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  • Servizio di Prevenzione e Protezione

La Telecom s.p.a. ha affidato alla s.p.a. CET, in attuazione di contratto di appalto, lavori di tesatura di nuovi cavi telefonici aerei nella provincia di Grosseto e la CET s.p.a. ha di fatto sub - appaltato a TMB s.r.l. la complessiva esecuzione di tali lavori nello svolgimento dei quali, a cura di dipendenti di quest'ultima società, si è verificato l'infortunio mortale per cui è processo.
L'infortunio ha riguardato l'operaio della ditta TMB, O. M., mentre questi era impegnato nei lavori di tesatura del cavo telefonico ad una distanza ravvicinata (circa 17 cm.) rispetto al conduttore elettrico aereo Enel di 15.000 volt, allorchè il contatto tra il cavo telefonico con quello della linea elettrica dette luogo ad una potente scarica elettrica, per effetto della quale l'O. rimase folgorato.
 
Per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle disposizioni antiinfortunistiche di settore, sono stati tratti a giudizio G. A., nella qualità di responsabile dell'unità operativa che la s.p.a. CET aveva in provincia di Grosseto, nonchè F.C. e M.G.E., nelle rispettive qualità di legale rappresentante e di responsabile del servizio di prevenzione infortuni della ditta sub-appaltatrice TMB, tutti condannati in appello.
 
Propongono ricorso in Cassazione -  La Corte afferma che in assenza di cause di inammissibilità dei ricorsi proposti dai tre nominati imputati, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per effetto dell'intervenuta prescrizione del reato, non essendo in questa sede di legittimità rilevabile, in presenza della predetta causa di estinzione del reato, la sussistenza di alcuna delle dedotte nullità. 
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RIZZO Aldo Sebastiano - Presidente -
Dott. LICARI Carlo - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) F.C., N. IL (OMISSIS);
2) M.G.E., N. IL (OMISSIS);
3) G.A., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 27/03/2004 CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. LICARI CARLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALASSO Aurelio, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per essere il resto estinto per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili.

FattoDiritto

La Telecom s.p.a. ha affidato alla s.p.a. CET, in attuazione di contratto di appalto intercorrente tra le due società, lavori di tesatura di nuovi cavi telefonici aerei nella provincia di Grosseto e la CET s.p.a. ha di fatto sub - appaltato a TMB s.r.l. la complessiva esecuzione di tali lavori nello svolgimento dei quali, a cura di dipendenti di quest'ultima società, si è verificato l'infortunio mortale per cui è processo.
L'infortunio ha riguardato l'operaio della ditta TMB, O. M., ed è avvenuto in data (OMISSIS), mentre questi era impegnato nei lavori di tesatura del cavo telefonico ad una distanza ravvicinata (circa 17 cm.) rispetto al conduttore elettrico aereo Enel di 15.000 volt, allorchè il contatto tra il cavo telefonico con quello della linea elettrica dette luogo ad una potente scarica elettrica, per effetto della quale l'O. rimase folgorato.
Per tale evento mortale, inquadrato giuridicamente nel contestato reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle disposizioni antiinfortunistiche di settore, sono stati tratti a giudizio - tra gli altri, che qui non interessa menzionare - G. A., nella qualità di responsabile dell'unità operativa che la s.p.a. CET aveva in provincia di Grosseto, nonchè F.C. e M.G.E., nelle rispettive qualità di legale rappresentante e di responsabile del servizio di prevenzione infortuni della ditta sub-appaltatrice TMB.
Con sentenza del 23/9/2002, il Tribunale di Grosseto, Sez. distaccata di Orbetello, ha condannato il F. ed il M. alla pena ritenuta di giustizia, nonchè al risarcimento in solido tra loro dei danni in favore delle parti civili costituite, mentre ha assolto il G. dal reato ascrittogli con la formula "per non aver commesso il fatto".
In accoglimento del gravame proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto e dagli imputati dichiarati colpevoli, la Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 27/3/2004, ha riformato parzialmente quella resa in primo grado, nel senso che ha affermato la penale responsabilità del G., condannandolo alla pena di mesi sei di reclusione, ritenuta la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto all'aggravante contestata; ha ridotto alla stessa pena quella più severa inflitta in primo grado al F. ed al M., previo riconoscimento anche ai predetti del giudizio di prevalenza tra attenuanti già concesse ed aggravante; ha dichiarato il G. tenuto, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle medesime parti; ha dichiarato estinte per prescrizione le contravvenzioni ai predetti imputati rispettivamente ascritte; ha, nel resto, confermato la sentenza di primo grado.
Avverso tale decisione il F., il M. ed il G. propongono ora, per mezzo del difensore, ricorso per cassazione.
Il ricorso comune del F. e del M. contiene la deduzione di vari vizi di legge, sia per avere i giudici di appello disatteso la tesi difensiva secondo la quale ricorre nullità assoluta di tutti gli atti processuali e non quella parziale, riconosciuta per l'indebita anticipazione, non comunicata al difensore di fiducia, dell'udienza dell'11/4/2001, per effetto della quale è stata dichiarata la nullità solo dell'esame del consulente tecnico C. e del teste F.; sia per essere stata in primo grado spostata la sede dell'udienza del 23/9/2002, senza darne preventiva comunicazione agli imputati contumaci.
Tutti i ricorrenti, inoltre, deducono vizio di legge e difetto di motivazione, in relazione al riconoscimento della loro qualità di titolari di una posizione di garanzia ai fini della tutela della sicurezza nell'ambiente di lavoro e dei lavoratori dipendenti, sostenendo con argomenti diversamente articolati, l'estraneità al fatto, loro rispettivamente contestato.

E' pacifica l'intervenuta prescrizione del reato, maturata in data 9/1/2006, tenuto conto che il termine prescrizionale massimo applicabile nel caso di specie è quello di anni 7 e mesi 6, decorrente dalla data del commesso reato ((OMISSIS)).
Orbene, in assenza di cause di inammissibilità dei ricorsi proposti dai tre nominati imputati, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per effetto dell'intervenuta prescrizione del reato, non essendo in questa sede di legittimità rilevabile, in presenza della predetta causa di estinzione del reato, la sussistenza di alcuna delle dedotte nullità.
Ciò, in quanto l'inevitabile rinvio del processo all'esame del giudice di merito, dopo l'ipotetica pronuncia di annullamento della sentenza impugnata, sarebbe incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall'art. 129 c.p.p., tenuto conto che, nel caso in esame, la dichiarazione di estinzione del reato non presuppone accertamenti o valutazioni riservati al giudice di merito e che non è "ictu oculi" rilevabile, ad una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza o, se si vuole, la prova positiva dell'innocenza dei nominati imputati.
E' principio giuridico incontroverso, infatti, quello secondo cui, in presenza della causa estintiva della prescrizione del reato, l'obbligo del giudice di immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p..postula che gli elementi idonei ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo, da parte dell'imputato, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicchè la valutazione che deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione, che a quello di apprezzamento.
Va soggiunto, per completezza di esposizione, che il principio dell'immediatezza della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, anche se in apparenza può configgere con l'interesse dell'imputato ad una più ampia possibilità di vedere proseguire l'attività processuale in vista di un auspicato proscioglimento con formula liberatoria di merito, in realtà non mortifica tale interesse (che può trovare sempre la sua massima espansione, attraverso la rinuncia alla prescrizione, secondo la sentenza costituzionale n. 275/90) e lo contempera, alla luce della normativa vigente, con l'aspetto, non meno rilevante, dell'exitus del processo quale obiettivo da perseguire, la cui importanza non può certamente sottovalutarsi, posto che la disciplina d'impulso alla sollecita definizione del processo tutela un fondamentale interesse di carattere costituzionale (art. 111 Cost., comma 2: ragionevole durata del processo), che non può essere considerato aprioristicamente di rango inferiore ad altri interessi pur apprezzabili e, in ogni caso, sempre tutelabili.
Il principio dell'immediata operatività della causa estintiva e, quindi, della priorità di essa anche rispetto alle questioni di nullità di ordine generale, è frutto di una scelta legislativa che trova la sua ratio nell'intento di evitare la prosecuzione infruttuosa di un giudizio e nella finalità di assicurare la pronta definizione dello stesso, evitando così esasperati, dispendiosi ed inutili formalismi.
Tale principio, secondo quanto già affermato da questa Corte, fa salvo sia il limite dell'evidente innocenza dell'imputato (art. 129 cpv. c.p.p.), sia il caso in cui la sentenza di merito ipoteticamente affetta da nullità abbia deciso non solo in ordine al reato per cui è intervenuta la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati o alle restituzioni, giacchè in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e dichiarata in sede di legittimità, in quanto si riflette sulla validità delle statuizioni civili.
Posto che, nella fattispecie, le nullità denunciate con i ricorsi non appaiono sussistere (le argomentazioni spese al riguardo dai giudici di secondo grado sono corrette e persuasive e, quindi, è condivisibile il loro convincimento che la nullità conseguente all'anticipazione dell'udienza abbia avuto effetti solo nei confronti degli atti compiuti senza l'intervento del difensore di fiducia, e che, di contro, non ricorra l'eccepita nullità conseguente allo spostamento della sede per l'udienza finale di primo grado, in quanto il rinvio in prosecuzione del processo ad altra udienza non comporta l'obbligo di notificare il relativo avviso all'imputato contumace, essendo egli rappresentato in giudizio dal suo difensore), deve pervenirsi, in linea con tale orientamento, alla conclusione che, in presenza di censure, come quelle proposte dagli odierni ricorrenti, sul giudizio di responsabilità penale infondate in diritto e talora contenenti valutazioni in fatto, contrapposte a quelle fatte persuasivamente dai giudici di merito, le statuizioni civili contenute nelle sentenze di primo e secondo grado meritano di essere, in questa sede, confermate in ossequio alla norma di cui all'art. 578 c.p.p..

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 18 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2009