Cassazione Penale, Sez. 3, 18 gennaio 2021, n. 1122 - Lavori a 20 metri dal suolo e mancanza di opere provvisionali contro il rischio di caduta


 

 

Presidente: LAPALORCIA GRAZIA Relatore: REYNAUD GIANNI FILIPPO
Data Udienza: 04/11/2020
 

Fatto

1. Con sentenza del 26 febbraio 2020, il Tribunale di Ivrea ha condannato l'odierno ricorrente alla pena di€ 1.800 di ammenda in ordine al reato di cui all'art. 122 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per aver omesso di adottare idonee opere provvisionali contro il rischio di caduta dei lavoratori dipendenti della società di cui egli era legale rappresentante, che operavano ad un'altezza di circa venti metri dal suolo.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando, con il primo motivo, innanzitutto la violazione degli artt. 546, comma 1, lett. e), 192 e 125 cod. proc. pen. e l'omessa motivazione in ordine alle prove sulle quali è stato fondato il giudizio di penale responsabilità, senza indicazione dei motivi per cui dovessero essere disattese le argomentazioni difensive.
In secondo luogo, si deduce la violazione dell'art. 131 bis cod. pen. e la mancanza assoluta di motivazione sulle ragioni ritenute ostative al riconoscimento dell'ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto, pur specificamente richiesta in sede di conclusioni e benché sussistessero tutti i presupposti per riconosceria.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 145, 138, 139 cod. proc. civ. per irregolarità della notifica dell'atto con cui l'organo ispettivo, a seguito della positiva verifica circa l'adempimento delle prescrizioni impartite, aveva comminato una sanzione pecuniaria, di cui l'imputato era venuto a conoscenza soltanto a procedimento penale avviato. Ciò avrebbe comportato - allega il ricorrente - la mancata consumazione del reato per non essersi perfezionato uno degli elementi richiesti dalla fattispecie incriminatrice.

 

Diritto




1. Il secondo motivo di ricorso, che appare pregiudiziale, è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Sotto il primo profilo, va osservato che il ricorrente non specifica in alcun modo per quale ragione la dedotta violazione di disposizioni del codice di procedura civile circa la notificazione dell'ammissione al pagamento della sanzione amministrativa di cui all'art. 21, comma 2, d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 - disciplina, quest'ultima, che neppure viene espressamente evocata - impedirebbe l'integrazione del reato contestato.
Sotto il secondo profilo, basti rammentare che l'art. 24, comma 1, d.lgs. n. 758 del 1994 prevede l'estinzione del reato «se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2» del decreto, sicché, l'estinzione del reato presupponendo la già avvenuta integrazione dello stesso, viene per tabulas sconfessato il postulato del ricorrente. Lungi dall'impedire la consumazione del reato, il mancato perfezionamento della procedura prevista dall'art. 21 d.lgs. 758/1994 può semmai incidere sulla procedibilità dell'azione penale (cfr. Sez. 3, n. 37228 del 15/09/2015, dep. 2016, Eheim, Rv. 268050; Sez. 3, n. 43825 del 04/10/2007, Di Santo, Rv. 238260), ma - pur trattandosi di questione rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., applicabile anche nel giudizio di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 24146 del 14/a°3/2019, M., Rv. 275981) -in base alle stesse allegazioni contenute in ricorso, nella specie non è ravvisabile alcun profilo di improcedibilità.
Ed invero, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro il legislatore non ha prescritto che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa sia formalmente notificato al contravventore secondo le disposizioni previste dal codice di procedura civile, essendo invece sufficiente qualsiasi modalità idonea a comunicare il contenuto dell'atto e rimanendo a carico del destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di acquisirne la conoscenza (Sez. 3, n. 45737 del 23/02/2017, Pavone, Rv. 271410; Sez. 3, n. 5892 del 24/06/2014, dep. 2015, Rv. 264062).
E' certamente sufficiente, dunque, la spedizione di lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, sì che quando il plico non venga consegnato per l'assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverlo, la comunicazione si perfeziona per compiuta giacenza (Sez. 3, n. 30176 del 17/01/2017, Zinni, Rv . 270426).
Nel caso di specie, è lo stesso ricorrente che ammette come la comunicazione a mezzo posta sia stata effettuata sia presso la sede operativa della società - dove non veniva ritirata - sia presso la residenza dell'imputato, dove si perfezionava per compiuta giacenza.

2. La prima doglianza contenuta nel primo motivo di ricorso è del pari inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Per un verso, il ricorrente non indica in alcun modo quali sarebbero state le doglianze difensive a cui la sentenza non ha dato risposta, rendendo così impossibile qualsiasi valutazione da parte di questa Corte.
Per altro verso, la motivazione della sentenza è ampiamente sufficiente a dare contezza della sussistenza del reato ritenuto ed alla stessa non vengono mosse specifiche censure.
3. Il primo motivo è invece fondato con riguardo al secondo profilo di doglianza proposto.
La sentenza impugnata, che pure dà atto della specifica richiesta avanzata in via subordinata dal difensore in sede di conclusioni, non reca alcuna motivazione in ordine all'applicazione della invocata causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, né risultano argomentazioni dalle quali sia possibile ricavare un'implicita esclusione dei presupposti richiesti dall'art. 131 bis cod. pen. Ed invero, trattandosi di contravvenzione punita con pena i cui limiti edittali certamente rientrano nel campo di operatività della fattispecie, il concreto trattamento sanzionatorio è stato contenuto nella sola specie pecuniaria, in termini prossimi al minimo edittale, e sono state concesse le circostanze attenuanti generiche, avendo il Tribunale attestato che l'imputato - incensurato - aveva rimosso la situazione pericolosa e che la stessa non aveva determinato pregiudizi. Non essendo il reato prescritto, la sentenza impugnata va pertanto annullata limitatamente alla non ravvisabilità dell'ipotesi di particolare tenuità del fatto con rinvio al Tribunale di Ivrea, in diversa persona fisica, per""giudizio sul punto.
Il ricorso va nel resto dichiarato inammissibile e, stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato, nel giudizio di rinvio non potrà rilevarsi l'eventuale successivo decorso del termine di prescrizione (cfr. Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo e a., Rv. 264796; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Mazzoccoli e a., Rv. 267590; Sez. 3, sent. n. 50215 del 08/10/2015, Sarli, Rv. 265434).

 

P.Q.M.
 



Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Ivrea.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 4 novembre 2020.