Cassazione Penale, Sez. 4, 05 novembre 2020, n. 30859 -  Posa della segnaletica autostradale: investimento mortale e importanza di uno sbandieratore


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PICARDI FRANCESCA
Data Udienza: 21/10/2020
 

Fatto


1. La Corte di Appello di Venezia ha confermato la condanna di G.R., legale rappresentante di Asso Italia s.r.l., società esercente l'attività di posa segnaletica stradale ed autostradale, alla pena sospesa di mesi 9 di reclusione per il reato di cui all'art. 589 cod.pen., perché, nella sua qualità di datore di lavoro, con colpa consistita nell'omessa adozione di misure adeguate alla protezione dei lavoratori, nell'elaborazione di un documento di valutazione del rischio generico e carente, nell'omessa formazione, ha cagionato il decesso di F.DG., che, mentre si trovava in un cantiere a Rovigo, lungo l'autostrada A13, sceso dal posto del conducente del furgone, posizionato nella corsia di emergenza, veniva investito da un camion (1° giugno 2007).
2. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l'imputato G.R. che ha dedotto: 1) la violazione degli artt. 40 e 41 cod.pen. ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso di causalità tra le contestate violazioni del datore di lavoro e l'evento letale, affermato senza alcun giudizio contro-fattuale e senza tenere conto delle particolarità del caso concreto, nonostante la causa esclusiva ed assorbente del sinistro sia costituita unicamente dall'erronea manovra del conducente del veicolo investitore, che ha integrato, pertanto, una causa sopravvenuta idonea ad innescare un rischio nuovo, autonomo ed eccentrico rispetto a quello precedente; 2) la violazione dell'art. 4 del d.lgs. n. 626 del 1994 ed il vizio di motivazione sul punto, non potendo equipararsi le due distinte operazioni di pre-posizionamento dei cartelli stradali oltre il guard-rail e di montaggio del cantiere e richiedersi, pertanto, anche per la prima operazione la presenza dello sbandieratore, necessaria, al contrario, solo in assenza di una corsia di emergenza della larghezza di m. 2,50, come desumibile dal documento di valutazione rischi e dal piano operativo di sicurezza, p. 27, in cui è prevista la composizione da parte di due sole unità della squadra di lavoro destinata alla installazione di segnaletica stradale temporanea, possibilità confermata dal manuale di sicurezza per la realizzazione dei cantieri, redatto da Autostrade s.p.a., a cui il datore di lavoro si è attenuto; 3) la violazione dell'art. 7 del d.lgs. n. 626 del 1994 ed il vizio di motivazione sui rapporti tra obblighi del committente e dell'appaltatore, non avendo la Corte di Appello inquadrato il sinistro nell'ambito di quelli derivanti dalla concretizzazione del rischio interferenziale tra committente ed appaltatore.
 

Diritto


1.Il ricorso è infondato.
2. La seconda censura, che ha ad oggetto la violazione dell'art. 4 del d.lgs. n. 626 del 1994 e, dunque, la condotta colposa del datore di lavoro, accertata in giudizio, risulta preliminare rispetto alla prima. Tale doglianza non merita accoglimento.
Occorre preliminarmente ricordare che, nel giudizio penale, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 ud. - dep. 04/11/2013, Rv. 257595 - 01, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione).
Il Collegio ritiene che, nel caso di specie, operi tali principio, nonostante la correzione, da parte del giudice di appello, di alcune imprecisioni marginali della sentenza di primo grado relative alla ricostruzione del fatto, le quali riguardano elementi (in particolare le dimensioni del furgone e la distanza del furgone dal guard-rail) che non incidono sul dato decisivo, in quanto potenzialmente pericoloso, della necessaria discesa del conducente del veicolo (ubicato sulla corsia di emergenza di un'autostrada) dal lato più esposto al rischio di investimento. Parimenti deve evidenziarsi che, nonostante la diversa interpretazione, da parte del giudice di primo e di secondo grado, del documento di valutazione rischi e del piano operativo di sicurezza redatti dal datore di lavoro, da entrambe le sentenze emerge la medesima condotta colposa del datore di lavoro, costituita dall'aver fronteggiato, in modo inadeguato, il rischio da investimento dei propri dipendenti nel corso delle operazioni di apposizione della segnaletica stradale.
Nella sentenza di primo grado le previsioni del documento di valutazione rischi e del piano operativo di sicurezza della Asse Italia s.r.l. sono state ritenute insufficienti a fronteggiare il rischio di investimento dei lavoratori nella fase di posizionamento della cartellonistica stradale. Più precisamente a p. 7, si legge che "è in particolare lacunosa la previsione che le squadre, nel posizionamento dei cartelli, siano composte di due persone, salvo nelle strade senza corsia di emergenza o con corsia di larghezza inferiore a 2,50 metri", in quanto, per i cartelli molto grandi, il cui scarico richiedeva necessariamente l'intervento di due persone (come accertato nel caso in esame), "nelle squadre composte da soli due operai, il conducente doveva in ogni caso scendere dal mezzo per aiutare il collega a scaricare i cartelli più grandi", sicché "l'astratto divieto, impartito ai lavoratori, di scendere dal lato sinistro del mezzo era dunque meramente formale e del tutto inefficace, poiché, per lo svolgimento stesso delle mansioni assegnate, la discesa dal lato sinistro (da parte del conducente) ... era altamente frequente e non evitabile per una squadra composta da sole due persone. Ne deriva che, al fine di fronteggiare efficacemente il rischio di investimento...- anche tenendo conto di eventuali comportamenti colposi, sicuramente non imprevedibili dei terzi che circolano sulla strada - sarebbe stato necessario prevedere, anche per le strade con corsia di emergenza di larghezza superiore a 2,50 m, la necessità di una squadra di tre persone", quantomeno "per consentire al conducente di restare al posto di guida mentre gli altri scaricavano" o, in alternativa, "per segnalare, mediante una bandiera, la presenza di operai".
Le censure del ricorrente non risultano decisive rispetto a tale impostazione, che è confermata anche dal giudice di appello, atteso che, a prescindere dalla necessità o meno della sbandieratore, si è pervenuti all'affermazione della penale responsabilità del ricorrente, in quanto lo stesso non ha adeguatamente fronteggiato il rischio di investimento dei propri dipendenti - in particolare non ha evitato, in assenza di specifiche misure di precauzione, la discesa dai mezzi del conducente, che necessariamente, nella corsia di emergenza di un'autostrada, avviene dal lato più pericoloso (tramite apposite previsioni nel documento di valutazione dei rischi e nel piano operativo di sicurezza, secondo il giudice di primo grado; tramite la vigilanza e l'adozione di misure idonee a contrastare prassi pericolose, secondo il giudice di secondo grado). Il ricorrente si è, infatti, limitato ad insistere sulla non necessità di uno sbandieratore nel caso di specie, senza, tuttavia, evidenziare alcuna manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione dei giudici di merito che hanno correttamente individuato un pericolo collegato, in modo generale e ricorrente, alla lavorazione in atto e l'inadeguatezza della risposta da parte del datore di lavoro.
3. Neppure è fondato il primo motivo, che ha ad oggetto il nesso di causalità, affermato dai giudici di merito con una motivazione esaustiva, non manifestamente illogica e priva di contraddizioni, oltre che in modo del tutto conforme agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di omicidio colposo, l'elemento soggettivo del reato richiede non soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione "ex ante", non avrebbe potuto comunque essere evitato (Sez. 4 n. 34375 del 30/05/2017 ud. - dep. 13/07/2017, Rv. 270823 - 01) e secondo cui l'effetto interruttivo del nesso causale è dovuto a quelle che introducano un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare (Sez. 4, n. 20270 del 06/03/2019 ud.-dep. 13/05/2019, Rv. 276238 - 02).
Il giudice di primo grado ha, difatti, precisato che "qualora la squadra...fosse stata composta da un ulteriore operaio o da uno sbandieratore, non vi sarebbe stata la necessità che F.DG. scendesse dal furgone o, in ogni caso, il conducente dell'autocarro sarebbe stato avvertito della presenza degli operai e si sarebbe tenuto a distanza dal margine della corsia"; quello di appello che "la presenza di uno sbandieratore... avrebbe certamente permesso la maggiore visibilità delle operazioni, indotto il traffico sopravveniente a maggior cautela e, in ultima analisi, escluso o quanto meno reso assai più remota l'eventualità del sinistro".
La manovra del conducente del veicolo sopraggiunto (sig. Be.) non costituisce affatto, contrariamente alla tesi difensiva, un pericolo nuovo o esorbitante rispetto a quelli collegati al tipo di lavoro in atto, che il datore di lavoro era tenuto a valutare e prevenire, ma si traduce proprio nella concretizzazione di uno dei rischi collegati alle operazioni su strada.
Neppure la circostanza che Be. abbia visto il furgone e abbia notato la presenza della vittima sulla sede stradale, effettuando una manovra nel tentativo di evitarlo, è idonea ad incidere sul nesso causale, atteso che la presenza di una terza persona nella squadra avrebbe tendenzialmente escluso la discesa del conducente dal lato sinistro o, in alternativa, ne avrebbe consentito una segnalazione più congrua, così consentendo una condotta di maggiore prudenza da parte dell'ulteriore veicolo sopraggiunto, che quasi certamente avrebbe escluso il sinistro.
Parimenti l'assenza di colpa della vittima non esclude né la colpa del datore di lavoro (che, con la sua vigilanza, avrebbe dovuto impedire la discesa dal mezzo del lavoratore in condizioni di pericolo) né il nesso causale tra le omissioni colpose di quest'ultimo e l'evento letale.
4. Per quanto concerne l'ultima doglianza, avente ad oggetto la mancata valutazione dei rapporti tra gli obblighi del committente Autostrade s.p.a. e dell'appaltatore datore di lavoro, è priva di pregio, in quanto l'appaltatore resta obbligato ad adottare tutte le precauzioni necessarie a tutelare i suoi lavoratori, non potendo essere esonerato dalle responsabilità per le sue omissioni colpose in considerazioni della condotta - sia essa ineccepibile o colposa - del suo committente.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese di lite.
 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite. Così deciso 21 ottobre 2020.