenuto in considerazione. È dunque vero che non possiamo eliminare al 100 per cento il rischio di incidenti, ma è altrettanto vero che non dobbiamo concentrarci solo sui massimi sistemi, bensì anche sugli aspetti minori.
Tutte le nostre associazioni sono impegnate nella formazione; voglio però evidenziare che per gli artigiani esistono difficoltà oggettive nel trasmettere i contenuti e le necessità previste dalle norme, perché molto spesso vengono vissute come vessazioni. Serve infatti molta fatica per trasmettere il concetto della necessità di investire sulla sicurezza, cercando di far dimenticare la preponderanza dell’aspetto punitivo delle norme. Ci confrontiamo spesso con un rifiuto psicologico, derivante dal fatto che la normativa sovente si concentra più sulla forma che sulla sostanza. La cultura della sicurezza, dunque, deve passare non attraverso la paura della sanzione, ma mirare alla corretta sedimentazione di alcuni principi, che devono essere fatti propri dagli operatori. D’altra parte, la trasmissione di certi concetti è più facile nelle imprese artigiane, perché il datore di lavoro lavora al fianco del suo collaboratore. Intendo dire che, sebbene tutti siamo concentrati e impegnati nello svolgere i corsi previsti, obbligatori per legge, stiamo cercando di andare oltre e di concentrarci sulla ricchezza che viene dalla formazione e da una corretta applicazione del concetto di sicurezza.
Sottoscrivo ciò che è stato appena detto a proposito dei subappalti e in particolare degli appalti al massimo ribasso. Non mi riferisco al caso della Saras, in cui esistono controlli molto severi. Il problema della sicurezza è da mettere in relazione diretta con la normativa e con i ribassi in materia di appalti.

SCHIRRU
Premetto che all’interno dell’Osservatorio sul credito, di cui faccio parte, alcune importanti problematiche accennate in precedenza sono già state discusse ampiamente: a tal proposito ricordo che la nostra organizzazione datoriale, Casartigiani, ha già formulato proposte analoghe a quelle recentemente riportate da «Il Sole 24 ore», riguardo la necessità di una misura di compensazione specifica che consenta alle imprese di compensare i crediti esigibili vantanti nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Non dobbiamo nascondere le numerose difficoltà incontrate dalle imprese artigiane di fronte al prolisso iter normativo ed ai molteplici adempimenti cui le medesime sono state chiamate ad ottemperare nel mese di maggio 2009. La diffusione della cultura della sicurezza perché sia efficace richiede una legislazione ordinata, unitaria e che sia in linea con i tempi fisiologici richiesti dall’impresa. La piccola impresa artigiana non dotata di un’organizzazione stabile necessita di tempi di adeguamento maggiori e dunque di ulteriori proroghe. È stata concessa una proroga per quanto concerne la comunicazione all’INAIL dei nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; tuttavia nell’impresa artigiana si rischia che il datore finanzi il corso di un dipendente che probabilmente di lì a poco si dimetterà, lasciando la ditta in una situazione di grave difficoltà, soprattutto in caso di controlli. Mi riferisco alle imprese artigiane che, in base alla legge n. 443 del 1985, non sperano i 10 dipendenti.
Non parliamo poi dei costi che l’impresa artigiana deve sopportare per essere in regola con la sicurezza: un’analisi in proposito appare più che opportuna. Noi l’abbiamo fatta ed è davvero una fortuna che esistano le nostre organizzazioni sindacali che tengono corsi ed offrono assistenza a prezzi contenuti. Immagino sappiate, ad esempio, cosa comporta la nomina sulla valutazione dei rischi; se analizziamo gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo n. 81 c’è da rimanere basiti. Sono previsti numerosi adempimenti che l’impresa non è in grado di affrontare nell’immediato; c’è decisamente bisogno di maggiore tempo per metabolizzare questa cultura: penso quindi che la microimpresa debba essere aiutata dallo Stato e dalle Regioni prevedendo ulteriori proroghe e maggiori contributi.
Anche l’impresa artigiana si avventura spesso negli appalti diretti e nei subappalti; quando l’appaltante diretto non viene pagato dall’ente pubblico, non viene pagato nemmeno il subappaltatore artigiano, che poi a sua volta non paga gli enti previdenziali, l’IVA, l’IRPEF e non è in grado di ottemperare agli altri adempimenti. Molte imprese si trovano in difficoltà, soprattutto nei settori trainanti dell’economia isolana, come quello edilizio: le costruzioni sono bloccate e i costruttori sono costretti a licenziare.
Questa è la realtà dei fatti e il rappresentante della Confindustria lo può confermare. Se si va a leggere lo studio fatto in proposito dalla nostra organizzazione (che conta 3.000 associati nella Provincia di Cagliari), presentato al Prefetto, non c’è da rallegrarsi. Non parliamo poi del comportamento selettivo degli istituti di credito nei confronti delle imprese, alle quali vengono applicati tassi esorbitanti e ritirati i fidi. È indispensabile superare le rigidità di Basilea 2 a favore di modelli in cui le valutazioni sulle prospettive dell’azienda, da parte di chi deve erogare il credito, siano meno ancorate ad automatismi che spiegano molto poco in merito all’affidabilità dell’azienda.

PRESIDENTE
Le ricordo che abbiamo tempi ristretti per concludere la nostra audizione.

SCHIRRU
Ho voluto parlare delle condizioni in cui si trova l’impresa artigiana in Sardegna. Lascio ora spazio agli altri colleghi.

SCANU
Per quel che riguarda il problema degli incidenti in itinere, segnalo che il polo industriale di Sarroch è collegato dalla strada statale n. 195, su cui urgono lavori di adeguamento. Lanciamo dunque un appello per evitare il verificarsi di altre morti sul lavoro in itinere.

ERRIU
Mi occupo del settore sicurezza della Confederazione nazionale artigiani, a livello provinciale, in particolare degli aspetti prettamente tecnici. Desidero riprendere il discorso del collega Spada, relativo alla formazione e agli adempimenti delle imprese artigiane.
Effettivamente ci troviamo in seria difficoltà, perché equiparare le nostre imprese artigiane, che a volte hanno un solo dipendente, a un’impresa industriale come la Saras è molto difficile. Ciò non perché vi sia mancanza volontà da parte delle impresa: seguo ormai da anni il tema sicurezza, dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 626 del 1994, e lo posso testimoniare. C’è anzi una grande attenzione, perché gli imprenditori artigiani lavorano fianco a fianco con i propri dipendenti e la formazione è continua. Forse bisognerebbe snellire gli adempimenti: non si possono equiparare le piccole imprese artigiane ad un’industria come la Saras.
A volte si perde tempo prezioso – che potrebbe essere meglio utilizzato per la formazione del dipendente – in una serie di passaggi burocratici.
Magari si superano tutti i controlli degli ispettori, ma non si eliminano gli incidenti: lo snellimento degli adempimenti per le imprese artigiane è dunque auspicabile.

SPADA
Vorrei precisare che la normativa sui corsi di formazione contenuta nel decreto legislativo n. 81 del 2008 deve essere rivista; oggi chiunque può fare la formazione: non è infatti previsto un riscontro, né ci sono le garanzie che potrebbe fornire un ente bilaterale o un’organizzazione riconosciuta. Per cui penso sia necessaria una regolamentazione, come è stato fatto per i corsi dei punteggi, che – come sapete – possono essere tenuti solo dagli enti bilaterali e dalle organizzazioni riconosciute.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per il vostro contributo.


Audizione di responsabili della Saras S.p.A.



Intervengono il direttore della comunicazione e relazioni istituzionali del gruppo Saras, dottor Stefano Filucchi, il responsabile del servizio legale Saras, dottor Paolo Ferrero e il dirigente di produzione, ingegner Antonello Atzori.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per essere intervenuti. In considerazione delle indagini in corso, appare opportuno secretare questa audizione.

Ringraziamo dunque gli intervenuti alla nostra audizione.
Dichiaro concluse le audizioni in titolo.
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Fonte: Senato della Repubblica