Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 3, 27 settembre 2021, n. 26117 - Infortunio in itinere: quantificazione del danno dovuto dall’azienda ospedaliera (danno iatrogeno)


 

 

Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO Relatore: ROSSETTI MARCO
Data pubblicazione: 27/09/2021


 

Fatto



1. Nel (omissis) C.S. patì lesioni personali in conseguenza di un sinistro stradale in itinere, senza responsabilità di terzi. Venne ricoverato per le cure del caso nell'ospedale di (omissis), presidio della Azienda per l'Assistenza Sanitaria "(...)" (d'ora innanzi, "la AAS"). Assumendo che le cure ricevute erano state incongrue a causa dell'imperizia dei sanitari, e che di conseguenza era guarito con postumi più gravi di quelli che sarebbero altrimenti derivati dal sinistro stradale, nel (omissis) C.S. - previo esperimento di un accertamento tecnico preventivo con finalità conciliative - convenne dinanzi al Tribunale di Udine la AAS, chiedendone la condanna al risarcimento del danno. 2. La AAS si costituì deducendo - per quanto in questa sede ancora rileva che in conseguenza dell'infortunio la vittima aveva ottenuto un indennizzo dall'assicuratore sociale (INAIL). Invocò di conseguenza il principio della compensatio lucri cum damno, e chiese che dal credito risarcitorio eventualmente riconosciuto all'attore fosse sottratto l'indennizzo da questi percepito dall'Inail. 3. Con sentenza 4 gennaio 2016 n. 4 il Tribunale di Udine accolse la domanda. Per stabilire il quantum debeatur il Tribunale procedette in questo modo: a) condivise le risultanze dell'accertamento tecnico preventivo, secondo cui l'attore era portatore di una invalidità complessiva del 20%, risultante dal cumulo dei postumi causati dal sinistro stradale (che il Tribunale, recependo l'opinione del c.t.u. quantificò in 12 punti percentuali di invalidità permanente), e dei postumi residuati all'errore dei sanitari (che il Tribunale quantificò in 8 punti percentuali di invalidità permanente); b) monetizzò, in base alle tabelle diffuse dal Tribunale di Milano, una invalidità del 20%, ottenendo il risultato di Euro 70.602; c) devalutò tale importo alla data in cui l'infortunato iniziò a percepire una rendita da parte dell'Inail, ottenendo la somma di Euro 65.240,89; d) detrasse da tale ultimo importo il valore capitale non dell'intera rendita erogata alla vittima dall'Inail, ma solo dell'aliquota di essa destinata a indennizzare il danno biologico (pari ad Euro 31.459,88), ottenendo una differenza di Euro 33.781,01; e) determinò il danno spettante all'attore in misura pari all'8% di tale ultimo importo e cioè Euro 2.702,48. 4. La sentenza venne appellata in via principale da C.S., il quale sostenne che l'indennizzo ricevuto dall'INAIL non andava detratto dal risarcimento dovuto dall'Azienda; ed in via incidentale condizionata dalla AAS, la quale lamentò che il giudice di primo grado aveva detratto dal credito risarcitorio un importo minore di quello che avrebbe dovuto. 5. Con sentenza 1 agosto 2018 n. 449 la Corte d'appello di Trieste accolse l'appello proposto da C.S. e rigettò quello proposto dalla AAS. La Corte d'appello ritenne erroneo il criterio di calcolo del danno differenziale compiuto dal Tribunale, e rideterminò il risarcimento dovuto a C.S. adottando la seguente motivazione: a) C.S. ha patito una invalidità permanente complessiva del 20%, che monetizzata in base alle tabelle milanesi ammonta ad Euro 66.042; b) C.S. ha ricevuto dall'Inail una rendita il cui valore capitale, aumentato degli accessori, è pari ad Euro 31.459,88; c) a questo punto la sentenza d'appello così prosegue: "l'Istituto ha quantificato il valore capitale della rendita per danno biologico in Euro 29.985,50 e liquidato di fatto con gli accessori Euro 31.459,88 sì che la sommatoria dei due importi non raggiunge la quantificazione complessiva. Ne deriva che l'infortunato ha diritto ad ottenere l'intero corrispettivo degli 8 punti iatrogeni accertati dal c.t.u.". Sulla base di questa motivazione, la Corte d'appello ha liquidato il risarcimento dovuto a C.S. nella misura di Euro 19.777, oltre accessori. La sentenza impugnata non indica come abbia determinato tale ultimo importo. Dichiara però che "l'appello va accolto (...) nella (...) somma richiesta dall'appellante" (p. 4), dopo avere affermato (p. 3) che l'appellante aveva dedotto che il suo credito risarcitorio si sarebbe dovuto determinare in Euro 19.776.52, pari alla differenza tra il cumulo del danno biologico temporaneo e permanente (Euro 51.236,40) e l'indennizzo per danno biologico permanente ricevuto dall'INAIL (Euro 31.459,88), differenza pari per l'appunto ad Euro 19.776,52. 5. La sentenza d'appello è stata impugnata in via principale dalla AAS, con ricorso fondato su due motivi; ed in via incidentale da C.S., con ricorso fondato su un motivo. Ambo le parti hanno depositato memoria.

 

Diritto


1. E' opportuno preliminarmente dar conto dei motivi posti dalle parti a fondamento delle rispettive impugnazioni. Essi infatti pongono questioni tra loro così connesse e dipendenti, da consigliare un esame unitario. 2. Con tutti e due i motivi del ricorso principale la AAS lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1223,1226,2056 e 2059 c.c.; nonché del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10 e D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13. I due motivi espongono una censura sostanzialmente identica: deduce infatti la AAS che la sentenza d'appello sarebbe erronea "per avere sottratto dall'importo spettante al danneggiato il solo indennizzo per il danno biologico da invalidità permanente, e non anche le ulteriori poste indennitarie pure corrisposte" al danneggiato dall'Inail. Allega, in particolare, che il giudice di merito, per determinare il credito ancora dovuto al danneggiato, avrebbe dovuto sottrarre dal credito risarcitorio non il solo "indennizzo per danno biologico da IP", ma anche: -) l'indennizzo erogato dall'Inail alla vittima a titolo di danno patrimoniale; -) l'indennizzo erogato dall'Inail alla vittima a titolo di inabilità temporanea; -) i ratei di rendita già erogati dall'Inail al danneggiato al momento della decisione; -) gli interessi sui suddetti ratei. 3. Con l'unico motivo del ricorso incidentale C.S. (senza formalmente inquadrare la censura in alcuno dei vizi di cui all'art. 360 c.p.c.) lamenta la violazione degli artt. 1223,2056,2059 c.c.; art. 115 c.p.c.; D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13. Sostiene che la Corte d'appello, con criterio erroneo e con motivazione incomprensibile, avrebbe sottostimato il credito residuo a lui spettante nei confronti dell'azienda sanitaria. Quattro, in particolare, gli errori che il ricorrente incidentale ascrive alla corte d'appello. Tali errori, esposti nell'ordine di cui all'art. 276 c.p.c., comma 2, sono così riassumibili: a) avere adottato una motivazione incomprensibile; b) avere calcolato il danno differenziale sottraendo l'indennizzo Inail non dall'intero credito risarcitorio per danno permanente alla salute, ma da un importo minore (e cioè dal credito per danno biologico permanente al netto della c.d. "personalizzazione"); c) avere sottratto dal credito civilistico l'indennizzo pagato dall'Inail a titolo di inabilità temporanea; d) avere sottratto dal credito civilistico l'intero indennizzo pagato dall'Inail, invece della sola aliquota di esso destinata ad indennizzare i postumi permanenti derivati dall'errore dei sanitari. 4. Tanto il ricorso principale, quanto quello incidentale, sono fondati. I problemi di diritto che la Corte d'appello era chiamata a risolvere erano due: a) come debba liquidarsi il c.d. danno differenziale, e cioè il credito risarcitorio vantato dalla vittima di un fatto illecito la quale, per lo stesso titolo, abbia percepito un indennizzo dall'assicuratore sociale; b) se i criteri sub (a) debbano subire modifiche nel caso in cui il fatto illecito abbia soltanto aggravato un danno che, sia pure in misura minore, comunque si sarebbe verificato. 5. La prima questione va risolta in base al seguente principio: i pagamenti effettuati dall'assicuratore sociale riducono il credito risarcitorio vantato dalla vittima del fatto illecito nei confronti del responsabile, quando l'indennizzo abbia lo scopo di ristorare il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato chiede di essere risarcito (Sez. U., Sentenza n. 12566 del 22/05/2018, Rv. 648649 - 01). Ricorrendo tale ipotesi, il credito risarcitorio, per effetto del pagamento da parte dell'assicuratore sociale, si trasferisce ope legis dal danneggiato all'assicuratore, secondo le norme che disciplinano nel caso concreto l'istituto della surrogazione (e dunque, a seconda delle ipotesi, l'art. 1203 c.c., oppure l'art. 1916 c.c., od ancora il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11). Il danneggiato, dunque, per effetto del pagamento dell'indennizzo perde la titolarità attiva dell'obbligazione per la parte indennizzata: e non essendo più creditore, va da sé che nessun risarcimento potrà pretendere dal responsabile. In tal caso il credito risarcitorio residuo del danneggiato nei confronti del terzo responsabile (e cioè il c.d. danno differenziale) andrà determinato col criterio c.d. "per poste" (o "voci") di danno: vale a dire sottraendo l'indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l'uno e l'altro siano stati destinati a ristorare pregiudizi identici. Corollari di questo principio sono che, se per una voce di danno l'indennizzo Inail eccede il credito civilistico: (a) per quel danno la vittima nulla potrà pretendere dal responsabile; (b) il responsabile non potrà pretendere che l'eventuale eccedenza dell'indennizzo rispetto al danno da lui causato sia riportata a defalco di altri crediti risarcitori della vittima (ex plurimis, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25618 del 15/10/2018; Sez. L, Sentenza n. 27669 del 21.11.2017; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17407 del 30.8.2016; Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 26.6.2015). 5.1. Ne' rileva la circostanza che l'assicuratore sociale non voglia o non abbia voluto esercitare il proprio diritto di surrogazione. Che quel diritto sia andato perduto per rinuncia, prescrizione, remissione o transazione, questa è una vicenda che riguarda unicamente l'assicuratore sociale, e non riverbera alcun effetto sulla posizione del danneggiato. Per avvedersene basterà riflettere sul fatto che la remissione del debito, compiuta da chi aveva acquistato il credito a titolo derivativo, non fa certo risorgere l'obbligazione in capo al cedente. E' l'avvenuto ristoro del danno che fa perdere al danneggiato il credito risarcitorio, non la circostanza che il terzo pagatore abbia richiesto al responsabile la rifusione dell'indennizzo pagato al danneggiato. 6. Detto di quale sia il criterio generale, passiamo ora ad esaminare come esso debba applicarsi nel caso di infortuni sul lavoro, indennizzati dall'INAIL. A tal fine è bene ricordare quali pregiudizi siano indennizzati dall'INAIL, per poi esaminare in che conto debbano essere tenuti i relativi indennizzi al momento della liquidazione del danno differenziale. 6.1. Nel caso di infortunio non mortale, l'INAIL esegue in favore della vittima quattro prestazioni principali: a) eroga una somma di denaro a titolo di ristoro del danno biologico permanente (D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13); tale importo viene liquidato in forma di capitale per le invalidità comprese tra il 6 e il 16%, ed in forma di rendita per le invalidità superiori; b) eroga una somma di denaro a titolo di ristoro del danno (patrimoniale) da perdita della capacità di lavoro; tale danno è presunto juris et de jure nel caso di invalidità eccedenti il 16%, e viene indennizzato attraverso una maggiorazione della rendita dovuta per il danno biologico permanente (D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 2, lett. (b), secondo cui: "le menomazioni di grado pari o superiore al 16 per cento danno diritto all'erogazione di un'ulteriore quota di rendita (...) commisurata (...) alla retribuzione dell'assicurato (..,) per l'indennizzo delle conseguenze patrimoniali"); tale maggiorazione è calcolata moltiplicando la retribuzione del danneggiato per un coefficiente stabilito dall'Allegato 6 al D.M. 12 luglio 2000; c) eroga una indennità giornaliera per il periodo di assenza dal lavoro, commisurata alla retribuzione e decorrente dal quarto giorno di assenza (D.P.R. n. 1124 del 1965 cit., art. 68); d) si accolla le spese di cura, di riabilitazione e per gli apparecchi protesici (D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 66). L'INAIL, dunque, non indennizza il danno biologico temporaneo, non accorda alcuna "personalizzazione" dell'indennizzo per tenere conto delle specificità del caso concreto, non indennizza i pregiudizi non patrimoniali non aventi fondamento medico-legale (ovvero i pregiudizi morali). 6.2. Applicando dunque all'INAIL il criterio generale enunciato supra, p. 5, ne risulta che: (a) se l'INAIL ha pagato al danneggiato un capitale a titolo di indennizzo del danno biologico, il relativo importo va detratto dal credito risarcitorio vantato dalla vittima per danno biologico permanente, al netto della personalizzazione e del danno morale (Sez. L -, Sentenza n. 9112 del 02/04/2019, Rv. 653452 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 26.6.2015); (b) se l'INAIL ha costituito in favore del danneggiato una rendita, occorrerà innanzitutto determinare la quota di essa destinata al ristoro del danno biologico, separandola da quella destinata al ristoro del danno patrimoniale da incapacità lavorativa; la prima andrà detratta dal credito per danno biologico permanente, al netto della personalizzazione e del danno morale, la seconda dal credito per danno patrimoniale da incapacità di lavoro, se esistente; c) poiché il credito scaturente da una rendita matura de mense in mensem, il diffalco di cui al punto (b) che precede dovrà avvenire, con riferimento al danno biologico: c') sommando e rivalutando dei ratei di rendita già riscossi dalla vittima prima della liquidazione; c") capitalizzando il valore della rendita non ancora erogata, in base ai coefficienti per il calcolo dei valori capitali attuali delle rendite INAIL, di cui al D.M. 22 novembre 2016 (in Gazz. Uff. 19 dicembre 2016, n. 295, Suppl. Ord.) (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 25618 del 15/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 5607 del 7.3.2017; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26913 del 23.12.2016; Sez. 6 3, Ordinanza n. 17407 del 30.8.2016); ovviamente l'una e l'altra di tali operazioni andranno compiute sulla quota-parte della rendita omogenea al danno che si intende liquidare: e dunque la quota-parte destinata all'indennizzo del danno biologico o quella destinata all'indennizzo del danno patrimoniale, a seconda che si tratti di liquidare l'uno o l'altro; (d) il risarcimento del danno biologico temporaneo, del danno morale e della c.d. "personalizzazione" del danno biologico permanente in nessun caso potranno essere ridotti per effetto dell'intervento dell'assicuratore sociale; (e) il credito per inabilità temporanea al lavoro e quello per spese mediche di norma non porranno problemi di calcolo del danno differenziale, essendo i suddetti pregiudizi integralmente ristorati dall'Inail, salvo ovviamente che la vittima deduca e dimostri la sussistenza di pregiudizi eccedenti quelli indennizzati dall'Inail (ad esempio, per la perduta possibilità di svolgere lavoro straordinario, o per spese mediche non indennizzate dall'Inail). 7. Detto dei criteri di determinazione del c.d. danno differenziale nelle ipotesi ordinarie, resta ora da stabilire come tali criteri vadano applicati nel caso in cui il responsabile abbia soltanto aggravato postumi permanenti che comunque, in minor misura, la vittima non avrebbe potuto evitare (c.d. danno iatrogeno). 7.1. Va premesso che nel presente giudizio l'attore ha domandato ab initio la condanna dell'Azienda convenuta al risarcimento del solo "danno iatrogeno differenziale" (così il ricorso incidentale, p. 2, ultimo rigo), e la convenuta non ha mai invocato né il concorso del fatto della vittima, né il concorso del fatto naturale. Non vi è dunque questione né sulla incidenza delle cause di danno preesistenti o concomitanti sul nesso di causalità giuridica (art. 1223 c.c.) tra errore medico e postumi; né sull'obbligo del debitore di risarcire per l'intero il danno concausato da lui e da altri; né sull'applicabilità dell'art. 1227 c.c.. Le parti controvertono unicamente sul criterio di calcolo del solo danno differenziale, ceteris paribus. Entro questi limiti, pertanto, andranno esaminate le due impugnazioni. 7.2. Il problema qui in esame può così sintetizzarsi: come si debba quantificare il credito risarcitorio spettante alla vittima di un fatto illecito che: a) abbia patito un danno alla salute non ascrivibile a responsabilità di alcuno ("danno-base"); b) abbia patito un aggravamento del suddetto danno ascrivibile al fatto colposo dell'uomo; c) abbia percepito dall'INAIL un indennizzo commisurato al danno finale (danno-base più aggravamento). 7.3. Ricorrendo tale ipotesi, occorre muovere dal rilievo che il danno alla salute è unitario. Non esiste infatti una "salute lavoristica" ed una "salute civilistica"; esistono soltanto criteri differenti per la monetizzazione del relativo pregiudizio, a seconda che debba essere indennizzato dall'assicuratore sociale o risarcito dal responsabile civile. Da ciò consegue che, da un lato, la vittima non potrebbe pretendere di "compartimentare" i pregiudizi subiti, per evitare che l'indennizzo già percepito sia imputato al solo danno-base, e non sia anche imputato a diffalco del risarcimento dovuto per l'aggravamento. Dall'altro lato, e converso, il responsabile non potrebbe pretendere che l'indennizzo pagato dall'Inail sia portato in primo luogo e per l'intero a diffalco del risarcimento dovuto per l'aggravamento, e solo la parte residua sia imputata al danno-base. Criterio corretto sarà invece: a) stabilire la misura del danno-base e quella dell'aggravamento (coi criteri che meglio si diranno in seguito); b) determinare il complessivo indennizzo dovuto dall'Inail, sommando i ratei di rendita già percepiti e capitalizzando la rendita futura, al netto dell'incremento per danno patrimoniale; c) verificare se l'indennizzo totale sub (b) sia inferiore o superiore al danno base. Nel primo caso, il responsabile dell'aggravamento sarà obbligato a risarcire quest'ultimo per intero; nel secondo caso il responsabile dell'aggravamento sarà tenuto a risarcire quel che resta sottraendo dall'aggravamento la differenza tra l'indennizzo Inail e il danno-base. Algebricamente, il criterio può così esprimersi: Se I (minore) DB: il risarcimento dell'aggravamento è dovuto per intero. Se I (maggiore) DB: l'aggravamento va liquidato con la seguente formula. DD = Agg - (I - DB). Dove: DD è il danno differenziale; Agg è l'aggravamento del danno-base (danno iatrogeno); I è l'indennizzo pagato dall'INAIL, capitalizzato coi criteri sopra indicati; DB è il "danno-base", ovvero il controvalore monetario del grado di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all'infortunio, anche in assenza del fatto illecito. In pratica, il criterio corretto consiste nell'imputare a diffalco del risarcimento del danno iatrogeno la sola eventuale eccedenza pecuniaria dell'indennizzo INAIL rispetto al danno-base. 7.4. Resta da sottolineare che tutti i calcoli sopra indicati andranno compiuti previa monetizzazione dell'invalidità: e dunque sugli importi monetari, e non sulle percentuali di invalidità (come ritenne erroneamente il primo giudice, pur avendo sostanzialmente intuito quale fosse il calcolo corretto). Il risarcimento del danno iatrogeno, in particolare, non va quantificato sottraendo il grado percentuale di invalidità idealmente ascrivibile all'errore medico, dal grado percentuale di invalidità complessiva effettivamente residuato; va invece determinato monetizzando l'una e l'altra invalidità, e sottraendo dal controvalore monetario della seconda il controvalore monetario dell'invalidità che comunque sarebbe residuata all'infortunio anche nel caso di diligenti cure. 8. Si sono esposti a questo punto tutti gli elementi per spiegare le ragioni della contemporanea fondatezza tanto del ricorso principale, quanto di quello incidentale. 8.1. Il ricorso principale è fondato in quanto la Corte d'appello ha effettivamente detratto dal credito risarcitorio spettante alla vittima un importo inferiore al dovuto, ed in particolare: a) non ha defalcato i rati di rendita già percepiti fino al momento della liquidazione; b) ha posto a base del calcolo il medesimo valore capitale della rendita utilizzato dal Tribunale, nonostante la sentenza d'appello sia stata pronunciata due anni e mezzo dopo quella del Tribunale: periodo nel quale, ovviamente, crebbe l'importo dei ratei già percepiti, ma si ridusse il valore capitale della rendita. 8.2. Il ricorso principale resta invece assorbito nella parte in cui imputa alla sentenza d'appello di non avere sottratto dal credito risarcitorio della vittima gli interessi sui ratei di rendita pagati dall'Inail. L'Inail è infatti debitore di una obbligazione di valuta, produttiva di interessi secondo le previsioni di cui all'art. 1284 c.c. (dal giorno dell'esigibilità) e art. 1224 c.c. (dal giorno della mora). Gli interessi (tanto corrispettivi quanto moratori), come noto, hanno lo scopo di ristorare il creditore del pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità del denaro dovutogli. Il responsabile civile è invece debitore di una obbligazione di valore, sottratta al principio nominalistico e quindi all'applicabilità degli artt. 1224 e 1284 c.c.. Tuttavia anche il debitore di una obbligazione di valore è tenuto a risarcire il danno da mora, rappresentato dalla perduta possibilità per il creditore di investire la somma dovutagli e ricavarne un lucro finanziario. Ne consegue che, in teoria, il danneggiato non potrebbe pretendere di essere tenuto indenne due volte dal pregiudizio rappresentato dalla mancata disponibilità della stessa somma di denaro per lo stesso periodo di tempo: la prima volta dall'INAIL, la seconda dal responsabile. Se uno dei due infatti purga la propria mora, il creditore acquista la possibilità di investire il pagamento ricevuto e ricavarne un lucro finanziario, e non potrebbe pretendere di essere risarcito per un danno che è venuto meno. Tuttavia nel caso di specie la Corte d'appello ha condannato la AAS al pagamento degli interessi (compensativi) soltanto dalla data della sentenza d'appello, con la conseguenza che l'errore lamentato dalla AAS (nona vere defalcato dal credito aquiliano il danno da mora) non ha inciso sull'esito della decisione. Va da sé che, per effetto dell'accoglimento del ricorso principale, il giudice di rinvio dovrà provvedere anche alla rideterminazione del danno da mora, ovviamente accertamento se esista un pregiudizio differenziale anche sotto questo profilo, e sempre rispettando il criterio dello scomputo "per poste", e quindi defalcando gli importi pagati dall'Inail a titolo di mora dal credito risarcitorio per interessi compensativi di mora, liquidato secondo i criteri stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota decisione 17.2.1995 n. 1712. 8.3. Il ricorso principale, infine, è infondato nella parte in cui ascrive alla sentenza impugnata di non aver detratto dal credito risarcitorio l'indennizzo pagato dall'Inail a titolo di danno patrimoniale (da incapacità lavorativa) e per l'inabilità temporanea. Nel caso di specie, infatti, il danneggiato non risulta avere mai preteso dalla AAS alcun risarcimento a titolo di danno patrimoniale per la riduzione della capacità di lavoro o per la perdita del reddito durante il periodo di malattia, ed in virtù del principio dello "scomputo per poste" sopra ricordato, gli indennizzi percepiti per tali voci di pregiudizio non possono essere defalcati dal credito risarcitorio per danno biologico. 8.4. Il ricorso incidentale è del pari fondato nella parte in cui lamenta la nullità della sentenza per difetto di motivazione. La Corte d'appello ha infatti adottato, a p. 4, secondo capoverso, della propria decisione, una motivazione non comprensibile, là dove afferma: "l'Istituto ha quantificato il valore capitale della rendita per danno biologico in Euro 29.985,50 e liquidato di fatto con gli accessori Euro 31.459,88 sì che la sommatoria dei due importi non raggiunge la quantificazione complessiva. Ne deriva che l'infortunato ha diritto ad ottenere l'intero corrispettivo degli 8 punti iatrogeni accertati dal c.t.u.". Tale motivazione non consente di comprendere né quale sia la regula iuris posta a fondamento della decisione, né quale criterio abbia seguito la Corte d'appello per pervenire al risultato finale. 8.5. Le altre censure proposte dal ricorrente incidentale restano assorbite. 9. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Trieste, la quale provvederà a riesaminare i contrapposti appelli applicando i seguenti criteri di diritto: a) l'indennizzo per danno biologico permanente pagato dall'Inail alla vittima di lesioni personali va detratto dal credito aquiliano per danno biologico permanente, vantato dalla vittima nei confronti del terzo responsabile, al netto della personalizzazione e del danno morale; b) nel caso di indennizzo sotto forma di rendita, la detrazione deve avvenire sottraendo dal credito civilistico il cumulo dei ratei già riscossi e del valore capitale della rendita ancora da erogare, al netto dell'aliquota di rendita destinata al ristoro del danno patrimoniale; c) il danno c.d. iatrogeno (e cioè l'aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che comunque sarebbero residuati, ma in minor misura) va liquidato monetizzando il grado complessivo di invalidità permanente accertato in corpore; monetizzando il grado verosimile di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all'infortunio anche in assenza dell'errore medico; detraendo il secondo importo dal primo; d) nel caso in cui la vittima di un danno iatrogeno abbia percepito un indennizzo dall'INAIL, il credito residuo della vittima nei confronti del responsabile va determinato sottraendo dal risarcimento dovuto per danno iatrogeno solo l'eventuale eccedenza dell'indennizzo INAIL rispetto al controvalore monetario del danno-base (cioè il danno che comunque si sarebbe verificato anche in assenza dell'illecito). 10. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

 

P.Q.M.
 


la Corte di Cassazione: (-) accoglie il ricorso principale e quello incidentale nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.