Cassazione Civile, Sez. 6, 17 giugno 2021, n. 17349 - Indennizzo per danno biologico conseguito ad infortunio sul lavoro


 

Presidente: PONTERIO CARLA
Relatore: BOGHETICH ELENA Data pubblicazione: 17/06/2021
 

 

Rilevato che
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda di P.I. proposta nei confronti dell'INAIL per l'accertamento del diritto all'indennizzo per danno biologico conseguito all'infortunio sul lavoro subito il 27.5.2004.
2. La Corte territoriale, sulla scorta della rinnovata consulenza tecnica d'ufficio, rilevava una percentuale di danno biologico permanente conseguente all'infortunio sul lavoro pari all'8%.
3. Avverso la sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso, articolato in più motivi, cui ha opposto difese l'INAIL con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'articolo 380 bis cod.proc.civ.
 

Considerato che
1. Con diversi motivi di ricorso il ricorrente deduce "Errata applicazione di legge - art. 342 c.p.c.", "Assenza di motivazione", "Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", "Ulteriore difetto di motivazione", lamentando l'inammissibilità del ricorso in appello proposto dall'INAIL, in quanto si limitava a riproporre le difese articolate in primo grado, l'assenza di motivazione sul punto e, infine, la carenza di motivazione circa la decisione di rinnovare la consulenza tecnica d'ufficio.
2. Il ricorso è per alcuni punti inammissibile e, per i restanti, manifestamente infondato.
Questa Corte ha affermato che, in tema di giudizio di cassazione, trattandosi di rimedio a critica vincolata il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall'art. 360 cod.proc.civ., sicché è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, né essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione (cfr. da ultimo Cass. n. 4905 del 2020, Cass. n. 11603 del 2018).
Il ricorso contiene alcuni motivi che sono, per la prevalenza, svincolati da qualsiasi richiamo ai parametri previsti dall'art. 360, primo comma, cod.proc.civ., e dunque, inammissibili.
3. Le censure concernenti la dedotta inammissibilità dell'atto di appello proposto dall'INAIL sono manifestamente infondate.
Questa Corte ha affermato che ai fini della specificità dei motivi d'appello richiesta dall'art. 342 c.p.c., l'esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l'allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. n. 2814 del 2016; Cass. n. n. 23781 del 2020).
Nel caso di specie, lo stesso ricorrente riporta il contenuto dell'atto di appello ove emerge che l'INAIL, oltre a ribadire l'eccezione di prescrizione dell'azione, ha proposto una critica specifica alle conclusioni della perizia del consulente tecnico d'ufficio recepita dal giudice del primo grado, rilevando la ricorrenza di specifici errori compiuti quali la percentuale di inabilità riconosciuta, la mancata valutazione delle obiezioni dei sanitari dell'INAIL, la considerazione di un "danno futuro" alla stregua di un accertamento di responsabilità civile, l'attribuzione di una percentuale superiore a quella richiesta nel ricorso introduttivo del giudizio.
Deve, pertanto, ritenersi correttamente assolto, dall'INAIL, l'onere di specificazione dei motivi d'appello, nel quale vi era l'espressa censura delle argomentazioni poste a fondamento della sentenza di primo grado.
4. In ordine al rinnovo della consulenza tecnica d'ufficio, questa Corte ha affermato che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass. n. 22799 del 2017, Cass. n. 9461 del 2010, Cass. n. 4660 del 2006). In particolare, la consulenza tecnica anche quando diventa strumento di accertamento di meri fatti non costituisce un mezzo di prova vero e proprio in quanto ogni accertamento implica, al di là della percezione della realtà, una valutazione fondata sull'applicazione di regole di esperienza tecnica cioè un giudizio e non una semplice testimonianza. Ne consegue che tale mezzo istruttorio, del resto sottratto alla disponibilità delle parti, non incorre nel divieto di rinnovazione in grado di appello neanche quando, come nel rito del lavoro, in tale grado operi il divieto di nuove prove (Cass. n. 5422 del 2002).
5. il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
6. in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
 

P. Q. M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in euro 200,00 per esborsi e in euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, addì 21 aprile 2021