• Datore di Lavoro
  • Infortunio sul Lavoro
  • Delega di Funzione
  • Dispositivo di Protezione Individuale
  • Informazione, Formazione, Addestramento

Responsabilità di un legale rappresentante per la morte di un lavoratore dipendente: in particolare gli si addebita colpa generica e specifica, quest'ultima consistita "nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ed in particolare il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 11, commi 3 e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 379, e il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, per non aver adottato le misure di sicurezza sufficienti per la protezione della zona di lavoro dell'infortunio, per non avere predisposto la segnaletica stradale sufficiente a garantire l'incolumità dei lavoratori e per non aver fornito i dispositivi di protezione individuali idonei, quali indumenti specifici con inserti catarifrangenti".
Chiarivano i giudici del merito che, nella circostanza, un autoarticolato, mentre percorreva la corsia destinata alla marcia dei veicoli lenti sulla strada statale, deviava verso destra la propria traiettoria di marcia, invadendo la corsia di emergenza ed urtando la parte laterale sinistra del veicolo in sosta su cui era intento a svolgere il suo lavoro il lavoratore infortunato.
A seguito di ciò, il lavoratore decedeva.
Le ragioni della presenza in quel luogo della vittima erano da rinvenire nella circostanza che l'A.N.A.S. aveva stipulato con la "S. I. s.p.a." un contratto di appalto per la manutenzione di quel tratto di strada.
Tale società aveva, a sua volta, subappaltato i lavori alla "S. s.r.l."; B.F. era un dipendente di questa società."

Ricorre in Cassazione - Rigetto.

La Corte afferma che: "in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro, titolare della relativa posizione di garanzia, è articolato e comprende l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte, la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, la effettiva predisposizione di queste, il controllo, continuo ed effettivo, circa la concreta osservanza delle misure predisposte per evitare che esse vengano trascurate o disapplicate, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione.
Gravatoriamente adducendosi, poi, che sussistevano tutte le condizioni di legge per ritenere che il teste R. fosse stato "formalmente investito" dei poteri di delega delle funzioni spettanti al garante, così come il caposquadra C., deve considerarsi che, ai sensi della L. n. 547 del 1955, art. 4, il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica contemplate in quel disposto normativo e negli altri che a quello fanno riferimento. Tale precipuo obbligo del datore di lavoro può essere ad altri delegato, ossia trasferito, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa originariamente capo al datore di lavoro. Ma, tanto comportando una dismissione da parte del datore di lavoro - specifico e principale, ancorchè non esclusivo, destinatario della norma -, di tali obblighi assegnatigli dalla legge ed un loro contestuale trasferimento ad altri, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo inoltre investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e del relativo poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo restando l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive." Nella specie, tutto ciò non sembra affatto essersi verificato: "non è dato, in effetti ritenere la sussistenza di delega di funzioni espressa, inequivoca e certa, nella specifica materia di sicurezza e di apprestamento di misure di prevenzione antinfortunistica, essa non potendosi di certo trarsi presuntivamente solo dalla ripartizione interna all'azienda dei compiti lavorativi assegnati ad altri dipendenti".

Inoltre, quanto al nesso di causalità tra condotta omissiva ed evento, "alla luce delle risultanze istruttorie ... l'unico dato che può ritenersi certo è che B. al momento dell'incidente era a torso nudo", per quanto riguarda il presegnalamento ed il segnalamento di localizzazione del cantiere mobile, "i presidi di sicurezza in atto erano del tutto insufficienti ...; mancava del tutto il presegnalamento del cantiere mobile ...; non solo mancava ogni forma di presegnalamento, ma B. e G. nemmeno disponevano di quanto necessario per predisporlo ... ; G. e B. sono stati lasciati da soli a proseguire un'attività lavorativa senza i necessari presidi di sicurezza e dunque in una condizione di pericolo ...; sia la vittima che G. non avevano ricevuto un'adeguata informazione in ordine ai rischi che correvano e formazione in ordine alle precauzioni da adottare sul lavoro ... ; B.F. e G. furono lasciati sulla strada, da soli, inesperti, privi di formazione, senza il controllo e l'aiuto dei due più anziani della squadra ..., a svolgere attività lavorativa in un cantiere mobile sguarnito dei necessari presidi di presegnalamento in un contesto tutt'altro che scevro da pericoli".
Infine ""la colpa del conducente dell'autoarticolato non si pone nel processo causale come fattore atipico ed eccezionale capace di interrompere il nesso fra il mancato rispetto delle norme di sicurezza e l'evento". Hanno ritenuto che "la condotta del M. ..., pur connotata da sicura colpa, non sia stata a tal punto atipica, anormale ed eccezionale da giustificare un giudizio di assoluta ininfluenza della omissione di una corretta segnalazione del cantiere rispetto alla causazione dell'evento ...;"

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCALI Piero - Presidente -
Dott. MARZANO Francesco - rel. Consigliere -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. MARESCA Maria Francesca - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.O., n. in (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 2.11.2006;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARZANO Francesco;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. GERACI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore della parte civile, avv. LAMARUCCIOLA Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori del ricorrente, avv.ti VIALE Cristiano e FIORELLA Giuseppe, che hanno concluso per l'accoglimento del ricorso.
Osserva:

Fatto
 
1. Il 2 novembre 2006 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza in data 2 aprile 2004 del Tribunale di Monza - Sezione distaccata di Desio -, con la quale S.O., riconosciutegli le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, era stato condannato a pena ritenuta di giustizia, nonchè al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, per imputazione di cui all'art. 589 c.p..
Si addebitava all'imputato, nella qualità di legale rappresentante della "Satri Costruzioni Generali s.r.l.", di aver cagionato la morte di B. F. per colpa generica e specifica, quest'ultima consistita "nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ed in particolare il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 11, commi 3 e D.P.R. n. 547 del 1955, art. 379, e il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5, per non aver adottato le misure di sicurezza sufficienti per la protezione della zona di lavoro dell'infortunio, per non avere predisposto la segnaletica stradale sufficiente a garantire l'incolumità dei lavoratori e per non aver fornito i dispositivi di protezione individuali idonei, quali indumenti specifici con inserti catarifrangenti".
Chiarivano i giudici del merito che, nella circostanza, un autoarticolato condotto da M.R., mentre percorreva la corsia destinata alla marcia dei veicoli lenti sulla strada statale n. (OMISSIS), "deviava verso destra la propria traiettoria di marcia, invadendo la corsia di emergenza ed urtando la parte laterale sinistra di (un) veicolo della ditta Satri s.r.l., fermo sulla corsia anzidetta con il fronte rivolto verso (OMISSIS)": al momento dell'urto B.F., dipendente della Satri, si trovava, "intento a svolgere il suo lavoro", sul cassone posteriore del veicolo attinto, in sosta in quel sito: a seguito di tanto, il B. riportava lesioni che il giorno dopo lo avevano tratto a morte. Le "ragioni della presenza in quel luogo della vittima e dell'automezzo della Satri", erano da rinvenire nella circostanza che l'A.N.A.S. aveva stipulato con la "Sole Immotec s.p.a." un contratto di appalto per la manutenzione di quel tratto di strada.
Tale società aveva, a sua volta, subappaltato i lavori alla "Satri s.r.l."; B.F. era un dipendente di questa società e faceva parte di una squadra di operai, composta anche da G. D., C.G.L. e Be.Ma.; C. svolgeva mansioni di capo - squadra; B. e G. utilizzavano il furgone coinvolto nel sinistro.
La mattina di quel giorno (l'(OMISSIS)) la squadra di operai aveva effettuato lavori di pulizia delle griglie di scolo dell'acqua piovana su quel tratto di strada.
Per eseguire tali operazioni, il furgone utilizzato da B. e G. era stato collocato sulla corsia di emergenza e ad esso si accodava altro veicolo utilizzato da C. e Be., "l'unico dotato della necessaria segnaletica stradale di sicurezza che veniva previamente installata sotto la vigilanza del C.".
Man mano che si procedeva nel lavoro di pulizia delle griglie, i due furgoni e la segnaletica di sicurezza venivano spostati in avanti.
Nel pomeriggio di quello stesso giorno, essendosi ultimati i lavori sulla corsia in direzione sud, gli operai dovevano spostarsi sulla corsia opposta, in direzione nord.
Verso le 15,30 C. aveva ricevuto una telefonata dal Centro operativo ANAS di (OMISSIS), che richiedeva un intervento urgente per la pulizia del sedime stradale in un tratto della statale (OMISSIS), dove si era verificato un incidente: C. aveva disposto che mentre lui e Be. avrebbero provveduto a fronteggiare quella emergenza, B. e G. si spostassero nella corsia nord della statale (OMISSIS) e, nell'attesa del suo ritorno, controllassero i pozzetti, segnalando quelli che necessitavano di pulizia. Così era avvenuto:
C. e Be. si erano allontani a bordo del loro furgone;
B. e G., raggiunta la corsia di emergenza in direzione nord, avevano fermato il loro veicolo e preso a svolgere l'incarico loro assegnato.
Il sinistro era avvenuto alle ore 17,10, allorchè G. si trovava sulla strada ad effettuare il controllo dei pozzetti e B. era in piedi sul piano di carico del furgone.
Nel pervenire alla resa confermativa statuizione di responsabilità i giudici dell'appello rilevano, tra l'altro: che al momento del sinistro i due operai erano sicuramente intenti ad attività lavorativa; che, in sostanza, "sulla corsia di emergenza era stato impiantato un vero e proprio cantiere mobile", al riguardo richiamando le prescrizioni dettate dall'art. 21 C.d.S. e dagli artt. 37 e 39 del relativo Regolamento; che, quanto agli "indumenti di lavoro fluorescenti e rifrangenti", "alla luce delle risultanze istruttorie ... l'unico dato che può ritenersi assolutamente certo è che B. al momento dell'incidente era a torso nudo"; che, quanto al "presegnalamento e segnalamento di localizzazione del cantiere mobile", "i presidi di sicurezza in atto erano del tutto insufficienti...
Non solo mancava ogni forma di presegnalamento, ma B. e G. nemmeno disponevano di quanto necessario per predisporlo", essendosi accertato che "quanto necessario per predisporre il presegnalamento si trovava sul camioncino del C. e del Be. che si erano allontanati a bordo del medesimo"; che "la vittima ed il suo collega G. erano inesperti ..., assunti da pochi mesi con contratto a tempo determinato"; che essi "non avevano ricevuto un'adeguata informazione in ordine ai rischi che correvano e formazione in ordine alle precauzioni da adottare sul lavoro"; che, "a conferma di questa filosofia aziendale B.F. e G. furono lasciati sulla strada, da soli, inesperti, privi di formazione, senza il controllo e l'aiuto dei due più anziani della squadra ( C. e Be.), a svolgere attività lavorativa in un cantiere mobile sguarnito dei necessari presidi di presegnalamento in un contesto tutt'altro che scevro da pericoli"; che "l'istruttoria svolta ha evidenziato che in Satri il lavoro era organizzato con modalità tali da impedire che si svolgesse in condizioni di sicurezza"; che "la separazione della squadra era opzione ritenuta del tutto legittima dallo stesso S."; che "tali carenze erano riconducibili all'esclusiva sfera di responsabilità del S. ..."; che, sotto il profilo del nesso di causalità, "la condotta del M. (il conducente dell'automezzo investitore, separatamente giudicato e definita la sua posizione con sentenza di applicazione della pena) ... pur connotata da sicura colpa, non sia stata a tal punto atipica, anomala ed eccezionale da giustificare un giudizio di assoluta ininfluenza dell'omissione di una corretta segnalazione del cantiere rispetto alla causazione dell'evento"; e che "proprio le caratteristiche della condotta del M. consentono di ritenere che in presenza dei presidi di sicurezza previsti dalle norme l'evento non si sarebbe verificato".

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, per mezzo dei difensori, denunziando:

a) vizi di violazione di legge e di motivazione.
Quanto alla "questione delle cd. "deleghe delle funzioni", deduce sul punto che la impugnata sentenza "incorre nel vizio di mancanza di motivazione" e che, "pur essendo stato questo un tema specificamente dedotto nei motivi di appello, non è stato minimamente sfiorato dal giudice dell'appello ...": assume che sussistevano tutte le condizioni di legge, secondo l'elaborazione giurisprudenziale al riguardo, per ritenere che il teste R. fosse, in realtà, "stato formalmente investito dei poteri di cui trattasi", come anche, in sostanza, il caposquadra C.: in definitiva, "i capi - squadra altro non erano se non i delegati della società ..." ed è quindi "evidente che la loro iniziativa, quella cioè di separare i due automezzi e di inviare su altro posto di lavoro i giovani G. e B. era il frutto di una loro autonoma determinazione, che non può addebitarsi al datore di lavoro se non scivolando nella ipotesi della responsabilità oggettiva";
 
b) vizi di violazione di legge e di motivazione, in relazione al rapporto di causalità.
Rileva che "il furgone sul quale B. si trovava era dotato di: una freccia direzionale apposta su un pannello di colore giallo debitamente posizionata sul retro dell'automezzo, un pannello catarifrangente a strisce di colore rosso e bianco, due bandierine da segnalazione posizionate sull'abitacolo dell'automezzo e le frecce di emergenza, due fari flash e due lampeggianti di colore giallo perfettamente funzionanti al momento dell'incidente"; tali segnali "erano posizionati all'altezza ideale per essere visti con estrema facilità dal conducente dell'altro mezzo che aveva determinato l'impatto, M.R.", sicchè "difficilmente si potrà negare che la condotta del M. sia da considerarsi quale unica, autonoma e sufficiente causa dell'incidente", ed illegittimamente i giudici del merito non avevano apprezzato la circostanza che, nell'occasione, M. procedesse a velocità superiore a quella in quel tratto consentita e non avevano considerato che la condotta di questo "non era stata solo il frutto di disattenzione, ma anche di patente violazione delle norme sulla circolazione stradale ...".
 
Diritto

3.0 Il ricorso è infondato.

3.1 Quanto, invero, al primo profilo di doglianza, i giudici del merito hanno innanzitutto, tra l'altro, rilevato che "l'istruttoria ha evidenziato che in Satri il lavoro era organizzato con modalità tali da impedire che si svolgesse in condizioni di sicurezza" ed hanno ricordato che all'epoca dei fatti la "Satri Costruzioni s.r.l." aveva "15 - 20 cantieri aperti e 20 dipendenti di cui 15 erano operai e 5 lavoravano in ufficio"; "il lavoro relativo alla manutenzione stradale era svolto da un gruppo di operai composto di solito da 2 ( C. e Be.) o 3 persone munite di un solo camioncino; in caso di bisogno il gruppo veniva ampliato con personale proveniente dai cantieri edili così da comporre una squadra di non più di 4 persone munita di due automezzi".
"Tale sparuto gruppo di operai doveva far fronte ai lavori di manutenzione ordinaria ed alle emergenze.
Le emergenze erano tutt'altro che infrequenti e v'era l'obbligo di intervento.
Tali interventi si assommavano al lavoro ordinario che giornalmente veniva assegnato dal R. alla squadra ed al suo caposquadra C..
Era poi il C. e la sua squadra che dovevano provvedere, con i soli mezzi a loro disposizione, a far fronte sia all'ordinario che all'emergenza".
Hanno, conseguentemente, ritenuto accertato "che una particolare organizzazione del lavoro basata sull'utilizzo di un numero di dipendenti sottostimato rispetto al numero dei cantieri aveva fatto sì che sulla strada operassero pochi operai che dovevano far fronte con i soli mezzi a loro disposizione al lavoro ordinario ed alle emergenze, sicchè era inevitabile che la squadra si separasse sguarnendo dei necessari presidi di sicurezza il cantiere ordinario", e "la separazione della squadra era opzione ritenuta del tutto legittima dallo stesso S."; inoltre, "l'istruttoria ha infine evidenziato l'assenza di qualsivoglia seria iniziativa informativa e formativa in materia di sicurezza".
Alla stregua di tanto, logicamente i giudici del merito hanno ritenuto che le riscontrate "carenze erano riconducibili all'esclusiva sfera di responsabilità del S.", rilevando che "per risolverle occorreva ... ridistribuire le risorse fra i vari settori, ma anche assumere nuovi dipendenti, acquisire nuovi mezzi attrezzati, organizzare corsi di formazione per i dipendenti".
Ed a dare contezza di tale assunto hanno evidenziato che "solo l'imputato, datore di lavoro, padrone assoluto della Satri, quotidianamente presente in azienda ed informato della situazione, aveva i necessari poteri, decisionali e di spesa".
Hanno anche ricordato (nota n. 18 a pag. 24 della impugnata sentenza) che "è lo stesso imputato che ...riferisce di essere amministratore unico della Satri e dunque datore di lavoro ...; afferma di non aver mai delegato i poteri di spesa ...; era lui a decidere se e come acquistare dei materiali, precisando che era solo lui ad effettuare i pagamenti, poichè nessun altro aveva all'epoca del sinistro il potere di disporre del conto corrente intestato alla società, i collaboratori potevano (di fatto) decidere acquisti sino a Euro 2.000,00 - 3.000,00 e se si trattava di acquisti relativi a materiale di consumo corrente (fabbisogno giornaliero) anche fino a Euro 50.000,00 - 100.000,00 ...; ogni assunzione era autorizzata da lui...".
Alla stregua di tanto, non può, dunque, dubitarsi che all'imputato facesse capo la posizione di garanzia che scaturiva dalle predette sue qualità.
E, ciò posto, deve da subito ricordarsi che, in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro, titolare della relativa posizione di garanzia, è articolato e comprende l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte, la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, la effettiva predisposizione di queste, il controllo, continuo ed effettivo, circa la concreta osservanza delle misure predisposte per evitare che esse vengano trascurate o disapplicate, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione.
Gravatoriamente adducendosi, poi, che sussistevano tutte le condizioni di legge per ritenere che il teste R. fosse stato "formalmente investito" dei poteri di delega delle funzioni spettanti al garante, così come il caposquadra C., deve considerarsi che, ai sensi della L. n. 547 del 1955, art. 4, il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica contemplate in quel disposto normativo e negli altri che a quello fanno riferimento.
Tale precipuo obbligo del datore di lavoro può essere ad altri delegato, ossia trasferito, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa originariamente capo al datore di lavoro.
Ma, tanto comportando una dismissione da parte del datore di lavoro - specifico e principale, ancorchè non esclusivo, destinatario della norma -, di tali obblighi assegnatigli dalla legge ed un loro contestuale trasferimento ad altri, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo inoltre investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e del relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo restando l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive.
Deve, perciò, escludersi che una siffatta delega possa essere inespressa o implicita, presumendola solo dalla ripartizione interna all'azienda dei compiti assegnati ad altri dipendenti o dalle dimensioni dell'impresa stessa.
Ed ha rilevato la sentenza impugnata che il teste Co. "riferisce di aver accertato che non v'erano deleghe in materia di sicurezza ...; precisa di aver chiesto direttamente a S. se vi fossero deleghe per la sicurezza e gli era stato risposto di no ... ; lo stesso S. ... conferma che deleghe scritte non ce n'erano, c'erano i preposti ... delegati di fatto con stipendi adeguati; C. ... esclude di essere stato all'epoca dei fatti delegato della sicurezza, ammettendo peraltro il suo ruolo di caposquadra" (ibid.). Più dettagliatamente, chiariscono ancora i giudici del merito (nota n. 11 a pag. 21 della sentenza impugnata) che " S. ... nel riferire che in Satri vi erano due preposti, uno che guarda le strade e l'altro che guarda i cantieri edili, precisa che il preposto per le strade era E. ( R.) e quello per i cantieri edili e industriali era Bo.An. ... R. aveva la funzione di organizzazione del lavoro, formava le squadre e redigeva il foglio dei lavori che C. eseguiva ...;
il compito del C. era quello di andare a fare il lavoro che il R. aveva organizzato e gli aveva detto di fare ...".
Da tutte siffatte evidenziate circostanze non è dato, in effetti ritenere la sussistenza di delega di funzioni espressa, inequivoca e certa, nella specifica materia di sicurezza e di apprestamento di misure di prevenzione antinfortunistica, essa non potendosi di certo trarsi presuntivamente solo dalla ripartizione interna all'azienda dei compiti lavorativi assegnati ad altri dipendenti, ed in particolare ai preposti, in ordine, sostanzialmente, alla programmazione ed allo svolgimento del lavoro diuturnamente da espletare.
E significativamente rileva la Corte territoriale che "i preposti ...non avevano i poteri di attuare i necessari cambiamenti ... Entrambi operavano con le risorse a disposizione, senza alcun potere di spesa", tali circostanze essendo incompatibili con una addotta delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro, che postula capacità di intervento, autonomia di determinazione, disponibilità di spesa.

3.2 Quanto al secondo motivo di censura, la sentenza impugnata si è diffusamente soffermata sul ritenuto nesso di causalità tra la condotta omissiva dell'imputato e l'evento verificatosi.
Ha dato atto che "sulla corsia di emergenza era stato impiantato un vero e proprio cantiere mobile" ed ha richiamato il disposto al riguardo dell'art. 21 C.d.S. e degli artt. 37 e 39 del relativo Regolamento (rispettivamente D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495).
Ha, quindi, accertato, quanto alle prescrizioni contenute in tali disposti normativi, che se per gli indumenti di lavoro fluorescenti e rifrangenti "alla luce delle risultanze istruttorie ... l'unico dato che può ritenersi certo è che B. al momento dell'incidente era a torso nudo", per quanto riguarda il presegnalamento ed il segnalamento di localizzazione del cantiere mobile, "i presidi di sicurezza in atto erano del tutto insufficienti ...; mancava del tutto il presegnalamento del cantiere mobile ... ;
non solo mancava ogni forma di presegnalamento, ma B. e G. nemmeno disponevano di quanto necessario per predisporlo ... ; G. e B. sono stati lasciati da soli a proseguire un'attività lavorativa senza i necessari presidi di sicurezza e dunque in una condizione di pericolo ...; sia la vittima che G. non avevano ricevuto un'adeguata informazione in ordine ai rischi che correvano e formazione in ordine alle precauzioni da adottare sul lavoro ... ; B.F. e G. furono lasciati sulla strada, da soli, inesperti, privi di formazione, senza il controllo e l'aiuto dei due più anziani della squadra ..., a svolgere attività lavorativa in un cantiere mobile sguarnito dei necessari presidi di presegnalamento in un contesto tutt'altro che scevro da pericoli".
Nè hanno mancato i giudici del merito, in siffatto evidenziato contesto, di esaminare e valutare anche la condotta del conducente dell'autoarticolato, proprio sotto il profilo del nesso di causalità.
Ed hanno a tale proposito rilevato che "la colpa del conducente dell'autoarticolato non si pone nel processo causale come fattore atipico ed eccezionale capace di interrompere il nesso fra il mancato rispetto delle norme di sicurezza e l'evento".
Hanno ritenuto che "la condotta del M. ..., pur connotata da sicura colpa, non sia stata a tal punto atipica, anormale ed eccezionale da giustificare un giudizio di assoluta ininfluenza della omissione di una corretta segnalazione del cantiere rispetto alla causazione dell'evento ...;
proprio per le caratteristiche della condotta del M. ... in presenza di presidi di sicurezza previste dalle norme l'evento non si sarebbe verificato ... ; la sua è stata una distrazione momentanea che ha comportato uno scarto repentino, ma minimo, a cui è seguito un urto contenuto e di striscio ... ; un adeguato presegnalamento avrebbe ... attirato l'attenzione del M., conseguentemente egli avrebbe ridotto la velocità (invero di poco eccedente quella consentita) ed avrebbe modificato la sua direzione di marcia allontanandosi dall'ostacolo", tenuto conto anche che la strada "al momento dell'incidente ... era trafficata e pericolosa e che prima della curva il furgoncino in sosta (80 - 100 metri dopo) non era visibile", sicchè, in sostanza, "le condizioni del traffico e di visibilità dell'ostacolo aumentavano il rischio di mancato avvistamento del medesimo e con esso la rilevanza causale, in caso di investimento, della mancata predisposizione delle necessarie presegnalazioni...".
Siffatto argomentare, del tutto puntuale e persuasivo, si sottrae a rinvenibili vizi di violazione di legge e di illogicità della motivazione, la quale, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi.

4. Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi Euro. 4.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2009