Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 ottobre 2020, n. 22397 - Rendita per malattia professionale. Ricorso inammissibile


 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 15/10/2020

Fatto


che, con sentenza depositata il 24.4.2014, la Corte d'appello di Genova ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di L.A. volta a conseguire una rendita per la malattia professionale asseritamente derivatagli dall'infortunio occorsogli in data 5.8.2010;
che avverso tale pronuncia L.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l'INAIL ha resistito con controricorso;
 

Diritto


che, con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia, ex art. 360 n. 3 c.p.c., "omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza" e "violazione dell'art. 112 c.p.c.", per avere la Corte territoriale "dedicato solo 19 righe alla motivazione, ribadendo sostanzialmente la correttezza della CTU espletata in primo grado, cui ha aderito completamente", senza tenere "in nessuna considerazione le censure mosse nel ricorso in appello" (così il ricorso per cassazione, pagg. 7-8);
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell'art. 92 c.p.c. per non avere la Corte territoriale ravvisato, nel caso di specie, gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di lite;
che, con riguardo al primo motivo, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell'assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità solo ex art. 360 n. 5 c.p .c. e nella misura in cui si denunci una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, risolvendosi altrimenti in un mero dissenso diagnostico non deducibile in sede di legittimità (cfr., fra le tante, Cass. nn. 8654 del 2008, 22707 del 2010, 1652 del 2012 e, tra le più recenti, Cass. nn. 23093 del 2016 e 27807 del 2017);
che, ciò posto, il motivo è all'evidenza inammissibile, proponendosi di veicolare - ad onta del riferimento a presunte violazioni di legge sostanziale e processuale - una richiesta di riesame del giudizio di fatto in base al quale la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza in specie dell'etiologia professionale della malattia denunciata in fattispecie di doppia conforme di merito, in relazione alla quale la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo non è punto ammessa, giusta la previsione dell'art. 348-ter, ult. co., c.p.c . ;
che del pari inammissibile è il secondo motivo, essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, rientrando la facoltà di disporre la compensazione delle spese tra le parti nel potere discrezionale del giudice di merito, non è censurabile per cassazione il mancato uso di tale facoltà, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (così, da ult., Cass. n. 11329 del 2019);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d'inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
 

P. Q. M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell 'adunan: :., am erale del 7.7.2020.