Cassazione Penale, Sez. 4, 24 novembre 2020, n. 32876 - Responsabilità della proprietaria di un immobile e committente dei lavori di riparazione del pluviale per caduta del lavoratore dal tetto


Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: FERRANTI DONATELLA
Data Udienza: 10/11/2020
 

 

Fatto



1. La Corte d'Appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 30.09.2014 ha assolto V.G., V.C. e V.S. per non aver commesso il fatto, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di V.CA. perché il reato è estinto per prescrizione, confermando le conseguenti statuizioni civili.

1.1. La imputazione è relativa al reato di cui all'art. 590 comma 1,2,3; 583 comma 2 cod.pen. e 90 IX comma, 299 e 148 Dlgs 81/2008 perché quale comproprietaria dell'immobile sito in Melito e, quindi, committente e datore di lavoro, per colpa specifica consistita: - nell'aver affidato l'incarico di riparare la pluviale dell'immobile a B.F., persona non idonea a svolgere l'attività commissionata, non essendo dotato dei necessari requisiti tecnico-professionali; - nel non aver verificato che la parte del solaio che il B.F. doveva calpestare per effettuare un sopralluogo finalizzato ad eseguire il lavoro affidatogli fosse resistente al suo peso; - nel non aver dato al B.F. dispositivi di anticaduta e non aver impedito che questi, dopo esser salito nella parte superiore dell'appartamento, onde compiere un preventivo sopralluogo finalizzato a verificare quale fosse la causa della perdita della pluviale ed aver utilizzato come passarella tavole di legno che aveva appoggiato sulle tegole esistenti, cadesse rovinosamente a terra al piano inferiore, a causa del cedimento del sottostante tetto di plexiglas sul quale le tegole erano appoggiate. Il B.F. a seguito della caduta si procurava lesioni gravissime e riportava la compromissione della capacità deambulatoria e della postura eretta. In Melito il 8.10.2010

2. La vicenda processuale, all'esito del giudizio abbreviato e la ricostruzione dei giudici di appello veniva così ricostruita: l'infortunio era avvenuto in quanto B.F. era caduto dal tetto dove si trovava per i lavori di riparazione di una delle condotte pluviali di pertinenza dell'immobile commissionati da una delle proprietarie, V.CA. cui veniva attribuita la posizione di garanzia. L'incidente era stato provocato da una delle tegole del tetto che aveva ceduto sotto il peso delle tavole che il B.F. aveva utilizzato per creare un percorso di sicurezza.

3. V.CA., a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza deducendo i seguenti motivi:

I) vizio motivazionale in relazione all'affermazione di responsabilità penale e individuazione quale unica titolare della posizione di garanzia come committente; si tratta di una mera affermazione che la Corte distrettuale giustifica richiamando il contenuto degli atti confluiti nel fascicolo dei giudizio abbreviato.
II) violazione di legge con riferimento alle dichiarazioni rese da V.CA. e dalle sorelle nel corso delle indagini, che non possono definirsi spontanee ma sono state invece sollecitate dai Carabinieri operanti raccolte ai sensi dell'art. 351 cod.proc.pen e come tale inutilizzabili.
 



Diritto



1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo, l'orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art.129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosicchè la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n.35490 del 28/05/2009, Rv.24427501).

Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la Corte territoriale dopo l'esame del compendio probatorio consistito nelle deposizioni rese ai Carabinieri e poi agli ispettori della ASL da B.C., figlio della persona offesa, nei rilievi fotografici, nelle risultanze medico legali, ha escluso e argomentato che possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza dell'imputata e ha applicato la causa estintiva.

Stante la condanna al risarcimento dei danni pronunziata dal primo giudice secondo il disposto dell'art . 578 cod. proc. pen., ha esaminato il fondamento dell'azione civile verificando l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale. In particolare ha correttamente ricostruito la posizione di garanzia gravante sulla V.CA., che aveva commissionato l'incarico al B.F., e alla quale è stata rimproverata, quale proprietaria, la violazione degli specifici doveri imposti al committente privato nei cantieri temporanei sotto soglia, relativi non solo all'obbligo di verifica dell'idoneità dell'impresa ma anche all'obbligo di controllare l'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, così come l'obbligo di inibirne l'attività per le inadempienze riscontrate, soprattutto alla luce del rischio specifico che derivava dal tetto di plexiglass su cui erano poggiate le tegole che hanno ceduto sotto il peso del B.F..

3. Il secondo motivo è inammissibile.

3.1. va premesso che sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell'incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta (quale, nella specie, il rito abbreviato), le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso - in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui all'art. 64 cod. proc. pen. - alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che la medesima abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione. (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, le dichiarazioni che tale persona abbia reso su sollecitazione della polizia giudiziaria nell'immediatezza dei fatti in assenza di difensore non sono in alcun modo utilizzabili, neanche a suo favore). (Sez. 1 - , n. 15197 del 08/11/2019 Ud. (dep. 15/05/2020) Rv. 279125 - 01 ; Sez. 3 n. 20466 del 3.04.2019 rv 275752).

Inoltre va ribadito che il potere del giudice di legittimità di rilevare d'ufficio le cause d'inutilizzabilità non comporta il dovere di ricercare gli elementi di fatto posti a fondamento delle medesime ed è dunque onere della parte interessata offrirne una compiuta rappresentazione e dimostrazione nel ricorso. (Fattispecie relativa alla pretesa inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'indagato senza assistenza del difensore in quanto asseritamente prive del requisito della spontaneità). Sez. 1, n. 26492 del 09/06/2009 Cc. (dep. 25/06/2009 ) Rv. 244039 - 01.

Ove poi con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l'espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n. 30271 del 11/05/2017 Rv. 270303- 01; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452).

3.2. Nel caso in esame l'applicazione dei suddetti principi conforta il giudizio di inammissibilità del motivo, in quanto generico e manifestamente infondato posto che la prova di cui il ricorrente lamenta l'inutilizzabilità non ha avuto incidenza determinante nel giudizio di colpevolezza affermato concordemente dai giudici di merito. Nel caso di specie, inoltre, va precisato che le dichiarazioni rese dalle sorelle V.CA. ai Carabinieri nella immediatezza dei fatti 1'8 e il 9, Ottobre 2010, acquisite al fascicolo del giudizio svoltosi con rito abbreviato, sono state riportate nella parte descrittiva solo nella motivazione della sentenza di primo grado ( fol _ 5/6/7); né il Tribunale nè la Corte territoriale hanno basato il proprio percorso motivazionale per affermare la responsabilità penale di V.CA. su tali dichiarazioni; hanno, infatti, espressamente tratto il proprio convincimento dalle deposizioni rese da Bizzaro Cesare, figlio della persona offesa, oltre che dai rilievi fotografici e dalle risultanze medico legali ( fol.1,2 sentenza impugnata).

4. Al Rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 


Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 10.11.2020