Cassazione Civile, Sez. 6, 09 giugno 2020, n. 10930 - Infortunio in cantiere. Lavoratore subordinato o autonomo 


Presidente: FRASCA RAFFAELE Relatore: RUBINO LINA Data pubblicazione: 09/06/2020

 

Rilevato che:
1.- L'impresa R.C. ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi nei confronti dell'INAIL, avverso la sentenza n. 112 del 2018 emessa dalla Corte d'Appello di Venezia il 2.1.2018, non notificata, con la quale la corte, a conferma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di rivalsa INAIL nei confronti dell'impresa ricorrente in relazione a quanto pagato a tale F. per l'infortunio sul lavoro occorsogli allorchè lavorava nel cantiere dell'impresa.
2. - L'INAIL resiste con controricorso. Non sono state depositate memorie.
3. - Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal d.l. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso.
4 . - Il Collegio, esaminati gli atti, ritiene di convenire con le conclusioni del relatore.
 

Ritenuto che:

questi sono i fatti, per quanto qui ancora rilevano: l'impresa C. è stata condannata a restituire all'INAIL quanto da questa corrisposto ad un soggetto infortunatosi all'interno del suo cantiere, con pronuncia confermata in appello. La ricostruzione dei fatti sostenuta dall'impresa, secondo la quale il soggetto infortunatosi all'interno del cantiere sarebbe stato un lavoratore autonomo, non soggetto a vincolo di subordinazione e quindi tenuto a predisporre autonomamente il suo spazio in cantiere e a dotarsi delle protezioni necessarie non è stata accolta dal giudice di merito, che ha accertato che il F., danneggiato, lavorasse al momento dell'infortunio come lavoratore subordinato per quanto irregolare per il ricorrente, e fosse caduto da un ponteggio mentre lavorava.
Il ricorrente deduce quattro motivi di ricorso, lamentando:
1. La nullità della sentenza in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 4 per violazione dell'art. 132 c.p.c.;
2. la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, 253 c.p.c. e 2087 c.c.;
3. la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2087 c.c., 16 del d.P.R. n. 164 del 1956 ed altre;
4. l'omessa valutazione di un fatto storico decisivo costituito dalla presenza di una scala sul luogo dell'incidente.  Il collegio rileva che, aldilà della evoluzione di norme di diritto con i motivi sostanzialmente, anche a mezzo dell'inserimento di riproduzioni fotografiche e dello scansionamento di ampi passi della verbalizzazione delle testimonianze assunte, il ricorrente tenta di indurre - inammissibilmente - la Corte ad un nuovo accertamento in fatto sulle circostanze idonee a dimostrare che l'infortunato non fosse in realtà un lavoratore subordinato, ma piuttosto un lavoratore autonomo, un subappaltatore con organizzazione a proprio rischio, presente in cantiere, e che in particolare non si trovasse sul ponteggio, privo di adeguate cautele, come gli altri operai, ma su una scala. Se si dice - come esigono i limiti di sindacabilità imposti dal n. 5 dell'art. 360cpc - non sindacabile in questa sede l'accertamento compiuto dalla corte d'appello in base al quale, andando anche contro le dichiarazioni dello stesso danneggiato, la corte ha ritenuto che questi operasse in cantiere come lavoratore dipendente benché irregolare, non è decisiva la circostanza di fatto della quale il ricorrente lamenta l'omessa considerazione con il quarto motivo, ovvero il fatto che al momento dell'incidente il F. si trovasse su una scala anziché su un ponteggio.
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell' art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 5600,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 19 settembre 2019