Cassazione Penale, Sez. 4, 12 marzo 2021, n. 9839 - Lesioni gravi a seguito di caduta dall'alto.  Mancata verifica dell'idoneità del piano di sicurezza: responsabilità del CSE


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 17/02/2021
 

Fatto

1. Con sentenza in data 11/07/2012, il Tribunale di Torino, sezione distaccata di Cirié, dichiarava A.S. e M.M. responsabili del reato di cui all'art. 590, comma 3, c.p. in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1), c.p. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, li condannava alla pena -sospesa- di mesi 3 di reclusione ciascuno, oltre al pagamento in solido delle spese processuali e al risarcimento dei danni morali e patrimoniali nei confronti della parte civile costituita da liquidarsi in separata sede, nonché alla rifusione delle spese di costituzione ed assistenza, con pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva nella misura di€ 30.000,00.
1.1. Gli imputati erano stati tratti a giudizio perchè, con colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionavano a al dipendente G.F. lesioni personali gravi. In particolare, M.M., in conseguenza della violazione di cui all'art. 92, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008, per non avere verificato l'idoneità del piano di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e di coordinamento, per non avere adeguato lo stesso piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute; per non avere evidenziato che nel P.O.S. della S.P. Costruzioni s.a.s. non era prevista la fase di posa in opera della coibentazione e delle tegole di copertura del tetto. A causa di tali omissioni G.F., che si trovava sulla falda del tetto di un edificio di civile abitazione dove erano in corso i lavori di posa della guaina e dei pannelli coibenti, precipitava attraverso il lucernaio al piano sottostante (mansarda), proseguendo per altro la caduta attraverso l'apertura della soletta posta in esatta corrispondenza del lucernaio e quindi cadendo per metri 5,50 circa, procurandosi così gravi lesioni.
1.2. Con la sentenza n. 7855/18 del giorno 12/12/2018, la Corte di Appello di Torino, adita dagli imputati, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di A.S. in ordine al reato ascrittogli perché estinto per intervenuta prescrizione; ritenuta la prevalenza delle già concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, rideterminava la pena inflitta a M.M. in mesi 1 di reclusione, con sostituzione della pena detentiva inflitta a M.M. con la pena di euro 1.140,00 di multa, ex art. 53 L. 689/81, eliminando la sospensione condizionale della pena.

2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione M.M., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'affermazione secondo cui l'imputato sarebbe stato tenuto a valutare l'adeguatezza del POS della ditta SP Costruzioni alla luce dei rapporti contrattuali tra le parti esecutrici, nonché in relazione all'art. 192, comma 2, c.p.p. per omessa valutazione degli indizi di segno contrario circa i presupposti di riconoscimento dell'esistenza, in capo al M.M. dell'obbligo indicato dall'art. 92 lett. b), D.Lgs. 81/2008.
Deduce che la corte territoriale ha erroneamente ritenuto sussistenti e sufficienti indizi circa la conoscenza e consapevolezza del M.M. che i lavori sul tetto sarebbero proseguiti nei giorni in cui si è verificato il sinistro e che tali lavori di finitura del tetto sarebbero stati eseguiti dalla ditta SP anziché dalla ditta MGB il cui POS prevedeva espressamente tale fase della lavorazione.
Assume che la sussistenza di tali dati viene motivata sulla base di elementi indiziari che tuttavia non assumono valore affermativo del fatto in quanto privi del connotato di gravità, precisione e concordanza indicato dall'art. 192, comma 2, c.p.p.
Il) violazione di legge in relazione al contenuto precettivo dell'art. 92 D.Lgs. 81/2008.
Deduce che la Corte territoriale assume che il M.M. avrebbe dovuto rilevare che il POS della ditta SP non conteneva alcuna indicazione relativa alla fase di finitura del tetto e che la SP avrebbe dovuto comunicare il proprio POS alla MGB e questa a sua volta avrebbe dovuto richiedere al M.M. la verifica della sua completezza e adeguatezza . Se ciò è vero in linea generale non è altrettanto corretto desumere la ricorrenza, nel caso concreto, di tale obbligo e la rilevanza causale del suo ipotizzato inadempimento. Infatti, la MGB disponeva di un POS completo che prevedeva anche le fasi di finitura e realizzazione del tetto con posa di coibente e tegole.
Sostiene che, ai sensi dell'art. 101, comma 2, D.Lgs. 81/2008, l'impresa affidataria avrebbe dovuto trasmettere il piano di sicurezza alle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi. La Società SP avrebbe quindi dovuto ricevere il POS -completo ed esauriente- dalla MGB per redigere il proprio POS che necessariamente avrebbe contenuto le medesime indicazioni di quello di MGB ed avrebbe dovuto attenersi alle indicazioni in esso contenute.
Afferma che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è destinatario di un obbligo di alta vigilanza sul rispetto delle norme di sicurezza ma non è, e non può essere, gravato da un obbligo di "puntuale controllo, momento per momento delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative. Tale obbligo non può concretizzarsi relativamente ad un momento in cui quella specifica fase lavorativa non doveva avere luogo quantomeno perché il disarmo della gettata non era previsto prima del 18 agosto, perché il M.M., quale direttore dei lavori, non aveva autorizzato il disarmo e nemmeno risulta che lo stesso fosse al corrente delle scelte operate sulla tipologia di tegole da installare. In questo senso non vale rilevare, come avvenuto nella impugnata sentenza, che non è stato emanato un ordine di sospensione lavori poiché il lavoro in oggetto era intrinsecamente sospeso in attesa dell'autorizzazione al disarmo, attività necessariamente prodromica ad ogni altro intervento.
III) vizi motivazionali in relazione al nesso di causalità tra le condotte attribuite all'imputato e l'evento.
Deduce che le sentenze assumono implicitamente il profilo della causalità della colpa senza alcuna verifica della sua concreta valenza causale. Quand'anche si volesse ritenere che il difetto di valutazione del POS della Società SP sia stato frutto di condotta colposa, occorre sempre verificare il rapporto tra l'omessa condotta doverosa e l'evento, non essendo possibile un'attribuzione presuntiva del nesso. La fase di posa del coibente e delle tegole era stata puntualmente prevista e disciplinata sia nel PSC sia nel POS della ditta affidataria MGB. È quest'ultima che, in principalità, ricevendo il pur esistente POS della ditta SP avrebbe dovuto evidenziarne la carenza, sulla base delle mansioni dalla stessa affidate a SP e trasmettere tale POS al coordinatore rilevando che una ulteriore fase della lavorazione era stata affidata a SP; MGB avrebbe dovuto consegnare il proprio POS a SP per consentire a questa un adeguamento del proprio documento rispetto a quello già validato dal coordinatore. Inoltre, il PSC era necessariamente noto alle ditte intervenute in subappalto e tra esse alla SP che già aveva redatto il proprio POS non considerando la fase di finitura del tetto evidentemente ad essa non affidato al momento della redazione del POS. Il POS di SP avrebbe potuto essere facilmente integrato semplicemente inserendo quanto già previsto e valutato in quello di MGB.
Sostiene che SP disponeva di tutti gli elementi conoscitivi per effettuare in sicurezza e in conformità al PSC l'intervento che le era stato affidato da MGB e la conseguente integrazione del POS nulla avrebbe aggiunto alle disposizioni cui aveva già l'obbligo di attenersi. La mancata verifica, anche ove si ritenesse dovuta dal POS di SP, non può dunque aver avuto rilievo causale sulla omissione di presidi antinfortunistici e sulla determinazione dell'evento.
2.1. Con memoria datata 22/01/2021, il difensore della parte civile ha esposto argomentazioni avversative.

 

Diritto
 



3. Il ricorso è inammissibile.

4. Innanzitutto, va evidenziato che, nel caso di sostanziale c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere -ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
5. Ciò posto in replica alle censure -da trattarsi congiuntamente poiché logicamente avvinte- mette conto osservare che, in tema di infortuni sul lavoro, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, sul responsabile dei lavori gravano tutte le funzioni proprie del datore di lavoro in materia di sicurezza, essendo egli chiamato a svolgere un ruolo di super­ controllo (cfr. Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013 Ud. -dep. 07/11/2013- Rv. 257166). Inoltre, sul responsabile dei lavori e della sicurezza, che è appunto responsabile dell'organizzazione del cantiere e del lavoro che ivi si svolge, incombono obblighi di vigilanza in ordine al rispetto delle norme antinfortunistiche e all'osservanza dei comuni precetti di prudenza, perizia e diligenza (v. anche Sez. 4, n. 4248 del 21/02/1995 Ud. -dep. 20/04/1995- Rv. 201869).
5.1. Per quanto riguarda il responsabile e coordinatore per l'esecuzione dei lavori, osserva il Collegio che a tale figura professionale la legge (come previsto dall'art. 92, lett. b, D.Lgs. 81/2008, parimenti ai previgenti artt. 5 e 6, D.Lgs. n. 494 del 1996,) attribuisce compiti specifici e precisi obblighi che lo individuano quale titolare di un'autonoma posizione di garanzia. In particolare, per quanto qui interessa, a tale figura è attribuito, tra gli altri, il compito di vigilare sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro, a garanzia dell'incolumità dei lavoratori. Allo stesso spetta, altresì, di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza e di assicurarne la coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento, di adeguare i piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS.
Più in particolare, al responsabile dei lavori, specie se rivesta anche le funzioni di addetto alla sicurezza, sono assegnati, tra gli altri compiti, anche quelli, come sopra già rilevato, di adeguare il piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'evoluzione dei lavori nonché di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza e di assicurarne la coerenza rispetto al PSC. Si tratta, quindi, anche di compiti definiti di "alta vigilanza" che, seppur non necessariamente implicano una continua presenza nel cantiere, devono tuttavia esercitarsi in maniera attenta e scrupolosa e riguardare tutte le lavorazioni in atto, specie quelle che pongono maggiormente a rischio l'incolumità dei lavoratori.
A tali obblighi non ha adempiuto l'odierno ricorrente, e inesistenti sono, quindi, i vizi denunciati nel ricorso, che svolge considerazioni che non tengono conto alcuno del contesto argomentativo della sentenza impugnata, ovvero propone argomentazioni generiche o non pertinenti.
5.2. Orbene, la corte territoriale ha fatto buon governo delle norme di legge e dei principi affermati da questa Corte, ed ha quindi ribadito la responsabilità del M.M., avendo legittimamente ritenuto, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, che l'odierno ricorrente non ha svolto con la necessaria attenzione e costanza i compiti di controllo e di garanzia che la legge gli attribuisce, in tal guisa avendo cooperato nella produzione dell'evento.
Rilevano, infatti, i giudicanti del merito, che, tra l'altro, il ricorrente «pur avendo redatto un P.S.C. veramente completo ed adeguato in tutte le sue partì, ivi compresi i rischi di caduta dall'alto e le misure preventive e protettive atte ad evitarli [... ] non abbia rilevato la carenza del P.O.S. della S.P. Costruzioni con riferimento al profilo specificamente indicato; pur avendo verificato il P.O.S. sotto altri aspetti, non risulta averne valutato l'idoneità in merito alla fase della coibentazione e della copertura con tegole e, di conseguenza, non ha invitato neppure la S.P. Costruzioni a modificare o integrare il P.O.S. in relazione alla evoluzione dei lavori e alle eventuali modifiche del progetto esecutivo, in violazione dell'art. 92, lett. B) del D.L.v. 81/2008 [... ] A nulla rileva il fatto che il POS della MGB di P.M. fosse invece adeguato e prevedesse il rischio di caduta dall'alto attraverso le aperture dei solai [ ... ], in quanto la MGB non ha operato nel cantiere, non ha fornito la manodopera, non ha eseguito alcuna delle opere oggetto dell'appalto, per cui, correttamente, la S.P. Costruzioni aveva fornito un proprio POS».
Chiariscono gli stessi giudicanti che «Allegato al PSC vi è il diagramma di Gantt (Allegato A), il quale costituisce uno strumento che permette sostanzia/mente di visualizzare graficamente il calendario delle attività di cantiere [ ... ] Dalla relativa tabella analitica si evince come il getto di soletta in cls armato per il tetto fosse previsto per la fine di aprile 2008 e fino al 23 maggio circa, mentre la realizzazione di copertura continua dal 26 maggio al 9 giugno. È verosimile che tale calendario non sia stato seguito alla lettera posto che molti avvenimenti possono avere rallentato, come è noma/e, l'esecuzione dei lavori, quali piogge ininterrotte, mancanza di forniture, ed altro [ ... ] è poi pacifico [ ... ] che alla data del 31/7/2008 le opere di disarmo del tetto con collocazione delle tegole fossero già avviate in quanto, dal verbale di sopralluogo eseguito in occasione de/l'infortunio, si era constato che "lo spiovente della zona nord del tetto era già stato completato anche con le tegole, mentre la zona sud era in lavorazione". Ciò concorda peraltro con quanto riferito dall'imputato A.S. quando ha dichiarato che al momento di disarmare era stato deciso il tipo di isolante e di tegole che dovevano essere posizionate sul tetto. Il Tribunale ha perciò escluso che l'imputato non fosse al corrente che a questa data si stessero collocando le tegole».
Aggiungono, poi, che deve escludersi che l'imputato ignorasse che alla S.P. Costruzioni di A.S. e S. s.n.c. fosse stata subappaltata -da parte della M.G.B.- l'intera attività edificatoria posto che, come emerge dal compendio probatorio, «la MGB non eseguì alcun lavoro su quel cantiere per cui non era in alcun modo ragionevole che si mettesse a realizzare solo all'ultimo la copertura del tetto; la semplice lettura del contratto di subappalto in ogni caso avrebbe dissipato ogni dubbio e il coordinatore per l'esecuzione ben avrebbe dovuto avere contezza tutto ciò. Se anche, per ipotesi, non lo avesse fatto sarebbe un ulteriore comportamento negligente ad esso ascrivibile. Non vi è prova alcuna che al momento della stipula del contratto di subappalto la MGB si sia riservata di svolgere tutti i lavori diversi dalle opere in cemento armato. La dicitura del contratto di subappalto è così generica da ricomprendere ogni tipo di prestazione».
Correttamente, da ciò derivano che non v'era alcuna necessità di effettuare il doppio passaggio previsto dall'art. 101 D.Lgs. 81/08, secondo il quale il POS dell'impresa sub-affidataria deve essere trasmesso alla ditta affidataria e da questa al coordinatore per l'esecuzione dei lavori allorquando vi siano nuovi lavori subappaltati, posto che -si ripete- nel caso di specie non vi era alcun nuovo contratto di subappaltato e i lavori di posa e di coibentazione e collocazione delle tegole erano già ricompresi nell'originario contratto del marzo 2008.
5.3. In vero, la corte territoriale ha cura di evidenziare altresì che <<Quando l'imputato ha preso visione del contratto avrebbe dovuto innanzitutto comprendere quali attività fossero state affidate alla S.P. Costruzioni di A.S. e S. s.n.c. e, poiché, come si è detto, tali attività dovevano necessariamente essere conferite anche alla spicciolata, egli avrebbe dovuto pretendere di essere informato sulle stesse. Ed infatti, dalle prove dichiarative assunte nel corso del processo si comprende che egli veniva sempre informato sui tempi e sui modi della prosecuzione dei lavori» e, in effetti, dalle dichiarazioni rese in dibattimento da P.M. (titolare della MGB) emerge questi aveva subappaltato alla SP tutto il lavoro "che c'era da fare", specificando che egli non aveva svolto alcuna attività di vigilanza sull'operato dell'impresa subappaltatrice (la SP) in quanto tale attività, anche per quel che concerne gli adempimenti in punto di sicurezza sul lavoro, veniva svolta dal coordinatore, ossia l'imputato M.M.. lo stesso appaltante, V.V., escusso quale teste, ha confermato di essere a conoscenza dell'avvenuto subappalto e che esso riguardava tutta la lavorazione.
Correttamente, quindi, il collegio del merito giunge ad affermare che «l'imputato era perfettamente a conoscenza che i lavori di coibentazione del tetto e di collocazione delle tegole sarebbero stati eseguiti dalla S.P. Costruzioni la quale tuttavia non gli aveva consegnato il P.O.S. relativo a tale fase della lavorazione né consta che egli lo avesse richiesto; i lavori di cui sopra non erano di certo iniziati il giorno dell'infortunio, atteso che a quella data una parte del tetto era già stato coibentato e coperto con le tegole (che dunque erano a disposizione dell'impresa). L'imputato, poi, oltre ad essere il direttore dei lavori, ricopriva anche l'incarico di coordinatore per l'esecuzione». E, in vero, a norma dell'art. 92 D.Lgs. 81/2008, gli adempimenti che incombono sul coordinatore per l'esecuzione non si esauriscono nella mera verifica statica della corrispondenza tra ciò che è indicato nel piano operativo della sicurezza e la realtà fattuale: nel caso di specie, la S.P. Costruzioni non aveva neppure redatto il P.O.S. relativo a tale fase di lavorazione. La norma succitata impone al coordinatore un comportamento che può spingersi fino al punto di ordinare la sospensione dei lavori qualora accerti una situazione di pericolo; di Contro, l'istruttoria dibattimentale ha permesso di affermare che il ricorrente, pur sapendo che l'impresa S.P. Costruzioni avrebbe proceduto al disarmo ed alla successiva coibentazione del tetto con collocazione delle tegole, non si è curato né di pretendere il P.O.S. né di richiedere quando sarebbe stata intrapresa tale fase lavorativa (iniziata certamente giorni prima dell'infortunio).
5.4. Appare evidente che l'infortunio del lavoratore ha rappresentato proprio la concretizzazione del rischio che il M.M., con una -condotta diligente, perita e rispettosa delle norme antinfortunistiche avrebbe potuto e dovuto evitare.

6. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso si riduce all'offerta di una diversa (e per il ricorrente più favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).

7. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di.€ 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio dalla parte civile costituita che si liquidano in euro tremila, oltre accessori di legge.

Così deciso il 17/02/2021