Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 28 luglio 2020, n. 22690 - Caduta dall'alto durante i lavori di pulizia di una parete rocciosa


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: TORNESI DANIELA RITA
Data Udienza: 21/01/2020
 

Fatto

 

1. Con sentenza emessa in data 2 febbraio 2017 il Tribunale di Salerno dichiarava S.A., unitamente a G.G. e a GR., responsabile del reato in danno di A.N. (capo a), e lo condannava, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti rispetto alla contestata aggravante, alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi sei di reclusione nonché al risarcimento dei danni, in solido con i responsabili civili (Regione Campania, in persona del Presidente, e società cooperativa LA RI.P.A. a r.l.) nei confronti delle parti civili costituite (C.M., in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori e F.I.L.L.E.A. (Federazione italiana dei lavoratori di legno, dell'edilizia, delle industrie affini ed estrattive) - C.G.I. L. Salerno, da liquidare con separato giudizio.
Dichiarava non doversi procedere nei confronti del S.A. per il reato di cui al capo b) per intervenuta prescrizione.
1.1. A S.A., a G.G. e a GR., era contestato il reato:
capo a) di cui agli artt. 113, 589, comma secondo, cod. pen., per avere cagionato per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e in violazione degli artt. 100, comma 3, 18, comma 1, 77, comma 4, 92 e 93, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81/2008, la morte di A.N. il quale, durante lo svolgimento dei lavori in quota (pulizia di una parte rocciosa e messa in sicurezza della stessa), precipitava al suolo da una altezza di almeno 50 metri. In particolare veniva addebitato:
-a S.A., quale committente, responsabile e direttore dei lavori affidati alla società LA RI.PA. (lavori di somma urgenza e consolidamento del costone incombente su via Carmine e via Valle del Dragone del comune di Atrani) e coordinatore della sicurezza di avere omesso, in violazione degli artt. 92 e 93,comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81/2008, di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, il rispetto e l'applicazione del piano di sicurezza operativo (p.o.s.);
- a G.G., nella qualità di datore di lavoro e legale rappresentante dell'impresa esecutrice dei lavori LA RI.PA, veniva addebitato di avere omesso di verificare, in violazione degli artt. 100, commi 2 e 3, e 18 comma 1, 77, comma 4, del d.lgs. n.81/2008, le condizioni di capacità e le condizioni del lavoratore A.N. e di sottoporlo a visita di idoneità alla mansione specifica (operaio rocciatore) prima di affidargli i relativi compiti, non fornendo al lavoratore una formazione adeguata ed il necessario specifico corso di addestramento all'uso ed all'utilizzo del dispositivo di protezione individuale (D.P.I) che egli stava utilizzando, segnatamente un sistema di imbracatura e dispositivo retrattile, omettendo di attuare quanto previsto dal piano di sicurezza adottato;
-a GR., capo squadra e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza individuato dal datore di lavoro, nonché preposto con funzioni di sorveglianza dei lavoratori addetti ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi, di avere violato l'art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2008, per avere omesso di sovraintendere alle attività di osservanza scrupolosa da parte dei lavoratori delle indicazioni contenute nel piano di sicurezza adottato, nonché all'utilizzo corretto dei dispositivi di protezione individuale messi a disposizione dei lavoratori stessi.
Al S.A. era contestato anche il reato di cui all'art. 92, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81/2008 (capo b) perché, nella sua qualità di committente, responsabile dei lavori, direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza di un cantiere dell'impresa LA RI.P.A, non aveva verificato la corretta applicazione, da parte di essa, delle disposizioni contenute nel p.o.s. e delle relative procedure di lavoro, segnatamente con riguardo all'attività pulizia di una parete rocciosa e messa in sicurezza della stessa.
1.2. Dalla ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado risulta che, a seguito di un grave evento alluvionale verificatosi nel comune di Atrani in data 9 settembre 2010, la Regione Campania deliberava l'esecuzione, con somma urgenza, di lavori per il disgaggio e il consolidamento del costone roccioso che interessava una superficie di 3.000 mq. incombente tra via del Carmine e via del Dragone mediante la messa in opera di reti di consolidamento con rete metallica a doppia torsione armata con cavi di acciaio di rinforzo.
La zona limitrofa a quella dell'intervento era caratterizzata da fratture che, tendendo a dislocare volumi rocciosi in condizioni di precario equilibrio, costituivano un potenziale pericolo per la pubblica incolumità, stante la presenza di stradine e di fabbricati sottostanti per cui la Regione Campania deliberava l'esecuzione di ulteriori lavori di messa in sicurezza dell'area individuando quale soggetto attuatore il settore provinciale del Genio Civile di Salerno e impegnava una spesa di euro 100.000.
Tali lavori consistevano in particolare:
a) per la superficie già pulita e non consolidata di 750 mq., nel consolidamento corticale, con posa in opera in aderenza di rete metallica esagonale a doppia torsione con il rafforzamento di un reticolo romboidale in cavi di acciaio;
b) per la superficie limitrofa a quella già consolidata e per un'estensione di mq. 750, nella pulizia di parte della parete rocciosa con il taglio delle piante e della vegetazione infestante, l'eliminazione di masse instabili e il rilevamento puntuale dello stato di suddivisione delle masse rocciose; nell'esecuzione di disgaggio con l'abbattimento di volumi di roccia in condizioni di equilibrio precario e nel consolidamento corticolare con posa in opera in aderenza di rete metallica esagonale a doppia torsione con il rafforzamento di un reticolo romboidale in cavi di acciaio.
Il tutto da realizzare in cordata mediante manodopera specializzata (rocciatori).
Il 27 settembre 2010 veniva redatto, da parte del settore provinciale del Genio Civile di Salerno, il capitolato speciale di appalto firmato dal progettista CE. e vistato dal dirigente del settore, ing. V.DM., oltre che dal responsabile del procedimento ing. S.A. il quale, in servizio dal 1991 presso la Regione Campania, ricopriva all'epoca l'incarico di responsabile di posizione organizzativa "difesa suolo e protezione civile". L'ing. S.A., nell'ambito della vicenda de qua, era stato altresì nominato, con ordine di servizio n. 30 del 1 ottobre 2010, responsabile unico del procedimento, direttore dei lavori e direttore operativo con il compito di redigere il certificato di regolare esecuzione.
L'esecuzione delle attività lavorative veniva affidata, in data 7 ottobre 2010, alla società cooperativa -a responsabilità limitata LA.RI.P.A (Laboratorio e attività di ripristino e di progettazione ambientale) costituita nel 1999 e con sede ad Avellino via Giancola n. 105 il cui legale rappresentante era G.G., qualificato altresì quale direttore tecnico.
Il 15 ottobre 2010 veniva redatto il verbale di consegna lavori (sottoscritto sia dal G.G., quale amministratore unico della LA.RI.P.A, che dal S.A., per il settore del Genio Civile, quale direttore dei lavori), nel quale, dopo la descrizione dei lavori affidati, era previsto che l'impresa si dichiarava disponibile con uomini e mezzi a iniziare da subito i lavori di somma urgenza, attraverso squadre di rocciatori con la previsione del termine del 14 novembre 2010 per l'ultimazione dei lavori.
In data 18 ottobre 2010, la società LA.RI.P.A consegnava al direttore dei lavori ing. S.A. il piano operativo per la sicurezza in cui si procedeva alla seguente descrizione dell'attività da svolgere: "intervento atto a stabilizzare vaste porzioni di parete mediante l'ispezione e il disgaggio di volumi rocciosi instabili. Tale tipologia di intervento ad azione rapida prevede il disgaggio con leve e martinetti idraulici di volumi rocciosi di dimensioni massime di 0,80 +1,00 mc. L'intervento è da considerarsi propedeutico al posizionamento delle reti, in quanto permette di ridurre il materiale instabile presente e permette agli operatori che successivamente posizioneranno le reti di lavorare in sicurezza.

Posa in aderenza di reti a doppia torsione, perforazioni in parete, posa in opera di un reticolo di funi di acciaio di contenimento. Le operazioni principali sono: ricognizione dell'area di intervento, preparazione e delimitazione dell'area di intervento, allestimento cartellonistica, predisposizione di opere provvisionali a valle, attacchi per ancoraggio funi di calata squadra operatori specializzati, rimozione manuale di materiale incoerenti, pulizia del materiale demolito, messa in opera della rete a doppia torsione, esecuzione delle perforazioni di diametro opportuno mediante rotopercussore per l'ancoraggio delle barre di diametro 24, messa in opera delle funi di acciaio di rinforzo ad orditura romboidale 6x3, pulizia e rimozione barriere provvisionali e movimentazione del materiale residuo. Le attrezzature che si utilizzeranno saranno le seguenti: utensili manuali di uso comune, ganci, funi e imbracature, leve e martinetti idraulici, trapani e rotopercussore".
Era inoltre previsto lo svolgimento delle attività lavorative da parte del personale idoneamente formato/informato e addestrato in base alla normativa vigente tanto che veniva richiesto agli operai impegnati l'attestato di frequenza al corso di addetto ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi.
Al p.o.s. veniva altresì allegata la denuncia di nuovo lavoro temporaneo in cui erano dichiarati tre dipendenti della ditta (senza indicarli nominativamente).
In data 17 ottobre 2010 l'impresa comunicava online la presenza di un ulteriore lavoratore, A.N., con la qualifica professionale di "manovale edile".
La mattina del 28 ottobre 2010 e, dunque, dieci giorni dopo l'inizio effettivo dei predetti lavori, si verificava sul costone roccioso l'incidente in cui perdeva la vita A.N..
L'istruttoria dibattimentale evidenziava che quel giorno erano impegnati nei lavori affidati alla società LA.RI.P.A due squadre di operai, una composta da A.F. e A.N. che provvedeva al taglio della vegetazione e degli arbusti con l'ausilio dei necessari attrezzi e l'altra formata da S.F.S. e GR., impegnata nella raccolta e nel convogliamento del materiale di risulta nei punti più adatti per la conseguente distruzione.
Le attività demandate all'A.N. consistevano prevalentemente nel trasporto e nell'incenerimento degli arbusti tagliati e il predetto riceveva le direttive dal GR.. Poco prima delle 11.30 il GR. e lo S., completato il taglio della parte di vegetazione, risalivano il costone roccioso per fare una pausa nel deposito attrezzi. Anche l'A.F. di lì a poco risaliva il costone per dissetarsi e raggiungeva, a sua volta, la piazzola a monte in prossimità del predetto deposito lasciando solo l'A.N. il quale rimaneva da solo ad accatastare i residui degli arbusti a circa 25 metri al di sotto della piazzola. Quest'ultimo, ad un certo punto, pur dotato di scarpe antinfortunistiche, di elmetto antiurto e di sistema anticaduta, per operare più agevolmente si liberava dal vincolo di aggancio dell'imbracatura e, nella movimentazione degli arbusti, scivolava all'improvviso perdendo l'equilibrio e precipitava dal costone dopo un volo di circa 50 metri.
Il Tribunale di Salerno perveniva al convincimento che gli imputati non avrebbero dovuto adibire A.N., con la qualifica di manovale edile (e più precisamente con quella di fabbro), alle mansioni assegnategli, riservate esclusivamente a rocciatori di provata esperienza, così come contemplato nel verbale del 15 ottobre 2010 e nel p.o.s. del 18 ottobre 2010 in quanto i lavori venivano svolti su un costone roccioso impervio e contraddistinto da forti pendenze. Veniva richiamato, tra l'altro, l'art. 116 del d.lgs. n. 81/2008 che, nell'individuare precise prescrizioni in tema di lavoro, contempla il posizionamento di funi e, al comma 2, l'obbligo di fornire ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare nella materia di procedure di salvataggio con la precisazione che la formazione, di carattere teorico - pratico deve riguardare, tra l'altro, "l'apprendimento delle tecniche operative e dei dispositivi necessari, l'addestramento specifico sia su strutture naturali sia su manufatti, l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione, in rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione".
1.3. Quanto, in particolare, alla posizione di S.A., si sottolineava che la sua responsabilità in relazione ai reati contestati andava ravvisata perché era stato nominato dal settore del Genio Civile della Regione Campania responsabile del procedimento e direttore dei lavori, incaricato dal committente di dirigere e coordinare l'esecuzione dei lavori e, in quanto tale, aveva l'obbligo di verificare sia l'adeguatezza che la corretta applicazione del piano operativo per la sicurezza da parte dell'impresa affidataria dei lavori.
Venivano ravvisate carenze nel p.o.s che non prevedeva alcuna valutazione del rischio rispetto all'attività nella quale era impegnato l'A.N. al momento dell'infortunio, ovvero nella fase del taglio e sistemazione degli arbusti, del disboscamento e pulizia dell'area; l'ulteriore addebito a suo carico era costituito dal fatto di non avere accertato, anche tramite mirati sopralluoghi sul cantiere, quali lavoratori fossero in concreto impegnati e le loro competenze specifiche.

2. La Corte di Appello di Salerno, in data 2 ottobre 2018, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto, quanto al S.A., la pena inflitta ad anni uno di reclusione.

3. S.A., a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza deducendo due motivi.
3.1. Con il primo motivo lamenta l'inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 92 e 93 d.lgs .vo n. 81/2008 sostenendo che nel caso in esame solo l'impresa La.Ri.P.a. aveva provveduto a redigere il p.o.s. e a scegliere in autonomia gli operai e che nel caso in esame si trattava di lavori di somma urgenza da realizzare con la procedura dell'appalto.
Evidenzia che l'estraneità del S.A. ad ogni attività di vigilanza circa la sicurezza nel cantiere della società La.Ri.Pa risulta da altri tre documenti (il piano di sicurezza, l'atto di cottimo fiduciario e il capitolato di appalto).
La sentenza impugnata non farebbe inoltre alcuna distinzione fra i compiti e doveri del direttore di cantiere e quelli del direttore di cantiere per conto del committente.
3.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 40 c.p., ed il vizio motivazionale. In particolare, non sarebbe riscontrabile nella condotta attiva od omissiva del ricorrente una qualsivoglia condizione causativa dell'event o lesivo. Sottolinea che la Corte distrettuale gli ha contestato di non avere impedito che l'operaio salisse sulla parete rocciosa, senza precisare a quale titolo e in base a quale norma o pattuizione potesse effettuare una ingerenza in ordine alla formazione delle squadre operative e alla capacità professionale degli operatori , in ordine, cioè, a compiti ed autonomie gestionali facenti capo normativamente e contrattualmente a soggetti diversi.
Sussiste, infine, a parere della difesa, la contraddittorietà della sentenza impugnata in relazione alla valenza che essa attribuisce alle presenze in cantiere, da un lato in termini di omissione, di intervento doveroso, e dall'altro come concreta ingerenza.
 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.


2. Va evidenziato che il giudice di primo grado aveva già compiutamente affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa, seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai fini dell'esame della posizione del ricorrente; di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado in punto di affermazione della responsabilità, la Corte distrettuale, ha richiamato legittimamente, a fondamento del convincimento espresso, anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante. Al riguardo è sufficiente rammentare che è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ("ex plurimis", Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Rv. 197497).
Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque conforme a diritto ed suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, una esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l'infortunio oggetto del processo.
La Corte distrettuale, infatti, dopo aver analizzato gli aspetti della vicenda censurati ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la penale responsabilità dell'odierno ricorrente ragguagliando puntualmente il giudizio di fondatezza dell'accusa al compendio probatorio acquisito, a fronte del quale non possono trovare spazio le deduzioni difensive, per lo più finalizzate a sollecitare una lettura del materiale probatorio diversa e volte ad accreditare un' alternativa generica ricostruzione dei fatti, mediante prospettazioni che risultano formulate in difetto di correlazione con i contenuti della decisione impugnata e si risolvono in mere critiche discorsive a quest'ultima.
Ed invero dalle sentenze di merito risulta che il S.A. rivestiva il ruolo di "responsabile unico del procedimento amministrativo", direttore dei lavori e direttore operativo, per cui incombeva anche sul predetto l'obbligo della verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro. Si rammenta, tra l'altro, che, ai sensi del d.P.R. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2, (Regolamento di attuazione della Legge Quadro dei Lavori Pubblici), il Responsabile del procedimento" provvede a creare le condizioni affinché il processo realizzativo dell'intervento risulti condotto nei tempi e costi preventivati e nel rispetto della sicurezza e la salute dei lavoratori, in conformità a qualsiasi altra disposizione di legge in materia. Inoltre, ai sensi dell'art. 8, lett. f) deve coordinare le attività necessarie alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, verificando che siano rispettate le indicazioni contenute nel documento preliminare alla progettazione e nel progetto preliminare, nonché alla redazione del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano generale di sicurezza. Inoltre, ai sensi dell'art. 8, comma 3, vigila sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di coordinamento e l'eventuale piano generale di sicurezza e il fascicolo predisposti dal coordinatore per la progettazione.
Peraltro risulta comprovato che il S.A. si è concretamente ingerito nell' attività del cantiere, recandosi più di una volta ad Atrani per verificare l'andamento dei lavori, senza accorgersi della presenza di un operaio, A.N., che non solo non era indicato nel p.o.s. ma che non aveva ricevuto alcuna formazione per essere adibito alle mansioni svolte.

3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione, in solido con il responsabile civile, delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che liquida, quanto alla Fillea CGIL in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge, quanto a C.M. in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
 

P.Q.M.
 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione, in solido con il responsabile civile, delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che liquida, quanto alla Fillea CGIL in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge, quanto a C.M. in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 21/01/2020