Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro


Commento

 

Nella serata del 6 aprile 2021 Confindustria ha partecipato alla riunione per l’aggiornamento del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid- 19 negli ambienti di lavoro.
In coerenza con la previsione dell’art. 29bis della legge n. 40/2020 - che individua nelle previsioni del Protocollo il contenuto concreto dell’art. 2087 del codice civile - la finalità era quella di acquisire nel documento le novità normative e scientifiche (previsioni di legge, circolari esplicative, evoluzione delle conoscenze in relazione, soprattutto, alle varianti) per attualizzare le regole di sicurezza contro l’epidemia e semplificarne l’applicazione per le imprese, superando previsioni non più attuali ed in contrasto con leggi e circolari sopravvenute.
Va sottolineato che l’adozione di misure di sicurezza stringenti (in particolare, il maggior diffusione dell’uso della mascherina) consegue soprattutto alla presenza delle varianti, la cui virulenza appare acuire il rischio di contagio (o, addirittura, in alcune ipotesi, limitare l’efficacia del vaccino). L’uso della mascherina, infatti, riduce il rischio di contagio e di attivazione del contact tracing e, conseguentemente, l’adozione delle misure di quarantena. Incide, inoltre, riducendo le ipotesi di diffusione del virus al di fuori dei luoghi di lavoro, in famiglia e nella società, limitando così anche le ipotesi di isolamento e quarantena che riflettono i propri effetti, anche indirettamente, sul lavoro (è il caso della scuola).
Ripercorrendo il testo, si evidenzia fin d’ora che restano ferme l’impostazione e la struttura del Protocollo.
Ancora in premessa, rileviamo che i Ministeri avevano inserito in modo formale ed in più parti del testo il riferimento alla valutazione dei rischi ed al relativo documento, che non risulta invece mai presente nel documento definitivo in quanto ha costituito una delle condizioni per la sottoscrizione del Protocollo da parte di Confindustria.
 

Premessa
In premessa, si conferma, innanzitutto, che il Covid19 “rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria”. Si riafferma, quindi, un passaggio importante, che costituisce il cardine dell’intero protocollo e che non è stato messo in dubbio.
Si aggiorna, poi, il riferimento al DPCM in vigore (quello del 2 marzo 2021).
Si evidenzia, quindi, nelle considerazioni generali, il richiamo al massimo uso, ove possibile, del lavoro agile o da remoto (anche per le attività professionali). Questa modalità organizzativa resta, quindi, lo strumento precauzionale prioritario di distanziamento. Si tratta di una sottolineatura importante che potrà supportare la richiesta di ulteriore conferma del regime agevolato per lo smart work.
Aggiornando le considerazioni connesse alla maggiore aggressività e diffusività delle varianti, è previsto l’uso della mascherina chirurgica in ogni situazione in cui ci sia condivisione di spazi. Questa innovazione avvicina il Protocollo al vigente DPCM e segue le circolari che, nel 2021, hanno evidenziato la maggiore diffusività e contagiosità delle varianti, supportando così l’incremento dei livelli di sicurezza.
Viene, poi, superata la criticità interpretativa rispetto al concetto di “contatto stretto” ai fini del contact tracing, in quanto si elimina la questione della distinzione tra rischio alto e basso fondata anche sull’uso o meno della mascherina.
Va ricordato, inoltre, che neppure la vaccinazione comporta l’abbandono degli strumenti precauzionali ai quali siamo ormai abituati (distanziamento, mascherina, igiene), il che conferma l’esigenza di un loro rispetto corretto, diffuso e costante, negli ambienti di vita e di lavoro.
L’uso della mascherina resta, ovviamente, escluso nelle situazioni di isolamento delle persone, quindi negli uffici occupati da un solo lavoratore ovvero quanto il distanziamento è tale da assicurare l’isolamento, come già previsto all’art. 1, comma 2, del DPCM 2 marzo 2021.
Ancora in relazione ai DPI, si è confermato, nel corpo del testo e in una apposita previsione, che la mascherina da utilizzare è quella chirurgica, salve le ipotesi in cui i rischi specifici, indipendentemente dalla situazione emergenziale, importino già l’uso di DPI differenti (FFP2 o FFP3).


Modalità di ingresso in azienda
Quanto alle modalità di ingresso in azienda, sono stati aggiornati i riferimenti normativi. In luogo del DL 6/2020 (peraltro abrogato), si richiamano adesso:
• art. 14, comma 1 del dl 18/2020 (che richiama l’art. 1, comma 1, lett. d) del dl 19/2020) secondo il quale la misura della quarantena precauzionale (prevista per i soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano) non si applica agli operatori sanitari, agli operatori dei servizi pubblici essenziali e ai dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione e dispensazione dei farmaci, dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori;
• art. 26 del Dl 18/2020, sui lavoratori cd fragili
• art. 1 del Dl 33/2020, secondo il quale “a decorrere dal 18 maggio 2020, cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all'interno del territorio regionale di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e tali misure possono essere adottate o reiterate, ai sensi degli stessi articoli 2 e 3, solo con riferimento a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggravamento della situazione epidemiologica
• Art. 1bis del Dl 83/2020 (norma di coordinamento) secondo il quale “le disposizioni del decreto- legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, si applicano nei limiti della loro compatibilità con quanto stabilito dal decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74”.
Nel punto seguente è contenuto uno degli aggiornamenti più significativi, che - richiamando la circolare del Ministero della salute del 12 ottobre 2020 - attualizza le disposizioni sulle modalità di rientro in azienda dei lavoratori con pregressa infezione da Covid19 e regola espressamente le condizioni per il rientro in azienda del caso positivo a lungo termine.
Questo rinvio consente di chiarire che:
a) i casi positivi asintomatici, ossia i lavoratori asintomatici risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2, possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
b) I casi positivi sintomatici, ossia i lavoratori sintomatici risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2, possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
Per quanto riguarda, invece, i casi positivi a lungo termine, il Protocollo - assumendo espressamente una posizione differente da quella della circolare richiamata - prevede che “i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario nazionale”.
Ciò comporta che, nelle tre ipotesi sopra indicate, i lavoratori potranno rientrare in azienda sempre e solamente con tampone negativo e che, quindi, il personale ancora positivo al test risulterà ancora in malattia.
Si tratta di una previsione introdotta dal Ministero della salute sulla quale permangono notevoli interrogativi, come precisato anche da un intervento del Direttore generale per la prevenzione, Prof. Rezza. Proprio su questi aspetti - ed in particolare sulla condizione giuridica del lavoratore ancora positivo dopo i ventuno giorni - abbiamo sollecitato chiarimenti da parte del Ministero della salute.
Su tali aspetti, occorre aggiungere che con circolare del 31 gennaio 2021, il Ministero della salute ha aggiornato le indicazioni inerenti le misure di controllo legate specificamente alle varianti del virus, prescrivendo anche una differente durata della quarantena.
Viene poi inserito il riferimento all’allegato IX del vigente DPCM che regola le misure di sicurezza per evitare situazioni di affollamento e di contagio ed è riferito a specifiche attività produttive, sul quale occorre svolgere alcune considerazioni.
L’estensione si riferisce esclusivamente alle attività produttive che rientrino nelle ipotesi previste dall’allegato (ossia ristorazione, attività turistiche -stabilimenti balneari e spiagge, attività ricettive, servizi alla persona - acconciatori, estetisti e tatuatori, commercio al dettaglio, commercio al dettaglio su aree pubbliche - mercati e mercatini degli hobbisti, uffici aperti al pubblico, piscine, palestre, manutenzione del verde, musei, archivi e biblioteche, attività fisica all’aperto, noleggio veicoli e altre attrezzature, informatori scientifici del farmaco, aree giochi per bambini, circoli culturali e ricreativi, formazione professionale, cinema e spettacoli dal vivo, parchi tematici e di divertimento, sagre e fiere locali, strutture termali e centri benessere, professioni della montagna - guide alpine e maestri di sci e guide turistiche, congressi e grandi eventi fieristici, sale slot, sale giochi, sale bingo e sale scommesse discoteche).
Le attività produttive che non rientrano già nella disciplina dall’allegato IX non dovranno quindi tener conto di detta estensione, che è giustificata dal fatto che in alcune situazioni (centri commerciali, supermercati, etc.) possono verificarsi occasioni di eccesso di afflusso di persone: la disposizione mira, quindi, ad estendere a queste particolari ipotesi la specifica disciplina già presente nel DPCM.


Modalità di accesso dei fornitori esterni
Per quanto riguarda il trasporto organizzato dall’azienda (che troverebbe migliore collocazione in altri punti del Protocollo), si precisa che la sicurezza dei lavoratori viene assicurata mettendo in atto tutte le misure previste per il contenimento del rischio di contagio (tra queste, in via esemplificativa, il distanziamento, l’uso della mascherina chirurgica, etc.). Si tratta di una precisazione volta a garantire, anche in questo caso, la riduzione del rischio di trasmissione del virus, dal momento che la compresenza in ambienti di limitate dimensioni aumenta il rischio di contagio, in assenza delle dovute misure.
In tema di coordinamento tra committente e appaltatore, si precisa che le informazioni inerenti alla positività dei lavoratori devono essere scambiate tra le imprese per il tramite del medico competente, per ovviare alle questioni inerenti alla privacy.
 

Pulizia e sanificazione in azienda
Per la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali si fa espresso riferimento alla circolare del Ministero della salute n. 17644 del 22 maggio 2020. Il riferimento è opportuno e volto a razionalizzare in modo espresso le modalità di pulizia e sanificazione che, a detta dell’Inail, avevano assunto di fatto una portata ed un impegno eccessivo rispetto a quanto realmente necessario e sufficiente nella lotta alle fonti di contagio.
Resta confermato il riferimento alla circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020, relativo alla differente ipotesi della presenza di un soggetto contagiato in azienda.
In tema di pulizia a fine turno ed alla sanificazione periodica viene aggiunto, per quanto non fosse necessario e, anzi, costituisse già oggetto di particolare attenzione, che la pulizia e la sanificazione devono riguardare anche le attrezzature di lavoro di uso promiscuo.


Precauzioni igieniche personali
Viene specificato che i mezzi detergenti delle mani messi a disposizione dei lavoratori oltre ad essere, ovviamente, idonei devono anche essere “sufficienti”.


Dispositivi di protezione individuale
Si tratta di uno dei punti di maggior rilievo, visto il diffondersi di varianti caratterizzate da maggiore contagiosità e virulenza e tenuto conto che, anche in presenza di vaccinazione, nulla cambia ai fini del mantenimento delle misure di precauzione.
Visto il perdurare della situazione emergenziale, nell’invitare ad un uso “razionale” dei dispositivi (anche qui, per evitare un impiego non corretto), si attribuisce espressamente la qualifica di DPI alle mascherine chirurgiche ai fini della legislazione in materia di salute e sicurezza (confermando quanto disposto dall’art. 16 del dl 18/2020).
Superando sia il riferimento al distanziamento di un metro sia il riferimento agli spazi comuni, si conferma che l’uso della mascherina è previsto in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, siano essi al chiuso o all’aperto. Dunque, un innalzamento della tutela, in considerazione non solo della esplicita previsione del DPCM in vigore, ma anche dall’incremento di contagiosità del virus nelle sue varianti.
Resta sempre esclusa - come sopra evidenziato - l’ipotesi del lavoro in situazioni di isolamento.
 

Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e lavoro agile e da remoto, rimodulazione dei livelli produttivi)
Il paragrafo è stato modificato in due aspetti di particolare rilievo.
Per quanto riguarda il lavoro agile, ne viene riaffermata espressamente la valenza di “utile e modulabile strumento di prevenzione”, quale elemento emergenziale a disposizione dell’azienda, la cui caratteristica di modulabilità è strettamente funzionale alla logica precauzionale e si sostanzia anche nella natura unilaterale e non contrattuale dello strumento.
L’altro passaggio di rilievo è rappresentato dalla modifica della regolamentazione delle trasferte. Come si ricorderà, il Protocollo del 14 marzo 2020 prevedeva espressamente ed in modo inequivoco che “sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate”.
Oggi, superato nettamente il divieto, si prevede che “in merito alle trasferte nazionali ed internazionali, è opportuno che il datore di lavoro, in collaborazione con il MC e il RSPP, tenga conto del contesto associato alle diverse tipologie di trasferta previste, anche in riferimento all’andamento epidemiologico delle sedi di destinazione”.
Viene così superata formalmente ogni limitazione alle trasferte e viene richiamato il principio generale della ovvia considerazione del contesto pandemico nel programmare la trasferta.


Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione
Resta confermato il divieto di riunioni in presenza, peraltro derogabile in presenza di situazioni di necessità ed urgenza e rispettando le consuete disposizioni su distanziamento e mascherina.
Per quanto riguarda la formazione, i Ministeri stipulanti hanno ritenuto di uniformare la previsione del Protocollo a quella del DPCM in vigore, che contiene aperture sulla formazione e aspetti poco chiari.
Il nuovo testo del Protocollo corrisponde quindi a quello presente nel DPCM vigente e prevede che “sono sospesi tutti gli eventi interni e ogni attività di formazione in modalità in aula, anche obbligatoria, fatte salve le deroghe previste dalla normativa vigente. Sono consentiti in presenza, ai sensi dell’articolo 25, comma 7, del Dpcm 2 marzo 2021, gli esami di qualifica dei percorsi di IeFP, nonché la formazione in azienda esclusivamente per i lavoratori dell’azienda stessa, secondo le disposizioni emanate dalle singole regioni, i corsi di formazione da effettuarsi in materia di protezione civile, salute e sicurezza, i corsi di formazione individuali e quelli che necessitano di attività di laboratorio, nonché l'attività formativa in presenza, ove necessario, nell’ambito di tirocini, stage e attività di laboratorio, in coerenza con i limiti normativi vigenti, a condizione che siano attuate le misure di contenimento del rischio di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall’INAIL. È comunque possibile, qualora l’organizzazione aziendale lo permetta, effettuare la formazione a distanza, anche per i lavoratori in lavoro agile e da remoto”.
La riapertura della possibilità di svolgere la formazione e l’aggiornamento sulla salute e sicurezza anche in presenza comporta il venir meno della previsione secondo la quale era consentito lo svolgimento di specifiche mansioni anche in caso di mancato aggiornamento. Questo anche in considerazione del progressivo ritorno alla normalità delle attività produttive.
 

Gestione di una persona sintomatica in azienda
Su questo aspetto, l’unica integrazione riguarda il fatto che la collaborazione dell’azienda con le autorità sanitarie nella definizione dei “contatti stretti” avviene anche con il coinvolgimento del medico competente.
 

Sorveglianza sanitaria/Medico competente/Rls
Come era prevedibile, le disposizioni sulla sorveglianza sanitaria sono state integrate per aggiornare le conoscenze scientifiche di riferimento.
In particolare, oltre ad inquadrare meglio il ruolo della sorveglianza sanitaria, si richiama il ruolo del medico competente nella tutela dei lavoratori fragili (con richiamo espresso alla circolare del 4 settembre 2020) e nella proposta di adozione di strategie di testing/screening (anche tenendo conto della circolare n. 705 dell’8 gennaio 2021).
Per il concetto di contatto stretto, si fa espresso riferimento alla circolare del Ministero della salute del 29 maggio 2020 e si richiama l’esigenza che - al fine di rendere efficace il tracciamento secondo le peculiarità organizzative aziendali - la relativa identificazione avvenga tenendo conto delle misure di prevenzione e protezione individuate ed effettivamente attuate in azienda.
Rilevante la specifica previsione in tema di riammissione al lavoro. Superando la contraddizione tra il testo previgente del Protocollo e la circolare n. 14915 del 29 settembre [aprile] 2020, il Protocollo prevede ora espressamente che la visita al rientro è prevista “per il reintegro progressivo dei lavoratori già risultati positivi al tampone con ricovero ospedaliero”.
La disposizione prevede dunque la visita al rientro solamente in caso di pregressa ospedalizzazione, ed appare, quindi, limitata rispetto alla portata generale che ispirava la originaria previsione del Protocollo. Se, da un lato, la precisazione sembra sollevare l’azienda da un onere di accertamento nelle ipotesi presumibilmente “minori” (asintomatici, assenza di gravità, assenza di ricovero ospedaliero), dall’altro introduce questioni afferenti alla privacy (il datore di lavoro può non sapere se la persona è stata ospedalizzata) e non supera (dal momento che non la esclude espressamente) la possibilità di effettuare sempre e comunque la visita al rientro e non solamente nelle ipotesi di pregresso ricovero ospedaliero.
Non viene riportata nel Protocollo la previsione inerente alla visita al rientro in caso di “gravità” della malattia, aspetto riportato nella circolare del Ministero della salute, il che introduce ulteriori elementi di dubbio.
Riteniamo, comunque, che continui ad essere rimessa alla valutazione del medico competente l’opportunità di effettuare le visite al rientro anche nelle ipotesi diverse da quelle indicate dalla circolare e dal Protocollo.
Sulla portata di queste integrazioni al Protocollo originario abbiamo chiesto chiarimenti al Ministero della salute.


Conclusioni
Il Protocollo presenta ora elementi di maggior adeguamento alle novità giuridiche ed alle conoscenze scientifiche. Ha conservato la natura di percorso autonomo rispetto alla materia della sicurezza sul lavoro ed è privo di rinvii alla valutazione dei rischi: il confronto ha infatti consentito di evitare ogni riferimento a questo aspetto, in origine ripetutamente proposto dai Ministeri, confermando, quindi, la correttezza della valutazione originaria. Sono state aggiornate alcune previsioni ormai incongruenti (es. in tema di trasferte) e sono state semplificate alcune impostazioni eccessivamente rigorose (es. pulizia e sanificazione).
Vi sono, evidentemente dei punti di maggior attenzione per l’evoluzione del virus (ad esempio, circa l’uso diffuso delle mascherine) e altri ancora da chiarire (lo stesso Ministero della salute ha confermato la necessità di dare una lettura aggiornata, anche con l’ausilio del CTS, dei passaggi più strettamente legati ad aspetti di ordine sanitario, ad esempio con riferimento alla condizione giuridica del lavoratore ancora positivo dopo i 21 giorni o alle modalità di rientro al lavoro con o senza visita medica del lavoratore guarito).
Quanto alla efficacia del Protocollo si evidenzia che lo stesso, una volta sottoscritto, dovrà essere recepito in un atto normativo o regolamentare, secondo le scelte politiche che verranno fatte. Fino a tale momento, quindi, resta pienamente in vigore il Protocollo nel testo precedente e richiamato dal DPCM del 2 marzo 2021.


fonte: confindustria.ge.it