Tribunale di Milano, Sez. Lav., 09 dicembre 2020, n. 9673 - Rappresentante sindacale impegnato nella denuncia delle condizioni di gestione dell'emergenza da covid. E' antisindacale la sospensione cautelare 


 

R G. n. 9673/2020



Il Giudice del Lavoro, Luigi Pazienza

a scioglimento della riserva che precede;

esaminati gli atti di causa e uditi i procuratori delle parti;

OSSERVA
 


Con ricorso depositato il 20.11.2020 la Federazione sindacale territoriale Funzione Pubblica Cgil di Milano ha convenuto in giudizio la Omissis chiedendo di "accertare e dichiarare l' antisindacalità delle condotte poste in essere da Omissis, descritte in narrativa e, in particolare, della sospensione in via cautelare del ... quale atto ritorsivo nei confronti del libero esercizio della funzione di rappresentante sindacale, RLS e dell'esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro, e in ogni caso quale atto idoneo ad impedire al sig. Omissis, e quindi alla FP Cgil, l'esercizio delle prerogative sindacali; 2) emettere ogni più opportuna statuizione per la completa rimozione degli effetti della condotta antisindacale, quali fra le altre, a) ordinare ad Omissis la revoca con effetto immediato della sospensione cautelare del sig. Omissis e il ripristino del rapporto di lavoro; b) ordinare ad Omissis di comunicare l'emanando decreto a tutti i dipendenti della convenuta, mediante affissione nelle bacheche aziendali per almeno trenta giorni nonché a pubblicare sul sito aziendale l'emanando decreto, quanto meno della parte dispositiva; c) ordinare ogni altra misura idonea alla rimozione degli effetti della condotta antisindacale, con vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio la parte resistente chiedendo il rigetto delle domande.

Le domande sono fondate e meritano di essere accolte.

L'art. 28, comma 1, L. n. 300/70 prevede che "Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse , il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti".
La definizione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 St. Lav. non è analitica ma teleologica, poichè individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i "beni" protetti. Pertanto per integrarne gli estremi, è sufficiente che il comportamento datoriale leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario ma neppure sufficiente uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, potendo sorgere l'esigenza di w1a tutela della libertà sindacale anche in relazione a un'errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, cosi come l'intento lesivo del datore di lavoro non può di per sè far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo oggettivamente tale da limitare la libertà sindacale (cfr. Cass. u. 9250/2007). Occorre, quindi, che la condotta abbia in concreto limitato la libertà sindacale o il diritto di sciopero e quindi non ha carattere antisindacale quella condotta che risulti dovuta all'esercizio di un diritto del datore di lavoro al quale non si contrapponga un opposto diritto dei lavoratori che sia valido a contrastare il primo, o all'adempimento di un dovere, imposto allo stesso datore di lavoro da una disposizione di legge dettata a tutela di diritti di pari o superiore dignità (sentenza della Cassazione n. 13383 del 01/12/1999)

Nel caso che ci occupa la Federazione Funzione Pubblica Cgil di Milano impugna la sospensione cautelare dal servizio disposta dalla resistente al dirigente della RSU, coordinatore della organizzazione sindacale presso l'azienda e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, sostenendo che la stessa, adottata nell'ambito di un procedimento disciplinare, è illegittima in quanto sarebbe stata disposta in violazione dell'art. 67 del contratto collettivo comparto sanità applicato e dell'art. 40 del Regolamento interno e rilevando, altresì, che si tratterebbe di una misura finalizzata ad intimidire il sindacalista nello svolgimento della sua attività sindacale.
A tal proposito va ricordato che la sospensione cautelare non è un provvedimento disciplinare ma uno strumento a disposizione del datore di lavoro mediante il quale, in talune situazioni di particolare rilevanza o gravità, può esperire indagini sui fatti contestati al dipendente tenendolo fuori dalla struttura aziendale ma garantendola corresponsione della retribuzione. Le retribuzioni competono al dipendente anche nell'ipotesi in cui il procedimento disciplinare si concluda con una
sanzione conservativa (ammonizione, multa o sospensione). La durata è circoscritta al tempo occorrente per lo svolgimento degli accertamenti e la sua efficacia si risolve con l'esaurimento degli stessi: infatti se il lavoratore non viene licenziato il rapporto riprende il suo corso dal momento in cui è stato sospeso, mentre se egli lascia il servizio, la perdita del posto ed i diritti connessi risalgono alla data della sospensione.
La sospensione cautelare esprime un potere di autotutela dell'imprenditore: essa è temporanea ha carattere discrezionale e trova il proprio fondamento giuridico negli articoli 1206 c.c. (rifiuto della prestazione in presenza di un motivo legittimo) e 2104 c.c. (potere direttivo del datore di lavoro).
La sospensione cautelare non costituisce esercizio del potere disciplinare e, come tale non è sottoposta alle procedure tipiche previste dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori ( Cfr. Cass., 17 febbraio 1981, n. 1104): essa appare come una espressione del parere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro in pendenza dell'accertamento di possibili responsabilità disciplinari o penali del dipendente, per il tempo necessario all'esaurimento del procedimento stesso, destinato ad essere superato dalla conclusione della procedure e non priva il lavoratore della retribuzione a meno che ciò non sia espressamente previsto dalla legge o dal contratto. La Corte di legittimità, chiamata più volte a pronunciarsi sulla natura della sospensione cautelare, ha costantemente affermato, in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale, che si tratta di una misura cautelare e interinale, caratterizzata da provvisorietà e suscettibile di revisione.

Dunque, il provvedimento di sospensione temporanea dal servizio non riveste natura di provvedimento disciplinare, in quanto ontologicamente diverso per natura e funzione da quest'ultimo. La sospensione facoltativa implica una valutazione discrezionale della Amministrazione che deve tener conto, non solo della gravità dei fatti per i quali si procede in sede penale e/o disciplinare, ma anche dell'opportunità di affrontare l'alea insita nella misura cautelare, posto che quest'ultima potrebbe rivelarsi non giustificata all'esito del procedimento disciplinare. Si tratta, quindi, di una valutazione sotto più aspetti non coincidente con quella che si esprime al momento dell'irrogazione della sanzione, sia perché ripetto a quest'ultima la misura persegue una diversa finalità, sia in quanto la sospensione interviene nel corso del processo penale o disciplinare, ossia in un momento anticipato rispetto all'accertamento della condotta nei suoi profili oggettivi e soggettivi (in tal senso, v. Cass. civ., sez. lav., 14/06/2018 n. 15640). Ove l'Amministrazione, valutati i contrapposti interessi in gioco, opti per la sospensione, in difetto di diversa espressa previsione di legge o di contratto, opera il principio generale secondo cui "quando la mancata prestazione dipenda dall'iniziativa del datore di lavoro grava su quest'ultimo soggetto l'alea conseguente all'accertamento della ragione che ha giustificato la sospensione" (Corte Cost. n. 168 del 1973).

Ciò premesso, la contrattazione collettiva assume una valenza normativa decisiva nel comprendere i presupposti e le caratteristiche di tale provvedimento.

Nel caso che ci occupa la convenuta applica ai propri dipendenti il CCNL del Comparto Sanità pubblica. a citato CCNL prevede all'art. 67 "Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare" la seguente disposizione: " Fatta salva la sospensione cautelare disposta ai sensi dell' art. 55 quater comma 3 bis del D.Lgs. 165/2001, l'Azienda o Ente, laddove riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione non inferiore alla sospensione dal servizio e dalla retribuzione, può disporre, nel corso del procedimento disciplinare, l'allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione. Quando il procedimento disciplinare si conclude con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo della sospensione cautelare deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione relativa ai giorni complessivi di sospensione irrogata. 3. Il periodo trascorso in sospensione cautelare, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'attività di servizio".

La resistente ha inoltre redatto il "Regolamento disciplinare personale area comparto e area dirigenziale", il quale in materia di sospensione cautelare con l' art. 40 (Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare) prevede " Nei confronti del personale del comparto, laddove l'Amministrazione, su proposta del Dirigente Responsabile della Struttura o dell' Ufficio Procedimenti Disciplinari, sentito il Dirigente della struttura cui è stato assegnato il dipendente, riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione non inferiore a quella della sospensioue dal servizio e dalla retribuzione, può disporre, nel corso del procedimento disciplinare, l'allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione. 2. Nei confronti del personale dirigenziale, l'Amministrazione, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporre la sospensione dal lavoro dello stesso dirigente, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento. Tale periodo potrà essere prorogato a sessanta giorni nei casi di particolare gravità e complessità. 3. Quando il procedimento disciplinare si concluda con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati. 4. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell'anzianità di servizio.
Appare evidente dalla lettura delle disposizioni del contratto collettivo e del regolamento interno chte la sospensione facoltativa di un dipendente può essere disposta discrezionalmente dal datore di lavoro " laddove si riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare". Nell'ambito del comparto sanità ed al di fuori della ipotesi della pendenza di un procedimento penale ( in questo caso pacificamente insussistente) la sospensione facoltativa assume una caratterizzazione squisitamente probatoria. Si tratta di un provvedimento non disciplinare, interinale, ontologicamente correlato alla necessità di svolgere in tempi rapidi gli accertamenti necessari per verificare la fondatezza degli addebiti. Sotto tale profilo occorre chiarire che non vi sono irregolarità nel procedere alla sospensione cautelare unitamente alla contestazione disciplinare, in quanto la comunicazione della contestazione disciplinare al lavoratore rappresenta il momento iniziale del procedimento disciplinare. Tuttavia considerato che si tratta di un provvedimento discrezionale del datore di lavoro al quale non si applicano le garanzie tipiche del procedimento disciplinare ( il datore di lavoro non ha l' obbligo di assicurare il diritto di difesa al lavoratore come nella ipotesi della sanzione disciplinare), appare quanto mai necessario che tale provvedimento che incide pesantemente sulla sfera giuridica del lavoratore contenga, sia pure in modo sintetico, una motivazione puntuale al fine di dare la possibilità all'interessato di esercitare eventualmente in modo appropriato il diritto di difesa. La motivazione, anche nell'ambito del rapporto di pubblico impiego privatizzato, rappresenta un elemento significativo dell'atto che incide sul rapporto di lavoro, in quanto è funzionale alla salvaguardia del diritto di difesa da parte dell' interessato.
Nel caso di specie il provvedimento di sospensione del 12.11.2020 contiene una motivazione apparente, in quanto si limita ad affermare che dalla contestazione degli addebiti si evince " ... la gravità dei fatti ... tali da rendere incompatibile la presenza in servizio del dipendente con la necessità di accertamento dei fatti da parte degli Uffici preposti e ciò anche al fine di escludere il rischio di ulteriori gravi inadempienze comportanti rilevati danni alla azienda o a terzi medio tempore in attesa dell'accertamento definitivo dei fatti contestati... ". In disparte la considerazione che la sospensione facoltativa cosi come disegnata dal contratto collettivo applicato assolve ad una funzione general-preventiva. non si comprende dal provvedimento a quali danni alla azienda ed a terzi ( quali sarebbero questi soggetti terzi?) si riferisca il datore di lavoro.
Inoltre la resistente non chiarisce in alcun modo quali sono le ragioni che l' hanno indotta a ritenere necessari ulteriori accertamenti istruttori. La contestazione disciplinare del 12.11.2020, infatti, ha ad oggetto un episodio di alterco intercorso tra il Omissis e alcuni colleghi della farmacia pacificamente non seguito da atti di colluttazione fisica, episodio al quale sicuramente hanno assistito altri soggetti. l fatti oggetto di contestazione sono già stati accertati dalla convenuta in base alle segnalazioni della titolare della farmacia. La resistente ha deciso di avviare la contestazione sulla base di quanto riferito dalla dott.ssa Omissis ritenendola estremamente attendibile. Le frasi addebitate al sindacalista sono riportate in modo puntuale ed analitico. I fatti si sarebbero svolti, peraltro, in un tempo oltremodo limitato. Non si comprende cosa altro sia necessario accertare.
Non siamo nell' ambito di un procedimento penale. Sul punto va ricordato che l' art. 55 quater, comma 3-bis d.lgs. 165/2001 stabilisce quali sono le condotte che, per la loro gravità, "determinano" l'immediata sospensione cautelare del lavoratore pubblico. E' evidente la necessità di ricorrere ad una interpretazione tassativa e restrittiva del potere di sospensione cautelare, in quanto si tratta di un provvedimento cautelare al quale, come già osservato, non si applicano le garanzie tipiche del procedimento disciplinare.
L' ipotesi della sospensione cautelare a fini di ulteriori accertamenti ha senso e utilità per fatti complessi, condotte clandestine, ricerca di frodi solo in parte accertate. Inoltre ha una sua giustificazione quando il dipendente ancora presente in azienda possa frapporre seri ostacoli all'accertamento dei fatti. Nel caso che ci occupa la vicenda oggetto della contestazione disciplinare appare semplice sotto il profilo fenomenologico.
Peraltro la resistente nella comparsa non ha allegato né tanto meno provato di aver sentito alcuno dei colleghi presenti all' incontro tra il Omissis e la Omissis ed agli ulteriori eventi citati nella contestazione disciplinare del 12.11.2020.
La disposizione normativa prevede un termine massimo di trenta giorni strettamente funzionale ad uno svolgimento della attività istruttoria il più rapido possibile. La resistente, invece, in sede di interrogatorio libero ed in sede di discussione ha ammesso di non aver fatto alcuna attività istruttoria, senza fornire alcuna giustificazione plausibile delle ragioni per le quali dopo più di tre settimane dall'inizio della sospensione del sindacalista nessun atto di accertamento sia stato compiuto. Se appariva quanto mai evidente evitare che il Omissis fosse presente sui luoghi di lavoro al fine di acquisire nel modo più genuino possibile le fonti di prova non si comprende per quali ragioni dopo ben tre settimane dalla disposta sospensione non sia stato sentito nessuno dei soggetti presenti al fine di comprendere se i fatti si sono svolti come evidenziato nella contestazione disciplinare oppure come raccontato dal Omissis. Dall'esame di tali dati si può ben affermare che manchi del tutto il presupposto giustificativo della sospensione: la resistente avrebbe potuto acquisire le giustificazioni del sindacalista ed eventualmente completare la istruttoria con la acquisizione di ulteriori contributi da parte di altri soggetti senza ricorrere a tale provvedimento eccezionale.

Questa sicuramente non è la sede per valutare il merito delle contestazioni a carico del ricorrente. Non si può non evidenziare, tuttavia, la circostanza che a seguito delle numerose segnalazioni e contestazioni disciplinari pervenute al sindacalista dal marzo 2020 sia stata comminata una sola sanzione di due giorni di sospensione.
Inoltre da un confronto tra le segnalazioni inviate dal rappresentante sindacale agli uffici della convenuta e l'avvio di procedure disciplinari a carico del medesimo emerge un dato chiaro, ossia la stretta correlazione temporale fra i rilievi del sindacalista e l' attivazione delle segnalazioni disciplinari. Infatti dalla documentazione prodotta da parte ricorrente si evince che il il 22.10.2020 segnalava che il dott. Omissis si spostava all' interno dei reparti insieme ad altre persone senza indossare i dispositivi di protezione prescritti; in data 22.10.2020 segnalava ancora il mancato rispetto delle prescrizioni e l'utilizzo dei dispositivi di protezione per la circolazione nei reparti; in data 23.10.2020 chiedeva chiarimenti in ordine alla sorveglianza sanitaria in relazione ai reparti di odontoiatria e dialisi A fronte dì tali rilievi nel periodo tra il 22 ed il 28.10.2020 a carico del Omissis venivano effettuate ben tre segnalazioni disciplinari: la segnalazione disciplinare del 22.10.2020 avente ad oggetto la circostanza che il ... avesse fumato senza indossare i dispositivi di protezione in una area non dedicata ed alla presenza della dott.ssa ..., (segnalazione per la quale è stato avviato in data 16.11.2020 un procedimento disciplinare); la segnalazione disciplinare del 26.10.2020 a seguito del rinvenimento di un mozzicone di sigaretta appena spento nel cestino di un locale del servizio Farmacia; La segnalazione disciplinare del 28.10.2020 per avere ... pubblicato sul social network "Facebook" un " post'' dai contenuti diffamatori.
Una nuova coincidenza temporale si verifica nei giorni successivi: tra il 9 e il 12 novembre il Omissis effettuava tre segnalazioni ( Cfr. docc. 22, 23 e 24 del fascicolo della 1icorrente), mentre in data 11 novembre 2020 veniva intervistato per "Il Fatto Quotidiano" , il cui articolo veniva pubblicato il giorno seguente 12 novembre. Dopo tali episodi e solo poche ore dopo la pubblicazione del citato articolo la convenuta avviava una nuova procedura disciplinare adottando per la prima volta la contestuale sospensione cautelare impugnata in questa sede.
A differenza di tutti i precedenti procedimenti disciplinari, nei quali la segnalazione all' Ufficio procedimenti disciplinari veniva trasmessa per conoscenza anche al lavoratore e il procedimento vero e proprio veniva avviato a distanza di diversi giorni o settimane, in questo caso il procedimento con la relativa contestazione di addebiti viene avviato dopo appena due giorni il verificarsi del presunto evento e senza la preventiva notificazione al sindacalista della segnalazione disciplinare. Appare sul punto poco verosimile la tesi di parte resistente secondo cui la nota allegata nel fascicolo telematico contenente la segnalazione disciplinare del 10.11.2020 sarebbe stata consegnata a mano da parte del dirigente ... al ... nel pomeriggio del 10.11.2020. In disparte la considerazione che appare poco plausibile che un dirigente si sia dimenticato di acquisire una attestazione sottoscritta dal lavoratore che certifichi la consegna a mano di un atto di tale importanza. non si comprendono le ragioni per le quali in tutti i precedenti casi di avvio di procedimenti disciplinari al Omissis sia stata inviata una comunicazione email e sia stata effettuata la consegna a mano della segnalazione con relativa attestazione, mentre in questo specifico caso non sussistono alcuna comunicazione email e nemmeno un dato documentale che attesti la avvenuta consegna.
Quanto ai contenuti della contestazione di addebiti del 12 novembre 2020 relativi ai fatti del 10 novembre non si può non notare che tali fatti sono riferiti in maniera alquanto parziale , omettendo del tutto il riferimento al fatto che il diverbio tra colleghi del 10.11.2020 si era svolto a margine di una riunione del personale della farmacia dalla quale lo stesso lavoratore era stato escluso; viene inserito nella contestazione il riferimento ad una precedente condotta del 2019 (al fine di introdurre un carattere di reiterazione delle presunte condotte aggressive, senza il quale la condotta ipoteticamente addebitata non potrebbe mai giustificare una sanzione disciplinare grave alla stregua del codice disciplinare del CCNL) che tuttavia non è mai stata contestata al Omissis. La enfatizzazione della vicenda emerge altresì dalla nota stampa della resistente del 12 novembre 2020, la quale, di fronte al clamore della notizia dell'allontanamento del rappresentante sindacale dal ..., riferiva alla stampa che lo stesso si sarebbe reso responsabile di "uno scomposto e grave comportamento ... nei confronti delle sue dirigenti" ( cfr. doc. 35 del fascicolo della ricorrente): la stessa lettera di contestazione smentisce tale ricostruzione della vicenda, parlando di presunte condotte del Omissis verso colleghi e farmacisti,mentre l'unica dirigente dell'Unità operativa, la dott.ssa ..., è colei che invia la segnalazione all'Ufficio senza in alcun modo citare comportamenti del Omissis nei suoi confronti.
Infine occorre precisare che se non appare convincente la tesi della difesa della ricorrente che ritiene, sulla base di una serie di disposizioni legislative, non applicabile l'istituto della sospensione cautelare al responsabile sindacale, in quanto tale tesi comporterebbe per chi svolge attività sindacale una sorta di immunità priva di alcuna copertura normativa ed in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori non appare sicuramente fondata la tesi di parte resistente secondo cui la sospensione dalla attività lavorativa non comporta ex se un annichilimento della capacità del lavoratore di fare attività sindacale. In disparte la considerazione che la nota contenente l'invito per la riunione sindacale del 18.11.2020 reca la data del 11.11.2020, ossia del giorno precedente alla data del provvedimento di sospensione ( quindi non si può affermare che la resistente con l'invito in questione abbia sostanzialmente avallato la possibilità per il lavoratore di continuare a svolgere senza alcuni problema la attività sindacale), non appare concepibile una attività sindacale disancorata da una presenza quotidiana del sindacalista nei locali aziendali soprattutto nell'ambito di un settore come quello della assistenza degli anziani in cui opera la convenuta. La sospensione del lavoratore sindacalista comporta la impossibilità per il lavoratore di svolgere la attività sindacale peraltro in un delicato momento storico durante il quale appare quanto mai opportuno non limitare l'operato di coloro che avranno proposte e formulano critiche.

La circostanza che il Omissis per circa trenta anni abbia lavorato per la resistente ricevendo una sola sanzione disciplinare sino all' inizio della pandemia ( peraltro un rimprovero verbale); il fatto che il Omissis abbia anche nel 2019 prodotto un mole notevole di rilievi e segnalazioni ( alcuni apprezzati dalla stessa convenuta come si evince a pag. 7 della comparsa) senza subire procedimenti e/o segnalazioni disciplinari; il fatto che solo dall'inizio della pandemia da coronavirus abbia iniziato a ricevere numerose segnalazioni e contestazioni disciplinari ( di cui una sola conclusa con la sanzione disciplinare di due giorni di sospensione) e che in ben due occasioni nei mesi di ottobre e novembre 2020 le segnalazioni disciplinari si siano succedute in stretta contiguità temporale con i rilievi del sindacalista; la circostanza che la sospensione cautelare del lavoro, sia pur anticipata da una nota del responsabile all'Ufficio procedimenti disciplinari, sia intervenuta dopo qualche ora rispetto ad un articolo pubblicato su un noto quotidiano di caratura nazionale nel quale il sindacalista manifestava nuovamente le sue critiche alla gestione organizzativa da parte del datore di lavoro; il fatto che tale sospensione sia stata disposta al di fuori delle prescrizioni imposte dal contratto collettivo applicato e che non sia stata seguita in concreto da alcun atto istruttorio idoneo a verificare la fondatezza o meno degli addebiti contestati rappresentano elementi sintomatìci di un comportamento della resistente finalizzato unicamente a limitare l'operato di un sindacalista particolarmente attivo.
Appare, pertanto, evidente il carattere ritorsivo della sospensione nei confronti di un sindacalista particolarmente impegnato, provvedimento che spiega una oggettiva efficacia intimidatoria nei confronti di tutti quei lavoratori che hanno intenzione di mettere in discussione l'operato del datore di lavoro e della dirigenza di segnalare o chiedere chiarimenti su profili critici dell' organizzazione con particolare riferimento ai settori della sicurezza e della salute del lavoro, nonché di esprimere opinioni in un contesto pubblico che appartiene al libero esercizio dell'attività sindacale purché avvenga nel rispetto dei principi di continenza e appropriatezza.

Il sindacalista , come tutti gli altri lavoratori, non gode di alcuna patente di immunità dalla attivazione di procedimenti disciplinari per quel che concerne il suo operato sul posto di lavoro. Tuttavia occorre fare buon uso degli strumenti a disposizione per accertare e sanzionare eventuali condotte illegittime: la sospensione cautelare dal servizio è una misura di carattere eccezionale che in questo caso è stata utilizzata in modo improprio.
Le domande della ricorrente devono essere, pertanto, accolte così come precisato nel dispositivo. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della resistente.

 

P.Q.M.

 

in accoglimento delle domande formulate dalla ricorrente, dichiara il carattere antisindacale della sospensione cautelare disposta dalla Omissis nei confronti del sindacalista ... ordina, di conseguenza.. alla resistente di revocare immediatamente la sospensione cautelare e dispone il ripristino immediato del rapporto di lavoro del Omissis;
ordina alla convenuta l'affissione nelle bacheche aziendali di copia del presente provvedimento per almeno trenta giorni a far tempo dalla comunicazione e di pubblicare il presente provvedimento nella sua integralità per almeno trenta giorni sul sito aziendale; condanna la resistente al pagamento delle spese di lite della ricorrente che liquida in complessivi Euro 3800,00, oltre IVA, CPA e rimborso delle spese generali nella misura del 15%.
Si comunichi. Milano, 9.12.2020


Il Giudice

( Luigi Pazienza)