Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 07 maggio 2020, n. 13844 - Crollo del solaio e responsabilità di un datore di lavoro e di un coordinatore per la progettazione ed esecuzione


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 28/01/2020

 

Fatto

 

1. Con sentenza in data 19 marzo 2019 la Corte d'Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Castrovillari nei confronti di P.G.B. e S.F., in relazione al reato di lesioni colpose ai danni dei lavoratori Z.F.F. e SA.FR., dichiarava non doversi procedere nei confronti dei medesimi imputati per essere il reato loro ascritto estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili.
2. Secondo l'ipotesi accusatoria, condivisa dai giudici di merito, al carico del P.G.B., quale legale rappresentante della Ditta "P. A. s.a.s." e datore di lavoro, e dello S.F., quale coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori, erano ravvisabili gli estremi di una colpa generica e specifica, per le seguenti violazioni:
- il P.G.B. aveva omesso di verificare le condizioni di conservazione e di stabilità della struttura da demolire, non avendo eseguito o fatto eseguire opere di rafforzamento e puntellamento necessarie ad evitare crolli dovuti alla demolizione, e non si era adoperato affinché la demolizione dei muri avvenisse utilizzando ponti di servizio indipendenti dall'opera di demolizione ed il materiale di risulta fosse convogliato in appositi canali (artt.71, 72, 73 e 74 d.P.R. del 7.1.1996);
- lo S.F. aveva omesso di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori e non aveva segnalato al committente, previa contestazione scritta, l'inosservanza delle disposizioni degli artt.7, 8 e 9 del D.Lgs.n.494/96 o le violazioni del contratto e proposto la sospensione dei lavori, ovvero l'allontanamento dell'impresa esecutrice dal cantiere.
Era così accaduto che il 9 giugno 2006, nel corso delle opere di consolidamento dell'abitato in località "Rione Sant'Antonio", mentre le due persone offese erano intente ad eseguire lavori di demolizione di una vecchia struttura senza l'adozione di alcuna misura di sicurezza, il solaio era crollato provocando loro varie lesioni.
3. Avverso la detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi gli imputati, ciascuno tramite il proprio difensore di fiducia.
4. Il ricorso di P.G.B. è affidato a tre motivi.
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt.71/74 d.P.R. del 7.1.1996 e artt.113-590 cod.pen. Osserva che la motivazione della sentenza impugnata è lacunosa sotto il profilo dell'accertamento della colpa generica e specifica, in quanto non fornisce risposta adeguata circa le presunte irregolarità rilevate nella esecuzione dei lavori e si limita a riportare, quanto alla responsabilità dell'imputato, le conclusioni del consulente del P.M. senza sottoporle ad alcun vaglio critico.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al d.lgs.n.81/2008 ed agli artt.125, comma 3, 546, comma 1, lett.e) cod.proc.pen. Deduce che la Corte territoriale è incorsa in un evidente travisamento della prova e conseguenziale erronea applicazione della legge penale, laddove non ha tenuto conto - ai fini della esclusione della responsabilità datoriale - della esistenza di una delega scritta il favore del geom. R.D., già da anni Direttore di Cantiere e Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione, e nello specifico nominato anche Responsabile della Sicurezza, con tutti i poteri di organizzazione del lavoro, gestione, utilizzo e uso dei mezzi antinfortunistici, controllo ed autonomia di spesa per lo svolgimento dell'attività e delle mansioni, delega munita anche formalmente di tutti i requisiti di efficacia indicati dall'art.16 d.Lgs.n.81/2008 (come corretto dal d.lgs.n.106/2009).
4.3. Vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva. Lamenta che il Tribunale, benché più volte sollecitato a fare uso dei poteri istruttori di cui all'art.507 cod. proc.pen. per l'acquisizione di documentazione e l'escussione di ulteriori testi, aveva rigettato le istanze difensive, ed anche la Corte d'Appello aveva ritenuto non necessaria alcuna integrazione istruttoria senza però adeguatamente motivare sul punto.
5. Il ricorso di S.F. è affidato a due motivi.
5.1. Erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione in relazione agli artt.108 cod.proc.pen., 157-159-161 cod.pen. Rileva che nei motivi di appello era stato eccepito il decorso del termine di prescrizione maturato, prima della sentenza di primo grado, e conseguentemente era stata richiesta la revoca delle statuizioni civili. La Corte territoriale, nel conteggiare i periodi di sospensione, aveva illegittimamente tenuto conto anche della sospensione del termine disposta in sede di rinvio dalla udienza del 14.11.2014 a quella del 19.1.2015 per la concessione di un termine a difesa, richiesto ex art.108, comma 1, cod.proc.pen. dal nuovo difensore di fiducia. Detratto tale periodo, il reato si era prescritto sin dal 7 marzo 2015, anteriormente alla sentenza di primo grado, pronunciata il 30 marzo 2015.
5.2. Violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione agli artt.3-4-5- d.lgs.n.494/96. L'Ing. S.F. non aveva ricevuto alcun incarico di coordinatore per la progettazione o di coordinatore per l'esecuzione dei lavori da parte del committente Comune di Corigliano Calabro: in relazione a tale censura si sostiene che la Corte d'Appello ha omesso ogni motivazione.
6. Il difensore della parte civile ha depositato memoria chiedendo dichiararsi inammissibili, ovvero rigettarsi i ricorsi, con conferma delle statuizioni civili.

 

Diritto

 


1. Va preliminarmente osservato che ai sensi dell'art.578 cod.proc.pen., in caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, pronunciata in sede di appello in presenza di una parte civile, la Corte di cassazione è tenuta a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni sui capi della sentenza che concernono gli interessi civili, e pertanto, nella prospettiva di tale decisione, i motivi di impugnazione proposti dall'imputato debbono comunque essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art.129 cod.proc.pen. (Sez.4, n.14450 del 19/03/2009, Rv.244002).
2. Ciò posto, il ricorso proposto dal P.G.B. è infondato.
Invero il ricorrente, pur rubricando le proprie doglianze anche come violazioni dì legge, sollecita questa Corte ad una rivalutazione del compendio probatorio, evidentemente preclusa in sede di legittimità, e propone in ogni caso censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede, avendo ormai da tempo le Sezioni Unite chiarito, con un condivisibile dictum, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (così S.U. n. 35490 del 28/5/2009, Tettamanti, Rv. 244275, nella cui motivazione si è precisato che detto principio trova applicazione anche in presenza di una nullità di ordine generale; conf. Sez. 6, n. 10074 dell'8/2/2005, Algieri, Rv. 231154; Sez. 1, n. 4177 del 27/10/2003 dep. ¡1 2004, Balsano ed altri, Rv. 227098).
Ancora, si è ritenuto che in sede di legittimità non è consentito il controllo della motivazione della sentenza impugnata allorché sussista una causa estintiva del reato, e ciò sia quando detta causa sia sopraggiunta nelle more del giudizio in Cassazione, sia quando, come nel caso che ci occupa, sia stata dichiarata con lo stesso provvedimento nei cui confronti è proposta l'impugnazione (così Sez. 5, n. 588 del 4/10/2013, Zambonini, Rv. 258670).
Va poi ricordato che le Sezioni Unite, nella citata sentenza n.35490/2009, Tettamanti, dirimendo un precedente contrasto giurisprudenziale, hanno tra l'altro affermato che la pronuncia assolutoria a norma dell'articolo 129 cod. proc. pen., comma 2, è consentita al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, delle circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato o la sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, risolvendosi piuttosto in una "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", e non in un "apprezzamento", rispetto a quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia.
Deve pertanto essere ribadito che, allorché le risultanze processuali siano tali da condurre a diverse interpretazioni tutte logicamente corrette, l'omesso proscioglimento ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. non può venire in considerazione come violazione di legge, nè l'eventuale vizio di difetto di motivazione è deducibile in cassazione poiché l'inevitabile rinvio al giudice di merito sarebbe incompatibile con l'obbligo di declaratoria immediata della causa estintiva del reato (così già le risalenti Sez. 5, 24.6.1996, Battaglia; Sez. 6, 9.2.1995, Card ilio, richiamate da Sez.4, n.8135 del 31/01/2019, Rv.275219 e Sez.3, n.46050 del 28/03/2018, Rv.274200).
A tale condivisibile principio si è adeguata la Corte di Catanzaro.
I giudici di appello hanno infatti evidenziato - in base alla deposizione dell'Ing. G., Ispettore tecnico in servizio presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Cosenza, incaricato degli accertamenti nell'immediatezza del fatto e sulla cui attendibilità non vi era ragione di dubitare - che al momento dell'infortunio i due lavoratori stavano eseguendo i lavori di demolizione della vecchia struttura senza l'adozione di alcuna misura di sicurezza, non essendo stati predisposti ponteggi, sostegni indipendenti dall'opera principale e canali per lo smantellamento dei materiali di risulta, e che le attrezzature di lavoro in dotazione erano costituite unicamente in un gruppo elettrogeno, in un martello elettrico e in attrezzi di uso corrente. Il tecnico rappresentava ancora che il P.G.B. aveva elaborato un documento di valutazione dei rischi gravemente insufficiente per i profili interferenti con le modalità dell'infortunio, essendo del tutto privo della valutazione dell'incidenza del rischio nella specifica attività di demolizione, indispensabile per l'elaborazione delle procedure di sicurezza e delle misure da adottare per l'eliminazione o, quanto meno, riduzione al minimo dei rischi di infortunio.
Quanto alla nomina del geometra R.D. a responsabile del servizio di protezione e prevenzione, la Corte di merito ha correttamente affermato che tale figura di garante è volta a fornire al datore di lavoro un supporto tecnico ma non lo esonera dalla responsabilità relativa alla elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi degli artt.17 e 28 del d.lgs.n.81/2008, con conseguente nullità - nel caso specifico - della delega conferita per l'adempimento di obblighi non demandabili.
3. Il primo motivo di ricorso dello S.F. è fondato.
La Corte di Appello ha disatteso l'eccezione di prescrizione del reato, dedotta dalla difesa dell'imputato siccome intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, ritenendola maturata in data 8 maggio 2015 tenuto conto delle sospensioni intervenute alle udienze del 19.4.2012 (rinvio di 56 giorni per impedimento dell'imputato S.F.), del 14.6.2012 (rinvio di 335 giorni per l'astensione dei difensori dalle udienze), del 15.5.2013 (rinvio in misura di 60 giorni per impedimento dell'imputato P.G.B., ex art.159, comma primo, n.3 cod.pen.) e del 14.11.2014 (rinvio di 65 giorni per concessione di termine a difesa).
Come correttamente dedotto dal ricorrente, tuttavia, la sospensione della prescrizione non poteva essere disposta in occasione dell'ultimo rinvio per concessione, ai nuovi difensori, di un termine a difesa.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema infatti "in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano, senza necessità di un provvedimento formale, la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell'imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l'una o l'altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa" (in tal senso, S.U., n.1021 del 28/11/2001, Rv.220509 e successive pronunce delle Sezioni semplici: Sez.7, ord.n.9466 del 25/11/2014, Rv.262670; Sez.4, n.40309 del 04/10/2007, Rv.237783).
Essendo la prescrizione - detratto il periodo indicato - decorsa prima della pronuncia della sentenza di primo grado, debbono essere eliminate le statuizioni civili.
4. Tale decisione estende i suoi effetti al coimputato.
Questa Corte Suprema ha affermato di recente che "L'inammissibilità dell'impugnazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione qualora un diverso impugnante abbia proposto un valido atto di gravame, atteso che l'effetto estensivo dell'impugnazione produce i suoi effetti anche con riferimento all'imputato non ricorrente (o il cui ricorso sia inammissibile) ed indipendentemente dalla fondatezza dei motivi dell'imputato validamente ricorrente, purché di natura non esclusivamente personale, sia quando la prescrizione sia maturata nella pendenza del ricorso, sia quando sia maturata antecedentemente" (Sez.3, n. 16158 del 26/02/2019, Rv.275403).
Tale principio di diritto può essere applicato per analogia, consentita dal favor rei, al caso di specie, in cui, sempre in tema di prescrizione, si controverte - ai fini della permanenza o della revoca delle statuizioni civili - del momento in cui l'effetto estintivo del reato si è prodotto.
Della revoca delle statuizioni civili si giova pertanto anche il P.G.B..
5. Richiamate poi, anche per lo S.F., le considerazioni in diritto esposte nell'esaminare il ricorso del coimputato, va rigettato nel resto il ricorso.
La Corte di Catanzaro, con corretta motivazione, ha infatti rimarcato la carenza del piano di sicurezza e coordinamento redatto dall'imputato, trattandosi di un documento contenente una mera elencazione di norme, ma privo delle linee guida necessarie a dare attuazione alle misure di prevenzione dei rischi specifici in quel cantiere, da adottare per le lavorazioni e le opere di demolizione da eseguire.
Quanto alla titolarità della posizione di garanzia, contestata in questa sede di legittimità, i giudici di appello danno atto che nei motivi di gravame lo S.F., pur negando un atto di incarico formale di coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori, aveva ricevuto dal Comune di Corigliano Calabro l'incarico di redigere un piano di sicurezza, piano le cui evidenti carenze hanno messo a rischio l'incolumità fisica dei lavoratori, ponendosi in rapporto di causalità con gli eventi lesivi.
6. Conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili, che debbono essere eliminate per essere il termine prescrizionale decorso - come già detto - ancor prima della pronuncia della sentenza di primo grado, e rigettati nel resto i ricorsi.
 

 

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili che elimina. Rigetta i ricorsi nel resto.
Così deciso in Roma il 28 gennaio 2020