Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 agosto 2021, n. 22180 - Negato l'infortunio in itinere del lavoratore che devia il percorso per motivi personali. Realizzazione del cd. rischio elettivo


 

 

Presidente Manna – Relatore Calafiore

 

 

 

Fatto
 


1. Con sentenza n. 5774 del 2014, la Corte d'appello di Roma ha accolto l'impugnazione principale proposta dall'INAIL avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da P.M. , anche quale genitrice esercente la potestà genitoriale sui figli minori, tesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti ed all'assegno una tantum previsti dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 85 in ragione del decesso del proprio coniuge, C.G. , determinato dall'incidente stradale di cui il C. era rimasto vittima. 2. Ad avviso della Corte territoriale, che ha pure rigettato l'appello incidentale relativo al riconoscimento che il decesso era avvenuto nell'espletamento di obblighi lavorativi, la domanda andava rigettata in ragione del fatto che, al fine di poter qualificare quale infortunio in itinere, previsto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12 quello occorso al C. , sarebbe stato necessario accertare che il tragitto effettuato fosse quello normalmente utilizzabile per collegare l'abitazione con il luogo di lavoro, mentre l'eventuale deviazione avrebbe dovuto essere giustificata da causa di forza maggiore, da esigenze essenziali o dall'adempimento di obblighi penalmente rilevanti; tali ipotesi non si potevano ravvisare nella circostanza addotta dalla parte, consistente nella decisione del C. di andare a prendere e riaccompagnare a casa a conclusione della serata il collega B. (barman impiegato presso il locale ove si svolgeva attività di bar e pub ove il C. prestava la propria attività) perché privo di mezzo di trasporto proprio; la condotta del lavoratore, in sostanza, aveva realizzato quel rischio elettivo che aveva interrotto il necessario nesso tra la condotta e l'evento che non consentiva di configurare l'infortunio sul lavoro indennizzabile.
3. Avverso tale sentenza ricorre P.M. , anche n. q. sopra spiegata, sulla base di tre motivi successivamente illustrati da memoria. L'Inail non ha svolto attività difensiva.

 

Diritto



4. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 1, n. 3, in ragione del fatto che sia il primo giudice che la Corte d'appello avevano ritenuto, erroneamente, di applicare alla fattispecie la disciplina dell'infortunio in itinere, mentre nel caso di specie l'infortunio era avvenuto in occasione dell'espletamento dell'attività di lavoro giacché il C. era stato incaricato di accompagnare il collega di lavoro barman presso la propria abitazione e, quindi, si era verificata l'ipotesi prevista dall'art. 2 citato, posto che tale condotta non era frutto di una scelta volontaria diretta a soddisfare esigenze personali del C. ma costituiva l'adempimento di una attività occasionalmente affidatagli dal datore di lavoro.
5. Con il secondo motivo, in via subordinata, si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3 posto che l'art. 210 medesimo D.P.R. n. prevede che salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate; in tal modo il legislatore avrebbe specificato che restano esclusi dall'indennizzo unicamente gli infortuni verificatisi durante una deviazione dei tutto indipendente dal lavoro, ipotesi non realizzatasi nel caso di specie giacché il C. era partito dal luogo abituale di lavoro per accompagnare, in esecuzione di una prestazione lavorativa, un altro lavoratore alla propria abitazione per poi fare ritorno al locale ove prestava la propria attività.
6. Con il terzo motivo si denuncia, contestualmente ed evocando allo stesso tempo l'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3), 4) e 5) nuovamente la violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3 nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione degli artt. 329 c.p.c. e del giudicato. 6.1. In particolare, la critica si concentra sul punto della motivazione della sentenza impugnata che, a fronte dell'accertamento dello stato di ebbrezza del C. emergente dalla consulenza chimico-tossicologica espletata nel corso del procedimento penale svoltosi su impulso della Procura della Repubblica competente, ha ritenuto presente nella concreta fattispecie il carattere abnorme, volontario ed arbitrario della condotta del lavoratore idoneo ad esporre il lavoratore a rischi diversi da quelli propri della normale attività. Tale fatto (lo stato di ebbrezza) era stato ritenuto pacifico per mera deduzione dalla documentazione tardivamente allegata dall'INAIL ed acquisita dal giudice senza motivazione alcuna, mentre il fatto che il C. si trovasse in stato di ebbrezza era stato puntualmente contestato dai congiunti dello stesso, i quali avevano anche chiesto di provare il contrario reiterando richieste istruttorie sempre disattese, con violazione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost.. 6.2. Peraltro, come rilevato dal primo giudice, lo stato di ebbrezza non era stato determinante nella causazione dell'evento in quanto la morte del C. era avvenuta, come appurato dalla perizia tecnica espletata in sede penale, perché l'autovettura dal medesimo condotta aveva urtato violentemente il terminale d'acciaio del guard-rail (sulla cui efficienza e sicurezza avrebbe dovuto vigilare la Provincia di Roma quale proprietaria della strada) che era penetrato all'interno dell'abitacolo. Inoltre, poiché il legislatore prevede l'esclusione dell'indennizzo solo nei casi in cui l'infortunio sia stato direttamente causato dall'abuso di alcol, tale condizione avrebbe dovuto essere accertata dalla Corte d'appello.
7. Con ulteriore paragrafo, rubricato “sub V. Appello incidentale”, si denuncia il difetto di motivazione del rigetto dell'appello incidentale proposto dalla odierna ricorrente giacché le motivazioni addotte dalla sentenza impugnata non sarebbero idonee a sorreggere tale capo della decisione, essendo rimasto del tutto privo di spiegazione il rigetto della domanda tesa all'inquadramento dell'infortunio quale evento avvenuto sul lavoro piuttosto che quale infortunio in itinere, nonché l'affermazione della pacificità dello stato di ebbrezza del C. .
8. I motivi, connessi e quindi da trattare congiuntamente, sono infondati. Essi pongono, ad onta delle diverse formali enunciazioni, essenzialmente una questione di fatto, quella secondo la quale il C. , non in stato di ebbrezza, percorreva la strada in quanto di ciò espressamente incaricato dal proprio datore di lavoro e da tale circostanza fanno derivare gli errori di diritto che denunciano.
9. Tuttavia, contrariamente alla prospettazione della parte, la sentenza impugnata ha espressamente accertato (pagina 3, penultimo capoverso) che “ (...) la deviazione del percorso è stata determinata dalla decisione del C. di andare a prendere e riaccompagnare a casa, a conclusione della serata, il barman B. , il quale aveva fatto presente che, a causa di un guasto alla propria autovettura, non avrebbe potuto recarsi al lavoro per la serata del (OMISSIS) ; dunque, poiché nelle ore notturne nei pressi del locale non vi erano mezzi pubblici, il C. decise di prendere e riaccompagnare il barman per garantire la sua presenza durante la serata inaugurale del locale. (...) la mancata percorrenza dell'iter normale per raggiungere la propria abitazione dal lavoro (...) è stata il frutto di una scelta nell'ambito di una pluralità di alternative possibili (...) “.
10. Tale accertamento non risulta idoneamente impugnato in cassazione nei pur ristretti limiti concessi dall'attuale formulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), posto che il ricorso non indica fatti specifici principali o secondari, decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti che sarebbero stati non considerati, ma si limita a richiamare esiti di consulenze, documenti (denuncia di infortunio) o generiche richieste istruttorie formulate nei gradi di merito che si vorrebbe siano letti ed interpretati in modo favorevole all'assunto.
11. A fronte dunque del positivo accertamento del fatto che fu una scelta del C. quella di accompagnare il proprio collega (con il quale si fornisce implicita motivazione al rigetto dell'appello incidentale relativo a tale aspetto della vicenda) la sentenza impugnata ha sostanzialmente negato che l'incidente mortale potesse ritenersi occorso nell'espletamento di attività di lavoro e, dunque, su tale premessa ha ulteriormente valutato (negativamente) anche la percorribilità della ipotesi dell'infortunio in itinere.
12. Da ciò deriva che nessun vizio, di sussunzione o di interpretazione delle disposizioni indicate, può ravvisarsi nella sentenza impugnata posto che il motivo in esame, senza considerare i fatti accertati, prospetta una questione giuridica non aderente ai medesimi fatti dando per assodata la riconducibilità della condotta del lavoratore all'espletamento dell'attività lavorativa.
13. Questa Corte di legittimità ha reiteratamente affermato che il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 copre tutti i casi di infortunio avvenuto per causa violenta "in occasione di lavoro" che cagionino un'inabilità al lavoro superiore a tre giorni, rientrando nella nozione di occasione di lavoro tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all'ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento colposo dello stesso lavoratore, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento del prestazione; con l'avvertenza che sotto quest'ultimo aspetto, per quanto qui di particolare interesse, devono ritenersi protette ‘non solo le attività manuali tipiche ma anche quelle preparatorie, accessorie o connesse, purché indispensabili alla prestazione lavorativa" (Cass. n. 12549/18), con l'unico limite del rischio elettivo, inteso come tutto ciò che sia estraneo e non riguardante l'attività lavorativa e dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore (Cass. n. 17917/2017).
14. Nel caso di specie si è accertato che l'evento fu frutto di un arbitrario aggravamento del rischio determinato dalla condotta del lavoratore per cui non vi è spazio per l'applicazione dei principi espressi da questa Corte di legittimità secondo i quali (vd. Cass. n. 13314 del 2018), l'occasione di lavoro deve essere intesa in senso funzionale, nel senso che essa può ricorrere anche in caso di mancanza delle particolari condizioni previste dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12 per potersi configurare un'ipotesi di infortunio in itinere (in senso stretto), non potendosi escludere l'occasione di lavoro, sulla base della disciplina generale dettata dall'art. 2 cit., tutte le volte che debbano ritenersi assicurate anche altre ipotesi di infortunio "sulle vie del lavoro", come ad es. per chi si reca sulla strada in un percorso che collega la sede di lavoro ad un altro luogo per motivi di lavoro.
15. Neppure rileva, a questo punto, l'eventuale erronea valutazione dell'effettivo stato di ebbrezza in cui versava il C. o l'incidenza causale del cattivo stato del guardrail, posto che certamente l'incidente si verificò lungo la strada provinciale (…) (denominata (omissis) ) che il C. stava percorrendo per far ritorno alla propria abitazione dopo aver lasciato a casa propria, in (…), il barman B. e, dunque, non lungo il tragitto normale lavoro casa.
16. Si tratta cioè di una condotta che spezza il nesso causale e funzionale con l'attività lavorativa (vd. Cass. n. 20221 del 2010; 18786 del 2014) dovendosi riaffermare il principio secondo il quale in tema di infortunio "in itinere", indipendentemente dall'applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3, (aggiunto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12), per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta "occasione di lavoro", si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa a prescindere da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata.
17. Ne consegue che seppure è vero che l'infortunio che sia occorso al lavoratore nel tragitto prescelto per raggiungere il posto di lavoro non è escluso dalla copertura assicurativa per il solo fatto che non fosse il "più breve", si deve pur sempre verificare la "normalità" della percorrenza dell'itinerario seguito e la sua non riconducibilità, come è avvenuto nel caso di specie, a ragioni personali, estranee all'attività lavorativa.
18. In definitiva, il ricorso va rigettato.
19. Le peculiari circostanze in fatto sottese all'inquadramento giuridico della fattispecie concreta, che hanno determinato esiti difformi nei gradi di merito, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.
 


La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.