Responsabilità di un committente di lavori edili in corso di esecuzione sul tetto di un suo immobile, per lesioni personali colpose a S.A. che, lavorando sul detto tetto senza protezioni, cadeva al suolo - Condannato in primo grado, venne assolto in appello.

Ricorrono in Cassazione il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Catania e la parte civile - Accolti. 

La Corte afferma innanzitutto che: "all'epoca dei fatti la materia dei cantieri temporanei o mobili era disciplinata dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, come modificato dal D.Lgs. n. 528 del 1999.
Tale decreto definisce come "committente" il soggetto "per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione"(art. 2, lett. b))*.
Inoltre all'art. 3 prevede che il committente, nella fase di progettazione, di esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attenga alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3** che detta misure generali per la tutela e la sicurezza dei lavoratori ***.
Ai sensi dell'art. 6**** la eventuale designazione di un "responsabile dei lavori", non esonera il committente dalle responsabilità connesse all'esecuzione degli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3.
Da tali disposizioni si delinea un quadro di coinvolgimento del committente, nelle responsabilità per il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza, con l'evidente scopo di evitare che il risparmio sui costi dell'opera, a beneficio sia del committente che del lavoratore, si "scarichi" sulla sicurezza, con una diminuzione dei presidi di tutela dei lavoratori.
In attuazione di tali principi, questa Corte ha avuto modo di affermare che "in materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all'osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, ex art. 6, come modificato dal D.Lgs. 19 novembre 1999, n. 528, atteso che l'effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell'incarico conferito a quest'ultimo".

Ancora: "Il D.Lgs. 494 del 1996, art. 3, inoltre, prevede che il committente, all'atto dell'affidamento dell'incarico, verifichi la idoneità tecnica dell'appaltatore, richiedendo l'esibizione di documenti attestanti l'iscrizione alla Camera di Commercio, Industria e Artigianato.*****
Lo scopo della disposizione è analogo a quello sopra indicato e cioè evitare che l'esecuzione dei lavori sia affidata a soggetti tecnicamente inadeguati al compito da svolgere, con conseguente rischio di pericolosità dei lavori.
E' per tale motivo che questa Corte, ha stabilito che "In materia di infortuni sul lavoro, nel caso di appalto di lavori di ristrutturazione edilizia il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati.
"

Conclude osservando che: "il Tribunale di Catania, sez. dist. di Paterno, facendo buon governo dei principi sopra illustrati, è giunto alla pronuncia di condanna sulla base di due fondamentali argomenti:
- I lavori edili erano stati affidati ad un'impresa non iscritta alla camera di commercio e priva di partita IVA, per cui dubbia era la sua affidabilità tecnica;
- le gravi ed evidenti violazioni delle misure di sicurezza (operai al lavoro sul tetto senza ponteggi), erano cadute sotto la percezione visiva del committente V., abitante nello stesso immobile ove venivano effettuati i lavori e che non era intervenuto per porre riparo alle violazioni.
La palese inadempienza agli obblighi di sicurezza e di scelta di un idoneo appaltatore, ha determinato la condanna in primo grado.
A fronte di tale pronuncia, sorretta da solide argomentazioni in fatto ed in diritto, la Corte di Appello, con una sintetica motivazione, ha riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l'imputato osservando, in modo del tutto apodittico, che l'impresa appaltatrice (Scovazzo) era idonea all'esecuzione dei lavori, obliterando completamente le osservazioni del Tribunale in ordine alla non iscrizione dell'azienda presso la Camera di Commercio.
La Corte distrettuale, inoltre, ha affermato che avendo il V. nominato un responsabile dei lavori, con ciò egli si era esonerato dal controllo del rispetto delle norme di prevenzione infortuni.
Anche su tale punto la Corte non ha tenuto conto del fatto che il geometra P. aveva redatto il progetto dei lavori, ma non aveva assunto alcuna posizione di garanzia in sostituzione del committente, in quanto nessuna delega antinfortunistica (per iscritto) gli era stata conferita dal V..
In proposito va ricordato che "in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri, il committente è esonerato dalle proprie responsabilità esclusivamente se ha provveduto con tempestività non solo alla nomina di un responsabile dei lavori, ma altresì al conferimento allo stesso di una delega avente ad oggetto gli adempimenti richiesti per l'osservanza delle norme antinfortunistiche" .


 
Vd. D.Lgs. 81/2008 coordinato con il D.Lgs. 106/2009 - A cura della redazione di Olympus.

 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente -
Dott. IACOPINO Silvana Giovann - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania;
S.A., parte civile;
nei confronti di:
V.C., n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/4/2008 della Corte di Appello di Catania;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IZZO Fausto;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. MONTAGNA Alfredo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza;
sentito l'Avv. GIUFFRIDA Mario, difensore della parte civile, che ha richiesto l'accoglimento del ricorso;
sentito l'Avv. LIPERA Giuseppe, difensore dell'imputato, che ha richiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso del ricorso.
Si osserva:

FattoDiritto
 
 
1. Con sentenza del Tribunale di Catania, sez. dist. di Paterno, del 16/10/2007, V.C., in qualità di committente di lavori edili in corso di esecuzione sul tetto di un suo immobile ad opera della ditta Scovazzo, provocava lesioni personali colpose a S.A. che lavorando sul detto tetto senza protezioni, cadeva al suolo (fatto acc. in (OMISSIS)).
Il Tribunale irrogava la pena di Euro 200,00 di multa, per le lesioni ed Euro 400,00 di ammenda per la contravvenzione connessa, pene condonate; condannava inoltre l'imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, liquidando una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 8.000,00.
 
Osservava il Tribunale che:
- il cantiere ove era al lavoro la vittima era privo delle più elementari misure di sicurezza e sul tetto si lavorava senza parapetti e ad esso si accedeva senza neanche una scala, ma con mezzi di fortuna (una cassetta di legno, mattoni);
- il V., nel commissionare i lavori, li aveva affidati ad un'impresa priva di organizzazione e neanche iscritta alla Camera di Commercio, con ciò violando il D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3, comma 8, che impone al committente di verificare l'idoneità tecnica dell'impresa esecutrice di lavori;
- abitando il V. nell'immobile in cui si stavano eseguendo i lavori non poteva non essersi accorto della inadeguatezza delle misure di sicurezza approntate dallo Sc..

2. Con sentenza del 15/4/2008 la Corte di Appello di Catania pronunciava l'assoluzione dell'imputato osservando che:
- il V. aveva dato l'incarico di direttore dei lavori a tale geometra P.;
- l'impresa che era stata incaricata di svolgere i lavori era abilitata a farlo e per tale motivo non aveva controllato la presenza delle misure di sicurezza in cantiere.
 
3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Catania e la parte civile, evidenziando:
 
3.1. il P.G.: la violazione di legge e l'insufficienza della motivazione.
Invero la ditta esecutrice dei lavori, scelta personalmente dal V., non era nè iscritta alla camera di commercio, nè aveva partita IVA e, pertanto, non poteva definirsi azienda dotata di affidabilità. Quanto al geometra P., questi aveva redatto il progetto dei lavori ed i calcoli, ma non aveva assunto la posizione dei responsabile della sicurezza, nè aveva avuto in proposito una delega da parte del committente.

3.2. la parte civile: svolgeva motivi di censura analoghi al P.G. evidenziando inoltre che nessuna delega alla sicurezza era stata attribuita al geometra P. dal V., per cui quest'ultimo aveva mantenuto la posizione di garanzia attribuitagli dal D.Lgs. n. 494 del 1996.
 
4.1 ricorsi sono fondati.
 
4.1. Va premesso, che all'epoca dei fatti la materia dei cantieri temporanei o mobili era disciplinata dal D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, come modificato dal D.Lgs. n. 528 del 1999.
Tale decreto definisce come "committente" il soggetto "per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione"(art. 2, lett. b)).
Inoltre all'art. 3 prevede che il committente, nella fase di progettazione, di esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attenga alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3 che detta misure generali per la tutela e la sicurezza dei lavoratori.
Ai sensi dell'art. 6 la eventuale designazione di un "responsabile dei lavori", non esonera il committente dalle responsabilità connesse all'esecuzione degli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3.
Da tali disposizioni si delinea un quadro di coinvolgimento del committente, nelle responsabilità per il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza, con l'evidente scopo di evitare che il risparmio sui costi dell'opera, a beneficio sia del committente che del lavoratore, si "scarichi" sulla sicurezza, con una diminuzione dei presidi di tutela dei lavoratori.
In attuazione di tali principi, questa Corte ha avuto modo di affermare che "in materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all'osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, ex art. 6, come modificato dal D.Lgs. 19 novembre 1999, n. 528, atteso che l'effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell'incarico conferito a quest'ultimo" (Cass. 3^, 7209/07, Bellini).

4.2. Il D.Lgs. 494 del 1996, art. 3, inoltre, prevede che il committente, all'atto dell'affidamento dell'incarico, verifichi la idoneità tecnica dell'appaltatore, richiedendo l'esibizione di documenti attestanti l'iscrizione alla Camera di Commercio, Industria e Artigianato.
Lo scopo della disposizione è analogo a quello sopra indicato e cioè evitare che l'esecuzione dei lavori sia affidata a soggetti tecnicamente inadeguati al compito da svolgere, con conseguente rischio di pericolosità dei lavori.
E' per tale motivo che questa Corte, ha stabilito che "In materia di infortuni sul lavoro, nel caso di appalto di lavori di ristrutturazione edilizia il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati. (Nella fattispecie è stata ritenuta la responsabilità del committente per il reato di lesioni colpose in relazione all'infortunio occorso ad uno dei lavoratori impiegati dall'impresa incaricata, la quale non offriva adeguate garanzie, in ragione della sua modesta struttura e della sua mancata iscrizione alla camera di commercio, in ordine al rispetto della normativa antinfortunistica)" (Cass. 4^, 8589/08, Speckenhauser). La violazione di tale disposizione configura a carico del committente un'ipotesi di responsabilità per "culpa in eligendo".
 
4.3. Ciò premesso, va osservato che il Tribunale di Catania, sez. dist. di Paterno, facendo buon governo dei principi sopra illustrati, è giunto alla pronuncia di condanna sulla base di due fondamentali argomenti:
- I lavori edili erano stati affidati ad un'impresa non iscritta alla camera di commercio e priva di partita IVA, per cui dubbia era la sua affidabilità tecnica;
- le gravi ed evidenti violazioni delle misure di sicurezza (operai al lavoro sul tetto senza ponteggi), erano cadute sotto la percezione visiva del committente V., abitante nello stesso immobile ove venivano effettuati i lavori e che non era intervenuto per porre riparo alle violazioni.
La palese inadempienza agli obblighi di sicurezza e di scelta di un idoneo appaltatore, ha determinato la condanna in primo grado.
A fronte di tale pronuncia, sorretta da solide argomentazioni in fatto ed in diritto, la Corte di Appello, con una sintetica motivazione, ha riformato la sentenza di primo grado, assolvendo l'imputato osservando, in modo del tutto apodittico, che l'impresa appaltatrice (Scovazzo) era idonea all'esecuzione dei lavori, obliterando completamente le osservazioni del Tribunale in ordine alla non iscrizione dell'azienda presso la Camera di Commercio.
La Corte distrettuale, inoltre, ha affermato che avendo il V. nominato un responsabile dei lavori, con ciò egli si era esonerato dal controllo del rispetto delle norme di prevenzione infortuni.
Anche su tale punto la Corte non ha tenuto conto del fatto che il geometra P. aveva redatto il progetto dei lavori, ma non aveva assunto alcuna posizione di garanzia in sostituzione del committente, in quanto nessuna delega antinfortunistica (per iscritto) gli era stata conferita dal V..
In proposito va ricordato che "in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri, il committente è esonerato dalle proprie responsabilità esclusivamente se ha provveduto con tempestività non solo alla nomina di un responsabile dei lavori, ma altresì al conferimento allo stesso di una delega avente ad oggetto gli adempimenti richiesti per l'osservanza delle norme antinfortunistiche" (Cass. 4^, 14/3/2008, Scarfone).
 
4.4. Orbene, va ricordato che quando il giudice di appello ribalti totalmente la decisione del giudice di primo grado, la motivazione della sentenza deve essere particolarmente rigorosa nel dimostrare, con concreti argomenti, strettamente collegati con le emergenze istruttorie, le lacune della decisione impugnata e nell'indicare le ragioni delle nuove determinazioni in modo convincente ed esaustivo.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è consolidata ed ha affermato il principio che "la decisione del giudice di appello, che comporti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell'incompletezza o della non correttezza ovvero dell'incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. L'alternatività della spiegazione di un fatto non attiene al mero possibilismo, come tale esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realtà processuale, ma a specifici dati fattuali che rendano verosimile la conclusione di un "iter" logico cui si perviene senza affermazioni apodittiche. Il supporto motivazionale di una decisione giurisdizionale per essere logico deve essere conforme ai canoni che presiedono alle forme corrette del ragionamento in direzione della dimostrazione della verità" (Cass. 1^, 1381/95; conformi: Cass. 2^, 7716/82; Cass. 2^, 15756/02; Cassili, 23985/04; Cass. 5^, 35762/08).
Nel caso di specie la sentenza di appello è lacunosa nelle sue argomentazioni ed ancorata più a congetture che fatti concreti.
Per quanto detto, si impone il suo annullamento, senza rinvio relativamente al capo A), essendo la contravvenzione contestata oramai estinta per prescrizione; con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania, relativamente al delitto di lesioni colpose contestato sub B).
 
P.Q.M.
 
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente alla contravvenzione sub A) della rubrica, perchè estinto tale reato per prescrizione. Annulla la stessa sentenza impugnata relativamente al delitto sub B) della rubrica, con rinvio su tale capo ad altra sezione della Corte di Appello di Catania, cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2009