Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 30 settembre 2021, n. 35847 - Subappalto dei lavori di potatura di una siepe e folgorazione dei due operai affidatari dei lavori: responsabilità dell'appaltante


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 18/06/2021
 

 

Fatto




1. Con sentenza del 6.5.2019, la Corte di appello di Venezia ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di E.L. in ordine al reato di omicidio colposo di F.B. e di lesioni colpose gravi nei confronti di F.O.. Ciò in quanto, avendo l'imputato ricevuto incarico da C.B. di lavori di potatura della siepe della sua privata abitazione, affidava i lavori relativi e/o li subappaltava ai lavoratori F.B. e F.O. e, per colpa generica e specifica, acquisita da M.V. una piattaforma di lavoro elevabile (d'ora in poi: PLE), non valutava adeguatamente i rischi del lavoro da eseguire affinché i lavoratori fossero salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica e fossero istruiti sul corretto uso del mezzo, tanto che da improvvisa manovra del F.B. o dell'F.O., che con la PLE toccavano i cavi dell'alta tensione della linea elettrica da 20 Kv sovrastante la siepe da tagliare, conseguiva la morte immediata del F.B. e lesioni gravi e gravissime in danno dell'F.O. (ustioni da folgorazione con perdita di arto a seguito di amputazione); fatto avvenuto in Arre il 3.10.2014.
In sintesi, i giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato, nella sua qualità di datore di lavoro o comunque di soggetto appaltante, abbia omesso, pur conoscendo il luogo in cui lavori dovevano svolgersi, di verificare preventivamente l'elevato rischio elettrico, ed in particolare di verificare la distanza della siepe dai cavi nonché di valutare la necessità di richiedere il distacco temporaneo della corrente al gestore; inoltre, gli si addebita di avere affidato agli operai un macchinario complesso pur sapendo che costoro non erano abilitati ad utilizzarlo o, comunque, senza avere accertato la sussistenza di tale abilitazione.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il E.L., per mezzo del suo difensore, lamentando quanto segue.
I) Insussistenza di una posizione di garanzia in capo all'imputato, valutata sussistente sulla base delle testimonianze rese da C.B. e F.O., secondo un percorso argomentativo manifestamente illogico e contraddittorio, trattandosi di soggetti aventi uno specifico interesse a riportare i fatti per come rappresentati.
II) Vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata formula un giudizio di non verosimiglianza della tesi sostenuta dall'imputato e rappresenta la (mancata) prova di resistenza della pronuncia di condanna rispetto agli elementi di fatto ulteriori rispetto alle testimonianze C.B. e F.O..
III) Vizio di motivazione in relazione al rigetto degli approfondimenti istruttori chiesti dalla difesa, al fine di indagare in modo approfondito su come si erano svolti i lavori di potatura della siepe negli anni precedenti e di disporre un accertamento tecnico sulla posizione della PLE per come ricostruita al momento dell'incidente.
IV) Vizio di motivazione sulla conferma delle statuizioni civilistiche rispetto al quantum di pena irrogato, nonostante sia stato accertato il concorso di colpa dei lavoratori.
V) Nullità della sentenza impugnata sul rigetto della richiesta di sospensiva.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4. Il difensore dell'imputato ha depositato note scritte con le quali insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile.


2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
2.1. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
2.2. Sul punto, va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
2.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542).
2.4. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
2.5. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione della valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
2.6. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774); ipotesi che, nella specie, deve escludersi.

3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

4. Nel caso che occupa, i giudici di merito hanno congruamente e non illogicamente motivato in ordine ai profili di colpa addebitati all'imputato, quale soggetto che aveva subappaltato a F.B. e F.O. l'attività di potatura della siepe della privata abitazione della C.B., e che, in quanto tale, era tenuto a verificare l'idoneità tecnico professionale dei soggetti affidatari dei lavori, con le modalità di cui all'Allegato XVII del d.lgs. n. 81/2008, e a fornire agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici del cantiere e sulle misure di prevenzione e protezione, nonché a coordinare gli interventi di prevenzione e protezione, cooperando alla loro applicazione e verificando le condizioni di sicurezza dei lavori ad essi affidati, secondo quanto specificamente previsto dalla normativa sulla sicurezza del lavoro agli artt. 26 e 90 del d.lgs. n. 81 cit.
4.1. È stato accertato insindacabilmente che la folgorazione dei due operai sia avvenuta perché il tagliasiepe brandito da uno dei due aveva toccato il cavo di alta tensione, oppure in forza di un arco elettrico, trattandosi di lavorazione svolta a pochi centimetri dal cavo. Il E.L., incaricando F.B. e F.O. di svolgere la potatura, è stato ritenuto responsabile - quale committente/datore di lavoro - di avere omesso, pur conoscendo il luogo in cui i lavori dovevano svolgersi, di verificare preventivamente l'elevato rischio elettrico, con particolare riguardo alla verifica della distanza della siepe dai cavi, anche al fine di valutare la necessità di richiedere il distacco temporaneo della corrente al gestore. È stato, inoltre, appurato che l'imputato aveva affidato agli operai un macchinario complesso (PLE), pur sapendo che costoro non erano abilitati ad utilizzarlo, tanto che gli stessi lavoratori, pochi minuti prima dell'inizio della potatura, gli avevano richiesto istruzioni telefonicamente sulle modalità di funzionamento della piattaforma. In questa prospettiva, è stata altresì valorizzata, non illogicamente, la circostanza che il ricorrente non si fosse attivato per esercitare la necessaria vigilanza ed il necessario controllo sull'attività lavorativa in disamina, così esponendo i due malcapitati ad un elevato rischio di folgorazione.
4.2. La censura in ordine all'asserita inattendibilità delle testimonianze rese da C.B. e F.O. trascende nel merito, ed è comunque reiterativa della medesima doglianza già proposta in appello e adeguatamente affrontata e risolta dalla Corte territoriale, secondo un percorso argomentativo non manifestamente illogico né erroneo in diritto, come tale insindacabile in Cassazione. In estrema sintesi, i giudici veneziani hanno escluso la sussistenza di un interesse specifico dei testi indicati a rappresentare una situazione difforme dalla realtà con riferimento ai rapporti giuridici intercorrenti tra i vari soggetti interessati. Quanto alla C.B., è stato osservato come la stessa abbia sempre indicato il E.L. quale incaricato dei lavori di taglio della siepe e che la stessa sia stata fin dall'inizio delle indagini esonerata da ogni sospetto di responsabilità per l'occorso; quanto all'F.O., è stata esclusa la sussistenza di un suo specifico interesse economico a coinvolgere strumentalmente il E.L. nella vicenda, posto che il medesimo ben avrebbe potuto, semmai, rivolgere i suoi interessi risarcitori nei confronti della C.B. o degli eredi del F.B..
4.3. Quanto appena detto rende superfluo, in quanto superato dalle risultanze delle due testimonianze dianzi accennate, l'esame della censura - peraltro in gran parte in fatto - in ordine all'asserito vizio motivazionale della sentenza impugnata, laddove essa formula un giudizio di non verosimiglianza della tesi sostenuta dall'imputato (secondo cui il ricorrente si sarebbe limitato a fornire una intermediazione tra la C.B. e il F.B., senza assumere nello specifico alcuna posizione di garanzia). Sotto questo profilo, è immune da evidenti vizi
logico-giuridici la ricostruzione dei fatti operata conformemente dai giudici di entrambi i gradi del giudizio di merito.
4.4. Altrettanto può dirsi in relazione all'invocato vizio motivazionale in punto di rigetto degli approfondimenti istruttori richiesti dalla difesa del ricorrente, al fine di indagare in modo approfondito su come si erano svolti i lavori di potatura della siepe negli anni precedenti e di disporre un accertamento tecnico sulla posizione della PLE per come ricostruita al momento dell'incidente. Al di là della evidente inammissibilità della censura, coinvolgente una valutazione di merito improponibile in questa sede, la congruità e non manifesta illogicità del percorso motivazionale della sentenza impugnata rende priva di consistenza la doglianza in esame.

4.5. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto censura le statuizioni civili relative alla concessione e quantificazione della provvisionale, notoriamente non impugnabili con ricorso per cassazione, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, Rv. 277773 - 02).
4.6. E' privo di pregio anche il motivo proposto avverso il rigetto - da parte della Corte di appello - della richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile, così come la relativa istanza di sospensione avanzata in questa sede, non risultando in alcun modo allegata né dimostrata da parte ricorrente la ricorrenza di un pregiudizio eccessivo a suo carico, consistente nella distruzione di un bene non reintegrabile ovvero nel nocumento derivante dal palese stato di insolvibilità del destinatario della provvisionale, tale da rendere impossibile o altamente difficoltoso il recupero di quanto pagato, nel caso di modifica della condanna (cfr. Sez. 5, n. 19351 del 18/12/2017 - dep. 2018, Rv. 273202 - 01).

5. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 giugno 2021