Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 dicembre 2007, n. 26560 - L'Inail deve risarcire l'infortunio sofferto dal lavoratore per fatti imprevedibili rientranti in una circostanza lavorativa




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCURIO Ettore - Presidente
Dott. ROSELLI Federico - Consigliere
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere
Dott. DE MATTEIS Aldo - rel. Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 


sul ricorso proposto da:
Z.V., già elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 61, presso lo Studio dell'avvocato VENETO Gaetano, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti e da ultimo d'ufficio presso la Cancelleria del Corte Suprema di Cassazione;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato e difeso dagli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA, giusta procura speciale atto notar ANTONIO CALIFANO, coadiutore tempraneo del Dott. CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA dell'1/03/05 rep. 67211;
- resistente con procura -
avverso la sentenza n. 256/04 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 06/03/04 r.g.n. 4476/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/10/07 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;
udito l'Avvocato EMILIA FAVATA per delega RITA RASPANTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
 

 

Fatto

 


Il Tribunale di Trani, Giudice del lavoro, con sentenza 15 ottobre 2002 ha condannato l'Inail a costituire in favore del signor Z. V., socio artigiano della ditta Arte Marmi SNC di Zagaria & Di Modugno, una rendita per infortunio sul lavoro corrispondente alla riduzione del 60% della capacità totale, con decorrenza dal 16 gennaio 1996.
La sentenza veniva impugnata in via principale dall'Inail, e in via incidentale dallo Z., quest'ultimo al fine di ottenere l'aumento del grado di inabilità permanente nella misura del 100% ed il ristoro delle spese mediche e chirurgiche, sul quale il primo giudice non aveva statuito.
La Corte d'appello di Bari, con sentenza 12 febbraio/6 marzo 2004 n. 256, in accoglimento dell'appello dell'Inail, ha respinto la domanda, per difetto della occasione di lavoro. Il giudice di appello ha rilevato che l'infortunio non è avvenuto nelle circostanze narrate nel ricorso introduttivo del giudizio, ma con tutt'altre modalità, che integrano il rischio elettivo.
Lo Z. aveva dichiarato in ricorso, e continua a sostenere in questa sede, che l'infortunio si era verificato il 16 gennaio 1996, verso le ore 8,40 circa, mentre intento al lavoro era salito su due blocchi di pietra che si trovavano accatastati l'uno sull'altro all'interno dell'opifico al fine di misurarli, ponendo un piede in fallo e così precipitando al suolo da un'altezza di circa 3 metri".
Il Giudice d'appello ha ricostruito l'infortunio secondo le seguenti modalità: lo Z. era salito sulla tettoia del magazzino per aiutare un elettricista a riparare il braccio della gru usata per alzare i blocchi di marmo; in questa posizione metteva un piede su una tegola di plastica, che non reggeva il peso, cadendo di sotto da un'altezza di circa tre metri.
Il Giudice di appello ha rilevato che solo nella narrativa del ricorso introduttivo, a seguito del provvedimento negativo dell'Istituto, lo Z. aveva per la prima volta introdotto la versione dell'ascensione e caduta dai blocchi di pietra.
Così ricostruita l'esatta dinamica del sinistro, il Giudice di appello ha respinto la domanda, ritenendo la sussistenza di un rischio elettivo da parte del lavoratore, intendendo per rischio elettivo quello assolutamente diverso rispetto ai rischi inerenti alla situazione lavorativa, sicchè il rischio stesso risulta generato da un'attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro ed esorbitante dai limiti di esso.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione lo Z., con unico motivo.
L'Inail si è costituito con controricorso, resistendo; ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

 

 

Diritto

 


Con unico motivo il ricorrente, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), censura la sentenza impugnata sotto due profili:
1. per la erronea ricostruzione dei fatti;
2. per l'erronea nozione di rischio elettivo.
Il primo motivo è infondato, perchè la motivazione della sentenza impugnata sul punto è ampiamente argomentata, esaustiva, e priva di errori logici o giuridici. Essa ha rilevato che le effettive modalità dell'infortunio risultavano dalla stessa denuncia di infortunio del socio amministratore D.M.A., confermate in sede di dichiarazioni spontanee rese dal medesimo D.M. all'ispettore Inail; dalle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato sia in sede di ricovero ospedaliero che dinanzi all'ufficiale di polizia giudiziaria; dai rispettivi rapporti dei carabinieri di Trani, della polizia di Stato e dell'ispettorato di lavoro di Bari, ove univocamente si riportava il fatto secondo le modalità sopra riferite.
Le modalità dell'infortunio sul lavoro sono dunque quelle indicate nella sentenza impugnata.
Ai fatti, come accertati in corso di causa, il giudice dovrà applicare i corretti principi di diritto (Cass. Sez. Un. 3 febbraio 1998 n. 1099). Infatti il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., implica solo il divieto per il Giudice stesso di attribuire alla parte un bene non richiesto o di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa e si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio; esso non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti ovvero facendo applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante (Cass. 28 novembre 2002 n. 16898).
Ciò posto, è fondato il secondo motivo di censura.
La giurisprudenza di questa Corte è da tempo consolidata nel qualificare il rischio elettivo come una deviazione puramente arbitraria dalle normali modalità lavorative per finalità personali, che comporta rischi diversi da quelli inerenti alle normali modalità di esecuzione della prestazione (Cass. 18 agosto 1977 n. 3789; Cass. 24 luglio 1991 n. 8292; Cass. 17 novembre 1993 n. 11351, Cass. 3 febbraio 1995 n. 1269; Cass. 3 maggio 1995 n. 6088; Cass. 1 settembre 1997 n. 8269).
Secondo altra formulazione il rischio elettivo è costituito da una fattispecie idonea ad interrompere qualsiasi connessione con il lavoro, ed a privare l'evento da ogni aspetto di professionalità (Cass. 6 marzo 1996 n. 1750). Nella giurisprudenza di legittimità più recente, il rischio elettivo, come sopra configurato, costituisce l'unico limite che esclude la occasione di lavoro (Cass. 19 aprile 1999 n. 3885; Cass. 2 giugno 1999 n. 5419; Cass. 9 ottobre 2000 n. 13447; Cass. 8 marzo 2001 n. 3363).
Nè esclude il nesso con il lavoro, e non integra quindi il rischio elettivo, la circostanza che l'atto lavorativo compiuto esuli dalle mansioni contrattualmente previste, purchè nell'interesse aziendale (Cass. 4 marzo 2005 n. 4723).
Con formula ormai consolidata e tralaticia, il rischio elettivo può essere individuato attraverso il concorso simultaneo dei seguenti elementi caratterizzanti: a) vi deve essere non solo un atto volontario (in contrapposizione agli atti automatici del lavoro, spesso fonte di infortuni), ma altresì arbitrario, nel senso di illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) diretto a soddisfare impulsi meramente personali (il che esclude le iniziative, pur incongrue, ma motivate da finalità produttive); c) che affronti un rischio diverso da quello cui sarebbe assoggettato, sicchè l'evento non abbia alcun nesso di derivazione con lo svolgimento dell'attività lavorativa.
L'essenziale carattere della arbitrarietà, e della direzione dell'atto a fini personali, è ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 30 maggio 2001 n. 7367 e Cass. 16 dicembre 1999 n. 14157) richiamata nella sentenza impugnata, ma malamente interpretata ed applicata.
Non si può ritenere arbitraria ed a fini personali l'attività del socio artigiano che aiuta lo specialista a riparare una macchina essenziale per la prosecuzione delle proprie mansioni manuali; nè vi è in causa alcuna questione sulla partecipazione manuale dello Z. all'attività sociale.
La sentenza impugnata va perciò cassata per violazione di legge.
La causa deve essere rinviata ad altro giudice, che si designa nella Corte d'appello di Lecce, perchè accerti se sussista la occasione di lavoro, e per l'eventuale esame dell'appello incidentale dello Z., assorbito dalla pronuncia di rigetto della domanda della Corte d'appello di Bari.

Nel valutare se sussista la occasione di lavoro, il Giudice di rinvio si atterrà alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "Nella nozione di occasione di lavoro, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, rientrano tutti i fatti, anche straordinari e imprevedibili, inerenti all'ambiente, alle macchine e alle persone, sia dei colleghi, sia di terzi, ed anche dello stesso infortunato, attinenti alle condizioni oggettive e storiche della prestazione lavorativa presupposto dell'obbligo assicurativo, funzionali allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l'unico limite del rischio elettivo" (ex plurimis Cass. 9 ottobre 2000 n. 13447).

Il Giudice di rinvio provvedere alle spese processuali del presente giudizio.

 

 

P.Q.M.

 


accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d' Appello di Lecce.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 4 ottobre 2007.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2007