Categoria: Cassazione penale
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  • Appalto e Contratto d'opera
  • Datore di Lavoro
  • Cantiere Temporaneo e Mobile
  • Committente
  • Valutazione del Rischio
  • Piano operativo di sicurezza

Responsabilità per infortunio  durante i lavori di costruzione di una tangenziale: uno degli operai, dipendente di un'impresa appaltatrice, dopo le operazioni di getto del calcestruzzo per l'edificazione di un ponte, nel ritirare il braccio articolato dell'autobetonpompa di cui era il manovratore, urtava con detto braccio contro i fili della linea elettrica di media tensione, tranciandoli e ricevendone una scarica pari a 20.000 volt per effetto della quale decedeva. 

Vengono condannati per omicidio colposo:

- B.A., amministratore unico della capo gruppo COCEMER per avere omesso di valutare specificamente nel piano di sicurezza il rischio connesso alle operazioni di gettata con autobetonpompa in prossimità della linea elettrica ed avere trascurato di prevedere le procedure finalizzate alla interruzione della stessa;
- M.N., direttore della stazione committente A.N.A.S. per omessa vigilanza sull'osservanza del piano di sicurezza nel quale, sia pure in modo lacunoso e generico, era previsto il rischio di elettro-conduzione;
- N.A., datore di lavoro della vittima, per avere omesso di valutare il rischio predetto ed avere consentito agli operai di effettuare operazioni di gettata del calcestruzzo con uso di autobetonpompa a distanza inferiore a cinque metri dalla suddetta linea elettrica.
Veniva imputato anche F.G., legale rappresentante della PAL, proprietario dell'autobetonpompa, che veniva assolto per non avere commesso il fatto;
Il capocantiere ed il direttore tecnico avevano invece patteggiato.

La Corte d'Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, osservava  "premesso che in tema di sicurezza erano stati redatti due documenti, uno dalla Leadri e l'altro dalla COCEMER e che il primo soggetto tenuto al rispetto degli obblighi funzionali alla tutela dell'integrità della salute dei propri dipendenti è il datore di lavoro"... "che nella fattispecie si era in presenza di un appalto pubblico intervenuto con una pluralità di aziende, raggruppatesi in un'apposita Associazione Temporanea di Imprese (A.T.I.) rappresentate all'esterno da quella designata come mandataria o capo-gruppo la CO.CE.MER., legalmente rappresentata dal B.. Pertanto era questa la destinataria dell'obbligo di assicurare il coordinamento delle misure della sicurezza tra tutte le imprese operanti nel cantiere.Tale obbligo era stato adempiuto con la redazione del piano di cui innanzi."

Ricorrono per Cassazione tutti i predetti imputati -  Rigetto.

La Corte afferma che: "In ordine all'applicazione della c.d. "direttiva cantieri" si osserva che la Corte territoriale ha dato atto che il progetto iniziale aveva subito una serie di modifiche, ciononostante, all'atto dell'entrata in vigore della nuova normativa, si era passati alla fase esecutiva...Per altro si ritiene corretta anche l'impostazione di carattere generale, relativa all'interpretazione della normativa in esame, nella parte in cui la Corte territoriale afferma che la stessa non ha inteso deresponsabilizzare il datore di lavoro, ma creare uno strumento attraverso il quale si amplia la platea dei soggetti responsabili della sicurezza, obbligando anche il committente dell'appalto alla valutazione dei rischi ed al controllo sul rispetto da parte delle imprese appaltatici.
Nella fattispecie sia la ditta Leadri che la Cocemer hanno redatto i propri piani di sicurezza, non potendo acquisire alcun piano da parte dell'ANAS.Questi piani sono stati considerati insufficienti dalla Corte d'appello,in quanto non erano espressamente contemplate le misure atte a prevenire infortuni nell'uso dell'autobetonpompa prevista per la gettata di calcestruzzo da effettuarsi vicino a linee elettriche.
Il criterio valutativo utilizzato dai giudici di merito che hanno affermato la necessità che il piano di sicurezza affrontasse in modo specifico tale rischio, offrendo l'indicazione delle misure atte ad affrontarlo, è corretto, non potendosi attribuire alla parte dedicata all'uso di autogrù la finalità di trasposizione di buone prassi, dal momento che l'operatore addetto all'autobetonpompa avrebbe avuto in visione una sezione dedicata all'altro mezzo.
Quanto alle posizioni individuali, correttamente la Corte territoriale non ha esonerato il B. da responsabilità, mancando delega formale espressa e rigorosamente provata di conferimento dei doveri attinenti alla sicurezza ad altri soggetti (cass. pen sez. 4, sent. 7.2.2007 n. 12800).
In ordine al nesso causale, basta osservare che le norme infortunistiche debbono essere adottate per tutelare i lavoratori anche da propri errori; che il datore di lavoro non risponde solo della condotta abnorme del lavoratore, vale a dire di un comportamento che si pone al di fuori del tipo di lavoro cui è addetto, fattispecie che non riguarda il caso in esame.
Analoghe considerazioni possono essere effettuate in ordine al ricorso proposto dall'ing. N., amministratore unico della Leadri srl e datore di lavoro del P..
Quanto all'ing. M., direttore dell'ANAS, committente dei lavori, la Corte territoriale ha ravvisato nel suo comportamento una condotta colposa perchè risulta avere omesso ogni forma di controllo, nonostante le carenze dei piani operativi di sicurezza ed i rischi specifici cui erano esposti i lavoratori.
Ha inoltre preso in considerazione gli argomenti della difesa, secondo la quale il piano della COCEMER prevedeva il pericolo di elettrocuzione ed ha sottolineato come si sia trattato di una valutazione così generica da doversi ritenere inefficace, in quanto mancante di ogni indicazione in ordine alla natura, caratteristiche, cause ed ubicazione di tale rischio; ed altresì di alcuna indicazione atta ad impedire che il rischio cagionasse danno ai lavoratori, salva la previsione di isolamento dei cavi elettrici, misura che non poteva riguardare le linee aeree.
Questo obbligo di controllo è stato rapportato al ruolo di cui l'imputato predetto era investito, di direttore dei lavori, che la Corte spiega in modo dettagliato essere sussistente, nonostante l'assunzione della direzione tecnica da parte del geometra D.."

 

Vd. oggi D.Lgs. 81/08 coordinato con il D.Lgs. 106/2009.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCALI Piero - Presidente -
Dott. CAMPANATO Graziana - Consigliere -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) B.A., N. IL (OMISSIS);
2) M.N., N. IL (OMISSIS);
3) N.A., N. IL (OMISSIS);
4) ANAS;
5) CO.CE.MER S.P.A.;
6) LEADRI S.R.L.;
avverso SENTENZA del 01/02/2007 CORTE APPELLO di LECCE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. CAMPANATO GRAZIANA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. GALASSO Aurelio, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito per la parte civile, l'avv. Nisi Salvatore, che chiede il rigetto dei ricorsi, e la condanna dei ricorrenti alle spese;
udito il difensore avv. Marcuccio per B. e N. che insiste nell'accoglimento dei ricorsi;
avv.ti Manaschio e Loreto, per M., insistono nell'accoglimento dei ricorsi.


FattoDiritto
 
Il giorno (OMISSIS), nel cantiere ubicato a ridosso della strada provinciale (OMISSIS), ove erano in corso i lavori di costruzione della tangenziale del capoluogo (OMISSIS), si verificava un infortunio sul lavoro con conseguente decesso di uno degli operai, P.E., dipendente della ditta Leadri che dopo le operazioni di getto del calcestruzzo per l'edificazione di un ponte, nel ritirare il braccio articolato dell'autobetonpompa di cui era il manovratore, di proprietà della PAL Strade s.r.l. urtava con detto braccio contro i fili della linea elettrica di media tensione, tranciandoli e ricevendone una scarica pari a 20.000 volt per effetto della quale decedeva.
Il procedimento penale per omicidio colposo vedeva imputati con rinvio a giudizio avanti il Tribunale di Lecce, B.A., amministratore unico della capo gruppo COCEMER per avere omesso di valutare specificamente nel piano di sicurezza il rischio connesso alle operazioni di gettata con autobetonpompa in prossimità della linea elettrica ed avere trascurato di prevedere le procedure finalizzate alla interruzione della stessa;
M.N., direttore della stazione committente A.N.A.S. per omessa vigilanza sull'osservanza del piano di sicurezza nel quale, sia pure in modo lacunoso e generico, era previsto il rischio di elettro-conduzione;
N.A., amministratore unico della ditta Leadri per avere omesso di valutare il rischio predetto ed avere consentito agli operai di effettuare operazioni di gettata del calcestruzzo con uso di autobetonpompa a distanza inferiore a cinque metri dalla suddetta linea elettrica.
Venivano imputati anche F.G., legale rappresentante della PAL, che veniva assolto per non avere commesso il fatto;
D.M. e R.M. la cui posizione veniva definita con applicazione della pena.
Il B., il M. ed il N., previa concessione delle attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, venivano condannati ciascuno alla pena di otto mesi di reclusione ed in solido con i responsabili civili CO.CE.MER., ANAS e Leadri al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
Le difese dei predetti imputati censuravano il quadro normativo di riferimento valutato dal tribunale, sostenendo che la c.d. "direttiva cantieri", ossia il D.Lgs. n. 494 del 1996 aveva modificato gli obblighi e le responsabilità dei soggetti coinvolti, ponendo in capo alla committenza (A.N.A.S.) e non alle imprese esecutrici (CO.CE.MER.) l'obbligo della predisposizione del Piano di sicurezza e Coordinamento e del Piano Generale per la Sicurezza.
Pertanto non era necessario secondo la capogruppo Cocemer e la Leadri rivalutare i rischi di contatto con le linee elettriche durante le operazioni di gettata del calcestruzzo, tanto più che nei loro piano di sicurezza operativi vi erano già le disposizioni previste per l'autogrù, veicolo cui l'autobetonpompa era assimilabile.
Secondo il B. ed il N., inoltre, a rispondere del rispetto del piano di prevenzione erano il preposto ed il direttore dei lavori, vale a dire D. e R..
La difesa del M. denunciava, invece, la violazione del principio di correlazione di cui all'art. 522 c.p.p. per essere stato condannato non sulla base del profilo di colpa specifica contestatagli (L. n. 109 del 1994, art. 31), bensì per la pretesa inottemperanza al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, norma non contestata e sulla quale non aveva potuto difendersi e, per altro, diretta ai datori di lavoro ed ai responsabili dell'impresa con poteri decisionali di spesa e ritenuta erroneamente a suo carico nonostante il suo diverso ruolo.

La Corte d'appello di Lecce confermava la sentenza impugnata con pronuncia in data 1.2.2007, affrontando la primaria questione relativa all'individuazione dei soggetti destinatari della normativa antinfortunistica.
Premesso che in tema di sicurezza erano stati redatti due documenti, uno dalla Leadri e l'altro dalla COCEMER e che il primo soggetto tenuto al rispetto degli obblighi funzionali alla tutela dell'integrità della salute dei propri dipendenti è il datore di lavoro, osservava che nella fattispecie si era in presenza di un appalto pubblico intervenuto con una pluralità di aziende, raggruppatesi in un'apposita Associazione Temporanea di Imprese (A.T.I.) rappresentate all'esterno da quella designata come mandataria o capo-gruppo la CO.CE.MER., legalmente rappresentata dal B.. Pertanto era questa la destinataria dell'obbligo di assicurare il coordinamento delle misure della sicurezza tra tutte le imprese operanti nel cantiere.
Tale obbligo era stato adempiuto con la redazione del piano di cui innanzi.
Quanto alla direttiva cantieri di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996, entrato in vigore il 24 marzo del 1997, che secondo il parere del Consiglio di Stato espresso alla Regione Lazio in tema di lavori pubblici deve ritenersi operativo ove alla data indicata sia ancora in corso la redazione del livello esecutivo, anche se l'incarico sia stato conferito in epoca precedente, osservava che l'iniziale progetto esecutivo del 1992 aveva subito nel tempo una serie di modifiche, sulla base delle quali (ultima confluita nel progetto di aggiornamento 24.4.1998 n. 6925) si era fatto luogo alla stipula di un nuovo contratto siglato il (OMISSIS).
Tuttavia i lavori erano già stati concretamente affidati alla parte appaltatrice, per cui la predetta direttiva cantieri non poteva trovare applicazione, essendosi certamente passati alla fase esecutiva del contratto prima della sua entrata in vigore.
Il richiamo operato in detto contratto al D.Lgs. n. 494 del 1996 si era limitato esclusivamente al richiamo dello scrupoloso rispetto da parte dell'impresa appaltatrice, sempre nella veste della mandataria ATI, delle norme previste per la prevenzione degli infortuni sia per i propri dipendenti che per il personale addetti alla D.L., avuto riguardo ai piani di sicurezza di cui alla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 31 coordinata con le successive modifiche.
Inoltre, anche a ritenere entrata in vigore la direttiva cantieri, la Corte affermava che la nuova normativa non era diretta ad escludere dal novero dei responsabili il datore di lavoro, cui continuava a far carico la redazione del piano della sicurezza, ma ampliava la platea dei destinatati della normativa antinfortunistica, accrescendo il numero delle le figure in posizione di garanzia.
In ordine alla valutazione del rischio di elettrocuzione, esso era stato oggetto solo di un esame superficiale, senza alcuna indicazione delle misure atte ad impedire che da esso derivassero pericoli e gravi conseguenze per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Era solo prevista la verifica dell'integrità dei cavi ed il loro isolamento, misura certamente non applicabile alle linee aeree.
Allo stesso modo, secondo la Corte territoriale, nel piano di sicurezza redatto dalla Leadri che considera specificatamente l'uso dell'autobetoniera autopompa per il getto del calcestruzzo le misure indicate, quali l'uso di guanti, calzature isolanti, casco ed attrezzature dotate di isolamento il rischio non era stato calcolato rispetto alle linee aeree.
Quanto alla difesa relativa all'esistenza di preposti, secondo la Corte d'appello, non risultava che il direttore tecnico D. ed il capo cantiere R. avessero ricevuto una formale delega in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
In ordine alla difesa specifica dell'ing. M. il giudice d'appello rilevava che il primo giudice aveva accennato ai mutamenti normativi intervenuti a proposito della figura del committente, richiamando l'obbligo di cooperazione sancito dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, ma tale argomentazione non aveva alterato la contestazione iniziale consistente nell'omissione dell'obbligo di vigilare sull'osservanza del piano di sicurezza, tanto che il tribunale aveva precisato che occorreva fare riferimento alla L. n. 109 del 1994, art. 31 nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dalla L. n. 415 del 1998, entrata in vigore dopo i fatti per cui è processo.
Pertanto non sussisteva la dedotta violazione dell'art. 522 c.p.p..
Quanto al secondo profilo di doglianza l'omissione era conseguente al ruolo di direttore dei lavori, mentre il richiamo contenuto nel contratto dell'ottobre (OMISSIS) che sottolineava all'appaltatrice il dovere di scrupolosa osservanza della normativa antinfortunistica non poteva avere il significato di derogare ad un preciso obbligo di legge.
Inoltre la specificazione che il geom. D. assumeva la direzione dei lavori non poteva attribuire al predetto tale qualifica ai sensi della citata legge, art. 31, perchè questa indicazione era stata effettuata a sensi della L. 10 febbraio 1962, n. 57, art. 1, mentre la qualifica del M. come direttore dei lavori indicato dalla committente non era mai stato revocato in dubbio.
Per altro il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 riguarda il caso in cui l'affidamento dei lavori ad altre imprese avvenga all'interno dell'azienda di cui il committente è legale rappresentante, per cui nasce l'obbligo di fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e sulle misure di prevenzione adottate in relazione alla propria attività, mentre nella fattispecie i lavori si sono svolti nel cantiere allestito dalle sole imprese riunite nell'ATI.
 
Avverso questa decisione hanno proposto ricorso tutti i predetti imputati.
 
Il M. deduce nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, sostenendo che apparentemente la sentenza di appello è confermativa di quella di primo grado mentre nella sostanza la Corte territoriale svolge argomenti diversi e contrastanti con quelli del tribunale in ordine all'applicabilità del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 che ritiene non essere conferente nel caso in esame, senza offrire le specifiche ragioni a sostegno di tale diversa interpretazione del quadro normativo di riferimento.
 
Con il secondo motivo deduce manifesta illogicità, mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla L. n. 109 del 1994, art. 31 in quanto la sentenza non spiegherebbe il contenuto del dovere di vigilanza che incombeva su esso ricorrente.
La contraddittorietà del provvedimento, secondo il ricorrente, emerge chiaramente perchè la Corte d'appello da una parte riconosce che l'impresa appaltatrice aveva presentato il piano di sicurezza ed il M. lo aveva valutato ed il coordinamento era stato implicitamente raggiunto e dall'altro contesta l'omissione dell'obbligo di vigilanza, senza precisarne i confini.
Altro obbligo non era ravvisabile a suo carico, essendo impensabile che gli spettasse di verificare di persona e quotidianamente il rispetto da parte dei lavoratori delle norme antinfortunistiche, essendo questo il compito devoluto ai soggetti preposti a vigilare nel cantiere, vale a dire il D. ed il R..
La sentenza inoltre, secondo il ricorrente, omette di considerare i rilievi della difesa volti a sottolineare l'espressa previsione del rischio di elettroconduzione nella scheda n. 11 del Piano di sicurezza redatto dalla CO.CE.MER. e considera il medesimo non sufficiente, senza indicare le ragioni di ciò, salvo riportare, virgolettato, il pensiero del primo giudice, compiendo inoltre un errore nel riferire il termine cavo alle sole installazioni elettriche a terra e non anche a quelle aeree e nel non considerare pertinenti anche all'autobetoniera le misure antinfortunistiche indicate per l'uso di autogrù per le quali era previsto il posizionamento ad una distanza minima di cinque metri contenute nel piano sicurezza della Leadri.
 
Con il terzo motivo censura la sentenza per il mancato giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche.
 
B. e N. proponevano le medesime censure alla sentenza impugnata.
 
Con il primo motivo deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 164 del 1996, art. 11, della L. n. 55 del 1990, art. 18, D.Lgs. n. 494 del 1996, della L. n. 109 del 1994, art. 31 e della circolare ministeriale dei lavori pubblici del 18.3.1997 n. 41.
In sostanza contestano che il contratto di appalto fosse soggetto alla disciplina della L. n. 55 del 1990 e del D.Lgs. n. 626 del 1994, come affermato dalla Corte d'appello in quanto il progetto originario risalente al 1992 era stato più volte modificato ed il progetto era stato aggiornato con un nuovo elaborato con modifiche tali da dover essere considerato un nuovo progetto, soggetto alla norma normativa, c.d. direttiva cantieri.
Tale novità dipendeva proprio dalla necessità di affrontare le interferenze registratesi a seguito dei sondaggi con condotte e cavidotti interrati, linee elettriche dovute all'intervento dell'Acquedotto, dell'Enel e delle Ferrovie dello Stato.
 Tali novità implicavano una nuova progettazione esecutiva che faceva ricadere l'appalto all'interno delle disposizioni del D.Lgs. n. 494 del 1996 e di ciò era consapevole la Committenza che nel contratto del 16.10.1998 sottolineava l'obbligo di ottemperare alle norme antinfortunistiche ed alla direttiva cantieri.
Ne conseguiva che spettava al committente redigere il Piano di Sicurezza e coordinamento ed il Piano Generale della Sicurezza e non incombeva alla COGEMAR, come sostenuto in sentenza, definire le procedure finalizzate all'interruzione di linea.
Il piano operativo di sicurezza da redigersi a cura dell'appaltatore è invece un atto complementare al piano generale e di coordinamento che deve contenere l'individuzione, l'analisi ed i rischi e le conseguenti procedure esecutive, nonchè le misure di tutela dei lavoratori, ivi comprese quelle relative alla presenza di linee aeree e condutture sotterranee.
 
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11 perchè nel piano operativo di sicurezza predisposto dalla Cogemar e dalla Leadri non sarebbe stato previsto il rischio relativo all'attività da svolgere in prossimità delle linee aere, mentre esso conteneva misure impartite per l'autogrù, che per il principio di trasposizione delle buone pratiche e per le caratteristiche tecniche e funzionali dell'autobetoniera erano estensibili alla medesima per la semplice ragione che il disposto del citato D.P.R., art. 11 era ed è quello di evitare il contatto di masse in particolare metalliche con i cavi nudi in tensione.
Ed era proprio in vista di ciò che il D., direttore del cantiere, aveva predisposto un progetto indicante il punto in cui doveva posizionare l'autobetoniera al fine di evitare contatti con la linea elettrica a braccio completamente steso.
 
Con il terzo motivo si contesta la responsabilità degli imputati B. e N. dal momento che vi erano altri soggetti preposti per il profilo di rispettiva competenza cui erano state delegate le funzioni di sicurezza.

Con il quarto motivo si addebita alla vittima di non avere atteso il capo cantiere R., secondo le disposizioni impartite dal D. e con il suo comportamento di avere interrotto ogni nesso di causalità tra le asserite omissioni e l'evento.
Con il quinto motivo entrambi censurano il mancato giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche.

Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Nello stesso modo ha concluso la difesa delle parti civili, mentre i difensori hanno ribadito le proprie linee difensive, instando per l'annullamento della sentenza impugnata.

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati.
In ordine all'applicazione della c.d. "direttiva cantieri" si osserva che la Corte territoriale ha dato atto che il progetto iniziale aveva subito una serie di modifiche, ciononostante, all'atto dell'entrata in vigore della nuova normativa, si era passati alla fase esecutiva.
Si tratta di una valutazione in fatiche si fonda sulle risultanze processuali dalle quali si apprendono la cronistoria di questo appalto, le vicende giudiziarie, la cui motivazione non manifesta carenze o illogicità.
Per altro si ritiene corretta anche l'impostazione di carattere generale, relativa all'interpretazione della normativa in esame, nella parte in cui la Corte territoriale afferma che la stessa non ha inteso deresponsabilizzare il datore di lavoro, ma creare uno strumento attraverso il quale si amplia la platea dei soggetti responsabili della sicurezza, obbligando anche il committente dell'appalto alla valutazione dei rischi ed al controllo sul rispetto da parte delle imprese appaltatici.
Nella fattispecie sia la ditta Leadri che la Cocemer hanno redatto i propri piani di sicurezza, non potendo acquisire alcun piano da parte dell'ANAS.
Questi piani sono stati considerati insufficienti dalla Corte d'appello,in quanto non erano espressamente contemplate le misure atte a prevenire infortuni nell'uso dell'autobetonpompa prevista per la gettata di calcestruzzo da effettuarsi vicino a linee elettriche.
Il criterio valutativo utilizzato dai giudici di merito che hanno affermato la necessità che il piano di sicurezza affrontasse in modo specifico tale rischio, offrendo l'indicazione delle misure atte ad affrontarlo, è corretto, non potendosi attribuire alla parte dedicata all'uso di autogrù la finalità di trasposizione di buone prassi, dal momento che l'operatore addetto all'autobetonpompa avrebbe avuto in visione una sezione dedicata all'altro mezzo.
Quanto alle posizioni individuali, correttamente la Corte territoriale non ha esonerato il B. da responsabilità, mancando delega formale espressa e rigorosamente provata di conferimento dei doveri attinenti alla sicurezza ad altri soggetti (cass. pen sez. 4, sent. 7.2.2007 n. 12800).
In ordine al nesso causale,basta osservare che le norme infortunistiche debbono essere adottate per tutelare i lavoratori anche da propri errori; che il datore di lavoro non risponde solo della condotta abnorme del lavoratore, vale a dire di un comportamento che si pone al di fuori del tipo di lavoro cui è addetto, fattispecie che non riguarda il caso in esame.
Analoghe considerazioni possono essere effettuate in ordine al ricorso proposto dall'ing. N., amministratore unico della Leadri srl e datore di lavoro del P..
Quanto all'ing. M., direttore dell'ANAS, committente dei lavori, la Corte territoriale ha ravvisato nel suo comportamento una condotta colposa perchè risulta avere omesso ogni forma di controllo, nonostante le carenze dei piani operativi di sicurezza ed i rischi specifici cui erano esposti i lavoratori.
Ha inoltre preso in considerazione gli argomenti della difesa, secondo la quale il piano della COCEMER prevedeva il pericolo di elettrocuzione ed ha sottolineato come si sia trattato di una valutazione così generica da doversi ritenere inefficace, in quanto mancante di ogni indicazione in ordine alla natura, caratteristiche, cause ed ubicazione di tale rischio; ed altresì di alcuna indicazione atta ad impedire che il rischio cagionasse danno ai lavoratori, salva la previsione di isolamento dei cavi elettrici, misura che non poteva riguardare le linee aeree.
Questo obbligo di controllo è stato rapportato al ruolo di cui l'imputato predetto era investito, di direttore dei lavori, che la Corte spiega in modo dettagliato essere sussistente, nonostante l'assunzione della direzione tecnica da parte del geometra D..
Quanto al giudizio di bilanciamento delle attenuanti con l'aggravante contestatale censure sono infondate perchè la Corte di Lecce ha motivato in modo adeguato le ragioni dell'equivalenza; per cui, trattandosi di valutazione di merito, essendo esaminabili solo motivi di illogicità che non appaiono, anche questo motivo va rigettato.
Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle di parte civile di questo giudizio, che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre accessori (spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge).

P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali ed a rifondere le spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio che liquida equitativamente in Euro 3.000,00, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2009