Riposo settimanale spettante ai minori - Riposo di due giorni possibilmente  consecutivi  -  Non applicabilità nel lavoro part time;


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE


Composta dai sigg.ri magistrati:
Dott. Giuseppe Savignano presidente
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Aldo Fiale consigliere
Dott. Franco Amedeo consigliere
Dott. Giovanni Amoroso consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA


sul ricorso proposto dal difensore di S. M., nato a Livorno l'..omissis.., avverso la sentenza del tribunale di Livorno del 29 gennaio 2003;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;

sentito il Pubblico Ministero nella persona del dott. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

osserva.

Fatto

Con sentenza del 29 gennaio 2003, Il tribunale di Livorno condannava S. M. alla pena di 4.000,00 di ammenda, quale responsabile del reato di cui all'art. 22 della legge n. 977 del 1967 e articolo 13 D.Lgs 345 del 1999 successive modificazioni perché, nella qualità di socio accomandatario della società C. Q. s.a.s e datore di lavoro del minore F. S., impiegato nel ristorante - pizzeria della società, aveva omesso di concedere al predetto il prescritto riposo settimanale di due giorni consecutivi. Fatto accertato in Livorno tra il 22 giugno ed il 7 luglio del 2001.

In punto di fatto si era accertato che il minore formalmente assunto il 22 giugno del 2001 alla data del 7 luglio successivo, aveva lavorato per sei giorni settimanali anziché per cinque.

Ricorre per cassazione l'imputato denunciando la violazione dell'art. 22 della legge dianzi citata con riferimento al mezzo d'annullamento di cui all'art. 606 lett., b c.p.p.: sostiene che la norma che prevede il riposo settimanale di due giorni, possibilmente consecutivi, non è applicabile al lavoro part - time

Diritto

Il ricorso è fondato e va accolto.
Premesso che non si dubita dell'esistenza di un rapporto di lavoro part time, si rileva che a tale tipo di rapporto non si applica il principio di cui al secondo comma dell'articolo 22 della legge n. 977 del 1967, in base al quale ai minori deve essere assicurato un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, comprendenti la domenica e che tale periodo, per comprovate ragioni di ordine tecnico - organizzativo, può essere ridotto, ma non può comunque essere inferiore a 36 ore consecutive.

Invero l'articolo 22, nel testo vigente prima della modificazione introdotta con il decreto legislativo dianzi citato, prevedeva che al lavoratore minorenne spettasse un solo giorno di riposo settimanale. La violazione di tale divieto era sanzionata con l'ammenda da £ 4500 a lire 9.000 per ciascuna persona e per ogni giorno cui le contravvenzioni si riferivano con un minimo di lire 60.000. Nessuna regola era dettata per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata giacché, all'epoca della promulgazione della legge n. 977 del 1967, il rapporto di lavoro a tempo parziale ossia quello che obbliga a lavorare in misura ridotta rispetto al modello del lavoro a tempo pieno, ancorché non incompatibile con il sistema per il principio della libertà contrattuale, non era tuttavia regolamentato. La prima disciplina legislativa si rinviene nell'articolo 5 della legge n. 863 del 1984 successivamente modificata dai decreti legislativi nn. 61 del 2000 e 100 del 2001 e da ultimo con l'articolo 46 del D.Leg.vo n. 276 del 2003. In attuazione della direttiva comunitaria n. 81 del 1997 si è stabilito il principio di parità di trattamento del lavoratore a tempo parziale rispetto a quello del lavoratore a tempo pieno inquadrato nello stesso livello, parità mitigata dal principio pro rata temporis previsto dalla medesima direttiva comunitaria, il quale principio comporta un ovvio proporzionamento sia dell'importo della retribuzione che degli altri istituti contrattuali, ovviamente nei limiti in cui sia possibile il proporzionamento. Il legislatore del 1999, intervenendo, in attuazione della direttiva comunitaria 94/33, sulla legge n. 977 del 1967 , ha portato il periodo di riposo settimanale dei minori da uno a due giorni con un minimo di 36 ore consecutive, stabilendo altresì, da un lato, con riferimento agli adolescenti ossia ai minori da 15 a 18 anni impiegati nei settori, turistico, alberghiero o della ristorazione, che il riposo settimanale possa essere concesso anche in un giorno diverso dalla domenica e, dall'altro, per quanto concerne i periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata, che i periodi di riposo settimanale indicati nel comma secondo possono essere interrotti. Da una lettura sistematica della norma e dalla natura del rapporto part - time discende, da un lato, che ai fanciulli ossia ai minori prossimi alla maggiore età impiegati in determinate attività legislativamente previste, quali ad esempio la ristorazione, il risposo possa essere goduto in un giorno anche diverso dalla domenica e dall'altro che il periodo di riposo stabilito nel secondo comma possa essere interrotto nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata.

Ciò premesso, alla fattispecie in esame non si applica il disposto di cui al comma secondo dell'articolo citato per varie ragioni. Premesso che il minore in questione aveva quasi 17 anni al momento del fatto, essendo nato il 20 luglio del 1984, ed era stato impiegato in un'attività di ristorazione, si rileva anzitutto che lo stesso tribunale, per l'esiguo numero delle ore lavorative giornaliere, non ha escluso che il F., durante il periodo preso in considerazione, abbia potuto usufruire di almeno 36 ore consecutive di riposo settimanale ossia dello stesso periodo previsto per i lavoratori a tempo pieno, ma ha ritenuto ugualmente configurabile il reato perché non sarebbero state indicate le ragioni di ordine tecnico - organizzativo, che avrebbero imposto la riduzione del riposo a 36 ore consecutive. La norma però sanziona la mancata concessione del riposo settimanale nella misura minima prevista, ma non la mancata indicazione delle ragioni per le quali il riposo viene ridotto a 36 ore consecutive come è possibile anche per i minori impiegati a tempo pieno. Inoltre, per espressa previsione legislativa, il periodo di riposo settimanale può essere interrotto, nelle ipotesi di attività, come quella in questione, caratterizzata da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata. In proposito si rileva che la stessa regola della periodicità ebdomadaria, ossia della cadenza del riposo settimanale, per giurisprudenza ormai consolidata ammette delle deroghe contrattuali nel senso che il riposo settimanale può essere goduto anche dopo sei giorni lavorativi, purché ciò serva a perseguire interessi apprezzabili e non venga disattesa, nel complesso, la cadenza di un giorno di riposo ogni sei giorni lavorativi, né vengano superati i limiti di ragionevolezza (Cfr Cass civ 28 giugno 2001 n 8820). Nella fattispecie, il periodo preso in considerazione era troppo breve (giorni 17) per escludere l'osservanza della norma avuto riguardo alla possibilità di derogare alla regola della periodicità ebdomadaria. Infine nei rapporti di lavoro a tempo parziale, nel rispetto della regola di non discriminazione, come sopra precisato, si applica il principio di proporzionamento in base al quale, non solo la retribuzione, ma anche gli altri istituti, possono subire riduzioni proporzionate alle ore lavorative ovviamente nei limiti in cui il proporzionamento è possibile. Ora in base agli articoli 36 terzo comma della costituzione e 2109 c.c., secondo la lettura di tali norme offerta dalla stessa Corte Costituzionale (146/71; 102/76) il riposo settimanale non può essere inferiore a 24 ore. Da ciò discende che tale periodo minimo non può subire alcun proporzionamento per i lavoratori a tempo parziale. Il proporzionamento è però possibile allorché il riposo settimanale sia superiore alle 24 ore, fermo restando il rispetto del limite minimo costituzionalmente garantito, giacché in tale ipotesi il proporzionamento non contrasta con il principio di non discriminazione.

P.Q.M.

LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p.
Annulla
Senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste

Così deciso in Roma il 9 giugno 2004
Depositata in cancelleria il 18 luglio 2005.