Cassazione Penale, Sez. 6, 17 novembre 2021, n. 42054 - Caduta dal tetto e responsabilità del legale rappresentante  della ditta di manutenzioni e del responsabile tecnico


 

 

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO
Data Udienza: 05/10/2021
 

 

Fatto

 


1. Con sentenza del 3/12/2020 la Corte di appello di Palermo ha confermato quella del Tribunale di Agrigento in data 19/3/2018, con cui G.V. e C.Z. sono stati riconosciuti colpevoli del delitto di cui agli artt. 113 e 590, comma secondo e terzo, cod. pen. in danno di S.M., e C.Z. anche del delitto di cui all'art. 367 cod. pen., con condanna di entrambi ad una pena per la quale è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale, subordinato al pagamento della provvisionale liquidata in favore della parte civile.
2. Hanno proposto ricorso i due imputati tramite il loro difensore.
2.1. Dopo una premessa nella quale riassume la vicenda, il contenuto delle sentenze di merito, i temi che hanno formato oggetto di travisamento delle prove, in specie con riguardo a talune testimonianze e al certificato camerale relativo alla ditta Z.C. Manutenzioni, essendo stata indebitamente attribuita ai due imputati una posizione di garanzia, espongono i motivi di ricorso.
2.2. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 546 e 125 cod. proc. pen., e agli artt. 590 cod. pen., 15, 18 22, 37, 111 d.lgs. 81 del 2008.
La Corte era incorsa in un travisamento della prova per l'utilizzazione di informazioni inesistenti, in ordine al fatto che i lavori fossero stati commissionati dai ricorrenti, a fronte dell'inesistenza della denominazione Z.C. Manutenzioni.
Il fatto storico era stato ricostruito sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, pur essendo emersa la mancanza di contatti con il cantiere e gli operai.
L'attribuzione ai ricorrenti di una posizione di garanzia era avvenuta sulla base di un'illogica valutazione degli elementi probatori in assenza di riscontri sull'assunzione del S.M. da parte di G.V. e di C.Z..
Al contrario non era emerso alcun rapporto di committenza, mentre avrebbe dovuto procedersi ad evidenziare in concreto l'esistenza di Z.C. Manutenzioni, quale datore di lavoro indicato dalla persona offesa.
Indebitamente la Corte era giunta a ravvisare la responsabilità dei ricorrenti nell'infortuno, a fronte di una suddivisione di compiti organizzativi anche di fatto e in assenza di delega.
Essendo stato attribuito valore di prova alle dichiarazioni della persona offesa, non erano state considerate quelle rese dai testimoni, che avrebbero condotto ad una decisione diversa.
La natura indiziaria della prova avrebbe consentito alla Corte di cassazione una verifica del corretto ragionamento probatorio.
Non erano state fornite risposte ad alcune doglianze difensive inerenti all'assenza di riscontri alle dichiarazioni della persona offesa.
Non era stato approfondito il tema relativo al fatto che le dichiarazioni dei testimoni smentivano la persona offesa ed era rimasta priva di motivazione la posizione della ricorrente Velia.
Quanto a C.Z. la Corte aveva superato la censura relativa alla mancanza di riscontri dell'attendibilità della persona offesa, fondandosi su un'opinabile massima di esperienza sindacabile in sede di legittimità, ferma restando la necessità di sottoporre le propalazioni della persona offesa ad idonea verifica della credibilità soggettiva e dell'attendibilità intrinseca.
2.3. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di cui all'art. 367 cod. pen e alla valutazione degli elementi acquisiti.
La Corte non si era soffermata sulla deduzione difensiva incentrata sulla manifesta inverosimiglianza della denuncia e sul fatto che immediatamente era risultato che si fosse trattato di infortunio sul lavoro.
Gli elementi non valutati o travisati erano dotati di forza dimostrativa tale da disarticolare la ricostruzione dei giudici di merito.
Avrebbe dovuto inoltre applicarsi il principio per cui la simulazione di reato presuppone l'astratta possibilità di un'attività degli organi inquirenti volta all'accertamento del fatto, essendo il reato da escludersi allorché per la sua inverosimiglianza la denuncia determini immediata incredulità e gli inquirenti compiano indagini solo per stabilire veridicità e non per accertare i fatti denunciati. I Giudici non avrebbero potuto limitarsi al richiamo delle fonti di prova dovendo indicare gli elementi probatori e fornire un'analisi degli elementi
costitutivi del reato.
2.4. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge in relazione all'art. 131-bis, cod. pen.
La Corte non aveva preso in considerazione il fatto che la persona offesa aveva ottenuto una rendita INAIL e che C.Z. aveva prontamente soccorso la persona offesa, fermo restando che si trattava di comportamento non abituale .
2.5. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla concessione delle attenuanti generiche e alla pena.
La Corte si era basata su clausole di stile, non considerando il comportamento di C.Z. e risultando incongruo il percorso argomentativo anche in ragione della necessità di una motivazione più approfondita, quanto maggiore sia lo scostamento dai minimi edittali.
2.6. Con il quinto motivo si prospetta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale al pagamento della provvisionale liquidata.
La Corte aveva omesso di procedere ad una valutazione delle condizioni economiche degli imputati e della possibilità di sopportare l'onere del risarcimento e non aveva tenuto conto di tutti i parametri che devono essere presenti al momento dell'applicazione dell'art. 165 cod. pen.
3. Con successiva memoria il difensore dei ricorrenti ha depositato motivi aggiunti, che ricalcano gli argomenti che formano oggetto dei motivi originari.

4. L'Avv. M., difensore della parte civile S.M., ha inviato una memoria, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso con conferma delle statuizioni civili.
 

Diritto
 



1. Il primo motivo di ricorso, letto anche alla luce della successiva memoria difensiva, risulta inammissibile.
1.1. La Corte territoriale, valorizzando l'analisi del primo Giudice, ha con motivazione, che non si espone alle censure formulate dai ricorrenti, rilevato come le dichiarazioni della persona offesa avessero suffragato la ricostruzione della vicenda, incentrata sull'infortunio occorso a S.M., caduto dal tetto dell'appartamento dei coniugi G., mentre su incarico della ditta facente capo a G.V. e a C.Z., quest'ultimo concretamente presente per il supporto lavorativo e tecnico sul luogo di lavoro, stava procedendo alla demolizione delle travi e allo smontaggio di una mantovana: in particolare è stato dato conto del fatto che in conseguenza dell'infortunio S.M. aveva riportato gravi lesioni agli arti, derivanti dalla mancata predisposizione, a vantaggio dei lavoratori impegnati, di idonei presidi, volti a scongiurare il pericolo di caduta dall'alto, e dalla mancanza di adeguata formazione del personale utilizzato, oltre che dalla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi.
Ha ancora rilevato la Corte come nell'immediatezza C.Z., presente in loco quale direttore tecnico, avesse cercato di scongiurare il rischio che fosse accertato l'infortunio occorso, avendo accompagnato S.M. in ospedale, ma avendo subito dichiarato che le lesioni erano state da lui provocate quale conseguenza dell'investimento della vittima con il proprio autocarro.
1.2.A fronte di ciò il motivo di ricorso si incentra sul travisamento della prova e sulla mancata valutazione di emergenze probatorie, ma si risolve nel vano tentativo di fornire una alternativa lettura del compendio probatorio, in assenza di fratture logiche nel ragionamento della Corte.
Va infatti rimarcato come i Giudici di merito abbiano dato conto delle conferme della versione accusatoria rivenienti da altre testimonianze, in particolare da quella di F.G., collega di lavoro di S.M., nonché da quelle di S.F., funzionario dell'Ispettorato del lavoro, e di T.P., agente di polizia giudiziaria recatosi in loco.
Non è dato ravvisare alcun travisamento delle prove raccolte, posto che in nessun caso è stato dimostrato, neppure attraverso frammentarie estrapolazioni di singole deposizioni, che i Giudici di merito, pronunciatisi in conformità nei due gradi di giudizio, abbiano dato rilievo ad elementi inesistenti o omesso di valutare prove acquisite, idonee a disarticolare l'intera motivazione, risultando invece che dal compendio probatorio è stata desunta una coerente ricostruzione degli accadimenti, seppur contestata dai ricorrenti, che hanno cercato di opporre argomenti inerenti al merito, non deducibili in questa sede.
Ciò vale anche con riguardo al conferimento dell'incarico da parte della ditta facente capo a G.V. e C.Z., che, per quanto accertato e rilevato dalla Corte, a prescindere dalle risultanze della visura, attestante la costituzione della società Z.C. Manutenzioni nel 2017, operava fin da epoca precedente, tanto da essere stata fatta oggetto di rilievi in conseguenza del sinistro, e che risultava aver conferito l'incarico lavorativo con assunzione «in nero», dovendosi aggiungere che i ricorrenti non hanno in alcun modo spiegato come la persona offesa potesse far riferimento alla ditta prima ancora della sua costituzione e perché mai C.Z. avrebbe dovuto essere presente e interessarsi direttamente alla vicenda, al punto da prospettare una diversa causale delle lesioni riportate da S.M..
Immune da censure risulta dunque la conclusione della Corte in merito alla derivazione delle lesioni riportate da S.M. dall'infortunio occorso e alla riferibilità dei riscontrati profili di colpa ad entrambi i ricorrenti, gravati nelle rispettive qualità di legale rappresentante e responsabile tecnico della connessa posizione di garanzia, essendo stata in concreto dimostrata altresì la causalità della colpa, cioè la stretta correlazione di quanto accaduto alla sfera dei rischi prevenibili proprio attraverso i comportamenti doverosi che i ricorrenti avrebbero dovuto tenere.

2. Il secondo motivo è fondato.
Risulta dirimente al riguardo il rilievo per cui «non è configurabile il delitto di simulazione di reato quando la perseguibilità d'ufficio del reato oggetto della denuncia simulata sia stata esclusa e la querela non sia stata presentata» (sul punto Sez. 6, n. 13109 del 21/1/2009, Lodeserto, Rv. 243126): poiché le lesioni derivanti dal sinistro stradale denunciato da C.Z., all'epoca dei fatti e dunque prima delle più recenti modifiche introdotte dalla legge 23 marzo 2016, n. 41 davano luogo a reato procedibile a querela, in concreto mancante, deve ritenersi che non sia configurabile il prospettato delitto di simulazione di reato.
Di qui l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il delitto di simulazione di reato non sussiste.
3. Tutti i restanti motivi risultano inammissibili, in quanto volti a prospettare alternativi percorsi valutativi inerenti al merito, non deducibili in sede di legittimità, o in quanto manifestamente infondati.
3.1. In particolare, la Corte ha spiegato le ragioni per cui non sia ravvisabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., avuto riguardo alle modalità della condotta e al grado di colpevolezza, correlato alle conseguenze lesive per la vittima e, quanto a C.Z., anche all'ulteriore insidioso tentativo di occultare il sinistro con l'indicazione di una diversa causale, essendo per contro irrilevante che la persona offesa abbia fruito di indennità INAIL.
3.2. Quanto al trattamento sanzionatorio e al diniego di attenuanti, la Corte ha tutt'altro che arbitrariamente rilevato come la pena risulti coerente con le indicazioni desumibili dall'art. 133 cod. pen. avuto riguardo alla pluralità di violazioni riscontrate in materia antinfortunistica, non potendosi peraltro valorizzare alcuna resipiscenza o condotta riparatoria per il solo fatto che doverosamente la vittima fosse stata accompagnata in ospedale.
3.3. Relativamente alla subordinazione del beneficio della sospensione al pagamento della liquidata provvisionale, va rimarcato come i Giudici di merito abbiano legittimamente ritenuto che la condizione valesse a rafforzare le esigenze di prevenzione a fronte di una condotta gravemente lesiva delle prescrizioni antinfortunistiche, da cui erano derivate le gravi lesioni riportate da S.M., non rilevando sotto tale profilo la fruizione di rendita da parte della vittima.
Deve altresì osservarsi che sul punto della previa verifica delle condizioni economiche dell'imputato, la Corte ha nella sostanza rispettato il canone interpretativo, secondo cui «in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione» (Sez. 6, n. 22094 del 18/3/2021, A., Rv. 281510), dovendosi rimarcare come non siano stati neppure in questa sede formulati rilievi specifici, volti ad accreditare una condizione di incapacità economica.

4. In conclusione, fatto salvo l'annullamento senza rinvio con riguardo al reato di cui al capo B), ascritto al solo C.Z., i ricorsi devono essere per il resto dichiarati inammissibili.
In ragione dell'autonomia dei singoli capi e dell'inammissibilità dei ricorsi con riferimento al capo A), deve escludersi che possa per tale capo aversi riguardo al tempo trascorso, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione (Sez. U. n. 6903 del 27/5/2016, Aiello, Rv. 268966).
Relativamente a C.Z. si impone la rideterminazione della pena con riferimento al residuo reato sub A), pena che può essere stabilita in questa sede ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. f), cod. proc. pen., utilizzando i parametri valorizzati dai Giudici di merito e dunque fissando la pena in mesi otto di reclusione, misura corrispondente a quella stabilita per G.V..
La ricorrente G.V. deve essere infine condannata al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell'inammissibilità, a quello della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P. Q. M.




Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.Z.  limitatamente al reato sub B), perché il fatto non sussiste. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di C.Z. e ridetermina la pena per la residua imputazione in mesi otto di reclusione.
Dichiara inammissibile il ricorso di G.V., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/10/2021