Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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Tribunale di Rovigo, Sez. Lav., 25 maggio 2021 n. 114 - Modifica dell'orario di lavoro del docente da parte del Preside. Non è mobbing


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROVIGO GIUDICE DEL LAVORO
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Silvia Ferrari

esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 634/2020 promossa da:



MA.ME., con il patrocinio degli avv. OS.CR., AI.ST. e BE.GI., elettivamente domiciliato presso lo studio dell'ultimo, sito in Rovigo, via (...);
contro

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE;

ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE "(...)" DI ADRIA;

entrambi in persona del legale rappresentante pro tempore e rappresentati e difesi ex art. 417 bis c.p.c. dalla dott. Cr.So., elettivamente domiciliati presso l'Ufficio X, ambito territoriale di Padova e Rovigo, sede di Rovigo, sito in Via (...);
In punto a:

Risarcimento danni: altre ipotesi

 

FattoDiritto



Con ricorso depositato il 27 novembre 2020 MA.ME., come sopra rappresentata, conveniva in giudizio il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto di istruzione superiore "(...) di Adria" per sentire accogliere le conclusioni formulate in epigrafe, a tal fine esponendo di essere docente a tempo indeterminato di Lingua e Cultura Francese presso l'Istituto convenuto dal 1987 e da allora non vi erano mai stati problemi o conflitti né con gli studenti né con i Dirigenti scolastici, fino all'anno scolastico 2015/2016, allorquando la nomina del dott. Ar.Ti. quale nuovo Dirigente aveva determinato un cambiamento del clima lavorativo.
La ricorrente si doleva in primo luogo della mutata assegnazione della cattedra di Francese effettuata nel settembre 2018 in difformità alle precedenti comunicazioni informali, con assegnazione alla Me. della classe 3AA a.f.m. risultante dall'accorpamento di due classi, necessitava di un consistente lavoro di recupero, e della distribuzione dell'orario dell'attrice di 12 ore settimanali, su quattro invece che su tre giorni come era stato in precedenza, ed inutilmente la ricorrente aveva manifestato le proprie rimostranze al Dirigente.
Proseguiva l'attrice dolendosi della illegittimità di tre provvedimenti disciplinari di censura adottati nei suoi confronti, il primo relativo alla registrazione sul registro elettronico in data 20.12.2018 dei voti relativi all'interrogazione di due studenti, effettuata in data 7.1.2019, il secondo scaturito da una segnalazione degli studenti in data 16.12.2019, che avevano attribuito alla ricorrente la violazione del Regolamento delle Studentesse e degli Studenti nonché del Patto Educativo di Corresponsabilità per non dire quasi mai il voto al termine delle verifiche orali, per non aver esplicitato i criteri utilizzati per la valutazione delle verifiche orali e per non aver rispettato il limite massimo di quindici giorni di consegna delle verifiche scritte: in entrambi i casi il procedimento disciplinare si era concluso, nonostante le giustificazioni erse dalla Me., con l'irrogazione delle sanzioni impugnate, motivate dalla violazione degli obblighi professionali e contrattuali inerenti la funzione docente, concretatisi nel mancato diligente utilizzo delle appropriate competenze relazionali, utili per svolgere adeguatamente l'attività didattica.
Infine, il terzo provvedimento disciplinare era scaturito dalla segnalazione di una studentessa in data 20.2.2020, secondo la quale durante la ricreazione, la ragazza aveva chiesto alla Me. il voto della verifica fatta il precedente 17 febbraio, aveva ricevuto risposta e ringraziato, ma l'attrice le aveva impedito di allontanarsi, prendendola per la spalla destra e dicendole con tono aggressivo "adesso stai qui"; la ricorrente aveva confermato l'incontro, affermando però di essersi limitata a comunicare alla studentessa il voto, aggiungendo che aveva sperato in un risultato migliore: anche in questa occasione all'attrice era stata irrogata la censura, ritenendo che il fatto, sia pure amplificato dalla percezione soggettiva della studentessa, si fosse verificato.
La Me. si doleva, con riferimento ai tre provvedimenti disciplinari impugnati, dell'incompetenza del Dirigente Scolastico alla conduzione dei relativi procedimenti, atteso che ai sensi dall'art. 55 bis, co. 9 quater T.U. Pubblico Impiego, il dirigente era competente per le infrazioni per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per 10 giorni, ma la competenza in materia disciplinare non si determinava in base alla concreta sanzione applicata ma in riferimento ai massimi edittali, che nel caso della prima sanzione erano previsti dall'art. 494 T.U. Istruzione, comma 1, lett. a), da ricondursi ad avviso dell'attrice all'art. 496 del medesimo testo per l'alterazione del registro elettronico astrattamente concretante il reato di falso in atto pubblico, con sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a sei mesi.
Nel secondo provvedimento, la ricorrente indicava quale massimo edittale quello previsto dall'art. 494 del TU, ovvero un mese di sospensione, mentre nel terzo individuava la violazione dell'art. 495 del TU, per abuso di autorità, punibile come l'ipotesi dell'art. 496 con la sospensione fino a sei mesi, dunque in tutti i tre casi la sanzione massima edittale radicava la competenza dell'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari istituito presso il competente Ambito Territoriale.
La ricorrente affermava ancora, in via preliminare, la tardività delle sanzioni impugnate e nel merito si doleva dell'illegittimità delle stesse, per insussistenza dei fatti contestati.

Con riferimento alla seconda parte della domanda l'attrice evidenziava che gli episodi connessi ai procedimenti disciplinari ed alle sanzioni irrogate configuravano una fattispecie di mobbing, lamentando comportamenti datoriali volutamente prevaricatori, ripetuti nel tempo e volti ad estrometterla dalla struttura organizzativa mediante il perseguimento di un preciso intento, quale quello di perseguitarla e demolirne la personalità e la professionalità.
La Me. individuava come segue i singoli atti che costituivano la condotta imputata all'amministrazione convenuta e per lei al Dirigente Scolastico dell'US. "(...) di Adria":
- modifica dell'orario di lavoro part-time della ricorrente, distribuendolo su quattro giorni alla settimana invece di tre e fissando solo un'ora e mezza di lezione il sabato dalle ore 8 alle ore 9.30, così da frammentare il più possibile le lezioni al fine di ostacolarne l'attività;
- adozione in rapida successione di ben tre procedimenti disciplinari a seguito di esposti presentati dagli alunni e relativi a fatti pretestuosi;
- trattazione diretta da parte del Dirigente dei procedimenti disciplinari, pur essendo incompetente per la gravità dei fatti, tardiva contestazione e durata immotivata dei procedimenti, senza attività istruttoria dopo le giustificazioni dell'attrice;
- ripetuta mancata considerazione delle segnalazioni della Me. in ordine alla grave situazione disciplinare della classe 4AA, ed omessi interventi educativi e disciplinari nei confronti degli studenti;
- persecuzione verso la ricorrente nel pieno della pandemia da Covid 19 e senza considerare l'impossibilità per la stessa di ritirare la raccomandata contenente la contestazione disciplinare presso l'Ufficio Postale;
- espressione di commenti denigratori sulla persona e sulla professionalità della ricorrente;

- sostituzione arbitraria, insieme ai docenti componenti il consiglio di classe ed alla collaboratrice del Dirigente Pa.Pa., dei voti proposti dalla ricorrente per gli alunni della classe 4AA a.f.m. in sede di scrutini dell'anno scolastico 2019-20 e negazione del diritto di accesso ai verbali dello scrutinio;
- richiamo alla ricorrente per non essersi sottoposta al tampone per Covid 19 senza verificare l'effettivo adempimento.
Ancora, l'attrice si doleva di essere stata emarginata all'interno della classe 4AA a.f.m. dai colleghi, in particolare dalla coordinatrice Gi.Pa. e della docente di diritto, Ro.St., i quali colleghi, le quali avevano appoggiato apertamente le contestazioni degli studenti della classe 4AA A.S. 2019-20 nei confronti della Me., coadiuvando gli alunni nella stesura degli esposti contro la stessa ed assegnando loro collegialmente voti in condotta superiori ad 8/10 senza considerare la condotta tenuta dagli stessi verso la ricorrente, la nota disciplinare dalla stessa irrogata il 31.1.2020 a ben cinque studenti e l'irregolare frequenza di molti alunni, così disapplicando la griglia valutativa predisposta dal Collegio Docenti.

La ricorrente precisava che anche qualora fosse stato escluso l'intento persecutorio, occorreva comunque accertare se i comportamenti datoriali potessero comunque costituire fonte di responsabilità per la convenuta, inquadrabile sotto forma di "straining" per la situazione di stress forzato dovuto a discriminazione e risarcibile ex art. 2087 c.c..
Concludeva la Me. affermando che a motivo degli atti vessatori subiti, ella aveva subito danni non patrimoniali, consistenti nel danno biologico, nel danno esistenziale e nel danno morale, oltre ad aver sostenuto spese mediche, evidenziando quanto al primo di aver subito una lesione all'integrità psicofisica accertata e quantificata in sede medico-legale dal dott. Lu.Fi., che l'aveva riconosciuta affetta da un disturbo ansioso depressivo del tipo Disturbo dell'Adattamento con Ansia e Umore Depresso Misti, cronicizzato, di media entità, insorto in contesto personale e familiare silente per patologia psichiatrica nel contesto lavorativo, con sintomi correlabili ad un'ipotesi di mobbing, con riconoscimento di un danno biologico compreso tra il 5 ed il 10%, in associazione con un rilevante danno esistenziale.
Tale danno determinava nella ricorrente un pregiudizio da liquidarsi secondo le Tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, in misura non inferiore ad Euro 2.401,76 per ogni punto di invalidità permanente, per un totale di Euro 13.642,00, oltre alle spese per l'acquisto dei farmaci ansiolitici e sedativi per Euro 373,60 ed Euro 910,00 per spese medico-legali; ancora, la ricorrente aveva patito a motivo della condotta di appartenenti all'amministrazione convenuta un danno esistenziale, ovvero un pregiudizio alle abitudini ed alle relazioni, all'immagine ed alla reputazione professionale, tale da costringere la ricorrente a ridurre fortemente le attività ricreative e sociali in precedenza amate, quali cinema e teatro, uscire con le amiche o con il compagno e perfino leggere per la difficoltà a mantenere la necessaria concentrazione; quantificava la misura di tale voce di danno in Euro 1.000,00 per ciascun mese a decorrere dall'inizio delle condotte vessatorie (settembre 2018) fino alla data di deposito del ricorso, per Euro 25.000,00.
Ancora, la Me. chiedeva che le fosse risarcito il danno non patrimoniale, ovvero la sofferenza psichica ed il patema d'animo dalla stessa sopportati a motivo del mobbing subito, pregiudizio da liquidarsi a parte ed indicato nella misura massima ella personalizzazione del danno biologico prevista dalla ricordate Tabelle Milanesi (50%) e dunque in Euro 6.820,00.
Si costituivano ritualmente in giudizio il Ministero dell'Istruzione e l'Istituto di Istruzione Superiore "(...) "di Adria, come sopra rappresentati, che resistevano al ricorso e rassegnavano le conclusioni indicate in epigrafe e la causa, fallito il tentativo di conciliazione, veniva ritenuta sufficientemente documentata e veniva discussa all'udienza odierna, per essere decisa come da dispositivo in calce, del quale veniva data lettura pubblica in udienza unitamente alla presente motivazione.
Esaminando le questioni preliminari sollevate dalle parti, occorre valutare l'eccezione di nullità della vocatio in ius effettuata da parte ricorrente con riferimento alla chiamata in causa dell'IIS "(...) di Adria", occorre rammentare che a mente della consolidata giurisprudenza di legittimità (tra le più recenti Sez. 3, Sentenza n. 19158 del 06/11/2012) gli istituti scolastici, pur avendo attribuita autonomia gestionale ed amministrativa, mantengono la qualità di organi dello Stato, ma nel caso di specie l'Istituto ricordato è stato chiamato in causa unitamente al Ministero di appartenenza, che si è regolarmente costituito in giudizio, sicché la vocatio in ius appare corretta e l'eccezione va rigettata. Quanto invece alla doglianza preliminare sollevata da parte ricorrente con riferimento a tutte le tre sanzioni impugnate, ovvero l'incompetenza del Dirigente Scolastico alla conduzione dei relativi procedimenti, limitando l'art. 55 bis, co. 9 quater del T.U. Pubblico Impiego, la competenza dello stesso per le infrazioni per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per 10 giorni, essendo per quelle più gravi competente l'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari, deve rammentarsi che recente giurisprudenza di legittimità (Sezione Lavoro, Ordinanza n. 28111 del 31/10/2019) ha stabilito che in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell'organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare.
Va però rammentato che ai tre procedimenti in esame si applica ratione temporis l'art. 55 bis comma 9 ter del D.lgs. 165/2001, introdotto dall'art. 13 comma 1 lettera i) del D.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, che ha previsto che eventuali violazioni dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dagli art. 55 a 55 quater, non determinano la decadenza dell'azione disciplinare e nemmeno l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata ad eccezione dei soli casi in cui risulti compromesso il diritto di difesa dell'incolpato e il principio di tempestività dell'azione disciplinare. Esaminando alla luce del disposto legislativo e della giurisprudenza della S.C. sopra ricordati i procedimenti disciplinari che hanno portato alle sanzioni impugnate, deve rilevarsi con riferimento al primo (di cui alla contestazione del 20.2.2019, doc. 4 all. ricorso), relativo all'annotazione sul registro elettronico in data 20.12.2018 dell'esito dell'interrogazione di due alunni effettuata invece il successivo 7.1.2019, che nella contestazione disciplinare non è contenuto alcun riferimento alla sanzione prevista dall'art. 494 del TU del 1994, che prevede la sospensione dall'insegnamento fino ad un mese, ma solo agli artt. 492 e seguenti del medesimo testo, ed in concreto risulta irrogata la sola sanzione della censura, prevista per mancanze non gravi, né la ricorrente si duole della tardività ovvero dell'impedimento al diritto di difesa, sicché l'eccezione va rigettata.
Diversamente occorre ragionare con riferimento alle altre due sanzioni, rispettivamente conseguenti alle contestazioni mosse alla Me. il 16.12.2019 (doc. 20 all. ricorso) ed il 10.3.2020 (doc. 27 all. ricorso), per le quali deve rilevarsi che nella prima viene esplicitamente avvisata l'attrice della sussistenza di una recidiva, che in base al disposto dell'art. 499 del ricordato TU determina (obbligatoriamente, come deve intendersi dalla locuzione "va inflitta") l'irrogazione della sanzione immediatamente più grave, ovvero quella della sospensione prevista dall'art. 494 del TU, e deve ritenersi che anche il terzo procedimento disciplinare contempli l'applicabilità della sanzione per la recidiva, sebbene non esplicitamente evocata, non essendo ancora decorso un biennio dal 20.4.2019, data di irrogazione della precedente censura.

Sia nel caso della seconda, che della terza contestazione disciplinare, parte ricorrente si duole della tardività della contestazione e delle difficoltà difensive collegate alla notifica della contestazione stessa nel periodo di lockdown, sicché deve farsi applicazione della giurisprudenza di legittimità sopra ricordata (che pure rischia di attribuire alla competenza dell'UPP ogni tipo di procedimento disciplinare nel settore scolastico) ed annullarsi le due sanzioni sopra ricordate senza neppure esaminare il merito delle stesse.
Quanto al merito della prima contestazione mossa alla Me., lo si rammenta relativa all'annotazione retrodatata sul registro elettronico di due verifiche orali, deve rilevarsi che, sebbene la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Sez. Lav., Ordinanza n. 16597 del 22/06/2018) abbia ribadito che è posto a carico del datore di lavoro l'onere della prova in ordine alla condotta che ha determinato l'irrogazione della sanzione disciplinare, nel caso di specie è la stessa ricorrente ad ammettere di aver effettivamente effettuato il 7.1.2019 le verifiche annotate il 7.1.2019, giustificando il fatto con la circostanza che per la classe in questione le tre ore settimanali di francese erano state suddivise su due giorni dalle ore 8.00 alle ore 9.30, orario che comportava per la ricorrente il disbrigo delle gravose procedure legate alla tenuta del registro elettronico nella prima ora di lezione, con riduzione del tempo a disposizione.
Orbene, posto che dell'articolazione dell'orario l'attrice era a conoscenza fin dall'inizio dell'anno scolastico, la circostanza che la stessa non sia riuscita a completare le verifiche orali entro la fine del periodo di riferimento, senza che ciò sia stato determinato da eventi eccezionali, dimostra in sé la sussistenza della violazione contestata, ovvero il "mancato diligente utilizzo delle appropriate competenze organizzative, utili per svolgere adeguatamente l'attività didattica anche ai fini valutativi', essendo le attività descritte a pag. 24 del ricorso, che avrebbero impedito alla Me. Di terminare tempestivamente le verifiche, le ordinarie attività attribuite al docente, sicché la sanzione irrogata (nella misura minima della censura) va ritenuta fondata e proporzionata alla condotta contestata.
Venendo alla seconda domanda formulata dalla ricorrente, che ha visto nella successione delle tre sanzioni impugnate, nonché delle condotte del Dirigente e dei colleghi docenti - condotte sopra ricordate - il concretizzarsi di una condotta di mobbing ovvero in subordine di straining in suo danno, deve preliminarmente rammentarsi che per consolidata giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Sez. Lavoro-, Ordinanza n. 26684 del 10/11/2017) ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti la conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore. Più di recente, (Sezione Lavoro, Ordinanza n. 10992 del 09/06/2020) il medesimo Giudice ha ribadito che ai fini della configurabilità di una ipotesi di" mobbing", non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione. In altri termini, al Giudice è chiesto di verificare se l'esercizio del potere organizzativo e disciplinare attribuito al datore di lavoro sia stato ispirato non già ai principi di buon andamento ed efficienza dell'ufficio, ma appunto a realizzare un intento persecutorio nei confronti del lavoratore. Deve - venendo al caso concreto - rilevarsi che l'intento persecutorio viene attribuito dall'attrice in misura prevalente al Dirigente scolastico, ma ne sarebbero autori anche i colleghi docenti, al primo imputandosi il cambio dell'articolazione dell'orario di cattedra, i procedimenti disciplinari sopra ricordati, l'ignoranza delle segnalazioni dell'attrice, i toni denigratori nei confronti della stessa, la sostituzione dei voti proposti dalla Me. nello scrutinio della classe 4a a.f.m. e il divieto di accesso agli atti dello scrutinio stesso ed ai secondi attribuendosi l'appoggio alle contestazioni degli studenti della ricordata classe 4a e l'assegnazione agli stessi di voti in condotta positivi nonostante l'atteggiamento poco rispettoso verso l'attrice, nonché l'avallo alla sostituzione dei voti sopra ricordata.
Orbene, deve osservarsi da una parte che sulla questione dell'assegnazione delle cattedre (che per legge è attribuita al Dirigente Scolastico) risulta dagli atti di causa una segnalazione della stessa Me. (doc. 39 all. memoria) che in data 7/08/2018 chiedeva al Dirigente che non le venisse assegnata la classe 5A L, né altra classe del corso L rim, a causa del perdurare di situazioni conflittuali interne al Consiglio di Classe, chiedendo nel contempo che le venissero assegnate altre classi (1a A afm, 1a B afm 3A F sia.) e precisando la stessa successivamente (doc. 40 all. memoria) che "l'unica ragione per la quale ha richiesto l'assegnazione alla classe 3a F è la possibilità di lavorare abbastanza serenamente con il Consiglio di tale classe".
Nei fatti, all'attrice non risulta assegnata la classe 5a L, come dalla stessa richiesto, mentre risulta assegnata in luogo della 1a B la classe 3a C, ragione questa illustrata nella nota allegata come doc. 1 al ricorso, sicché deve concludersi che rispetto alle indicazioni della Me. l'unica variazione sia stata l'assegnazione della classe 3a da ultimo ricordata, e dunque l'affermazione che il Dirigente avrebbe effettuato una scelta punitiva verso la ricorrente appare infondata, avendo il Dirigente accolto per buona parte le istanze dell'attrice ed apparendo la sostituzione di una classe su tre un evento fisiologico nell'assegnazione delle cattedre.
Peraltro, con riferimento all'ulteriore doglianza attorea relativa all'articolazione dell'orario su 4 invece che su 3 giorni lavorativi, deve rilevarsi che il Dirigente ha riscontrato (cfr. doc. 3 all. ricorso) la nota inviata dalla Me. con riferimento a tale questione nonché a quella relativa all'articolazione dell'orario di lavoro della ricorrente (doc. 2 all. ricorso), sicché l'affermazione attorea secondo la quale il Dirigente avrebbe ignorato le richieste della predetta ed avrebbe omesso di risponderle non ha trovato riscontro, anche alla luce delle note allegate alla memoria come docc. 24, 34 e 35, pure contenenti risposte ad istanze dell'attrice.
Quanto ai tre procedimenti disciplinari, deve da una parte rilevarsi che gli stessi hanno tratto origine tutti da segnalazioni degli studenti (docc. 4, 8, 26 allegati alla memoria difensiva) e non da autonoma iniziativa della dirigenza, che di fatto la ricorrente non ha contestato la materialità dei fatti dai quali sono scaturite le segnalazioni (ovvero l'omessa consegna nei tempi previsti dal Regolamento delle verifiche scritte e lo "scontro" con l'alunna Pa.) limitandosi ad addurre giustificazioni sul proprio comportamento, che con riferimento infine ad una "richiesta di chiarimenti" in data 29.5.2019 (doc. 7 all. ricorso) riferita ad ulteriore segnalazione di due studenti (Ca e Bo.) che si lamentavano di non aver saputo dalla Me. di note disciplinari dalla stessa irrogate loro il 15.5.2019, il Dirigente alla luce delle giustificazioni rese dall'attrice (doc. 8 all. ricorso) aveva ritenuto di non adottare alcun provvedimento disciplinare (doc. 10), con ciò smentendosi l'assunto dell'esercizio arbitrario da parte del predetto del potere disciplinare.
Va peraltro rilevato che la doglianza della ricorrente, che ha individuato nella trattazione dei procedimenti disciplinari da parte del Dirigente un elemento ulteriore della condotta asseritamente mobbizzante, appare decisamente infondata laddove si rifletta sulla prospettiva ex ante dei procedimenti, nei quali il predetto evidentemente riteneva che si sarebbero potuti concludere con una sanzione lieve, limitata ai dieci giorni di sospensione, tanto che effettivamente è stata poi adottata in tutti e tre i casi la lieve sanzione della censura, il che depone a sfavore della sussistenza di una condotta persecutoria del predetto nei confronti dell'attrice.
Ancora, con riguardo alle altre condotte imputate nel ricorso al Dirigente come riconducibili all'asserito mobbing verso la ricorrente, ovvero non aver considerato l'impossibilità del ritiro della raccomandata contenente la contestazione disciplinare del 2.4.2020 presso l'Ufficio Postale, in piena pandemia da Covid 19, deve osservarsi come sia fatto notorio che i vari DPCM succedutisi durante l'emergenza pandemica del 2020 abbiano comunque consentito gli spostamenti per attività di ufficio, lavoro o assimilati, come certamente andava qualificato il ritiro appena indicato, evidenziandosi peraltro che già in occasione del primo procedimento disciplinare, iniziato il 16.12.2019, la Me. si era rifiutata di ritirare la contestazione consegnatale a mano, tanto che era stato necessaria l'interlocuzione con i legali della stessa (cfr. doc. 14 all. memoria difensiva), sicché deve ritenersi che l'atteggiamento della ricorrente in occasione dei procedimenti disciplinari non sia stato improntato al criterio della collaborazione per l'accertamento della realtà dei fatti, che appare obbligatorio o almeno auspicabile in capo al prestatore di lavoro.
Il medesimo atteggiamento risulta adottato dall'attrice in occasione della risposta all'ultima contestazione disciplinare, quella appunto dell'aprile 2020, nella quale la Me. ha contestato l'attendibilità della segnalazione dell'alunna Pa., definendola "farlocca" (cfr. doc. 32 all. ricorso) laddove invece la veridicità dell'episodio non ha trovato effettiva contestazione - se non per alcuni dettagli - da parte della odierna ricorrente; quanto agli asseriti commenti denigratori sulla persona e sulla professionalità della ricorrente che il Dirigente avrebbe espresso, deve rilevarsi che l'attrice non ha neppure articolato prova per testimoni sul punto, sicché la circostanza è addirittura indimostrata.
Quanto, infine, al richiamo alla ricorrente per non essersi sottoposta al tampone per Covid 19 senza verificare l'effettivo adempimento da parte della stessa dell'obbligo di presentarsi per detto esame, deve ritenersi che al verificarsi del fatto, originato dalla segnalazione delle ore 13.15 del SISP, che aveva comunicato che tutti gli studenti e tutti i docenti della classe 4HL avevano effettuato il tampone, tranne la ricorrente, abbia contribuito per buona parte l'avere la predetta mantenuto

spento e sordo ai messaggi della scuola il proprio telefono cellulare, tanto da costringere l'Istituto ad inviare alla stessa una e-mail (doc. 42 all. memoria), sicché deve ritenersi del tutto legittima la sollecitazione del sostituto del Dirigente sopra ricordata.
Venendo invece alla condotta asseritamente vessatoria tenuta dal Dirigente unitamente ai docenti componenti il consiglio della classe 4AA a.f.m., insieme alla collaboratrice del Dirigente Pa.Pa., che avevano modificato i voti proposti dalla ricorrente per gli alunni della predetta classe, approfittando dell'assenza della stessa allo scrutinio, deve da una parte rammentarsi come sia previsto dall'art. 4 comma 1 del D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122 che: "... la valutazione periodica e finale, degli apprendimenti è effettuata dal consiglio di classe, formato ai sensi dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, e presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, con deliberazione assunta, ove necessario, a maggioranza" sicché il predetto Consiglio ha competenza esclusiva sull'attribuzione dei voti, anche di condotta, ed invero la decisione assunta trova adeguata e sufficiente spiegazione nel verbale dello scrutinio prodotto da parte resistente il 19.4.2021, nel quale la decisione relativa al voto di condotta agli alunni della predetta classe è stata adottata all'unanimità dei presenti.
Va peraltro rilevato che parte resistente ha allegato alla propria memoria difensiva numerose note (docc. 20, 21, 30, 31, 32 e 36) inviate all'Istituto di Istruzione Superiore convenuto nel corso dell'anno 2020 da genitori di alunni della ricorrente ovvero dagli stessi alunni, dalle quali emergono numerose e ripetute doglianze relative alla condotta dell'attrice quale docente, ed invero anche la condotta attribuita ai colleghi della Me., che avrebbero appoggiato le contestazioni degli studenti ed aiutato i discenti nella stesura degli esposti in danno della stessa, oltre a non aver trovato alcun riscontro istruttorio, appare comunque collegata all'esistenza di un atteggiamento ostile della predetta nei confronti dei discenti, che li aveva portati all'esasperazione.
Deve dunque, conclusivamente, escludersi che le condotte stigmatizzate nel ricorso abbiano avuto intento persecutorio nei confronti dell'attrice, trovando invece le stesse ampia spiegazione nello svolgimento del ruolo di superiore gerarchico spettante al Dirigente, titolare del potere organizzativo e disciplinare all'interno dell'Istituto e per questo contestato anche dai colleghi dell'attrice (cfr. doc., 14 all. ricorso) e nella conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che nel caso dell'Istituto scolastico vedono nel rapporto con i discenti la prima fonte di conflitto. Né invero appare ravvisabile alcuna forma di straining ai danni dell'attrice, rammentandosi che a mente della definizione datane dalla Suprema Corte (Sez. L, Sentenza n. 3291 del 19/02/2016), che ha precisato che ai sensi dell'art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datore è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l'adozione di condizioni lavorative "stressogene" (cd. "straining"), e a tal fine il giudice del merito, pur se accerti l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di "mobbing", è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti - per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto - possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell'esistenza di questo più tenue danno.
Orbene, da quanto sopra illustrato emerge come al verificarsi delle lamentate condizioni lavorative abbia contribuito per buona parte la condotta dell'attrice, sicché deve escludersi che vi sia stata violazione da parte datoriale del disposto dell'art. 2087 c.c.
Difettando i presupposti per il verificarsi della condotta vessatoria lamentata in ricorso, non appare necessario effettuare l'esame del nesso causale tra condotta e danno lamentato dall'attrice, evidenziandosi però che le consulenze di parte allegate al ricorso (docc. 53 e 54) nulla dicono in ordine all'attribuibilità in concreto delle patologie lamentate dall'attrice alle vicende lavorative della stessa. L'accoglimento del ricorso in minima parte e il rigetto dello stesso sulla parte più ampia suggeriscono l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
 

P.Q.M.



Il Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente decidendo nella causa n. 634/2020 R.G. - C.L., promossa da MA.ME. contro il MINISTERO DELL'ISTRUZIONE e l ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE "(...)" DI ADRIA, in persona dei
legali rappresentanti pro tempore, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa e rigettata, così provvede:
1) Accoglie parzialmente il ricorso, annullando le sanzioni disciplinari della censura irrogate alla ricorrente in data 2.4.2020 e 22.7.2020;
2) Rigetta per il resto il ricorso;
3) Dichiara integralmente compensate le spese di lite fra le parti. Così deciso in Rovigo il 25 maggio 2021.
Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2021.