Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 03 febbraio 2021, n. 4092 - Infortunio durante la pulizia di una benna miscelatrice collegata al Bobcat. Responsabilità del datore di lavoro e del LR dell'impresa affidataria dell'appalto che ha fornito l'attrezzatura


 

 

Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: SERRAO EUGENIA Data Udienza: 26/01/2021

 

Fatto
 

1. La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa il 23 gennaio 2018 dal Tribunale di Livorno nei confronti di P.D.F. e C.A. in relazione al reato di cui agli artt. 113, 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. commesso in Portoferraio in data 11 luglio 2012.

2. Il fatto è stato così ricostruito: il dipendente M.F., operaio della Greenbuilding s.a.s. amministrata da P.D.F., era intento ad eseguire la pulizia di una benna miscelatrice collegata al veicolo Bobcat S 175; tale attrezzatura era stata messa a disposizione dell'impresa subappaltatrice dall'impresa affidataria dell'appalto Edilcostruzioni s.r.l., il cui legale rappresentante era C.A.; il lavoratore, scendendo dall'uscita centrale del mezzo, aveva appoggiato i piedi sul bordo della benna, priva della prescritta griglia di protezione; la gamba sinistra dell'operaio era scivolata all'interno della benna rimanendo agganciata dalla spirale elicoidale ancora in movimento, che ne aveva determinato la semiamputazione. In particolare, l'operaio, nell'uscire dall'abitacolo del Bobcat, aveva alzato la barra antiribaltamento, che avrebbe dovuto bloccare immediatamente tutti i dispositivi meccanici in movimento; il malfunzionamento del meccanismo di sicurezza, segnalato da giorni al C.A., non aveva messo in moto il sistema di blocco.

3. Ricorre per cassazione P.D.F. deducendo, con il primo motivo, vizio di motivazione in merito all'ascrivibilità del sinistro alla condotta del dipendente. Dall'istruttoria dibattimentale era emerso che: l'operaio aveva seguito a sue spese un corso sulla sicurezza in relazione all'utilizzo del mezzo; era un operaio esperto che lavorava da anni con quel mezzo e, per sua stessa ammissione, avrebbe dovuto scendere dal Bolbcat e poi attivare il movimento della benna mentre quel giorno, per velocizzare i tempi, aveva azionato il comando prima di intraprendere la discesa dal mezzo; la discesa dal mezzo poteva essere comodamente effettuata dalle parti laterali evitando l'accessorio di accoppiamento con la macchina. Ciò posto, le argomentazioni svolte dalla Corte tradiscono una motivazione contraddittoria, laddove afferma che l'esperienza corso effettuato dal dipendente atteneva esclusivamente alla movimentazione e non alla manutenzione del mezzo, sebbene la condotta negligente posta in essere dal dipendente nulla avesse a che vedere con la manutenzione del mezzo, dovendo ricondursi ad un'attività prodromica ad essa. La Corte ha ritenuto infondate le considerazioni svolte dal consulente della difesa circa la possibilità di scendere lateralmente dal mezzo, nonostante lo stesso teste qualificato del servizio di prevenzione della Asl di Livorno avesse riconosciuto la possibilità di scendere dal mezzo dalle parti laterali. Il comportamento del lavoratore è stato talmente imprudente da interrompere la serie causale che avrebbe preso origine dalle omissioni contestate all'imputato. Con un secondo motivo deduce violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente mette in luce che, sebbene nella fase di appello fosse stato dimostrato il pagamento di un acconto da parte della compagnia assicuratrice, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante l'allegazione difensiva, considerando il risarcimento parziale, tardivo, incongruo e versato esclusivamente dalla compagnia assicuratrice, sebbene nell'atto di appello si invocasse il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche piuttosto che della circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 62 n.4 cod. pen. La negazione delle circostanze generiche si è, poi, basata anche sulla considerazione che P.D.F. si sia prestato alla realizzazione di un comportamento fraudolento da parte del coimputato che, verosimilmente a motivo delle condanne in precedenza riportate, avrebbe occultato la qualità di effettivo datore di lavoro dell'infortunato. Riconoscendo al coimputato C.A. una nuova e diversa posizione di garanzia, tale immutazione del fatto ha inciso negativamente sulla valutazione complessiva della vicenda, determinando la Corte ad una valutazione negativa anche sulla personalità del P.D.F., prestatosi a realizzare la frode di cui sopra.

4. Propone ricorso per cassazione C.A. deducendo, con un primo motivo, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e segnatamente violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, travisamento della prova dichiarativa e della prova documentale. Il capo d'imputazione prevedeva la contestazione del reato in cooperazione colposa tra P.D.F., quale datore di lavoro e rappresentante legale della Greenbuilding s. a. s., e C.A., amministratore della Edilcostruzioni s.r.l.; quest'ultimo era imputato per aver concesso in uso alla società datrice di lavoro un macchinario non rispondente alle disposizioni vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, nonché per aver omesso di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati. L'istruttoria dibattimentale aveva chiarito che il macchinario fornito dalla Edilcostruzioni s.r.l. fosse completo di tutte le sue componenti ma, nonostante le diverse emergenze istruttorie, la Corte territoriale ha ignorato i verbali di accesso al cantiere del coordinatore per la sicurezza e le dichiarazioni di uno dei lavoratori, affermando che la griglia di protezione del macchinario non fosse mai stata montata sul mezzo. La Corte territoriale ha anche ipotizzato in maniera apodittica che gli imputati avrebbero posizionato la griglia all'interno del cantiere solo dopo il sinistro. Essendo il macchinario consegnato perfettamente integro e completo di tutte le sue componenti, residuava l'altro inciso del capo d'imputazione, che faceva riferimento al rapporto sottostante tra la Edilcostruzioni s.r.l., affidataria dei lavori, e la società subappaltatrice Greenbuilding s.a.s. La Corte di appello ha, secondo il ricorrente, stravolto la contestazione tratteggiando in capo a C.A. una diversa posizione di garanzia, ossia quella di amministratore di fatto della Greenbuilding s.a.s., ritenendo il medesimo, al pari del coimputato, datore di lavoro dell'infortunato. Tale mutamento ha determinato una lesione del diritto di difesa, impedendo al ricorrente di sviluppare la difesa in merito al ruolo effettivamente svolto all'interno della Greenbuilding s.a.s. A fronte di tale diversa descrizione del fatto, la contestazione di aver dato in uso il mezzo assume un ruolo secondario e marginale. L'individuazione di una diversa posizione di garanzia ha trasformato il fatto e determina un mutamento sostanziale della fattispecie di reato, incidendo sulle strategie difensive e sottraendo all'imputato la possibilità di difendersi sulle contestazioni specificamente mosse al solo P.D.F. in qualità di datore di lavoro, come ad esempio l'omessa formazione del dipendente. La modifica ha inciso concretamente anche sulle strategie difensive ai fini della determinazione della pena e del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, fondati sulla condotta truffaldina di C.A. anche in merito alle modalità di gestione del rapporto di lavoro. Con un secondo motivo C.A. deduce vizio della motivazione in ordine all'ascrivibilità del sinistro alla condotta posta in essere dal dipendente, svolgendo argomentazioni che non si ripetono perchè perfettamente sovrapponibili a quelle del ricorrente P.D.F., sopra riportate.

5. Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi sulla base delle seguenti considerazioni: nell'imputazione non era indicata la sola qualifica soggettiva di concedente in uso dell'attrezzatura di lavoro, ma era anche contestato di aver "omesso, essendo presente nel cantiere, di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati", così mettendo in condizione il ricorrente di difendersi anche in relazione alla natura del rapporto con il lavoratore, il cui inquadramento in quello datoriale ha quindi costituito uno sviluppo prevedibile del processo; per le stesse ragioni sono manifestamente infondate le censure del P.D.F. al rigetto dell'appello contro il diniego delle generiche, fondate sul riferimento (peraltro non unica ragione giustificatrice) al fatto che egli si prestò ad occultare il ruolo di dominus del C.A. quale corollario della qualifica di questi come datore di lavoro; entrambi i ricorsi invocano una diversa valutazione di merito sulla dinamica dell'incidente e sulle cause dello stesso, ricondotte con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria ad un uso abituale errato di un macchinario inidoneo da parte del lavoratore, colposamente consentito dagli imputati; il profilo ulteriore di colpa del solo datore di lavoro formale P.D.F., consistente nella mancanza di formazione del lavoratore, viene contestato invocando genericamente lo svolgimento in proprio di tale attività, rientrante, invece, tra gli obblighi tipici del datore di lavoro con riferimento specifico alle caratteristiche della lavorazione e delle attrezzature utilizzate, secondo le stringenti previsioni dell'art. 37 del D.lgs. 09/04/2008, n. 81; il profilo ulteriore di colpa del solo C.A., consistente nella fornitura di una attrezzatura non idonea, non è specificamente censurato.

6. La parte civile M.F. ha concluso chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità del ricorso ovvero che il ricorso sia rigettato perché infondato, confermando conseguentemente la sentenza impugnata anche in ordine alle statuizioni civili già disposte in primo grado e confermate in grado di appello, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile.


 

Diritto



1. I ricorsi superano il vaglio di ammissibilità, non essendo stati proposti motivi manifestamente infondati. Ciò impone, preliminarmente, di rilevare l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione. Trattandosi di delitto commesso in data 11 luglio 2012, in relazione al quale trova applicazione la disciplina dettata dalla legge 5 dicembre 2005, n.251, il termine massimo di prescrizione per tale reato deve ritenersi stabilito in sette anni e sei mesi, in virtù del combinato disposto degli artt. 157,160, comma 3, e 161, comma 2, cod.pen.
Va, quindi, osservato che, pur tenendo conto del periodo di sospensione per astensione del difensore dalle udienze dal 13/04/2017 al 12/09/2017, del periodo di sospensione per impedimento del difensore pari a 60 giorni dal 21/06/2019, e della sospensione operante a norma dell'art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif. dalla l. 24 aprile 2020, n.27 ai procedimenti pervenuti, come quello in esame, alla cancelleria della Corte nel periodo 9 marzo 2020 - 30 giugno 2020, è comunque venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato, compiutosi in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello.

2. La delibazione dei motivi sopra indicati fa escludere l'emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell'evidente innocenza dei ricorrenti. Sul punto, l'orientamento della Corte di Cassazione è univoco. In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art.129, comma 2, cod.proc.pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n.35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 24427501). Nel caso di specie, restando al vaglio previsto dall'art. 129, comma 2, cod.proc.pen., l'assenza di elementi univoci dai quali possa trarsi, senza necessità di approfondimento critico, il convincimento di innocenza degli imputati, impone l'applicazione della causa estintiva.

3. Va disposto, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di P.D.F. e C.A., essendo il reato loro ascritto estinto per prescrizione.

4. Ma, nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunziata dal primo giudice o dal giudice di appello ed essendo ancora pendente l'azione civile, il giudice penale, secondo il disposto dell'art.578 cod.proc.pen., è tenuto, quando accerti l'estinzione del reato per prescrizione, ad esaminare il fondamento dell'azione civile. In questi casi la cognizione del giudice penale, sia pure ai soli effetti civili, rimane integra e il giudice dell'impugnazione deve verificare, senza alcun limite, l'esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno il fondamento della condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunziata dal primo giudice o, come nel caso in esame, confermata dal giudice di appello.
4.1. Con riguardo, in particolare, all'impugnazione proposta anche in relazione alle statuizioni civili, secondo quanto già affermato da questa Sezione (Sez.4, n.10802 del 21/01/2009, Motta, Rv.24397601), trova applicazione il principio cosiddetto di immanenza della costituzione di parte civile. In ragione di tale principio, normativamente previsto dall'art.76, comma 2, cod. proc. pen., secondo il quale «la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo», il giudice di legittimità è tenuto a verificare l'esistenza dei presupposti per l'affermazione della responsabilità penale ai soli fini della pronuncia sull'azione civile, allorché abbia rilevato una causa estintiva del reato. Tale principio comporta, infatti, che la parte civile, una volta costituita, debba ritenersi presente nel processo anche se non compaia, debba essere citata anche nei successivi gradi di giudizio anche se non impugnante e senza che sia necessario per ogni grado di giudizio un nuovo atto di costituzione.
4.2. Corollario di questo principio generale è che l'immanenza viene meno soltanto nel caso di revoca espressa e che i casi di revoca implicita - previsti dall'art.82, comma 2, cod.proc.pen., nel caso di mancata presentazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado o di promozione dell'azione davanti al giudice civile - non possono essere estesi al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla norma indicata (Sez. 5, n.39471 del 04/06/2013, De Iuliis, Rv. 25719901; Sez. 6, n.48397 del 11/12/2008,Russo,Rv. 24213201; Sez. 4, n.2 4360 del 28/05/2008, Rago, Rv. 24094201).


5. Tanto premesso, occorre esaminare, in quanto logicamente antecedente, il primo motivo del ricorso proposto da C.A. e, successivamente, il primo motivo del ricorso di P.D.F. ed il secondo motivo del ricorso di C.A., non senza evidenziare l'assorbimento delle censure inerenti al trattamento sanzionatorio in conseguenza della pronuncia estintiva del reato.
5.1. Il primo motivo di censura, depurato da inammissibili contestazioni in fatto che riguardano la valutazione delle prove coerentemente esposta nella sentenza impugnata, concerne la questione inerente alla diversa posizione di garanzia alla quale il giudice di appello avrebbe legato la conferma della pronuncia di primo grado.
5.2. La questione viene dedotta in termini di possibile lesione del diritto di difesa per violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza; l'imputato non sarebbe stato reso edotto in maniera compiuta dei termini dell'accusa formulata nei suoi confronti e sarebbe stato privato della possibilità di sviluppare la difesa in merito al ruolo effettivamente svolto all'interno della Greenbuilding s.a.s. ed in merito alle contestazioni specificamente mosse al solo P.D.F. in qualità di datore di lavoro, come ad esempio l'omessa formazione del dipendente. A fronte di tale diversa descrizione del fatto, la contestazione di aver dato in uso il mezzo avrebbe assunto un ruolo secondario e marginale.
5.3. In linea di principio, «Qualora il fatto venga dal giudice di appello iversamente qualificato, attraverso la modifica della posizione soggettiva rilevante per la colpa, senza che l'imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio - prevista dall'art. 111 Cost. e dall'art. 6 CEDU così come interpretato dalla Corte EDU - resta comunque assicurata dalla possibilità di contestare la diversa definizione mediante il ricorso per cassazione e, qualora la nuova qualificazione dell'addebito, sotto il profilo della posizione soggettiva, abbia inciso in concreto sulle strategie difensive, l'imputato deve essere restituito nella facoltà di esercitare pienamente il diritto di difesa, anche attraverso la proposizione di richieste di prova rilevanti in relazione al diverso contenuto dell'accusa» (Sez. 3, n. 22296 del 09/03/2017, Bavila, Rv. 26999201). Non può, tuttavia, configurarsi violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando, fermo restando il fatto storico addebitato, in sentenza sia stata individuata una diversa fonte della posizione di garanzia che non abbia comunque inciso in concreto sul diritto di difesa.
5.4. Nel caso in esame, la condotta contestata a C.A. si sostanzia tanto in una condotta attiva, ossia l'aver messo a disposizione del lavoratore un macchinario non conforme alle norme antinfortunistiche, quanto in una condotta omissiva, per avere egli omesso ogni controllo, essendo presente in cantiere in qualità di datore di lavoro dell'impresa affidataria, circa il regolare utilizzo dell'attrezzatura di lavoro. In merito a tale seconda contestazione, al cui riguardo non si rinvengono censure nel ricorso, l'art.97 d.lgs. 9 aprile 2008, n.81, regolarmente menzionato nel capo d'imputazione, prevede che il datore di lavoro dell'impresa affidataria ha l'obbligo di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati ed ha i medesimi obblighi derivanti per il datore di lavoro dall'art.26. Quest'ultimo dispone, al secondo comma, che i datori di lavoro cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto, ponendo a carico del datore di lavoro dell'impresa affidataria un obbligo di protezione dei lavoratori del tutto sovrapponibile, con riguardo all'attuazione delle misure antinfortunistiche, a quello gravante sul datore di lavoro dell'impresa subappaltatrice.
5.5. In merito alla condotta attiva, a pag. 10 della sentenza impugnata si legge: «L'assenza di questo sistema di protezione della benna, certamente causale rispetto all'infortunio (atteso che l'operatore doveva scendere necessariamente poggiando il piede sul bordo della benna ovvero sulla griglia), è ascrivibile a titolo di colpa ad entrambi gli imputati, in primo luogo perché entrambi devono considerarsi datori di lavoro della p.o. (l'istruttoria ha dimostrato che M.F. era stato dipendente sostanzialmente sempre dal C.A., anche nei periodi in cui l'impresa era intestata al P. o a terzi, ed è emerso altresi' che il C.A. fosse costantemente presente nel cantiere e desse direttive agli operai). In tale qualità i due hanno fornito all'infortunato uno strumento di lavoro privo dei requisiti di sicurezza». Risulta evidente che la condotta ascritta a C.A., sia pure in qualità di datore di lavoro di fatto piuttosto che come datore di lavoro dell'impresa affidataria, sia del tutto conforme a quella contestata, senza margini di lesione del diritto di difesa sul punto.
5.6. Con riguardo al principio enunciato dall'art . 521 cod.proc.pen., in base al quale, ove il pubblico ministero non abbia provveduto a modificare l'imputazione, il giudice non può pronunciare sentenza per un fatto diverso da quello ivi descritto ma deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carrelli, Rv.24805101), ha affermato che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti di difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza non può esaurirsi nel mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, si sia venuto a trovare nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. In altri termini, siffatta violazione non ricorre quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza (Sez.5, n. 2074 del 25/11/2008, dep. 2009, Fioravanti, Rv. 24235101; Sez.4, n. 10103 del 15/01/2007, Granata, Rv.23609901; Sez. 6, n, 34051 del 20/02/2003, Ciobanu Rv.22679601).
5.7. Considerato poi che il fatto di cui agli artt. 521 e 522 cod.proc.pen. viene definito come l'accadimento di ordine naturale dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste in correlazione tra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giuridica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 20561901; Sez.1, n. 28877 del 4/06/2013, Colletti, Rv. 25678501), va escluso che il riferimento ad una normativa prevista per la disciplina della sicurezza in materia di lavoro, presente nel capo d'imputazione, incida sul fatto inteso quale episodio della vita umana. Essa attiene, piuttosto, allo schema legale entro il quale viene collocata una determinata condotta. Risulta, peraltro, dirimente nel caso concreto l'esplicita contestazione dell'aver il ricorrente, quale legale rappresentante della società affidataria dei lavori subappaltati alla Greenbuilding s.a.s., concesso in uso un'attrezzatura priva dei necessari presìdi antifortunistici al contempo omettendo di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati. Si è prefigurata, in tal modo, la necessità per l'odierno ricorrente di approntare la difesa in merito alla non conformità dell'attrezzatura fornita al lavoratore alle norme antinfortunistiche anche con riguardo ai profili colposi legati alla posizione di garanzia dell'appaltatore rispetto ai lavoratori dipendenti della società subappaltatrice.

6. Il primo motivo del ricorso di P.D.F. ed il secondo motivo del ricorso di C.A. sono infondati.
6.1. Si osserva che la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria ed illogica per aver negato che l'evento lesivo fosse ascrivibile esclusivamente alla condotta imprudente del lavoratore. La motivazione sarebbe contraddittoria laddove, da un lato, afferma che l'esperienza maturata negli anni dal lavoratore non ha rilievo in difetto di formazione specifica mentre, d'altro canto, non viene negato che il lavoratore avesse frequentato, seppure a proprie spese, un corso sulla sicurezza relativo al mezzo in questione. La motivazione sarebbe illogica laddove afferma che il corso frequentato atteneva alla movimentazione piuttosto che alla manutenzione del mezzo a fronte di un infortunio ascrivibile alla movimentazione e non alla manutenzione.
6.2. Escluso ogni ulteriore esame delle inammissibili contestazioni in fatto che i ricorrenti hanno introdotto su quanto accertato nelle fasi di merito, segnatamente in merito alla possibilità per il lavoratore di utilizzare le uscite laterali anziché quella frontale ed in merito all'attivazione del movimento della benna prima dell'uscita dal mezzo, si osserva l'inconsistenza dell'affermazione secondo la quale la Corte territoriale avrebbe fornito motivazione viziata da contraddittorietà e manifesta illogicità circa il nesso causale tra la condotta degli imputati e l'infortunio occorso al lavoratore.
6.3. Una lettura non parcellizzata della motivazione consente, infatti, di rilevare che la Corte di appello ha compiutamente e logicamente specificato che il lavoratore non aveva ricevuto alcuna formazione tanto in merito all'uso quanto in merito alla manutenzione del macchinario complesso costituito da Bobcat munito di benna miscelatrice, avendo seguito, a sue spese, un corso avente ad oggetto la sola movimentazione in cantiere di bobcat, escavatori e altre macchine operatrici. Dirimente risulta, peraltro, il passaggio della sentenza in cui si legge che l'asserita negligenza del lavoratore, che non avrebbe interrotto il movimento della coclea all'interno della benna prima di scendere a terra, fosse ininfluente sul giudizio di causalità in ragione del mancato funzionamento del presìdio antinfortunistico della barra antiribaltamento che, seppure alzata, non aveva disattivato, come avrebbe dovuto, il movimento di tutti gli organi del macchinario.
6.4. E' vero che, per moderare il rigore del principio di equivalenza delle cause contenuto nell'art. 41, comma 1, cod. pen., il legislatore ha dato rilievo alle cause sopravvenute che siano idonee ad interrompere il nesso causale; ed è anche vero che non si può trattare di cause che inneschino un processo causale del tutto autonomo da quello innescato dall'agente, perché altrimenti la disposizione dell'art.41, comma 2, cod. pen. si sostanzierebbe in una mera ripetizione del principio condizionalistico. E', però, necessario che la causa sopravvenuta con efficacia interruttiva del nesso causale, nel caso in esame la condotta del lavoratore, sia idonea ad assorbire per intero il processo causale, così da far degradare la condotta del trasgressore a mera occasione dell'evento. Deve pertanto trattarsi di un processo non completamente avulso dall'antecedente e tuttavia sufficiente a determinare l'evento, secondo un'accezione di sufficienza che non indica tanto- «totale indipendenza dalla condotta dell'imputato» quanto piuttosto «probabilità minima, trascurabile, di verificarsi» (Sez.4, n.49662 del 30/09/2014, Adamo, n.m.). In tale accezione, la condotta del lavoratore che si inserisca a pieno titolo nell'ambito delle mansioni per le quali è stato assunto e che rappresenti lo sviluppo naturale dell'organizzazione delle lavorazioni alle quali afferisce la sua opera, ancorchè caratterizzata da imprudenza, non può integrare una causa sopravvenuta idonea ad escludere il nesso causale tra gli obblighi di protezione gravanti sul datore, come sopra compiutamente indicati nelle pronuncia di merito, e l'evento lesivo (Sez. 4, n. 9967 del 18/01/2010, Otelli, Rv. 24679701).

7. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali perchè il reato è estinto per prescrizione, mentre il ricorso va rigettato agli effetti civili. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della parte civile delle spese del giudizio liquidate come in dispositivo.
 

P.Q.M.

 


Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese in favore della parte civile M.F. Marco che liquida in euro 2.505,00 oltre accessori di legge.
Così deciso in data 26 gennaio 2021