Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 29 settembre 2021, n. 35651 - Ribaltamento del carrello elevatore e amputazione della gamba del lavoratore privo di formazione


 

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 17/06/2021
 

 

Fatto
 



1. Con sentenza del 20.11.2019 la Corte di appello di Lecce - sez. distaccata di Taranto, ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di C.T. in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod. pen., perché, quale amministratore della S.r.l. CA., cagionava colposamente al dipendente A.I. gravissime lesioni personali (emorragia in politrauma maggiore e fratture multiple arti inferiori), a seguito delle quali subiva l'amputazione della gamba sinistra. L'addebito è quello di avere omesso di fornire al lavoratore adeguati formazione, informazione e addestramento, consentendo che costui si ponesse alla guida del carrello elevatore marca "Manitou" per raggiungere il reparto PLA/ 21 distante 2 Km circa dal luogo ove si trovava; durante il tragitto, a seguito di un sobbalzo, il mezzo acquisiva velocità mentre l'A.I. ne perdeva il controllo, sino a capovolgersi, rimanendo il conducente intrappolato sotto il mezzo con le gambe schiacciate e nell'impossibilità di muoversi (fatto del 6.2.2014).
La Corte di appello ha confermato l'impostazione del primo giudice, che aveva accertato l'effettiva carenza programmatica e organizzativa dell'attività della società datrice di lavoro, in cui l'indicazione dei nominativi e dei componenti delle singole squadre era funzionale al solo scopo di consentire il loro ingresso all'interno dello stabilimento ILVA, senza alcuna specificazione dell'attività che ciascuna squadra collazionata avrebbe dovuto giornalmente svolgere e senza l'indicazione dei compiti che, all'interno di ogni gruppo, il singolo operante avrebbe dovuto adempiere.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il C.T., per mezzo del suo difensore, lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere reso una motivazione manifestamente illogica e contraddittoria, fondata su una premessa insussistente, ovvero sulla presunta grave carenza organizzativa e di programmazione che avrebbe contraddistinto la CA. S.r.l.
Deduce che la società CA. è un'azienda di notevoli dimensioni che svolge la propria attività in distinti settori operativi e vari rami con la presenza di oltre 200 dipendenti; che la stessa era solita programmare, già dal giorno prima, la destinazione di gruppi di lavoratori nei vari settori operativi presso lo stabilimento ILVA; che, in particolare, nella zona PLA/2 (dove si verificò l'infortunio) erano presenti il dirigente C., il capo cantiere M.ed il capo squadra B.. Sulla base di un unico episodio, il giudice di appello ha ritenuto erroneamente la sussistenza di un andazzo generale di comportamento all'interno della società connotato da lassismo e approssimazione, senza valutare le singole condotte in concreto. Nel caso in oggetto, la CA. S.r.l. il giorno 5.2.2014 aveva pianificato la destinazione dei lavoratori nei vari cantieri ed in particolare per il sig. A.I. la destinazione all'Area Parchi per il 6.2.2014; era tuttavia emerso che la mattina del 6.2.2014 erano state apportate delle modifiche, redatte a penna, relativamente alla destinazione dell'A.I., spostato nell'area PLA/2 al posto dell'operaio M., in totale difformità delle procedure di accesso all'ILVA e senza che la società ed il C.T. ne venissero informati.
Rileva che la sentenza impugnata, dinanzi alla comprovata responsabilità concorrente di B. (capo squadra) e M. (capo cantiere), ha omesso di valutare le prove relative alle loro condotte, fondando tutto il suo scarno ragionamento accusatorio sulla presunta carenza organizzativa e di programmazione del lavoro della CA.. È evidente che nel caso di specie non vi sia stato alcun controllo da parte del capo cantiere sui lavoratori destinati al PLA/2 ed in particolare sull'A.I. che conduceva il muletto. Erroneamente il giudice di appello fa riferimento all'assenza di specifiche deleghe di funzioni tali da esonerare il datore di lavoro dalla responsabilità per infortuni; di contro, le figure del capo cantiere e del capo squadra sono istituzionalmente preposte al controllo della materiale esecuzione dei lavori e, quindi, dell'osservanza anche delle misure di sicurezza, indipendentemente da qualsivoglia investitura formale.
Osserva, sulla conoscenza della particolare prassi lavorativa, che la Corte territoriale ha omesso di valutare l'incolpevole mancanza di informazioni dettagliate da parte del C.T. delle prassi aziendali e delle eventuali anomalie, atteso che l'imputato era divenuto amministratore della società da appena 20 giorni prima dell'infortunio. Difetta, dunque, l'accertamento di una condotta concretamente colposa, dotata di un ruolo eziologico nella spiegazione dell'evento.
11) Violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla richiesta di rinnovazione istruttoria.
Deduce che l'acquisizione presso l'ILVA delle notizie e/o documentazione relative alle modalità di accesso delle aziende e dei lavoratori presso le aree di lavoro avrebbero meglio chiarito la posizione dell'odierno imputato e soprattutto la documentazione prodotta.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio applicato.
Ritiene illogica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha concesso al prevenuto le attenuanti generiche in regime di equivalenza, nonostante i plurimi elementi a favore del medesimo, quali l'incensuratezza, l'integrale risarcimento del danno, la natura colposa del reato, la presenza di soggetti posti in posizione intermedia tra lui ed il soggetto danneggiato.

3. La difesa dell'imputato ha depositato memoria scritta con la quale viene citata giurisprudenza rilevante sul tema oggetto del ricorso, concludendosi per l'accoglimento del ricorso.
 


Diritto



1. Il ricorso è infondato.


2. Preliminarmente, va rammentato che nel caso che occupa ci si trova di fronte ad una c.d. "doppia conforme" di condanna, avendo entrambi i giudici di merito affermato la responsabilità dell'imputato in ordine al reato oggetto di contestazione. Ne deriva che le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Ciò tanto più ove, come in casi qual è quello che ci occupa, i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 25759501; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 - dep. 2012, Valerio, Rv. 25261501; Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa e altro, Rv. 23618101).

3. Tanto premesso, si deve osservare che la lettura congiunta delle sentenze di primo e di secondo grado consente di affermare come i giudicanti abbiano ampiamente e adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità del prevenuto, muovendo da un apprezzamento di merito congruo e non manifestamente illogico, come tale insindacabile in Cassazione, costituito dalla situazione di conclamata "disorganizzazione" aziendale - accertata nel corso dell'istruttoria dibattimentale - con riferimento alla società amministrata dall'imputato ed alle cui dipendenze prestava la propria attività lavorativa la persona offesa.
In tale prospettiva, al C.T., quale amministratore della S.r.l. CA., è stata attribuita, non illogicamente (ed indipendentemente da eventuali responsabilità concorrenti di altri soggetti preposti), sia la colpa specifica (ex art. 71, comma 7, lett. a, d.lgs. n. 81/2008) di avere consentito che il lavoratore infortunato si ponesse alla guida del muletto senza avere le necessarie competenze e abilitazioni e senza che al medesimo fossero stati forniti "adeguati formazione, informazione e addestramento"; sia la colpa generica di avere attuato e/o tollerato un'organizzazione aziendale del tutto carente e insufficiente, nella quale, come accertato in fatto, non vi era alcuna specifica programmazione e previsione in ordine alla scelta del personale addetto alla conduzione delle macchine operatrici, tale da assicurare che esso venisse scelto fra il personale munito della necessaria e adeguata formazione e del prescritto titolo abilitativo (in particolare, veniva accertato che il personale dei gruppi di lavoro era formato senza alcuna specificazione delle rispettive mansioni, e che nonostante ciò il muletto andasse comunque portato sull'area di lavoro, indipendentemente dalla presenza nel gruppo di un soggetto abilitato a condurlo).
Si tratta di profili colposi che sono stati correttamente addebitati al prevenuto sulla base di un ragionamento logico e coerente con i dati processualmente emersi, che ha congruamente delineato la responsabilità colposa del C.T., quale soggetto titolare delle scelte di fondo aziendali a tutela dei lavoratori, nel caso rivelatesi gravemente deficitarie sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro e, come tali, non in linea con la normativa prevenzionistica.

4. Il secondo motivo, con riferimento alla richiesta di rinnovazione istruttoria, è privo di pregio e rimane comunque assorbito dalle superiori considerazioni in ordine alla congruità e coerenza delle motivazioni delle sentenze di merito rispetto ai dati probatori acquisiti.
Per il resto, il rilievo secondo cui il ricorrente, al momento dell'infortunio, fosse amministratore da appena 20 giorni, è inammissibile in quanto, oltre ad attenere al merito della vicenda, è questione che non è mai stata sollevata in sede di appello, ed è pacifico che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 26974501).

5. La censura in punto di trattamento sanzionatorio è inammissibile, in quanto attinente al merito, a fronte di una valutazione di equivalenza delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. immune da vizi di manifesta illogicità, essendo del resto noto che, per costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/ 04/ 2017 , Mastro, Rv. 27124301), evenienza non ricorrente nel caso di specie.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.
 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 17 giugno 2021