Consiglio di Stato, Sez. 3, 07 aprile 2021, n. 2792 - Finanziamento per l'adozione di nuove misure per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Concessione dell’aiuto de minimis alle imprese e possibilità di cumulo con altri aiuti.



Presidente: Frattini - Estensore: Sestini
 

FattoDiritto



1. La Z,Giuseppe Legnami s.a.s. aveva richiesto all'INAIL di accedere, sulla base dei parametri previsti dall'Avviso-quadro pubblico del 2013, ad un finanziamento per l'adozione di nuove misure per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ai sensi dell'art. 3, par. 1, del Regolamento UE 1047/2013.

2. Secondo l'art. 3, par. 2, del medesimo Reg[o]lamento, l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare, attualmente, l'importo di 200.000 Euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Pertanto, avendo l'impresa interessata ricevuto nei due precedenti esercizi finanziari 2012 e 2013 incentivi per un valore di 90.000 Euro e, successivamente richiesto all'INAIL un aiuto pari a 130.000 Euro per il terzo esercizio, l'INAIL decideva di annullare il provvedimento di ammissione al beneficio, chiedendo la restituzione della somma di 65.000 Euro, conferita alla Z. a titolo di acconto, con gli interessi di legge.

3. In realtà, con nota del 12 giugno 2015 la società Z. aveva chiesto all'INAIL se, al fine di evitare il superamento de quo, occorresse ridurre l'importo del contributo in sede di rendicontazione o presentare una variante progettuale che riducesse l'entità del progetto previsto e, di conseguenza, l'importo del contributo e, non avendo ottenuto risposta, aveva optato per la seconda soluzione, presentando all'INAIL una variante del progetto che ne riduceva il costo complessivo a Euro 171.386,40 e, di conseguenza, aveva ridotto l'importo del contributo richiesto a Euro 111.401,16. Tuttavia l'INAIL, pur avendo reputato la variante del progetto ammissibile dal punto di vista tecnico, con decisioni del 5 ottobre e del 18 novembre 2015, non aveva ritenuto di poter ammettere la società Z. al finanziamento, escludendo di poter procedere ad una concessione anche parziale se non a fronte di una rinuncia integrale dell'azienda al precedente finanziamento. Nella seconda decisione, l'INAIL aveva, in particolare, indicato che il nuovo contributo avrebbe potuto essere erogato solo ove la ditta avesse precedentemente rinunciato a quello precedentemente concesso, e non aveva quindi consentito alla Z. di rinunciare a parte degli aiuti concessi al fine di far rientrare la nuova erogazione rientrare nella soglia «de minimis» di euro 200.000.

4. La Z. ha pertanto impugnato di fronte al TAR per il Veneto il provvedimento di annullamento della concessione, ritenendo che l'INAIL avesse violato:

4.1. l'art. 3, parr. 4 e 7, e l'art. 6, parr. 4 e 5, del Regolamento UE 1047/2013 nonché gli artt. 4 e 17 dell'Avviso quadro del 2013, non implicando, le previsioni degli artt. 3 e 6 del Regolamento, la necessità che l'impresa che abbia superato nel corso dei tre esercizi la soglia dei 200.000 Euro debba restituire in toto il finanziamento concesso, senza avere la possibilità di ridurre l'importo concesso al predetto limite, dovendosi quindi interpretare la previsione dell'Avviso pubblico in senso conforme;

4.2. l'art. 3 par. 7, del Regolamento UE 1047/2013, l'art. 12 della l. n. 241/1990 e gli artt. 4, 17, 18 e 24 dell'Avviso quadro del 2013, avendo l'INAIL errato nel ritenere inammissibile la richiesta di riduzione del contributo soltanto perché ciò non era espressamente contemplato nell'avviso pubblico, dovendo invece essere compiuta un'interpretazione conforme alla norma euro-unitaria (artt. 3 e 6 del Regolamento 1047/2013). Si sarebbe verificata, inoltre, una violazione dell'art. 12 della l. n. 241/1990 per il mancato rispetto da parte dell'INAIL dei criteri da dover utilizzare per la determinazione dei contributi da concedere.

5. Inoltre, la ricorrente con motivi aggiunti ha ritenuto altresì violati:

5.1. gli artt. 3 e 10-bis della l. 241/1990, per l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione posta alla base dell'annullamento del provvedimento di concessione senza rispettare i diritti di partecipazione dell'interessata;

5.2. l'art. 3, parr. 4 e 7, e l'art. 6, parr. 4 e 5, del Regolamento UE 1047/2013 e gli artt. 4 e 17 dell'Avviso quadro del 2013, essendo stato annullato il provvedimento di concessione solo perché l'impresa aveva superato la soglia, senza valutare la possibilità di concedere una riduzione dell'aiuto per farla rientrare nella soglia limite.

5.3. l'art. 3, par. 7, del Regolamento 1047/2013, l'art. 12 della l. n. 241/1990; gli artt. 4, 7, 18, 24 dell'Avviso del 2013, avendo l'INAIL errato nel rigettare l'istanza di riduzione solo perché non espressamente contemplata nell'Avviso pubblico.

6. Il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla Z. giudicando illegittimo il comportamento tenuto dall'amministrazione, ed in particolare ha accolto nel merito il secondo motivo e il terzo motivo aggiunto ed assorbito i restanti.

6.1. In particolare, secondo il giudice di primo grado l'amministrazione aveva violato l'obbligo di legare la concessione dell'aiuto a criteri oggettivi secondo le previsioni dell'art. 12 della l. n. 241/1990, avendo la stessa indebitamente negato la possibilità dell'impresa di rimodulare o restituire parte dell'aiuto, e richiesto la totale restituzione dell'anticipo, senza che tale decisione fosse fondata su alcuna base normativa. Infatti, ha argomentato il giudice di primo grado, nonostante l'annullamento del provvedimento e la richiesta di restituzione facessero richiamo alla disciplina del sopra richiamato art. 3, par. 7, la possibilità di un tale intervento non era prevista dall'Avviso pubblico.

6.2. La sentenza appellata, inoltre, ha ritenuto illegittimo il comportamento dell'amministrazione resistente nella misura in cui ha leso un'aspettativa che aveva indebitamente generato nella ricorrente, avendo concesso il contributo senza prima valutare precedenti finanziamenti che la stessa impresa aveva ricevuto e che l'avrebbero portata a superare la soglia di Euro 200.000.

7. L'INAIL ha proposto appello, deducendo di aver correttamente annullato il provvedimento di concessione in toto, poiché l'impresa avrebbe dovuto procedere ad una rimodulazione del suo progetto precedentemente alla fase di concessione dell'aiuto, e non successivamente come avvenuto.

7.1. In particolare, secondo l'Amministrazione una lettura combinata delle disposizioni dell'art. 3, parr. 2, 4 e 7, e del regolamento n. 1407/2013, porta a ritenere che gli aiuti «de minimis» debbano essere considerati concessi nel momento in cui all'impresa è accordato il diritto di riceverli, indipendentemente dalla loro effettiva erogazione successiva.

7.2. Pertanto, ha argomentato l'INAIL, l'impresa, che già in fase di richiesta dell'aiuto era o comunque avrebbe dovuto essere consapevole che la concessione di Euro 130.000 l'avrebbe portata a superare la soglia del «de minimis», avrebbe dovuto rimodulare la sua richiesta già in quella sede, anziché attendere che l'aiuto le venisse prima concesso e poi legittimamente negato previo annullamento del provvedimento di concessione.

7.3. L'Amministrazione resistente ha concluso, pertanto, che la proposta di eventuali correttivi successivi alla fase di ammissione da parte dell'impresa non avrebbe potuto in ogni caso essere accolta, dovendo eventualmente essere presentata nel corso della fase che precede la concessione.

8. La società Z. ha a propria volta contestato l'interpretazione avanzata dall'INAIL sostenendo, in primo luogo, che le disposizioni dell'avviso pubblico sarebbero le uniche applicabili, in quanto risulterebbe dall'art. 3, par. 4, del citato Regolamento n. 1407/2013 che spetta al «regime giuridico nazionale applicabile» determinare il momento in cui «all'impresa è accordato (...) il diritto di ricevere gli aiuti». In secondo luogo, l'odierna resistente ha ritenuto che l'art. 6, par. 5, del medesimo Regolamento, che sancisce l'obbligo per uno Stato membro di comunicare alla Commissione tutte le informazioni che quest'ultima ritiene necessarie, riguardi solo gli aiuti effettivamente ricevuti dall'impresa, e non quelli solo ipoteticamente previsti a seguito dell'ammissione dell'impresa stessa al novero dei possibili beneficiari. In terzo luogo, infine, l'impresa odierna resistente ritiene che la normativa in materia di aiuti «de minimis» sia stata adottata non per penalizzare le imprese, ma, al contrario, per consentire aiuti di importo limitato semplificando gli oneri amministrativi connessi. L'interpretazione restrittiva proposta dall'INAIL circa la possibilità di accesso ai contributi condurrebbe pertanto ad applicazioni, penalizzanti per le imprese, contrarie alla ratio di tale normativa.

9. La III Sezione del Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio e ritenuto necessario proporre questione pregiudiziale interpretativa dell'art. 3, parr. 4 e 7, e dell'art. 6, parr. 4 e 5, del Regolamento UE 1047/2013, proponendo alla Corte di giustizia il quesito: "se le regole in materia di concessione degli aiuti fissate dagli artt. 3 e 6 del Regolamento n. 1407/2013 debbano essere interpretate nel senso che per l'impresa richiedente, che incorra nel superamento del tetto massimo concedibile in virtù del cumulo con pregressi contributi, sia possibile - sino alla effettiva erogazione del contributo richiesto - optare per la riduzione del finanziamento (mediante modifica o variante al progetto) o per la rinuncia (totale o parziale) a pregressi contributi, eventualmente già percepiti, al fine di rientrare nel limite massimo erogabile; e se le stesse disposizioni debbano essere interpretate nel senso che le diverse prospettate opzioni (variante o rinuncia) valgono anche se non previste espressamente dalla normativa nazionale e/o dall'avviso pubblico relativo alla concessione dell'aiuto".

10. Con sentenza pubblicata il 28 ottobre 2020, la Corte di giustizia, con riferimento al primo quesito, ha fornito la seguente risposta: "gli articoli 3 e 6 del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» devono essere interpretati nel senso che un'impresa, alla quale lo Stato membro di stabilimento intenda concedere un aiuto «de minimis» che, a causa dell'esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l'importo complessivo degli aiuti che le sono stati concessi a superare il massimale di EUR 200 000 nell'arco di tre esercizi finanziari, previsto dall'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1407/2013, può optare, fino alla concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale".

10.1. In particolare, la Corte di giustizia, premesso che "tanto l'articolo 3 di tale regolamento - che ha lo scopo di definire gli aiuti «de minimis» che derogano al principio del divieto degli aiuti stabilito dal Trattato - quanto l'articolo 6 di detto regolamento - che verte sul controllo effettuato dagli Stati membri al momento della concessione di un aiuto siffatto - devono essere interpretati restrittivamente" (punto 27 della sentenza), stabilisce, da una parte, che dal tenore letterale dell'art. 3, par. 7, "risulta che il momento in cui occorre valutare se il cumulo con altri aiuti «de minimis» superi il massimale «de minimis» è quello della «concessione» dell'aiuto" (punto 29 della sentenza), dall'altra, che "esso non può, conformemente alla giurisprudenza della Corte, essere considerato concesso alla data della sua erogazione" (punto 34 della sentenza).

10.2. Con riferimento al secondo quesito, la Corte di giustizia fornisce la seguente risposta: "gli articoli 3 e 6 del regolamento n. 1407/2013 devono essere interpretati nel senso che gli Stati membri non sono tenuti a consentire alle imprese richiedenti di modificare la loro domanda di aiuto prima della concessione di quest'ultimo, al fine di non oltrepassare il massimale di Euro 200.000 nell'arco di tre esercizi finanziari, previsto dall'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1407/2013. Spetta al giudice del rinvio valutare le conseguenze giuridiche della mancanza della possibilità, per le imprese, di procedere a siffatte modifiche, fermo restando che queste ultime possono essere effettuate solo ad una data anteriore a quella della concessione dell'aiuto «de minimis»".

10.3. D'altro lato, prosegue la Corte di giustizia, "per quanto riguarda l'articolo 6, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1407/2013, tali disposizioni prevedono che, «prima di concedere l'aiuto, lo Stato membro richiede inoltre una dichiarazione all'impresa interessata (...) relativa a qualsiasi altro aiuto «de minimis» ricevuto (...) durante i due esercizi finanziari precedenti e l'esercizio finanziario in corso» e, in tutte le versioni linguistiche diverse dalla versione italiana, che «uno Stato membro concede nuovi aiuti «de minimis» (...) soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi all'impresa interessata a un livello superiore al massimale». Risulta quindi chiaramente da tali disposizioni che il controllo esercitato dagli Stati membri affinché siano rispettate le norme in materia di cumulo deve avvenire prima di concedere l'aiuto".

10.4. Più precisamente, secondo la Corte di giustizia, "il regolamento n. 1407/2013 non contiene disposizioni in forza delle quali le imprese richiedenti potrebbero, se del caso, modificare la loro domanda di aiuto, riducendone l'importo o rinunciando ad aiuti precedenti, al fine di rispettare il massimale «de minimis» e non impone, pertanto, alcun obbligo in tal senso agli Stati membri. Dall'altro, come risulta dai punti 42 e 43 della presente sentenza, gli Stati membri possono consentire alle imprese richiedenti di modificare la loro domanda di aiuto, al fine di evitare che la concessione di un nuovo aiuto «de minimis» porti l'importo complessivo degli aiuti accordati a superare il massimale «de minimis», qualora tali modifiche siano effettuate prima della concessione dell'aiuto «de minimis» (punto 45 della sentenza)".

11. L'amministrazione appellante ha prodotto ulteriore memoria difensiva, con la quale ha ritenuto che l'interpretazione risultante dalla pronuncia della Corte di giustizia, confinando la possibilità di rimodulare la richiesta di finanziamento in riduzione al solo momento antecedente alla concessione del beneficio, confermi la legittimità del suo impugnato provvedimento.

12. Ai fini della decisione, deve essere esaminata l'interpretazione data dalla Corte di giustizia agli artt. 3 e 6 del Regolamento UE 1047/2013.

12.1. In particolare, dall'interpretazione data al disposto dell'art. 3, par. 7, si evince che il momento nel quale occorre valutare se il cumulo con altri aiuti superi il massimale «de minimis» è quello della concessione, mentre, dalla formulazione dell'art. 3, par. 4, risulta, altresì, che gli aiuti «de minimis» sono considerati "concessi nel momento in cui all'impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto di ricevere gli aiuti, indipendentemente dalla data di erogazione degli aiuti «de minimis» all'impresa".

12.2. Il momento in cui l'aiuto viene effettivamente concesso creando in capo all'impresa il diritto a riceverlo, che segna anche il limite entro cui il medesimo può essere eventualmente ridotto, deve essere quindi definito dal giudice a quo alla stregua della vigente disciplina nazionale e del bando nazionale di riferimento, che a propria volta devono essere però interpretati in senso conforme alla luce della specifica disciplina euro-unitaria di riferimento.

12.3. In particolare, prima di concedere l'aiuto lo Stato, secondo il testo italiano del Regolamento "richiede una dichiarazione all'impresa interessata (...) relativa a qualsiasi altro aiuto «de minimis» ricevuto (...) durante i due esercizi finanziari precedenti e l'esercizio finanziario in corso", ma, secondo tutte le versioni linguistiche diverse dalla versione italiana, lo Stato "concede nuovi aiuti «de minimis» (...) soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi all'impresa interessata a un livello superiore al massimale». Secondo l'espressa pronuncia della Corte di giustizia, "risulta quindi chiaramente da tali disposizioni che il controllo esercitato dagli Stati membri affinché siano rispettate le norme in materia di cumulo deve avvenire prima di concedere l'aiuto".

12.4. Il dato letterale della norma euro-unitaria di riferimento è, quindi, ritenuto chiaro nel sancire che il controllo di verifica dei presupposti deve svolgersi prima di procedere alla concessione del contributo. Ne discende che l'offerta di riduzione del contributo, essendo intervenuta prima della verifica da parte dell'Amministrazione circa il non complessivo superamento dell'importo «de minimis», è stata effettuata prima della concessione del contributo, conseguendone l'erroneità, e quindi l'illegittimità, del diniego in quanto motivato dall'impossibilità di rinunciare parzialmente a un contributo già erogato, posto che il mero inserimento nella lista dei potenziali beneficiari non poteva configurare, secondo l'ordinamento unionale come interpretato dalla Corte di giustizia, una concessione del contributo almeno fino all'esito favorevole della verifica del non superamento del limite «de minimis».

12.5. Ne consegue la esattezza della sentenza del TAR di annullamento del diniego e, quindi, l'infondatezza dell'appello.

13. L'appello risulta altresì infondato sotto l'ulteriore profilo evocato dal secondo quesito posto alla Corte di giustizia. Dalla sopraindicata ricostruzione della disciplina unionale non emerge, in particolare, nessuna disposizione volta ad imporre agli Stati membri di consentire alle imprese di ridurre l'entità del finanziamento richiesto al fine di rientrare nel «de minimis», dovendo gli Stati membri attenersi al principio di cooperazione di cui all'art. 4, par. 3, TUE e, quindi, agevolare il rispetto delle norme applicabili agli aiuti di Stato "istituendo modalità di controllo tali da garantire che l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi a un'impresa unica secondo la norma «de minimis» non superi il massimale complessivo ammissibile".

13.1. Ne discende che, una volta garantito il non superamento del massimale complessivo ammissibile, la procedura di concessione degli aiuti rimane disciplinata dalla normativa nazionale, così come disposto dall'art. 3, par. 4, del Regolamento 1047/2013.

13.2. Viene quindi in rilievo anche la dedotta violazione, debitamente accertata dal giudice di primo grado, dell'art. 12 della l. n. 241/1990 e degli artt. 4, 7, 18, 24 dell'Avviso del 2013, avendo l'INAIL errato nel rigettare l'istanza di riduzione solo perché non espressamente contemplata nell'Avviso pubblico, senza valutare la possibilità di concedere una riduzione dell'aiuto per farla rientrare nella soglia limite, con una motivazione illogica e contraddittoria e con la conseguente lesione dell'aspettativa che aveva indebitamente generato nella ricorrente.

13.3. Più in particolare, considera il Collegio che l'attività amministrativa svolta dall'INAIL doveva necessariamente conformarsi, sotto il profilo del diritto nazionale applicabile, ai principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 67 [recte: 97 - n.d.r.] della Costituzione, che implicano la necessità per l'Amministrazione di perseguire nel modo più efficace e tempestivo possibile le specifiche finalità d'interesse pubblico affidate, mediante il completo utilizzo, secondo criteri di efficienza economica, delle risorse finanziarie disponibili.

13.4. In tal senso l'INAIL, ente pubblico munito di potestà pubblicistiche finalizzate alla tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, non poteva neppure parzialmente abdicare al suo ruolo e alla sua stessa ragione di esistenza scegliendo, fra le diverse interpretazioni giuridiche del contesto normativo di riferimento in astratto possibili, quella più distante dal perseguimento delle proprie finalità pubblicistiche ed anche più distante dall'esigenza di tutelare l'affidamento dell'impresa interessata che, secondo la predetta indebita ricostruzione normativa, avrebbe potuto usufruire, al fine di realizzare la progettate misure di tutela della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, di un importo pari a di 90.000 Euro a fronte di un importo massimo legittimamente erogabile pari ad Euro 200.000, in contrasto con la ratio della disciplina applicata e dell'Avviso del 2013, volta ad incentivare gli investimenti in materia di sicurezza e salute sul lavoro e non a penalizzare le imprese rispettose della normativa comunitaria applicabile.

14. In conclusione, così come statuito dal TAR, secondo il vigente diritto euro-unitario e nazionale quando un'impresa faccia legittimamente domanda di un aiuto «de minimis» che, a causa dell'esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l'importo complessivo degli aiuti concessi a superare il massimale previsto, l'amministrazione concedente deve consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale.

15. L'appello deve essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 6.000,00 (seimila) oltre ad IVA, CPA ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.