Cassazione Penale, Sez. 3, 13 gennaio 2021, n. 1133 - Responsabilità dell'esercente attività di ristorazione e somministrazione di alimenti per inidoneità dei luoghi di lavoro e omessa formazione


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta - Presidente -

Dott. LIBERATI Giovanni - rel. Consigliere -

Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -

Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere -

Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

D.L.A., nato a Milazzo il 20/8/1987 avverso la sentenza del 26/2/2019 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LIBERATI Giovanni;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CUOMO Luigi, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla mancata concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, e la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 26 febbraio 2019 il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha condannato D.L.A. alla pena di Euro 5.000,00 di ammenda, in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64, comma 1, e art. 37, comma 1, commessi quale responsabile dell'impresa individuata Black Touch, esercente attività di ristorazione e somministrazione di alimenti (per avere omesso di provvedere affinchè i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all'allegato IV del D.Lgs. n. 81 del 2008, capo A, e di assicurare che ciascun lavoratore ricevesse una formazione adeguata e sufficiente in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e sui rischi specifici relativi alla attività svolta, capo B).

2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto appello, convertito dalla Corte d'appello di Messina in ricorso per cassazione, trattandosi di sentenza non appellabile, ex art. 593 c.p.p., comma 3, lamentando, con un primo motivo, l'insufficiente dimostrazione dei fatti contestati e la conseguente erroneità della affermazione della propria responsabilità, essendo stato accertato nel corso dell'ispezione eseguita dai funzionari della ASL di Messina presso il ristorante gestito dalla ditta Black Touch che i locali destinati alla ristorazione e quelli in cui venivano fornite le vivande erano salubri e sicuri, come pure i magazzini e i locali di stoccaggio delle merci, con la conseguente erroneità della condanna per la presunta inidoneità dei luoghi di lavoro (stante l'irrilevanza della presenza di una porta rotta, trattandosi di evenienza verificatasi proco tempo prima del sopralluogo); con un secondo motivo ha lamentato la carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis c.p., in quanto la condotta non aveva provocato pericoli nè danni ed erano state tempestivamente ottemperate le prescrizioni impartite dalla ASL di Messina; infine ha lamentato l'eccessività della pena, di cui ha chiesto una riduzione e il mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna, non avendo in precedenza riportato alcuna condanna.

Con memoria depositata tempestivamente ha ribadito la fondatezza di tali rilievi.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla mancata concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, stante la fondatezza della relativa doglianza, e per la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso, sottolineando l'adeguatezza e la correttezza della motivazione nella parte relativa alla affermazione di responsabilità ed evidenziando l'inammissibilità della richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto in quanto formulata per la prima volta in sede di legittimità.

 

Diritto


1. Il ricorso è fondato solamente in relazione al terzo motivo.

2. Il primo motivo, mediante il quale è stata censurata l'affermazione di responsabilità in ordine a entrambi i reati contestati, è inammissibile, essendo volto a conseguire una non consentita rivisitazione sul piano del merito degli elementi di prova, considerati in modo logico dal Tribunale, che ha affermato la responsabilità dell'imputato sulla base di quanto emergente dal verbale dell'ispezione eseguita presso il ristorante dell'impresa dell'imputato, laddove sono state rilevate la mancata formazione dei lavoratori e l'inidoneità di alcuni locali (in quanto lo spogliatoio non aveva gli armadietti, il locale definito di pertinenza non aveva la porta a norma e i locali non erano pitturati), cosicchè le censure dell'imputato, oltre che generiche e assertive, risultano non consentite nel giudizio di legittimità, nel quale non è consentito riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e procedere all'annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (Sez. 6, n. 752 del 18.12.2006; Sez. 2, n. 23419 del 2007, Vignaroli; Sez. 6 n. 25255 del 14.2.2012).

3. La doglianza in ordine al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. è inammissibile, non essendo la relativa richiesta stata avanzata all'atto della formulazione delle conclusioni nel giudizio di merito, nonostante a tale data fosse già entrata in vigore la disposizione che ha introdotto tale causa di non punibilità, cosicchè non può ora essere lamentata la mancanza di motivazione su un aspetto non sottoposto all'esame del giudice del merito, ostandovi la previsione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 3, (Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Rv. 275782); tale censura è, inoltre, formulata in modo generico, non essendo stata illustrata l'incidenza delle violazioni contestate sulla attività svolta dall'impresa dell'imputato (che si è limitato a dare atto dell'ottemperanza alle prescrizioni impartitegli dalla ASL, come peraltro già indicato nella sentenza), cosicchè sarebbe, comunque, precluso a questa Corte il rilievo di tale causa di non punibilità, che non emerge con evidenza dagli atti e di cui non sono stati illustrati gli aspetti di fatto per poterne valutare l'astratta riconoscibilità.

4. Il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna, è fondato, sussistendo i presupposti per il riconoscimento di tale beneficio, posto che dal certificato del casellario giudiziario relativo all'imputato presente in atti non risulta che questi abbia riportato altre condanne.

Tale beneficio può essere quindi applicato direttamente da questa Corte, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., comma 1, lett. I), non residuando al riguardo accertamenti da svolgere in sede di merito, con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente a tale punto. Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, stante la genericità e la manifesta infondatezza degli altri motivi cui è stato affidato.

In applicazione del decreto del Primo Presidente di questa Corte n. 84 del 2016 la motivazione è redatta in forma semplificata, in quanto il ricorso solleva questioni la cui soluzione comporta l'applicazione di principi di diritto già affermati e che il Collegio condivide.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, beneficio che riconosce.

Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021