Categoria: Giurisprudenza sul d.lgs.n. 231/2001
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Tribunale di Milano, Sez. XI, 27 marzo 2017, n. 13844 - Istituto della messa alla prova


 

 

Tribunale di Milano XI Sezione penale

nella persona del dott. Stefano Corbetta, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 30 gennaio 2017, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA




in ordine alla richiesta della difesa della società D. SRL, chiamata a rispondere dell'illecito amministrativo dipendente da reato nel procedimento penale in epigrafe ai sensi dell'art. 25 septies, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, ad oggetto la sospensione del procedimento con messa alla prova
 

OSSERVA


L'istanza è inammissibile e, pertanto, deve essere respinta.
La questione avanzata dalla difesa concerne l'estensione dell'istituto della messa alla prova alle persone giuridiche; va precisato che né le norme di cui agli artt. 168 bis ss. c.p., né quelle previste dagli artt. 464 bis ss. c.p.p. e neppure le disposizioni racchiuse nella sezione VI del titolo III d.lgs. n. 231 del 2001, che disciplina i "procedimenti speciali", prevedono, in maniera espressa, che l'ente possa giovarsi dell'istituto in esame; occorre perciò verificare se, nel caso in esame, sia possibile giungere alla soluzione indicata dalla difesa mediante estensione analogica.
La risposta è negativa, per ragioni non tanto di carattere procedurale, quanto di diritto sostanziale. L'istituto della messa alla prova consiste nella sospensione del procedimento per il periodo di tempo corrispondente allo svolgimento di un programma di trattamento che prevede, come attività obbligatoria, l'esecuzione del lavoro di pubblica utilità.
L'istituto in esame ha perciò duplice natura: sostanziale e processuale.
Ai fini che qui rilevano, va evidenziato che, come prevede l'art. 168 bis, comma 3, c.p. la sospensione del procedimento con messa alla prova si manifesta, dal punto di vista afflittivo, attraverso lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che rientra a pieno titolo nella categoria delle sanzioni penali.
La natura ibrida dell'istituto è stata messa in luce dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, laddove ha sottolineato che la messa alla prova "realizza una rinuncia statuale alla potestà punitiva condizionata al buon esito di un periodo di prova controllata e assistita e si connota per una accentuata dimensione processuale, che la colloca nell'ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio (Corte cost. n. 240 del 2015). Ma di essa va riconosciuta, soprattutto, la natura sostanziale. Da un lato, un rito speciale, in cui l'imputato che rinuncia al processo ordinario trova il vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo; dall'altro, istituto che persegue scopi socialpreventivi in una fase anticipata, in cui viene "infranta" la sequenza cognizione-esecuzione della pena in funzione del raggiungimento della risocializzazione del soggetto." (Cass., Sez. Un. 31 marzo 2016, n. 36272, Sorcinelli).
Orbene, in forza del principio di legalità, sancito dall'art. 25, comma 2, Cost., "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso".
Come reiteratamente affermato dalla Corte costituzionale (da ultimo, cfr. sent. n. 230 del 2012), il principio di riserva di legge, nell'accezione recepita dall'art. 25, secondo comma, Cost., "demanda il potere di normazione in materia penale - in quanto incidente sui diritti fondamentali dell' individuo, e segnatamente sulla libertà personale - all'istituzione che costituisce la massima espressione della rappresentanza politica: vale a dire al Parlamento, eletto a suffragio universale dall'intera collettività nazionale, il quale esprime, altresì, le sue determinazioni all'esito di un procedimento - quello legislativo - che implica un preventivo confronto dialettico tra tutte le forze politiche, incluse quelle di minoranza, e, sia pure indirettamente, con la pubblica opinione".
Per pacifica giurisprudenza - sia Costituzionale, sia di legittimità - mentre il principio della riserva di legge può, a certe precise e limitate condizioni, essere relativo quanto alla descrizione del precetto, esso ha carattere assoluto quanto all'individuazione della pena.
Come affermato dalle Sezioni Unite, "la sanzione da applicare ad una fattispecie che ne sia priva non può essere rinvenuta attraverso l'interpretazione analogica. In caso contrario l'interprete della legge si trasformerebbe in legislatore con marcata incidenza negativa sia sul principio di certezza sia sulla stessa efficacia determinante delle disposizioni penali coinvolte in siffatta operazione interpretativa, diretta a correlare, con l'intervento del giudice il comportamento del soggetto attivo del reato ad una pena non costituente oggetto di specifica comminatoria legislativa" (Sez. U, n. 5655 del 26/5/1984, Sommella, RV. 16485701). Di conseguenza, in assenza, de jure condito, di una normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui agli artt. 168 bis c.p. alla categoria degli enti, ne deriva che l' istituto in esame , in ossequio al principio di riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti, e quindi alle società imputate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.



P.Q.M.



rigetta la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova per la società D. S.R.L. e dispone procedersi oltre.
Milano, 27 marzo 2017