• Datore di Lavoro
  • Cantiere Temporaneo e Mobile
  • Infortunio sul Lavoro
  • Delega di Funzione

Responsabilità di due legali rappresentanti di una s.n.c. e di un capocantiere, per la morte di C.M. il quale, mentre si trovava alla sommità dei muri sopra un vano scalo di un edificio in costruzione intento a guidare le staffe di imbracatura alla gru a torre di un pacco di tavole da calare a terra, perdeva l'equilibrio e cadeva nel vuoto del vano scale battendo la testa sul primo gradino delle scale medesime: colpa che si configura nel mancato rispetto della norma di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16 che impone di adottare adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di cadute di persone o di cose, nei lavori che sono svolti ad un'altezza superiore ai due metri.

Assolto il capocantiere per non aver commesso il fatto, la Corte d'appello, ritenendo comunque non provata l'esistenza di una valida delega, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei due datori di lavoro per intervenuta prescrizione.

Ricorrono in Cassazione i due datori di lavoro -  Respinto.

La Corte afferma che il ricorso è manifestamente infondato e dunque inammissibile.
Soffermandosi sulla delega di funzione afferma che:
"la delega in questione, come correttamente ricordato dalla Corte d'Appello, deve essere formalmente completa e relativa a tutte le incombenze specifiche; ed inoltre, fra l'altro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro, e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina.
Nulla di tutto questo risulta dedotto dal ricorrente che si è limitato a vantare una generica delega che correttamente, come detto, la Corte d'Appello non ha ritenuto discriminante ai fini della responsabilità penale."



LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente -
Dott. IACOPINO Silvana G. - Consigliere -
Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) U.U. N. IL (OMISSIS);
2) U.P. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 409/2004 CORTE APPELLO di ANCONA, del 13/12/2007;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/11/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Visconti Carlo del foro di Roma che chiede l'accoglimento dei motivi di ricorso.

Fatto

Con sentenza del 13 dicembre 2007 la Corte d'Appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Fermo del 2 dicembre 2003 appellata dal Procuratore della Repubblica e da V.P. ha assolto il V. per non avere commesso il fatto, ed ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di U.U. e U.P. per essere il reato loro ascritto estinto per maturata prescrizione; l'imputazione ascritta agli imputati riguardava l'art. 589 c.p. perchè nelle vesti di legale responsabile della Ulissi Pier Vincenzo e Ubaldo s.n.c. i primi due quali datori di lavoro ed il V. quale capocantiere, cagionavano per colpa la morte di C.M. il quale, mentre si trovava alla sommità dei muri sopra un vano scalo di un edificio in costruzione intento a guidare le staffe di imbracatura alla gru a torre di un pacco di tavole da calare a terra, perdeva l'equilibrio e cadeva nel vuoto del vano scale battendo la testa sul primo gradino delle scale medesime: colpa che si configura nel mancato rispetto della norma di cui al D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16 che impone di adottare adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di cadute di persone o di cose, nei lavori che sono svolti ad un'altezza superiore ai due metri.
La Corte territoriale ha motivato la propria decisione ritenendo provata l'intervenuta violazione della norma antinfortunistica di cui al  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16, e ritenendo invece non provata l'esistenza di valida delega da parte dei datori di lavoro U. in favore del V., in relazione alla direzione del cantiere ove si è verificato l'infortunio per cui è processo.
U.P. e U.U. propongono ricorso avverso questa sentenza lamentando, con il primo motivo, violazione dell'art. 581 c.p.p., lett. c) in relazione all'art. 591 c.p.p., lett. c).
In particolare i ricorrenti deducono l'infondatezza dell'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l'appello del Procuratore della Repubblica non era inammissibile essendo sufficientemente enunciate le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento dell'impugnazione, mentre, viceversa, l'appello non conterrebbe alcun preciso rilievo sulla motivazione della sentenza di primo grado.
Con secondo motivo si assume violazione del  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16 e, comunque, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. b) e c) modificato dalla L. n. 46 del 2006.
Si assume, in particolare, che la sentenza impugnata darebbe per pacifica la circostanza contraddetta dall'espletata istruttoria, secondo cui la vittima era intenta a rimuovere tavolate dal cornicione di un manufatto in costruzione, mentre il manufatto era già completato al momento del fatto.
Con terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione del  D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16 e, comunque, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anche per travisamento della prova in relazione all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) così modificato dalla L. n. 46 del 2006 sotto il profilo dell'affermazione secondo cui mancherebbe una delega da parte degli U. in ordine alla conduzione di autonomia del cantiere, quando l'espletata istruttoria avrebbe invece dimostrato l'assoluta autonomia nell'organizzazione del lavoro da parte del V..
Con quarto motivo si assume violazione del D.P.R. n. 547 del 1955 e dell'art. 41 c.p. in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in quanto la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto che l'incidente mortale sarebbe avvenuto esclusivamente per l'improvvida iniziativa del V. che, come confermato dall'espletata istruttoria.
Con quinto motivo si lamenta violazione dell'art. 530 c.p.p., comma 2, art. 533 c.p.p., comma 1 e art. 129 c.p.p., n. 2, nonchè della L. n. 46 del 2006, art. 5 in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).
Si assume, in particolare, che si sarebbe dovuto comunque confermare l'assoluzione degli U. statuita in primo grado non essendosi raggiunta la prova della loro responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio come previsto dalla norma citata.
 
Diritto

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, rigettando l'analogo motivo di appello, ha sinteticamente ma puntualmente ed esaurientemente motivato il rigetto del medesimo indicando la specificità del motivo di impugnazione proposto dal Procuratore della Repubblica di Fermo che ha dedotto l'assenza di prova relativa alla dedotta delega data dagli imputati in ordine al controllo del rispetto delle norme antinfortunistiche.
Tale motivazione è congrua e logica e sfugge, dunque, ad ogni censura di legittimità.
Il secondo ed il quarto motivo possono trattarsi congiuntamente riguardando entrambi il merito. Infatti, sia la dedotta completezza del manufatto, che il comportamento del V., oggetto rispettivo dei due motivi di ricorso in esame, costituiscono circostanze di fatto che non possono essere rivisitate in sede di legittimità ove è solo consentito il controllo della completezza e logicità della motivazione che, nel caso in esame, sussistono in quanto la Corte territoriale ha considerato entrambe le circostanze valutandole in modo logico, escludendo, in particolare, la prima sulla base delle risultanze istruttorie dettagliatamente considerate, e ritenendo irrilevante la seconda.
Il terzo motivo con il quale viene dedotta la delega dei compiti di controllo dell'osservanza delle norme di sicurezza, è parimenti manifestamente infondato in quanto la delega in questione, come correttamente ricordato dalla Corte d'Appello, deve essere formalmente completa e relativa a tutte le incombenze specifiche; ed inoltre, fra l'altro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro, e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina. Nulla di tutto questo risulta dedotto dal ricorrente che si è limitato a vantare una generica delega che correttamente, come detto, la Corte d'Appello non ha ritenuto discriminante ai fini della responsabilità penale.
Il quinto motivo risulta assorbito dai precedenti.
Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l'onere delle spese del procedimento nonchè la condanna dei ricorrenti al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost., in Euro 1000,00 ciascuno.

P.Q.M.
 
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2009