Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 03 maggio 2021, n. 16664 - Visita medica preventiva


 

 

Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 15/01/2021
 

 

Fatto




1. Il Tribunale di Patti con sentenza del 19 dicembre 2018 ha condannato V.A. alla pena di € 3.000,00 di ammenda relativamente ai reati di cui agli art. 18, comma 1, lettera C, e 55, comma 5, lettera C, d. lgs. N. 81/2008 - capo A, accertato il 26 ottobre 2016 -, art. 81, comma 1, lettera Ce 55, comma 5, lettera C, d. lgs. N. 81/2008 - capo B, accertato il 26 ottobre 2016.

2. L'imputato ha proposto ricorso in cassazione, deducendo motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Violazione di legge (art. 533 cod. proc. pen.) e manifesta illogicità della motivazione.
L'imputato è stato condannato in quanto titolare della ditta Fian costruzioni s.r.l. e datore di lavoro di R.B. (che aveva subito un infortunio, impiegato tecnico geometra) per avere omesso di sottoporre il dipendente alla visita medica preventiva e di omesso aggiornamento del documento di valutazione dei rischi del 30 maggio 2014.
La visita medica preventiva è necessaria solo se il lavoratore fosse sottoposto a rischio e non anche ( come nel caso in giudizio) se il lavoratore non è sottoposto ad alcun rischio (impiegato tecnico geometra, che in quanto tale è tenuto a programmare e gestire i lavori del cantiere edile).
Il Tribunale, nella sentenza impugnata, omette di indicare le effettive mansioni del lavoratore al fine di verificare l'obbligo della visita medica preventiva.
Il documento di valutazione dei rischi è un documento flessibile che deve adattarsi alle caratteristiche dell'azienda; nell'ipotesi di nuova impresa il documento deve essere redatto nel termine di 90 giorni e periodicamente rivisto nelle ipotesi di significative modifiche al processo produttivo. Un cambio di sede dell'azienda deve ritenersi una modifica al processo produttivo, ma non anche l'inserimento di una nuova sede, peraltro adibita ad ufficio tecnico.
Nel caso il documento doveva essere aggiornato nei tre anni, quindi nel maggio 2017.

2. 2. Omessa motivazione sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della particolare tenuità del fatto.
La sentenza non motiva sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (chieste nelle conclusioni), e neanche sulla particolare tenuità del fatto. La condotta ascritta al ricorrente non aveva certamente contribuito a cagionare l'infortunio al dipendente; l'offesa al bene giuridico tutelato era, quindi, certamente esigua.
Ha chiesto quindi l'annullamento della decisione impugnata.

 

Diritto
 




3. Il ricorso risulta inammissibile, in quanto generico ed in fatto, non si confronta con le motivazioni della sentenza e non prospetta vizi di legittimità avverso le motivazioni della decisione del Tribunale.
La sentenza impugnata ha evidenziato come dalla deposizione testimoniale dell'ispettore G. e dalla documentazione acquisita il lavoratore R.B. (peraltro infortunato) non era stato sottoposto a visita medica e il documento sulla valutazione dei rischi non era stato aggiornato.
Il ricorso in cassazione con argomentazioni in fatto ritiene non prevista la visita medica (in relazione all'assenza di rischio per le mansioni del lavoratore) e non dovuto l'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.
Deve però osservarsi che il lavoratore R.B., per lo stesso ricorso in cassazione, quale geometra, aveva la mansione di controllo dei lavori in cantiere (''è tenuto a programmare e gestire i lavori del cantiere edile verificando la congruenza tra progetto, specifiche proposte e budget [...] e controllando periodicamente il rispetto del programma tecnico - economico"). Conseguentemente la sua idoneità alla mansione specifica andava, comunque, accertata (art. 18, comma 1, lettera C, del d. lgs. N. 81/2008).
Il documento della valutazione dei rischi in relazione all'inserimento della sede di lavoro adibita ad uso ufficio tecnico (circostanza questa non contestata con il ricorso in cassazione) andava aggiornato con la previsione dei rischi relativi a tale nuovo luogo di lavoro.
4. Anche i motivi relativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla particolare tenuità del fatto risultano manifestamente infondati.
L'art. 131 bis cod. pen. non risulta richiesto al giudice di merito:
«In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d'appello» (Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016 - dep. 17/10/2016, Savini, Rv. 26828101).
Inoltre, deve rilevarsi che non è stata irrogata la pena nel minimo edittale, e questo sta a significare che il fatto non è stato ritenuto, concretamente, di particolare tenuità (Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015 - dep. 01/10/2015, Lembo, Rv. 26531701).
Le circostanze attenuanti generiche sono state implicitamente escluse (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019 - dep. 21/03/2019, DULAN CRISTIAN, Rv. 27505701) in quanto il giudice ha ritenuto congrua e proporzionata ai fatti la pena irrogata. La sentenza impugnata, infatti, adeguatamente rileva come è stata valutata la personalità così come emergente dal casellario e le modalità dell'azione, per la determinazione del trattamento sanzionatorio ex art. 133 cod. pen. e, quindi, non era possibile il minimo della pena e, tantomeno, al di sotto del minimo con le circostanze ex art. 62 bis cod. pen.
Inoltre, le circostanze attenuanti generiche non risultano neanche richieste esplicitamente essendosi limitato l'imputato a richiedere i benefici di legge ("La richiesta difensiva dei benefici di legge vale univocamente ad indicare la domanda della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, comportando l'obbligo di motivazione da parte del giudice che abbia ritenuto di esercitare, positivamente o negativamente, il potere discrezionale conferitogli dalla legge" Sez. 3, Sentenza n. 48376 del 13/07/2018 Ud. - dep. 24/10/2018- Rv. 274702 - 01).
Del resto «In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena» (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 - dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; vedi anche Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 - dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 26528301 e Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013 - dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 25646401).
5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/01/2021