Categoria: Cassazione penale
Visite: 4087

 

Cassazione Penale, Sez. 4, 23 ottobre 2020, n. 29441 - Cedimento del lucernario e caduta del lavoratore. Prescrizione


 

 

 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: PICARDI FRANCESCA
Data Udienza: 06/10/2020
 

 

Fatto

 




1. Il Tribunale di Varese ha condannato A.M.DC. alla pena di euro 1.000,00 di multa per il reato di cui all'art. 590, terzo comma, cod.pen. (per avere, in qualità di amministratore e legale rappresentante della M.D. di M.DC. & C. snc, con colpa consistita nel non avere adottato le misure di protezione necessarie ai lavori in quota, nel non aver fornito informazioni e nel non aver provveduto alla formazione sul punto, cagionato lesioni al dipendente D.T., il quale, percorrendo la copertura dell'edificio, nel trasportare una lastra, metteva il piede su un lucernario, rivestito da vetroresina, che cedeva sotto il suo peso ed, in assenza di dispositivi di protezione individuali e/o collettivi, precipitava dall'altezza di circa m 6,50, in data 15 luglio 2010), mentre ha assolto tutti gli altri imputati.
2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato A.M.DC., il quale ha denunciato: 1) il vizio di motivazione della sentenza ed in particolare la contraddittorietà della propria condanna con l'assoluzione degli altri imputati, tenuto conto delle posizioni di garanzia in materia di sicurezza sul lavoro; 2) il vizio di motivazione in ordine il diniego delle attenuanti generiche, nonostante gli elementi positivi consistenti nella propria incensuratezza, nell'avvenuto risarcimento del danno e nell'immediata eliminazione delle violazioni contestate; 3) l'inosservanza dell'art. 62-bis n. 6 cod.pen. o, comunque, il vizio dI motivazione sul punto, non essendo stata concessa la relativa attenuante, pur essendo stata la persona offesa interamente risarcita grazie all'intervento della compagnia di assicurazione del datore di lavoro.
 

 

Diritto

 


1. Osserva il collegio come il reato per il quale l'imputato è stata tratto a giudizio, che risale al 17 luglio 2010, deve ritenersi prescritto in data 10 gennaio 2019, tenuto conto dei periodi di sospensioni intervenuti.
Al riguardo, ritenuto che l'odierno ricorso non è manifestamente infondato né presenta al profili di inammissibilità, va ribadito che, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontra nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all'imputato, emergono in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una 'constatazione', che a un atto di 'apprezzamento' e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274). E invero il concetto di 'evidenza', richiesto dal secondo comma dell'art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275). Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell'imputato occorre applicare il principio di diritto secondo cui 'positivamente' deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l'assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando l'eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263). Ciò non è riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte - anche tenendo conto degli elementi evidenziati nella motivazione della sentenza di merito - non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo comma dell'art. 129 c.p.p.
4.Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato contestato all'imputato estinto per prescrizione.
 

 

P.Q.M.
 

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso 6 ottobre 2020.