Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 novembre 2021, n. 31485 - Aggressione mortale nel tragitto casa-lavoro: il raptus passionale spezza il nesso con la prestazione lavorativa ed esclude l'infortunio in itinere suscettibile di tutela assicurativa


 

... Agli effetti della protezione assicurativa l'aggressione è sempre ricompresa nell'occasione di lavoro anche quando non possa essere ricollegata, neppure indirettamente all'attività lavorativa svolta dall'assicurata, con l'unico limite dell'ipotesi in cui l'aggressione sia da ricollegarsi a ragioni extraprofessionali o a particolari rapporti tra vittima e aggressore, nel qual caso le circostanze lavorative costituiscono solo una delle possibili opportunità per porre in atto il movente delittuoso e perpetrare l'azione criminosa e tanto esclude che l'aggressione possa costituire evento protetto.

La Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi regolatori della materia non ravvisando, nella vicenda all'esame, l'occasione di lavoro per avere il tragico evento occorso alla lavoratrice per mano dell'uomo conosciuto in chat spezzato ogni nesso con la prestazione lavorativa. 


 

Presidente: BERRINO UMBERTO
Relatore: MANCINO ROSSANA Data pubblicazione: 03/11/2021
 

Fatto


1. La Corte d'appello di Bari, con sentenza n. 1817 del 2015, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda svolta da T.B. volta ad ottenere la rendita ai superstiti per l'infortunio in itinere occorso alla figlia, C.B., l'8 luglio 2010, aggredita e uccisa mentre si recava al lavoro.
2. Con la premessa che l'aggressione mortale dovesse ascriversi a un raptus passionale dell'aggressore, conosciuto dalla lavoratrice in chat, condannato a pena detentiva per omicidio premeditato, la Corte territoriale ha escluso, nella specie, la configurabilità di un infortunio in itinere suscettibile di tutela assicurativa.
3. Avverso tale sentenza ricorre T.B., con due motivi, cui resiste l'INAIL, con controricorso.
4. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
 

Diritto

 

5. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione del giudicato implicito, omessa pronuncia su fatti accertati in primo grado e omessa decisione su fatti coperti da giudicato e oggetto del contendere, per avere la Corte di merito valutato la rispondenza ai requisiti richiesti dagli artt. 2 e 210 del d.P.R. n.1124 del 1965 in relazione ad un apodittico raptus passionale del soggetto e non ai fatti accertati in primo grado, rispetto ai quali si era già formato il giudicato interno per mancanza di contestazione da parte dell'INAIL.
6. Con il secondo motivo si deduce erronea interpretazione e applicazione degli artt. 2 e 210 d.P.R. n. 1124 del 1965 e si assume che i fatti, come ricostruiti e non contestati, avrebbero dovuto far ritenere provata la vera e propria occasione di lavoro tra evento e percorso per recarsi al lavoro e non una mera coincidenza topografica e cronologica, per esservi tutti gli elementi dimostrativi della circostanza che la povera lavoratrice sarebbe stata ancora viva se quella mattina non si fosse recata al lavoro o non avesse percorso quella strada; si assume, inoltre, come acquisita la piena prova dell'attività lavorativa come specifica condizione che aveva reso possibile l'omicidio, in considerazione della particolarità dei luoghi poco frequentati al momento dello spostamento, dell'orario, di primissima mattina, e della conoscenza degli stessi da parte dell'omicida che, per tali ragioni, aveva potuto agire indisturbato e pianificare la sua azione delittuosa.
7. Il ricorso è da rigettare.
8. Va premesso, innanzitutto, quanto al primo motivo, che in disparte l'eterogeneità dei plurimi profili di censura svolti nello stesso mezzo d'impugnazione, come tali inammissibili, il giudicato implicito invocato dalla parte ricorrente investe, invero, non già fatti accertati, e ampiamente pacifici, come emerge dalla sentenza impugnata, sibbene la valutazione e apprezzamento di essi sicché non si pone alcuna questione di giudicato interno a fronte della statuizione della Corte territoriale che ha escluso potersi annoverare l'evento funesto nella categoria normativa dell'occasione di lavoro.
9. Anche il raptus passionale, quale causa dell'aggressione mortale, evocato nel secondo mezzo per incrinare la decisione impugnata, non è affatto apodittico ma basato sulla premeditazione, ritenuta dalla sentenza penale di condanna, e in ogni caso il motivo è inammissibile nei profili che investono, e criticano, l'apprezzamento compiuto dal giudice del merito, come tale insindacabile in sede di legittimità.
10. Tanto premesso, possono essere esaminate congiuntamente, per la loro connessione, le censure che devolvono alla Corte, per incrinare la sentenza impugnata, la cornice normativa dell'occasione di lavoro e i risvolti interpretativi laddove la causa violenta sia integrata, come nella specie, dall'aggressione mortale in danno della lavoratrice intenta a recarsi al lavoro.
11. Che non si tratti di tema connotato da assoluta novità, sul quale questa Corte di legittimità non si già interrogata, è testimoniato dall'intervento delle Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 17685 del 2015, nel quale sono già delineate, per l'interprete, le linee guida entro cui muoversi nel definire il rapporto tra fatto doloso del terzo e occasione di lavoro.
12. Risulta così affermata, e chiarita, la regola dell'esclusione della tutela assicurativa, previdenziale e solidaristica, nel caso in cui la causa violenta dell'evento occorso al lavoratore, sul luogo o sulle vie del lavoro, sia stata integrata dal comportamento doloso del terzo riconducibile ai rapporti personali tra l'aggressore e la vittima e, pertanto, del tutto estranei all'attività lavorativa, nel qual caso il collegamento tra evento lesivo e attività lavorativa, comprensiva del percorso da e per il lavoro, risulta basato su una mera coincidenza cronologica e topografica, tale da escludere la possibilità di ritenere configurata l'occasione di lavoro.
13. Vale anche ricordare che, con la menzionata decisione, le Sezioni Unite, misurandosi con l'espressa introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere - l'art. 12 del d.lgs. n. 38 del 2000, che ha disciplinato l'infortunio in itinere nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965 - ne hanno chiarito la portata non derogatoria della norma fondamentale che prevede la necessità non solo della causa violenta ma anche della occasione di lavoro, con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, la tutela è esclusa al venir meno dell'occasione di lavoro in quanto il collegamento tra evento e normale tragitto casa-lavoro diventa marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica, come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali, tra aggressore e vittima, estranei all'attività lavorativa.
14. Si evince, dunque, dalla decisione del 2015 delle Sezioni Unite della Corte, che il fatto doloso del terzo esclude l'infortunio indennizzabile soltanto se la finalità dell'azione delittuosa sia estranea al lavoro, per essersi ingenerate situazioni di pericolo individuale alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro, mentre non lo esclude se persiste tra comportamento del terzo ed evento un collegamento funzionale con l'attività di lavoro, anche a prescindere da qualsiasi coincidenza cronologica e topografica.
15. Vale la pena di puntualizzare che per le aggressioni subite dal lavoratore, e dalla lavoratrice, durante il tragitto casa-lavoro, il comportamento del terzo costituisce una delle componenti causali dell'infortunio e l'aggressione non fa venire meno l'occasione di lavoro in quanto essa costituisce il fattore causale dell'infortunio reso possibile o comunque agevolato dal fatto che la vittima si trovi a percorrere il tragitto naturale, vale a dire obbligato per raggiungere la sede lavorativa e, come tale, appunto, protetto dalla tutela assicurativa apprestata dall'ordinam ento .
16. L'aggressione va, dunque, ricompresa nell'occasione di lavoro ogni qualvolta vi sia il nesso di occasionalità con l'attività tutelata e il tragitto protetto, anche se attività e tragitto non ne siano stati la causa ma abbiano quanto meno reso possibile o agevolato il perpetrarsi dell'azione violenta e criminosa.
17. La direzione intenzionale dell'atto doloso del terzo verso la vittima predeterminata, come per l'intento omicida del convivente della lavoratrice dettato da ragioni passionali estranee a qualsiasi causa lavorativa e preso in esame nella più volte richiamata decisione delle Sezioni Unite del 2015, spezza il nesso di occasionalità indispensabile ai fini della tutela, perché lo spostamento per motivi di lavoro rappresenta una mera coincidenza per essere la vittima esposta, di fatto, all'intento criminoso, ovunque si rechi o si trovi.
18. Il discrimine per la protezione assicurativa del lavoratore aggredito nel percorso obbligato tra casa e sede lavorativa è dunque che il tragitto per o dalla sede lavorativa abbia semplicemente costituito il nesso di occasionalità necessaria con comportamenti del terzo sfociati in episodi delittuosi diretti a colpire vittime di un intento criminoso scelte a caso, agevolandoli o rendendoli possibili, mentre non costituisce evento protetto, meritevole della protezione assicurativa e solidaristica, la situazione di pericolo individuale che abbia esposto all'azione delittuosa dell'aggressore la sola vittima, per effetto dei rapporti interpersonali e, dunque, extralavorativi.
19. Il percorso che separa l'abitazione della lavoratrice dal luogo di lavoro, il normale percorso obbligato per svolgere la prestazione, rientra nella protezione riconosciuta dalla legge che estende la tutela a tutti gli eventi in qualche modo collegati con la necessità del lavoratore, e della lavoratrice, di trovarsi nella situazione di rischio per obblighi nascenti dal contratto di lavoro coesistendo, dunque, la causa violenta e l'occasione di lavoro come fattore causale dell'infortunio, reso possibile o agevolato dalla presenza della vittima malcapitata, in un determinato posto, per ragioni lavorative.
20. Il tragitto, da e per il lavoro, e i mezzi di locomozione adoperati presentano sempre un nesso di occasionalità necessaria con eventuali azioni delittuose dirette a colpire vittime casuali e la lavoratrice vittima occasionale, e casualmente prescelta, è dunque protetta dalla legislazione previdenziale allorché fatti criminosi in suo danno avvengano in assenza di un movente personale che colleghi la vittima all'autore e in ragione del nesso di occasionalità necessario tra itinerario protetto e fatto delittuoso.
21. Diversamente dalla prospettazione difensiva della ricorrente, che ravvisa l'occasione di lavoro nel tragico evento occorso alla giovane lavoratrice, la non estraneità dell'autore dell'efferato delitto e il movente personalizzato e non indiscriminato, diretto a colpire esclusivamente la vittima designata e non chiunque si fosse recato al lavoro quella mattina, hanno reciso qualsivoglia nesso con l'attività lavorativa e fatto assurgere a marginale il collegamento tra il tragico evento occorso e il tragitto obbligato.
22. I rapporti personali tra aggressore e lavoratrice, rimanendo privo di significatività che siano stati intessuti via chat con la confidenziale rivelazione, da parte della lavoratrice, esclusivamente dei dati identificativi degli orari e percorsi del tragitto casa-lavoro, non qualificano l'occasione di lavoro nel senso preteso nel pregnante snodo argomentativo critico coltivato con il mezzo d'impugnazione attraverso la valorizzazione dell'acquisita conoscibilità, da parte dell'aggressore omicida, dei dati identificativi per perpetrare l'efferato delitto in occasione lavorativa, ma piuttosto la escludono per il nesso di mera casualità tra il percorso lavorativo e l'aggressione mortale riconducibile esclusivamente ai rapporti tra vittima e aggressore.
23. In conclusione, agli effetti della protezione assicurativa l'aggressione è sempre ricompresa nell'occasione di lavoro anche quando non possa essere ricollegata, neppure indirettamente all'attività lavorativa svolta dall'assicurata, con l'unico limite dell'ipotesi in cui l'aggressione sia da ricollegarsi a ragioni extraprofessionali o a particolari rapporti tra vittima e aggressore, nel qual caso le circostanze lavorative costituiscono solo una delle possibili opportunità per porre in atto il movente delittuoso e perpetrare l'azione criminosa e tanto esclude che l'aggressione possa costituire evento protetto.
24. La Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi regolatori della materia non ravvisando, nella vicenda all'esame, l'occasione di lavoro per avere il tragico evento occorso alla lavoratrice per mano dell'uomo conosciuto in chat spezzato ogni nesso con la prestazione lavorativa.
25. Obiettiva delicatezza e peculiarità della questione all'esame della Corte consigliano la compensazione delle spese del giudizio.
26. Ai sensi dell'art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
 

P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso, spese compensate. Ai sensi dell'art.13,co.1-quater,
d.P.R. n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 luglio 2021