Tribunale di Trento, Sez. Lav., 10 settembre 2020, n. 128 - Contratto di appalto: requisiti previsti dall'art. 29 co.1 d.lgs. 276/2003


 

sentenza n. 128/2020 del 10 settembre 2020
R.G. n. 111/2020

 


REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO

sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella persona fisica del magistrato dott.Giorgio Flaim pronunzia la seguente

S E N T E N Z A


nella causa per controversia in materia di opposizione a ordinanza ingiunzione promossa con ricorso depositato in data 13.2.2020
d a
M&G CO. SERVICE s.r.l.


rappresentata e difesa dall’avv. Chiara Iovine pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

c o n t r o

ricorrente in opposizione
 

SERVIZIO LAVORO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
rappresentato dall’avv. Nicolò Pedrazzoli pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. , dall’avv. Francesca Corradini pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e dall’avv. Monica Manica pec monica.manica@èectrentoavvocati.it
convenuto opposto

CONCLUSIONI DI PARTE RICORRENTE
“In via principale, nel merito, accertare e dichiarare la nullità del Verbale Unico di accertamento e notificazione n. 176922 dd. 18 Marzo 2019, giusto quanto argomentato ai Punti II, III, IV, V del presente Atto e, per l’effetto, annullare l’Ordinanza- Ingiunzione Prot. n.S021/2020/36292/24.1/R.N. impugnata, con adozione di ogni necessaria e/o conseguenziale statuizione.
Con vittoria di spese, compensi professionali ed accessori come per legge”


CONCLUSIONI DI PARTE OPPOSTA
“In via principale: respingere integralmente il ricorso in opposizione in quanto infondato in fatto e in diritto con tutte le eccezioni di nullità e/o di illegittimità e/o invalidità ivi formulate, per l’effetto, confermare l’ordinanza-ingiunzione prot. n.S021/2020/36292/24.1/R.N. d.d. 21/01/2020 del Dirigente del Servizio Lavoro della Provincia autonoma di Trento e il presupposto verbale unico di accertamento e notificazione prot. n. S021/2019/176922/24.1/R.G. d.d. 18.03.2019 del Servizio Lavoro della Provincia autonoma di Trento.
Con vittoria di spese e onorari.”
 



MOTIVAZIONE
§1. l’ordinanza ingiunzione opposta
La sanzione irrogata con l’ordinanza ingiunzione, emessa in data 21.1.2020 sub prot, n. S021/2020/362929/24.1/RN. nei confronti di G.L., quale trasgressore (ma non opponente) e della società M&G CO. SERVICE s.r.l., quale responsabile solidale ex art. 6 co.3 L. 24.11.1981, n. 689, viene fondata dal SERVIZIO LAVORO della PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO sulla asserita consumazione del seguente illecito amministrativo (così come descritto nel testo dell’ordinanza ingiunzione):
“ex art. 29 co. 1, in relazione all’art. 19 co.5bis d.lgs. 10.9.2003, n. 276 per aver stipulato, in data 9.4.2018, con la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A. un contratto di appalto di servizi, privo dei requisiti previsti dall'art. 29 co.1 del medesimo decreto legislativo. Il totale complessivo delle giornate di occupazione del lavoratore interessato è di 62”.


§2. in ordine alla (asserita) efficacia giuridica ex art. 79 d.lgs. 276/2003 della certificazione del contratto di appalto oggetto dell’illecito contestato
La società opponente allega che il contratto di appalto oggetto dell'illecito contestato è stato certificato “conforme alle vigenti disposizioni legislative” dalla commissione di certificazione istituita presso l’ente bilaterale ENBLI di Roma con provvedimento del 28.5.2018 (doc. 4 fasc. ric.).
Invoca, quindi, l’efficacia giuridica della certificazione prevista dall’art. 79 co.1 (“Gli effetti dell'accertamento dell'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell'articolo 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”) e dell’art. 80 co.1 e 4 d.lgs. 276/2003 (“1. Nei confronti dell'atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l'atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l'autorità giudiziaria di cui all'articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l'atto di certificazione anche per vizi del consenso…. 4. Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la certificazione ai sensi dei precedenti commi 1 e 3, deve previamente rivolgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione che ha adottato l'atto di certificazione per espletare un tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile”).
Sostiene che tra i terzi, cui può essere opposta la certificazione, rientrano anche le autorità amministrative che esercitano funzioni di vigilanza e di repressione quali gli Ispettorati del Lavoro.
Richiama l'indicazione espressa dall’ INL – Istituto Nazionale del Lavoro nella circolare n. 9/2018, secondo cui la procedura di accertamento dell'illecito e di applicazione della sanzione amministrativa deve, in presenza di una certificazione, essere sospeso fino alla conclusione degli accertamenti giudiziari relativi alla validità ed efficacia della certificazione.
Di contro evidenzia che l’ordinanza opposta, anche secondo quanto precisato nel testo della stessa (pag. 2), è stata emessa “come se la certificazione non fosse stata rilasciata”, il che, ad avviso della società opponente, ha comportato l'esercizio di un potere che spettava all'autorità giudiziaria e non già al SERVIZIO LAVORO.
La censura non è fondata.
L’art. 76 co.1 lett. a) d.lgs. 276/2003 prevede: “Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni di certificazione istituita presso: a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quanto la commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali la competenza nazionale”;
l’art.2 co.1, lett. h) d.lgs. cit. dispone: “Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per: … h) «enti bilaterali»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento”.
In proposito nulla quaestio in diritto atteso che è la stessa società opponente, richiamando le indicazioni contenute nella circolare INL n. 4/2018, ad affermare (pag. 7 del ricorso), del tutto correttamente, che “l'attività di certificazione dei contratti può essere svolta da quei soggetti costituiti a iniziativa di una o più associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative”.
In fatto nella presente controversia la società opponente invoca l’efficacia giuridica della certificazione prevista dall’art. 79 co.1 d.lgs. 276/2003 al fine di sostenere l’illegittimità dell’ordinanza ingiunzione opposta, la quale, senza che venisse esperito il preventivo ricorso giurisdizionale ex art. 80 co.1 d.lgs. cit., è pervenuta a determinazioni opposte in ordine alla genuinità del contratto di appalto stipulato, in data 9.4.2018, tra la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., quale committente, e la società opponente, quale appaltatrice.
Uno dei presupposti costitutivi di tale efficacia è rappresentato dalla circostanza che l’ente bilaterale ENBLI di Roma, presso il quale è stata istituita la commissione che ha effettuato la certificazione di conformità del contratto di appalto de quo, sia stato effettivamente costituito a iniziativa di una o più associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.
Quindi era onere della società opponente offrire la prova di tale circostanza.
In proposito si afferma nel ricorso per opposizione che il SERVIZIO LAVORO avrebbe ritenuto in sede ispettiva e nell’ordinanza ingiunzione che si dovesse applicare il criterio della “maggiore rappresentatività” in luogo di quello della “rappresentatività comparativa”.
L’assunto non è fondato: a pag. 2 dell’ordinanza ingiunzione viene affermato: “si condivide quanto affermato nel. verbale unico laddove si legge «Dai dati rilevati e forniti dal Ministero del Lavoro emerge che gli organismi sindacali emanazione dei componenti della Commissione ENBLI non possiedono, a norma dell'art. 2, lett. h) del D. Lgs. 276/2003, per ciascuna parte, il requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi”.
Quindi il SERVIZIO LAVORO ha contestato che l’ente bilaterale ENBLI di Roma sia stato effettivamente costituito a iniziativa di una o più associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, mentre non ha affatto sostenuto che nella vicenda in esame dovesse trovare applicazione il criterio della “maggiore rappresentatività”.
Ne consegue che era onere della società opponente offrire la prova dell’esistenza della circostanza contestata, vale a dire che le associazioni dei datori e dei lavoratori, che hanno costituito l’ente bilaterale ENBLI di Roma, fossero le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.
Sennonché la società opponente, né in sede di ricorso introduttivo, né nelle note di trattazione scritta ex art. 83 co.7, lett. h) D.L. 17.3.2020, n. 18 conv. in L. 24.4.2020, n. 27, depositate in data 12.6.2010, ha allegato e tanto meno offerto di provare alcun elemento di fatto pertinente alla circostanza che l’ente bilaterale ENBLI di Roma, presso il quale è stata istituita la commissione che ha effettuato la certificazione di conformità del contratto di appalto de quo, fosse stato effettivamente costituito a iniziativa di una o più associazione dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative. Ciò anche in ragione del fatto che le difese svolte sul punto dalla società opponente sono consistite nella contestazione del criterio utilizzato dal SERVIZIO LAVORO (che l’opponente, come si è già evidenziato, ha erroneamente individuato in quello della “maggiore rappresentatività”, mentre il SERVIZIO LAVORO ha applicato quello della “maggiore rappresentatività comparativa”).
Ma vi è di più.
Nella memoria di costituzione depositata in data 29.5.2020 il SERVIZIO LAVORO ha allegato una lunga (da pag. 20 a pag.30) serie di elementi di fatto – comprovati mediante la produzione sub doc. 12, 12a, 12b, 12c, 12d, 12e, 14, 14a, 14b, 18,18a, e 18b di documentazione proveniente dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali- Direzione generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali – da cui emerge che:
 l’ente bilaterale ENBLI è stato costituito dalle associazioni di datori di lavoro ESA.AR.CO. e CEPA-A, da un lato, e dall’associazione dei prestatori di lavoro U.G.L.;
 ESA.AR.CO. e CEPA-A non sono, neppure se considerate congiuntamente, le associazioni comparativamente più rappresentative nei settori agricoltura, artigianato e commercio quanto a ESA.AR.CO, e nel solo settore commercio quanto a CEPA-A;
 U.G.L. non è l’associazione dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativa.
Nulla ha replicato la società opponente in proposito, tant’è vero che nelle note di trattazione scritta ex art. 83 co.7, lett. h) D.L. 18/2020 si è limitata a richiamare “quanto contenuto nei precedenti scritti difensivi ed atti di causa da intendersi qui integralmente ripetuto e trascritti”.
E’ noto che la nozione di “sindacato comparativamente più rappresentativo” è utilizzata dal legislatore, in luogo di quella di “sindacato maggiormente rappresentativo”, al fine di selezionare le organizzazioni sindacali (cd. selezione dei soggetti) o i contratti collettivi (cd. selezione degli atti), in funzione dell'attribuzione alle prime di specifiche prerogative (quale quella ricorrente nella vicenda in esame) e ai secondi di determinati effetti (il primo in termini cronologici è stato quello della determinazione della retribuzione da prendere come base di computo dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi obbligatori ai sensi dell’art. 1 co.1 D.L. 9.10.1989, n. 338 conv. in L. 7.12.1989, n. 389, come interpretato autenticamente dall’art. 2 co. 25 L. 28.12.1995, n. 549).
In proposito, come hanno precisato dottrina e giurisprudenza (ex multis Cass. 20.2.2019, n. 4951; CdS, IV, 22.1.2019, n. 537; TAR Lazio Roma, I, 8.2.2018, n. 1522; TAR Lazio Roma, IIIbis, 7.8.2014, n, 8865) – se è vero che la verifica circa la rappresentatività di ciascuna delle organizzazioni sindacali sottoposte a selezione deve essere condotta, in difetto di elementi testuali sistematici che facciano ritenere diversamente, secondo gli indici tradizionalmente elaborati per individuare la maggiore rappresentatività (numero
complessivo dei lavoratori occupati; numero complessivo delle imprese associate;
diffusione territoriale ossia numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali, numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti, numero delle controversie individuali di lavoro seguite - in questo senso Cass. 22.8.1991, n. 9027; Cass. 18.7.1984, n. 4218; Cds, IV, 537/2019 cit.; CdS, IV, 22.2.2007, n. 971; TAR Lazio Roma, I, 1522/2018 cit.; TAR Lazio Roma IIIbis, 8865/2014 cit.; nella prassi circolare INL n.4 del 12.2.2018; interpello Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 27 del 15.12.2015) – l’avverbio “comparativamente”, contenuto nel nomen di “sindacato comparativamente più rappresentativo”, introduce un elemento di confronto tra le organizzazioni sindacali al fine di individuare quale tra esse sia, alla luce dei predetti indici, la più rappresentativa. Secondo CdS, IV, 537/2019 cit. il concetto di sindacato “comparativamente più rappresentativo” presuppone, diversamente dal concetto di “maggiore rappresentatività”, una selezione delle associazioni sindacali sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse.
Quindi è possibile che tra le organizzazioni sindacali soggette a selezione più siano quelle maggiormente rappresentative; tuttavia solo una è quella comparativamente più rappresentativa di tutte le altre.
In definitiva la certificazione, effettuata in data 28.5.2018, dalla commissione istituita presso l’ente bilaterale ENBLI, in ordine al contratto di appalto stipulato, in data 9.4.2018, tra la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., quale committente, e la società opponente, quale appaltatrice, non può rivestire l’ efficacia giuridica prevista dall’art. 79 co.1 d.lgs. 276/2003 perché le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro, che hanno costituito quell'ente bilaterale, non sono le associazioni comparativamente più rappresentative.
Di conseguenza l'ordinanza di ingiunzione opposta non è affetta, contrariamente a quanto asserito dalla società opponente, da illegittimità per non essere la sua emissione stata preceduta dalle iniziative giudiziarie avverso la certificazione previste dall’art. 80 d.lgs. 276/2003.
Infatti appare condivisibile l'orientamento espresso dall’INL nella circolaren.4/2018 secondo cui: “… qualora tale requisito sia carente – e quindi l’Ente sia costituito da Organizzazioni datoriali o sindacali non aventi, per ciascuna parte, il requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi – l’Organismo non può ritenersi un Ente bilaterale abilitato a svolgere le attività indicate dal citato art. 2, lett. h), D.Lgs. n. 276/2003 e, men che meno, l’attività di certificazione. Sulla base di quanto rappresentato il personale ispettivo potrà quindi operare, nei confronti dei provvedimenti certificati da tali pseudo Enti, senza tenere minimamente conto delle preclusioni tipiche dell’atto certificativo, adottando anche ogni eventuale provvedimento di carattere sanzionatorio”.

§3. in ordine all'eccezione, sollevata dagli opponenti, di decadenza per violazione dell’art. 14 L. 689/1981
La società opponente sostiene che “nel caso di specie, dalla data di avvio della procedura ispettiva, iniziata il 29.08.2018, e fino alla conclusione dei relativi accertamenti indicati nel verbale unico impugnato e relativa notifica, avvenuta il 08.02.2019 risultano abbondantemente decorsi i novanta giorni previsti dalla legge per la conclusione del procedimento amministrativo”.
L’eccezione non è fondata.
Essa concerne l'interpretazione e applicazione dell’art. 14 co.2 L. 689/1981, il quale dispone: “Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento”.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis Cass. 19.2.2019, n. 4820; Cass. 9.4.2014, n. 8371; Cass. 2.4.2014, n. 7681; Cass. 13.12.2011, n. 26738; Cass. 6.2.2009, n. 3043; Cass. 18.4.2007, n. 2007; Cass. 30.5.2006, n. 12830; Cass. 4.2.2005, n. 2363; Cass. 19.11.2003, n. 17534;), detta disposizione, nel riferirsi all'accertamento e non alla data di commissione della violazione, va intesa nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l'attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell'infrazione; quindi l’accertamento non coincide, quindi, con la generica e approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall'art. 13, l'esistenza di tutti gli elementi dell'infrazione, e richiede la valutazione dei dati acquisiti e afferenti agli elementi dell'infrazione e la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell'infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita e a valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione.
In proposito occorre tenere presente che il procedimento di accertamento della violazione è finalizzato a consentire all'amministrazione di avere piena contezza degli estremi, oggettivi e soggettivi, della condotta realizzata, nonché della sua ricomprensione nella fattispecie astratta prevista dalla norma sanzionatoria. La correttezza e completezza dell'accertamento rispondono quindi sia all'interesse pubblico connaturato alla funzione pubblica svolta dall'ente accertatore, sia all'interesse dello stesso autore della condotta al fine di un'adeguata ponderazione della sua (eventuale) responsabilità. A tale esigenza si contrappone, peraltro, quella dell' ipotizzato autore della condotta di vedere concluso l'accertamento in tempi brevi, sia per definire la propria posizione incerta, sia per poter eventualmente apprestare una pronta e adeguata difesa. Nel contemperamento di tali esigenze occorre, quindi, effettuare una valutazione di ragionevolezza dei tempi impiegati per l'accertamento, al fine di ritenerne la complessiva congruità (o meno) rispetto alla duplice esigenza sopra individuata. In tale ambito assumono rilievo tutte le complesse attività finalizzate all'accertamento, tra cui rientrano non solo gli atti di indagine effettuati, ma anche il tempo necessario all'amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi già acquisiti, onde ritenerne l'incidenza e la sufficienza ai fini della completa disamina di tutti gli aspetti della fattispecie, nonché gli atti preliminari che non hanno sortito effetto (come le convocazioni di informatori che non hanno avuto esito).
La Suprema Corte (Cass. 4.4.2018, n. 8326; Cass. 8.8.2005, n. 16642;) ha anche chiarito che nel controllo giurisdizionale in ordine alla ragionevolezza dei tempi impiegati per l’accertamento (nell’accezione, appena evidenziata, non solo di compiuta verifica circa l’esistenza dei fatti, ma anche di loro valutazione giuridica e adeguata ponderazione nel merito) non rientra il potere del giudice di sostituirsi all'Amministrazione nella valutazione dell'opportunità di atti istruttori collegati ad altri e posti in essere senza apprezzabile intervallo temporale.
Venendo al caso in esame, la data del 29.8.2018 – dalla quale parte opponente ritiene decorra il termine decadenziale di 90 giorni ex art. 14 co.2 L. 689/1981 – è quella in cui il SERVIZIO LAVORO ha formulato alla società M&G CO. SERVICE s.r.l. una richiesta di esibizione di documenti concernenti il contratto di appalto stipulato, in data 9.4.2018, tra la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., quale committente, e la società opponente, quale appaltatrice, e il rapporto di lavoro subordinato intercorso tra V.O. e la società opponente dal 10.4. al 28.7.2018.
Tuttavia, così opinando, vengono stralciati i tempi necessari ai fini del compiuto accertamento dei fatti concreti attinenti agli elementi costitutivi della fattispecie astratta che viene in rilievo, della valutazione giuridica (agli effetti della corretta formulazione della contestazione) e della ponderazione nel merito (in ordine alla responsabilità del presunto trasgressore) dei fatti medesimi; quindi, anche seguendo la prospettazione di parte opponente il dies a quo dovrebbe comunque essere collocato in una data che, rispetto a quella del 29.8.2018 indicata dalla società opponente, può essere ricondotta, alla luce delle circostanze del caso concreto (dovendo essere accertate e valutate le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, nonché l'efficacia giuridica della certificazione, di cui la società opponente ha inteso avvalersi), ad un’epoca successiva di almeno quattro mesi, il che già esclude in radice la tardività della notificazione della contestazione, che è avvenuta, per la società opponente, in data 22.3.2019 (doc. 5 fasc. resistente).
Ma vi è di più.
In memoria di costituzione il SERVIZIO LAVORO resistente ha allegato (da pag.37 a pag. 40) che l’ispettore del lavoro procedente ha condotto un’incessante attività di indagine fino al 9.2.2018;
 in ordine all'accertamento delle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, appare sufficiente richiamare, a titolo esemplificativo, i verbali di sommarie informazioni rese da F.F. in data 11.10.2018, da F. Gianluca in data 11.10.2018 e da Valdagno Oscar (doc. 10, 11 e 8 fasc. resistente);
 in ordine all'efficacia giuridica della certificazione, di cui la società opponente inteso avvalersi, basti evidenziare che l’INL ha trasmesso al SERVIZIO LAVORO la documentazione necessaria al fine di valutare la ricorrenza in capo all'ente bilaterale ENBLI del requisito ex art. art.2 co.1, lett. h) d.lgs. 276/2003.
La società opponente sostiene che “l’amministrazione procedente non ha neppure fornito una motivazione che giustificasse le reali esigenze istruttorie legittimante il ritardo”.
L’assunto è privo di fondamento per molteplici ragioni.
In primo luogo non è ravvisabile alcun “ritardo” dell'attività svolta dall'ispettore del SERVIZIO LAVORO procedente.
Anche da ciò prescindendo, occorre ricordare che secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 16.2.2016, n. 2959; Cass. 10.5.2010, n. 11280;) l’ordinanza ingiunzione (ma la stessa statuizione vale a fortiori per il verbale di accertamento, il cui requisito motivazionale è certamente attenuato, essendo diretto a contestare i fatti e non già a giustificare l’irrogazione della sanzione) è censurabile dal giudice dell'opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, unicamente nel caso in cui sia del tutto priva di motivazione (ovvero questa sia solo apparente) e non anche se la stessa risulti insufficiente, atteso che l'eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale involge una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, concernendo il giudizio di opposizione non l'atto della P.A., ma il rapporto sottostante. Appare indubbio che l’asserita mancata indicazione delle “reali esigenze istruttorie legittimante il ritardo” riguarderebbe comunque un profilo di insufficienza (e non già di inesistenza o apparenza) della motivazione.
Inoltre, secondo altro consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. 10.5.2010, n. 11280; Cass. 20.11.1998, n. 11724; Cass. 8.8.1996, n. 7296;), la violazione del termine ex art. 14 co.2 L.689/1981 è oggetto di eccezione in senso stretto e, quindi, non può essere rilevata ex officio. Ne consegue che l’onere di allegare (e provare) la tempestività della notificazione dell'accertamento sorge in capo all'amministrazione solo a seguito dell'eccezione sollevata dai destinatari dell'ordinanza ingiunzione.

§4. in ordine all'eccezione, sollevata dalla società opponente, di violazione del d.m. 15.1.2014
La società opponente eccepisce che “dalla lettura del verbale de quo non emerge alcuna indicazione specifica che confermi, con certezza, la conduzione dell'accesso ispettivo - in tutte le sue fasi - da due o più funzionari”, come richiesto dal d.m. 15.1.2014 (“Codice di comportamento degli ispettori del lavoro”), anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla circolare n.76/2016.
Anche questa eccezione non merita accoglimento.
Il d.m. 15.1.2014 non contiene la prescrizione secondo cui gli accessi ispettivi o anche qualunque attività di indagine debbano essere sempre compiuti da due o più funzionari; infatti, al fine di indicare il soggetto procedente utilizza sempre la locuzione “personale ispettivo” che l’art. 1 lett. b) così definisce: “per "personale ispettivo" si intende il personale inquadrato nei ruoli ispettivi dell'Amministrazione al quale sono attribuiti i poteri di vigilanza necessari all'espletamento dei compiti di controllo in materia di lavoro e legislazione sociale e che, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le attribuzioni conferite dalla normativa vigente, opera anche in qualità di ufficiale di Polizia giudiziaria. Per "personale ispettivo" si intende altresì il personale dell'Arma dei Carabinieri al quale, ai sensi del D.M. 31 luglio 1997, sono attribuiti i compiti di controllo in materia di lavoro e legislazione sociale;”; appare evidente come non vi sia alcuna traccia del precetto indicato dalla società opponente.
Quanto alla circolare I.N.P.S. del 9.5.2016, n. 76, è vero che al §1.3. prevede:
“Relativamente alle modalità organizzative, vale sempre il principio generale in virtù del quale le ispezioni vanno condotte necessariamente in coppia, nella fase di primo accesso, nonché nelle fasi successive dell’accertamento, compresa la redazione e sottoscrizione del verbale, garanzia questa sia per i verbalizzanti che per i soggetti sottoposti a verifica”.
Tuttavia risulta evidente il difetto di forza vincolante nei confronti degli ispettori del SERVIZIO LAVORO di una circolare emessa dall’I.N.P.S..
Inoltre appare conferente alla questione in esame l’orientamento della Suprema Corte (Cass. 14.1.2016, n. 462; Cass. 24.3.2015, n. 5828; Cass. 15.1.2010, n. 532; Cass. 27.2.2006, n. 4302;), secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, i vizi formali del provvedimento sanzionatorio non possono considerarsi rilevanti di per se stessi, ma solo in quanto abbiano illegittimamente impedito al cittadino di opporre alla pubblica Amministrazione procedente le ragioni giustificative del comportamento contestatogli o l’insussistenza dello stesso o la propria estraneità soggettiva al fatto pur oggettivamente verificatosi o, comunque, qualsivoglia utile difesa inerente alla contestazione. Rimane, infatti, irrilevante l’impugnazione del vizio formale ove attraverso di essa non siano fatte valere difese sostanziali o non si alleghi che, a causa di esso, sia stato impedito l’esercizio di difese, specificamente indicate e per le quali sia indicato altresì il nesso di causalità tra vizio e impedimento.
Il giudizio di opposizione rappresenta la sede nella quale il giudice ha il compito di valutare l'intero rapporto sanzionatorio e non la mera legittimità del provvedimento impugnato, di talché il diritto di difesa è garantito nel momento in cui il trasgressore sia in grado di conoscere l'addebito e instaurare la controversia posto che nel successivo giudizio d'opposizione sarà valutata l'intera vicenda sanzionatoria.
Condivisibile risulta anche il riferimento (alla luce dell’insegnamento di Cass. S.U. 30.9.2009, n. 20929;) alla previsione ex art. 21octies L. 7.8.1990, n. 241, la quale esclude l’annullamento di provvedimenti adottati in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti quando per la natura vincolata del provvedimento (come nell’ipotesi di accertamento di illecito amministrativo), il contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Infatti nel presente giudizio la società opponente eccepisce il vizio in esame senza però lamentare concreti impedimenti nell’esercizio del diritto di difesa; infatti si limita ad invocare l’esigenza di “evitare possibili abusi o irregolarità da parte degli agenti ispettivi”, senza allegare alcuna circostanza concreta.

§5. in ordine al merito
Il merito consiste nello stabilire se il contratto di appalto, stipulato, in data 9.4.2018, tra la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., quale committente e la società M&G CO. SERVICE s.r.l., quale appaltatrice, possieda i requisiti previsti dall'art. 29 co.1 d.lgs. 276/2003.
Emerge con evidenza che la risposta debba essere negativa. Risulta per tabulas che:
 la società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., quale committente, e la società M&G CO. SERVICE s.r.l. hanno stipulato in data 19.4.2018, un “contratto di appalto di servizi” da eseguirsi in Ravina di Trento, via Mazzonelli, 6, dal 10.4. al 15.9.2018, avente a oggetto il “servizio di stoccaggio pane nelle ceste e pulizia” (doc.5 fasc. ric.);
 la società M&G CO. SERVICE s.r.l., qual datore, e tale V.O., quale prestatore, hanno concluso in data 9.4.2018 un contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e determinato, dal 10.4. al 15.9.2018, con inquadramento nel livello B4 CCNL Panettieri Artigiani, avente a oggetto mansioni di “tutto fare”, da svolgersi in Ravina di Trento, via Mazzonelli, 6 (doc.9 fasc. resistente).
E’ pacifico tra le parti che V.O., a far data dal 10.4.2018, ha prestato attività lavorativa presso il panificio ubicato in Ravina di Trento e gestito dalla società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A..
Ai sensi dell’art. 1655 cod.civ., con il contratto di appalto l'appaltatore assume, con l'organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio, a favore di un altro soggetto (appaltante), verso un corrispettivo in denaro;
quindi l'appaltatore deve configurarsi quale vero e proprio imprenditore, che nella realizzazione dell'opera o del servizio appaltato impieghi una propria organizzazione di mezzi e assuma il rischio d'impresa.
Così ben si comprende perché il legislatore, recependo i risultati cui era pervenuta la giurisprudenza, abbia precisato (art. 29 co.1. d.lgs. 10.9.23003, n. 276):
“Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa”;
corrispondentemente, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (ex multis, di recente, Cass. 27.3.2017, n. 7796; Cass. 7.2.2017, n. 3178), il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro opera tutte le volte in cui l'apparente appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione meramente lavorativa, rimanendo in capo all'apparente appaltatore e apparente datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata a un risultato produttivo autonomo.
Quindi le circostanze, che assumono valore probatorio circa la sussistenza, in capo all’apparente appaltatore, di un’autonoma organizzazione dei mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto dell’appalto attengono a:
1) la gestione di un’impresa da parte dell’appaltatore a proprio rischio nel senso che egli non ha la certezza di assicurarsi in ogni caso un profitto o, quanto meno, di evitare una perdita;
2) l’esercizio del potere direttivo e organizzativo da parte dell’appaltatore nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto.
Alla luce di questi insegnamenti appare evidente la rilevanza decisiva, ai fini del rigetto dell’opposizione proposta dalla società M&G CO. SERVICE s.r.l., delle circostanze riferite avanti all’ispettore del lavoro:
da V.O., il quale ha dichiarato in data 6.8.2018: “… La persona con la quale ho parlato mi ha riferito che ero stato selezionato per un colloquio; tale persona mi ha invitato a recarmi direttamente presso la panetteria L. di Trento, per sostenere un colloquio con la titolare, la signora L.B..
Durante il colloquio con la responsabile del panificio, la Signora L. mi ha spiegato la tipologia di lavoro che avrei svolto..
Ho iniziato a lavorare come panettiere-tuttofare, presso il panificio di Ravina, il giorno 10 aprile 2018.
Tramite posta elettronica ho ricevuto dalla società M & G CO SERVICE il contratto di lavoro…
lo ho sempre lavorato da/lunedì al sabato, dalle 4 alle 9 di mattina, presso il predetto panificio di Trento. Presso il panificio L. lavoravo con il marito della titolare (il Signor Andrea) e con altri tre dipendenti del predetto negozio, ossia con LUIGI, Francesco e Giorgio di cui però non conosco i cognomi. Gli orari di lavoro di queste persone erano però differenti dai miei.
Con la società M & G CO SERVICE ho avuto solo dei contatti telefonici. Gli ordini di lavoro mi venivano dati dalla Signora Bruna e dal marito Andrea...”.
da F.F., il quale ha dichiarato in data 11.10.2018: “…Ho iniziato a lavorare per questa società come apprendista panettiere, il contratto di apprendistato è iniziato il giorno 9 gennaio 2014. Dal mese di luglio di quest'anno sono assunto come panettiere… Conosco il signor V. perché questa persona ha lavorato nel mio stesso panificio; non mi ricordo esattamente quando ha iniziato a lavorare il signor V., mi sembra verso la fine di aprile 2018; ricordo invece bene quando ha terminato di lavorare, ossia il 27 giugno 2018. Lo ricordo bene perché ero partito per le ferie e Oscar aveva telefonato al titolare di domenica, dicendo che non si sarebbe presentato a/lavoro il giorno dopo.
Il signor V. aveva il compito di pesare ed incestare il pane; lavorava part-time, assieme al signor F. Luigi. Il lavoro del signor V. era diretto sia dal signor F., sia dalla signora L.….”
da F. Gianluigi, il quale ha dichiarato in data 11.10.2018: “…Lavoro per questa società da circa due anni, preparo il pane per la distribuzione ai supermercati, ho iniziato a lavorare nel corso del mese di settembre del 2016… ho conosciuto il signor Oscar V., questa persona faceva il mio stesso lavoro, ossia il confezionatore per la distribuzione del pane. Il signor Oscar lavorava part-time, mi sembra che abbia lavorato solo per qualche mese. Ricordo che ha iniziato ad aprile 2018, almeno così penso; mi ricordo che a giugno non si è più presentato al lavoro. lo controllavo il lavoro di questa persona”.
Dal canto suo la società opponente M&G CO. SERVICE s.r.l. non ha offerto alcuna prova contraria, limitandosi a svolgere considerazioni o del tutto prive di qualsiasi riscontro (quali quella afferente l’esistenza di un “preposto… avente il compito di vigilare sull'attività lavorativa dei dipendenti della Società” e quella relativa all’ “eventuale comportamento imprudente/non consono alle obbligazioni contrattuali del committente, al quale non è chiaramente consentito impartire direttive ai lavoratori della M&G”) o intrinsecamente di scarsa persuasività (quale l’assunto secondo cui “il richiamo alla mera circostanza per cui i lavoratori fossero inseriti nell'organizzazione della società committente non può, evidentemente, essere sintomatica di un appalto non genuina, né significa che i lavoratori stessi fossero alle dipendenze del committente”).
In proposito occorre ricordare, anche al fine di spiegare perché si è ritenuta la causa matura per la decisione senza aver espletato prove costituende, che, nell’ambito del giudizio civile, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice (recepito nell’art. 116 cod.proc.civ.), in tema di valutazione delle prove non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, nel senso che (fuori dai casi di prova legale) esse, anche se hanno carattere indiziario, sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento, del quale il giudice deve dare conto con motivazione, il cui unico requisito è l'immunità da vizi logici.
Conseguentemente, fermo restando che i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell'Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori (Cass. 26.1.2018, n. 2015; Cass. 7.11.2017, n. 26377; Cass. 7.6.2017, n. 14181; Cass. 2.3.2016, n. 7304; Cass. 10.6.2014, n. 13054; Cass. 21.7.2010, n. 17099; Cass. 17.7.2009, n. 16640; Cass. 6.6.2008, n. 15073; Cass. 25.7.2006, n. 16927; Cass. 22.2.2005, n. 3525;).
Quindi, ad avviso della Suprema Corte, in ordine alle circostanze apprese da terzi, i rapporti ispettivi redatti dai funzionali degli istituti previdenziali, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, per la loro natura hanno un'attendibilità che può essere infirmata solo da una prova contraria qualora il rapporto sia in grado di esprimere ogni elemento da cui trae origine, e in particolare siano allegati i verbali, che costituiscono la fonte della conoscenza riferita dall'ispettore nel rapporto sì da consentire al giudice e alle parti il controllo e la valutazione del loro contenuto (Cass. 17.7.2017, n. 17695; Cass. 6.9.2012, n.14965; Cass. 5.6.2009, n. 13075; Cass. 20.3.2007, n. 6565, il quale ha puntualizzato: “Nel giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa pecuniaria, il verbale di accertamento dell'infrazione può assumere un valore probatorio disomogeneo, che si risolve in un triplice livello di attendibilità: a) il verbale fa piena prova fino a querela di falso relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi, fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice e alle parti l'eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza dell’indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, ai fini della decisione dell'opposizione proposta dal trasgressore, e può essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità, o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quelle dichiarazioni siano comunque state ricevute dall'ufficiale giudiziario”; in relazione all’ipotesi sub b) Trib. Ravenna 29.9.2016 ha ritenuto che le dichiarazioni stragiudiziali dei terzi, lavoratori in primis, in quanto verificabili anche nella loro provenienza, invertano l'onere della prova in giudizio, imponendo alla parte opponente, datore di lavoro, di fornire dimostrazione contraria al loro contenuto.
Conseguentemente l'esclusione di un'efficacia diretta fino a querela di falso del contenuto intrinseco delle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori non implica che le stesse siano priva di qualsivoglia efficacia probatoria in difetto di una loro conferma in giudizio; infatti, ove le dichiarazioni dei lavoratori siano univoche, il giudice può ben ritenere superflua l'escussione dei lavoratori in giudizio mediante prova testimoniale, tanto più se il datore di lavoro non alleghi e dimostri eventuali contraddizioni delle dichiarazioni rese agli ispettori in grado di inficiarne l'attendibilità (Cass. 14.5.2014, n. 10427;).
Sono state perciò ritenute corrette le pronunce di merito che hanno deciso le controversie unicamente sulla base del materiale probatorio acquisito in sede ispettiva (Cass. 7304/2016 cit., Cass. 17099/2010 cit.;).
Infine, sempre la Suprema Corte ha ritenuto immuni da vizi le sentenze di merito che hanno fondato il proprio convincimento ritenendo le dichiarazioni raccolte in sede ispettiva maggiormente attendibili, rispetto a quelle rilasciate dagli stessi soggetti nel giudizio in sede testimoniale, in quanto cronologicamente più vicine ai fatti cui si
riferiscono e scevre da possibili sviamenti dovuti a condizionamenti esterni ovvero a ripensamenti dello stesso dichiarante, volti a un utilizzo a vantaggio proprio o altrui delle stesse (Cass. 2015/2018 cit.; Cass. 26377/2017 cit., Cass. 14181/2017 cit.; Cass. 16640/2009; Cass. 16927/2006 cit.).
In definitiva, le prestazioni lavorative di “tutto fare”, eseguite nel periodo 10.4.-28.7.2018 da V.O., presso il panificio ubicato in Ravina di Trento e gestito dalla società Panificio Artigianale L. s.n.c. di C. L.B. e DC.A., sono riconducibili a una somministrazione di lavoro da parte di M&G CO. SERVICE
s.r.l. in favore della società Panificio Artigianale L. s.n.c. e a un rapporto di lavoro subordinato tra la società Panificio Artigianale L. s.n.c. e V.O. (e non già al contratto di appalto di servizi stipulato tra Panificio Artigianale L. s.n.c. e M&G CO. SERVICE s.r.l. e al contratto di lavoro subordinato stipulato tra M&G CO. SERVICE s.r.l. e V.O.).
La società convenuta M&G CO. SERVICE s.r.l. non ha allegato (e, quindi, tanto meno provato) di essere un'agenzia di somministrazione autorizzata ai sensi degli artt. 4 e 5 d.lgs. 276/2003.
Appare perciò pienamente integrato l’illecito amministrativo ex art. 29 co. 1, in relazione all’art. 19 co.5bis d.lgs. 276/2003 che il SERVIZIO LAVORO ha posto a fondamento della sanzione irrogata con l’ordinanza ingiunzione opposta.
- - -
In definitiva deve essere rigettata l’opposizione proposta dalla società M&G CO. SERVICE s.r.l. avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dal SERVIZIO LAVORO in data 21.1.2020 sub prot, n. S021/2020/362929/24.1/RN.
Le spese non possono che seguire la soccombenza.
 

P.Q.M.



Il tribunale ordinario di Trento, in persona del giudice istruttore, in funzione di giudice unico, dott. Giorgio Flaim, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, così decide:
1. Rigetta l’opposizione proposta dalla società M&G CO. SERVICE s.r.l. avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dal SERVIZIO LAVORO in data 21.1.2020 sub prot, n. S021/2020/362929/24.1/RN.
2. Condanna la società opponente ricorrente alla rifusione, in favore del convenuto, delle spese di causa, liquidate nella somma complessiva di € 2.000,00, maggiorata del 15% per spese forfettarie ex art. 2 co.2 d.m. 10.3.2014, n. 55, oltre ad IVA e CNPA.
Trento,10 settembre 2020

 


IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO IL GIUDICE
dott. Giovanni Zorzi dott. Giorgio Flaim