Cassazione Civile, Sez. Lav., 01 settembre 2021, n. 23719 - Infortunio sul lavoro e azione di ripetizione


 

Presidente: BALESTRIERI FEDERICO Relatore: GARRI FABRIZIA
Data pubblicazione: 01/09/2021
 

Rilevato che

1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda avanzata da Unipol SAI s.p.a. nei confronti di E.R. per ottenere la restituzione della somma di € 203.436,42. Il Giudice di secondo grado ha ritenuto che la ripetizione delle somme pagate dalla società a titolo di indennizzo, corrisposto al lavoratore a seguito dell' infortunio subito il 4 novembre 2011, fosse preclusa per effetto della transazione intervenuta tra il E.R. e la Unipolsai s.p.a. all'atto della risoluzione del rapporto di lavoro con la quale la società aveva rinunciato a qualsiasi pretesa ed azione anche di natura risarcitoria che trovasse causa o anche solo occasione nel rapporto di lavoro con eccezione del caso di dolo o colpa grave.
2. La Corte di merito ha escluso infatti che fosse stata dimostrata una indebita pressione da parte del E.R., che si sarebbe avvantaggiato della sua posizione di dirigente della società, per ottenere dal medico incaricato l'accertamento di postumi permanenti nella misura del 6% in luogo del 5% rientrante nella franchigia inizialmente quantificato.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre la Unipolsai s.p.a. che articola sei motivi ai quali resiste con controricorso E.R.. La ricorrente ha poi depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 380 bis 1. cod. proc. civ..
 

Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2033 cod.civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc.civ ..
4.1. Sostiene la società ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto non ripetibili le somme sul presupposto che la Unipol non avrebbe dimostrato l'esistenza di indebite interferenze da parte del E.R. e tuttavia la sentenza non avrebbe considerato che il dolo e/o la colpa grave dell'accipiens non costituiscono requisiti necessari per l'esercizio dell'azione.
5. Il motivo non può essere accolto.
5.1. Ritiene il Collegio che la censura non colga il senso della decisione. La Corte territoriale ha posto in rilievo che l'azione di ripetizione era condizionata dall'esistenza di una transazione tra le parti la quale, incontestatamente, subordina la rinuncia ad azionare qualsivoglia diritto connesso all'intercorso rapporto di lavoro all'esistenza di una condotta dolosa o gravemente colposa di una delle parti. Correttamente perciò il giudice di appello si è fatto carico di accertare l'esistenza delle condizioni dell'azione esercitata e, con motivazione che sintetizza un adeguato accertamento di fatto ne ha escluso la sussistenza. In sintesi ha escluso che sussistessero i presupposti per esercitare, nonostante l'accordo conciliativo intervenuto tra le parti, i presupposti per l'esercizio dell'azione di ripetizione.
6. Anche il secondo motivo di ricorso - con il quale la società deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 1362 e 1363 cod.civ. laddove, interpretando l'accordo conciliativo intercorso con il E.R. all'atto della risoluzione del rapporto, vi ha ritenuto compreso anche l'indennizzo liquidato senza considerare che della ripetibilità di quelle somme la società era divenuta consapevole solo dopo la sottoscrizione dell'accordo che dunque non poteva riguardarle - è destituito di fondamento.
6.1. E' vero che nell'interpretazione del contratto, il carattere prioritario dell'elemento letterale non deve essere inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, anche laddove il testo dell'accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti sicchè assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all'art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del comportamento, anche successivo, delle parti (cfr. Cass. 02/07/2020 n. 13595, 26/07/2019 n. 20294 e 28/06/2017 n. 16181) e tuttavia nel caso in esame la Corte di merito non ha rilevato alcun indice esterno incoerente con il tenore letterale della conciliazione e rivelatore di una diversa volontà delle parti.
6.2. Correttamente perciò ha privilegiato una interpretazione aderente al chiaro significato della conciliazione ed ha conseguentemente tenuto conto del fatto che l'azione di ripetizione esercitata traeva origine dall'indennizzo il quale a sua volta aveva causa nel rapporto di lavoro e nel contratto assicurativo connesso allo stesso. Ha del pari contestualizzato l'accordo rilevando in punto di fatto che l'indennizzo al momento della sottoscrizione dell'accordo conciliativo era stato anche erogato e dunque ne erano ben conosciuti i presupposti e le parti erano in condizione di ricomprendere .
In definitiva è addivenuta ad una interpretazione plausibile della volontà delle parti senza incorrere nella denunciata violazione delle regole di interpretazione.
7. Neppure la Corte è incorsa nella violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 e 1966 cod.civ. ed in una omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod. proc.civ., oggetto del terzo motivo di ricorso. Anche il diritto a ripetere le somme erogate per indennizzare l'infortunio sul lavoro sofferto dal E.R. è occasionato dall'intercorso rapporto di lavoro ed è perciò condizionato, al pari di tutti gli altri diritti che avevano causa o erano oggetto della conciliazione, alla circostanza che l'erogazione sia stata condizionata dal dolo della parte o da una sua condotta gravemente colposa. Diversamente infatti il risarcimento conseguito si cristallizza definitivamente all'atto della sottoscrizione della conciliazione e nessuna ripetizione è azionabile. Non è tanto la ripetizione dell'indebito pagamento ad essere oggetto della conciliazione quanto il pagamento stesso che ne costituisce il presupposto. Correttamente, pertanto, la Corte di appello per ritenere ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito ha dovuto verificare se ricorrevano i presupposti per incidere sul diritto oggetto della conciliazione. Una volta esclusa l'esistenza di un comportamento doloso o gravemente negligente l'inammissibilità dell'azione di ripetizione è conseguenza ineludibile dell'intervenuta conciliazione.
8. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono del pari infondati.
8.1. Quanto alla denunciata violazione dell'art. 115 cod. proc.civ. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 cod. proc.civ. per avere la Corte di merito trascurato di considerare che con la relazione tecnica del dott. Mastroroberto, non contestata dalla parte, erano stati confutati gli esiti dell'accertamento che aveva dato luogo alla liquidazione dell'indennizzo va qui ribadito che nel vigore del novellato art. 115 cod.proc.civ., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l'effetto della "relevatio ad onere probandi", spetta comunque al giudice del merito apprezzare, nell'ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l'esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (cfr. Cass. 07/02/2019 n. 3680). Il principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti (Cass. 05/03/2020 n. 6172).
8.2. Tanto premesso nello specifico il giudice di appello ha valutato i documenti (entrambe le perizie) e la censura, nella parte in cui denuncia l'omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio sempre con riguardo alla relazione peritale del dott. Mastroroberto fondata su riscontri documentali che invalidava la precedente relazione del dott. Persich e di cui la sentenza non avrebbe tenuto conto, si scontra con la preclusione introdotta dall'art. 348 ter comma 5 cod. proc.civ. (applicabile, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato come quello in esame dal giorno 11 settembre 2012), e trascura di chiarire - per evitare l'inammissibilità del motivo - le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 10/03/2014 n. 5528 e tra le successive Cass. 27/09/2016 n. 19001, 06/08/2019 n. 20994, 22/12/2016 n. 26774).
9. Il sesto motivo di ricorso, che ha ad oggetto ancora l'omessa motivazione oltre che la violazione degli artt. 2697 e 2729 cod.civ. ,in relazione all'art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ., è in parte inammissibile ed in parte infondato.
9.1. Sotto il profilo del vizio di motivazione valgano infatti le considerazioni più sopra svolte mentre con riguardo alla denunciata violazione delle regole sulla distribuzione degli oneri probatori e sulle presunzioni rileva il Collegio che la censura mira piuttosto ad una diversa ricostruzione delle emergenze probatorie non consentita nel giudizio di legittimità se non nei limiti in cui è ammissibile, e qui per le ragioni esposte non lo è, il vizio di motivazione.
10. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.




P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in€ 7.500,00 per compensi professionali,€ 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quaterdel d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 27 ottobre 2020