Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 agosto 2020, n. 16606 - Rendita in capitale in relazione a danno biologico. Decorrenza dalla domanda di aggravamento 


 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BUFFA FRANCESCO Data pubblicazione: 03/08/2020
 

Rilevato che


1. Con sentenza dell'11.12.13, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza 21.1.09 del tribunale di Benevento, ha riconosciuto il diritto di S. alla rendita in capitale in relazione a danno biologico dell'11%, condannando l'INAIL al pagamento della differenza della "rendita in capitale rispetto all'8% riconosciuto in sede amministrativa" e con decorrenza dalla data della domanda amministrativa di aggravamento.
2. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore con tre motivi, cui resiste con controricorso l'INAIL.

Considerato che


3. Con il primo motivo si lamenta -ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione dell'articolo 74 testo unico infortuni e 112 c.p.c., per avere la sentenza ancorato la decorrenza delle differenze alla domanda di aggravamento e non al raggiungimento della data soglia rilevante una volta cessata l'inabilità temporanea assoluta.
4. Il motivo è fondato in quanto la decorrenza dalla domanda di aggravamento riguarda solo la revisione della rendita, e dunque la rendita già costituita in relazione alla quale la percentuale di danno subisca variazione nel tempo (Cassazione Sez. L, Sentenza n. 10626 del 19/07/2002, Rv. 556022 - 01), e non invece il diverso caso in cui sia attribuito-come nella specie- un indennizzo solo in capitale ( e non una rendita) ed inoltre la diversa percentuale di danno sia riconosciuta in relazione al medesimo momento indicato nella domanda amministrativa originaria; in tal caso, infatti, l'indennizzo in capitale riferito ad una data percentuale viene rideterminato (giudizialmente) in relazione ad altra diversa e maggiore percentuale di danno esistente sin dall'origine.
5. Con riferimento alla detta ipotesi, allora, non può trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 84 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (che stabilisce la regola della decorrenza dalla prima rata con scadenza successiva a quella relativa al periodo di tempo in cui è stata richiesta la revisione), la quale si riferisce all'ipotesi di rendita già costituita e di successiva richiesta di variazione di essa, ma il generale principio -già previsto dall'art. 74 del medesimo decreto ( e non modificato dal d.lgs. 38/2000, che ha inciso sulle percentuali rilevanti ma non anche sul dies a quo delle prestazioni)- della decorrenza della prestazione dal momento della cessazione del periodo di inabilità assoluta, essendo all'epoca già presenti le condizioni sanitarie rilevanti nella misura riconosciuta.
6. In tale contesto, quand'anche una domanda amministrativa ulteriore sia presentata dall'assistito al fine della commisurazione del danno a percentuale più elevata rispetto a quella riconosciuta dall'amministrazione, la decorrenza della prestazione nella (maggior) misura riconosciuta va ancorata in ogni caso alla data della cessazione del periodo di inabilità assoluta, e non a quello della ulteriore domanda amministrativa, in quanto sin da quel momento vi erano le condizioni sanitarie rilevanti per la prestazione.
7. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta -ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.- che il CTU non abbia dato corso alla visita domiciliare, pur tardiva, richiesta dalla parte ed abbia espletato operazioni peritali sugli atti di causa su incarico del tribunale.
8. Il motivo è infondato in quanto la sentenza impugnata ha rilevato che era stato fissato l'inizio delle operazioni peritali all'udienza e che la ricorrente non si era presentata alle stesse, di conseguenza ritenendo -con corretta ed adeguata motivazione e tenendo conto di ogni fatto rilevato dalle parti­ che la prosecuzione e conclusione delle indagini in assenza della ricorrente medesima e sulla base degli atti era del tutto rituale.
9. Con il terzo motivo si lamenta -ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli articoli 195 e 196 c.p.c., 13 del d.lgs. 38/2000, per avere la sentenza recepito una CTU affetta da devianza dei canoni fondamentali della scienza medica.
10. Il motivo è inammissibile in quanto non riporta la CTU e viola in tal modo il principio di autosufficienza.
11. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese dì legittimità.

 

P.Q.M.
 



Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri, cassa -in relazione al motivo accolto- la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese di legittimità. Così deciso in Roma nell'adunanza camerale del 6 febbraio 2020