• Datore di Lavoro
  • Delega di Funzione
 
Responsabilità di un datore di lavoro per avere dolosamente omesso di predisporre le misure di sicurezza idonee ad impedire l'evento, verificatosi nel suo stabilimento per lo scoppio di un reattore per la produzione di metanitrotioanisolo con conseguente incendio della fabbrica, crollo parziale della stessa, danni alle abitazioni circostanti nel raggio di un centinaio di metri e lesioni a due dipendenti. 
 
Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Respinto.
 
"Il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sè solo funzioni amministrative."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. SILVESTRI Giovanni - Presidente
Dott. GIORDANO Umberto - rel. Consigliere
Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere
Dott. BONITO Francesco Maria - Consigliere
ha pronunciato la seguente

sentenza


 

sul ricorso proposto da:

1) S.G., N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2048/2003 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA, del 06/02/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO GIORDANO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso del ricorso;

udito il difensore avv. Angelici in sostituzione dell'avv. Speziale.

Fatto

S.G., titolare della ditta "Laboratorio BP" per la produzione di intermedi organici farmaceutici sita in (OMISSIS), è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato di disastro colposo di cui all'art. 449 c.p. e di violazione aggravata dell'art. 437 c.p. per avere dolosamente omesso di predisporre le misure di sicurezza idonee ad impedire un siffatto evento, verificatosi il (OMISSIS) nel suo stabilimento per lo scoppio di un reattore per la produzione di metanitrotioanisolo con conseguente incendio della fabbrica, crollo parziale della stessa, danni alle abitazioni circostanti nel raggio di un centinaio di metri e lesioni a due dipendenti.

In esito al giudizio di primo grado il Tribunale di Locri in composizione collegiale ha dichiarato l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 437 c.p. e, ritenuta l'aggravante prevista dal comma 2 di tale norma prevalente sulle concesse attenuanti generiche, l'ha condannato a 3 anni di reclusione; ha invece dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui all'art. 449 c.p. perchè estinto per prescrizione.
La decisione di condanna è stata confermata dalla Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza in data 6/2/09 che ha respinto il gravame dell'imputato.
Hanno ritenuto i giudici del merito - sulla base delle risultanze istruttorie rappresentate dalle conclusioni dei consulenti del P.M. e dalle dichiarazioni testimoniali di un funzionario del Comando provinciale dei Vigili del fuoco - che fosse stato acclarato che lo stabilimento dello S. operava in assenza di un sistema sostanziale di sicurezza per carenze sul piano strutturale e su quello del rispetto della normativa antinfortunistica e di prevenzione degli incendi.

Contro la sentenza di secondo grado il difensore dello S. ha proposto ricorso per Cassazione enunciando tre motivi.

Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'art. 437 c.p., dei cui estremi contesta l'esistenza sotto il profilo oggettivo, sull'assunto che la valutazione di non correttezza della manutenzione del reattore sarebbe stata dalla Corte territoriale operata in modo generico e recependo acriticamente le conclusioni dei consulenti del P.M. senza prendere nella dovuta considerazioni quelle dei consulenti di parte, e comunque sotto il profilo soggettivo, sull'assunto che l'imputato, a differenza del personale tecnico dello stabilimento, non sarebbe stato in grado di rendersi conto della necessità degli accorgimenti che gli si addebita di avere tralasciato e del pericolo che la loro mancata adozione comportava.

Con il secondo motivo il difensore lamenta che sia stata apoditticamente esclusa l'esistenza della causa di non punibilità del caso fortuito.
 
Con l'ultimo motivo contesta la valutazione di prevalenza della circostanza aggravante sulle attenuanti generiche.

Nessuna di queste doglianze ha fondamento, e il gravame deve quindi essere rigettato con le conseguenze in ordine alle spese processuali previste dall'art. 616 c.p.p.
L'esistenza degli estremi del reato di cui all'art. 437 c.p. è stata invero dalla Corte territoriale ineccepibilmente dimostrata attraverso un'ampia analisi di tutto il materiale raccolto, senza trascurare gli elementi addotti dalla difesa, in esito al quale è stato evidenziato, con adeguato apparato argomentativo del tutto immune da vizi sindacabili in questa sede, che gli ampliamenti dello stabilimento erano stati realizzati senza provvedere alle relative denunce agli uffici competenti (per cui il reattore esploso non era ancora stato sottoposto a collaudo), che la struttura metallica del capannone ove si è verificato l'incidente non è risultata idonea a contenere le apparecchiature e l'impianto elettrico non è risultato conforme alla normativa antinfortunistica, che mancava un piano per la manutenzione dell'intera azienda e in particolare dei reattori e che al momento del sinistro non era ancora stato rinnovato il certificato di prevenzione incendi, come era invece necessario trattandosi di lavorazione con l'impiego di solventi e altri prodotti infiammabili, possibile formazione di gas e alto rischio di esplosione (per cui si sarebbe dovuto allocare il reattore a tale lavorazione adibito in zona sicura, lontano dagli altri reattori e da insediamenti abitativi e industriali); ed è stato inoltre evidenziato come a fronte di tutte queste inadempienze non solo manutentive e della situazione di pericolo che ne era derivata, chiaramente percepibile da chiunque in qualsiasi posizione in quell'ambiente operasse, fosse del tutto improponibile la tesi difensiva del caso fortuito, ancora avanzata nei motivi di ricorso peraltro senza alcun concreto supporto, mentre il tentativo dell'imputato di trasferire la intera responsabilità dell'accaduto sul personale cui a suo dire aveva affidato la gestione dei reattori (il dr. G. e l'ing. A.K., le dichiarazioni del quale ultimo, peraltro risultato privo di competenza in materia di processi chimici, sulla attività di manutenzione personalmente svolta sono state ritenute poco attendibili dai giudici del merito) appariva vano.

Conclusione quest'ultima che deve ritenersi senz'altro corretta alla luce della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 4, 4/10/89, Bolzoni, rv.183.039) secondo cui datore il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sè solo funzioni amministrative.

La sentenza impugnata non merita infine censura neppure per quanto attiene al giudizio di bilanciamento tra le opposte circostanze e al trattamento sanzionatorio, adeguatamente giustificati con la gravità sostanziale delle dolose inadempienze che sono state addebitate all'imputato.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010