Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 settembre 2021, n. 24023 - Incidente stradale dell'artigiano e assenza di prova dell'indisponibilità di mezzi pubblici. Non è infortunio in itinere


 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: BUFFA FRANCESCO Data pubblicazione: 06/09/2021
 

FattoDiritto

 

Con sentenza del 16.4.15 la corte d'appello di Messina, confermando la sentenza del tribunale della stessa sede del 19.2.13, ha rigettato la domanda del sig. S. di costituzione di rendita per infortunio.
In particolare, in relazione all'incidente stradale del 10.7.01, la corte territoriale ha ritenuto non provato che l'incidente fosse occorso in occasione dello spostamento da un cantiere di lavoro all'altro ed altresì non dimostrata l'assenza di mezzi pubblici utili a coprire il percorso, ed ha conseguentemente rigettato la domanda del lavoratore escludendo la natura di infortunio in itinere dell'incidente; con riferimento a diverso e precedente infortunio, riconosciuto invece come in itinere, la corte territoriale ha accertato una invalidità del 3%, negando così il richiesto indennizzo in capitale.
Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste l'Inail con controricorso.
Con il primo motivo si deduce -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione dell'articolo 12 del decreto legislativo 38 del 2000, per avere la sentenza impugnata trascurato che l'infortunio non era stato contestato e che la necessità di uso del mezzo privato per spostarsi dai cantieri era evidente trattandosi di artigiano edile.
Il motivo non si parametra alla sentenza che ha escluso non l'incidente stradale ma l'infortunio in itinere, ossia la riconducibilità dell'incidente ad occasione di lavoro, ritenendo non provato che lo spostamento intercorreva tra cantieri ove veniva espletato il lavoro e, per altro verso, che non vi fossero idonei mezzi pubblici utilizzabili dal lavoratore. In difetto di prova di tali elementi, comunque non forniti dal lavoratore che vi era onerato, il motivo va rigettato.
Con il secondo motivo si deduce -ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.- il vizio di motivazione per omessa pronuncia sulla spettanza dell'indennità temporanea che sarebbe stata riconosciuta dal consulente.
Il motivo è inammissibile non solo perché, in violazione del principio di autosufficienza, non riporta la consulenza nella parte in cui avrebbe riconosciuto la indennità, ma soprattutto non indica come e dove la domanda di corresponsione della c.d. temporanea per il primo infortunio era stata formulata, indicazione necessaria tanto più che l'Inail sostiene di aver corrisposto l'indennità e che la stessa non era mai stata chiesta nella domanda introduttiva del giudizio con la debita indicazione del periodo di inabilità.
D'altra parte, non si tratta di vizio di motivazione ma al più di omessa pronuncia, sicché la parte avrebbe dovuto formulare un diveso motivo di ricorso ex art. 360 co. 1 n. 4. Infatti, questa Corte ha già affermato (Sez. L, Sentenza n. 22759 del 27/10/2014, Rv. 633205 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6835 del 16/03/2017, Rv. 643679 - 01) che l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, dello stesso codice, che consente alla parte di chiedere - e al giudice di legittimità di effettuare - l'esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell'atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.
Il ricorso deve dunque essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono invece i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
 


 

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 % ed accessori di legge
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'Adunanza camerale del 16 marzo 2021.